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Audizione al Senato 21 settembre 2011




Legislatura 16º – 2ª Commissione permanente – Resoconto sommario n. 252 del 21/09/2011

PROCEDURE INFORMATIVEIndagine conoscitiva sul fenomeno della manipolazione mentale dei soggetti deboli, con particolare riferimento al fenomeno delle cosiddette “sette”: audizione di esperti in materia.

Il presidente CENTARO introduce le audizioni odierne dando conto brevemente delle questioni oggetto dell’indagine conoscitiva.

La dottoressa TINELLI illustra preliminarmente alla Commissione la propria attività di psicologa svolta a sostegno di coloro che desiderano sottrarsi a realtà settarie. Sottolinea quindi come le sette maggiormente distruttive e pericolose sono proprio quelle che fanno uso di tecniche comunicative mediate dal marketing o dalla psicologia e che sono in grado di determinare la quiescenza dei neofiti. Nella prassi molto spesso il neofita si avvicina alla setta senza conoscerne le reali finalità. Esse infatti assumono talvolta la natura di associazioni di tipo culturale, celando gli obiettivi concreti. I danni che l’adesione a tali sette distruttive può determinare sono rilevanti sul piano psicologico: non sono infrequenti problemi di dissociazione mentale, stati che permangono anche dopo che l’adepto è fuoriuscito dalla realtà della setta. Nell’immediato il soggetto che aderisce alla setta tende a sottrarsi al proprio contesto sociale recidendo anche i rapporti familiari più stretti. Alla propria vita sono sostituite unicamente le attività suggerite dalla setta. La legislazione vigente non appare in grado di perseguire talune condotte che per quanto pericolose, non si concretizzano in reati comuni. Segnala quindi una recente sentenza in merito ai reati commessi dall’Associazione The Sacred path di Bari del tribunale ordinario di Milano per un fatto di reato sessuale. Nella ricostruzione del fatto il magistrato si sofferma a descrivere quello che è il contesto nel quale tali reati si sono perpetrati.

Il dottor SCARINGELLA fa presente che la propria attività accademica si è concentrata nello studio dell’incidenza della sintomatologia dissociativa nell’ambito dei fenomeni settari. Al riguardo, sottolinea le evidenti difficoltà incontrate nel tentativo di pervenire alla individuazione di indicatori tali da distinguere la persuasione legittima da una socialmente pericolosa. Per quanto concerne la sintomatologia dissociativa la scienza psicologica si sta interrogando sul carattere preesistente o post traumatico di essa.

La senatrice ALLEGRINI (PdL), dopo aver chiesto ulteriori ragguagli circa il caso giudiziario citato chiede chiarimenti in ordine alle modalità attraverso le quali i soggetti che intendono uscire dalla sette si rivolgono alle associazioni a sostegno delle vittime di comunità settarie. Domanda poi se possa essere  individuato il confine fra la persuasione socialmente accettabile e condotte di manipolazione mentale. Nella configurazione del reato di manipolazione mentale chiede se sia necessario anche che il legislatore tenga conto di un’eventuale valutazione sulla condizione psicologica del soggetto ed in particolare su alcuni indici di vulnerabilità, analogamente a quanto si verifica nel reato di stalking, laddove viene in rilievo lo stato di ansia generato dalla vittima. Per quanto riguarda poi i soggetti manipolatori chiede se tale condotta possa essere perpetrata anche da un singolo individuo. Conclude chiedendo se nelle sette più pericolose sia prevalente la connotazione religiosa o se esse assumono la natura di associazioni che perseguono attività in apparenza innocue.

La dottoressa TINELLI osserva preliminarmente come la propria Associazione si occupi per lo più di casi eclatanti i quali vedono talvolta anche il suicidio degli adepti. Le richieste di intervento inoltrate anche per le vie brevi sono avanzate spesse volte da familiari dell’adepto, i quali constatano impotentemente l’allontanamento del proprio congiunto. Sulla distinzione fra persuasione socialmente accettabile e condotte manipolatorie esistono numerosi studi in particolare nel mondo statunitense. Tali studi si sono concentrati anche sui danni che tali esperienze di adesione settaria possono comportare, nonché sugli indici di tale manipolazione. In particolare nell’adepto si registra fra le altre un cambiamento nello stile di vita e addirittura nel linguaggio. Ciò rende oltremodo difficile l’uscita dell’adepto dalla setta. E’ indubbio che il legislatore debba tenere conto dell’elemento psicologico della vittima, il plagio infatti non può configurarsi come una realtà statica ed univoca. La dipendenza relazionale può anche determinarsi al di fuori di una realtà di gruppo interessando quindi anche due soli soggetti.

Il senatore PERDUCA (PD) chiede se le conseguenze negative alle quali va incontro colui che decide di sottrarsi alla setta di appartenenza possano essere utilizzate dalla setta stessa come strumenti di ulteriore pressione nei confronti dei membri.

La dottoressa TINELLI sottolinea come nei confronti di coloro che decidono di uscire da una setta venga attuata una politica di emarginazione  da parte della comunità. Dopo aver dato conto della drammatica situazione di coloro che nascono da soggetti aderenti ad una setta, si sofferma sulle difficoltà connesse alla ricostruzione della propria personalità. La pressione esercitata nei confronti di coloro che si sottraggono alle sette è spesso estesa anche a coloro che operano a sostegno di tali vittime.

Il presidente CENTARO chiede che sia fornita una quantificazione del numero di gruppi di carattere settario ed in particolare di quelli maggiormente distruttivi e quindi pericolosi. Si domanda poi se vi sia una diversa articolazione territoriale delle sette stesse. Conclude chiedendo quali siano le tipologie prevalenti nei gruppi settari.

La dottoressa TINELLI fa presente che una completa statistica sul fenomeno delle sette non è disponibile. L’ultimo studio svolto dal Ministero degli interni risale al 1998. Allora il numero di gruppi pericolosi risultava ampiamente circoscritto. Attualmente sono circa 500, di varia natura, i gruppi di carattere settario. Solo alcuni palesano il proprio carattere religioso. Numerosi e particolarmente pericolosi sono i gruppi del potenziale umano i quali, avvalendosi di tecniche di manipolazione mentale mediate dal marketing e dalla psicologia, condizionano la vita dei propri adepti. L’originaria differenziazione geografica delle tipologie di sette, al nord gruppi più tecnologizzati ed al sud sette maggiormente ancorate a figure di santoni o maghi, può considerarsi oggi superata. Attualmente gruppi del potenziale umano sono diffuse uniformemente su tutto il territorio nazionale.

Il presidente CENTARO chiede quindi al dottor Calzolari una valutazione in ordine al disegno di legge n. 569.

Il professor CALZOLARI, nel consegnare una nota scritta, manifesta la propria contrarietà al disegno di legge. Il reato di manipolazione mentale ricalca anche i vizi che hanno condotto la Corte costituzionale a dichiarare l’illegittimità del plagio. La sentenza n. 96 del 1981 fu emanata a seguito della questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice istruttore di Roma nel procedimento penale a carico di un sacerdote del movimento carismatico Redentor hominis, don Grasso, accusato da alcuni genitori di aver plagiato i figli minorenni. Se la scure della Corte costituzionale riuscì a sottrarre il sacerdote ad un processo ingiusto altrettanto non accadde nel 1964 ad Aldo Braibanti, questi accusato di aver indotto due giovani ad intrattenere con lui una relazione omosessuale, attraverso il fascino delle sue idee artistiche e filosofiche fu condannato per plagio. Tale processo il cui carattere marcatamente ideologico appare innegabile fu possibile solo in ragione dell’esistenza del reato di cui all’articolo 603. Le ragioni che portarono i giudici della Consulta a dichiarare l’illegittimità del plagio militano ancor oggi contro l’introduzione del reato di manipolazione. A ben vedere la scienza neurologica non ha acquisito in questi anni conoscenze tali da distinguere la manipolazione mentale dalla mera suggestione. La legislazione penale vigente poi già presenta strumenti in grado di reprimere i fenomeni criminogeni che alla realtà settaria talvolta si ricollegano. Molto spesso infatti si tenta di attribuire a reati comuni una giustificazione ideologica. Ciò si è verificato ad esempio nel caso delle “bestie di satana”. La propria contrarietà al reato di manipolazione mentale deve ascriversi anche alla difficoltà di distinguere tale fattispecie dalla mera suggestione. Appare evidente il rischio di perseguire anche uomini di fede, tenuto conto che in ogni credenza religiosa vi è un elemento di suggestione. A ben  vedere le potenzialità liberticide di tale reato appaiono evidenti in alcune realtà europee, quali la Francia ed il Belgio, dove fra le sette considerate pericolose viene annoverata anche la Comunità di S. Egidio. Si domanda poi a chi competa e sulla base di quali criteri la definizione e l’individuazione di eventuali elenchi di sette pericolose. A suo parere è preferibile una situazione di anomia legislativa piuttosto che l’introduzione di un reato così generico.

La relatrice ALLEGRINI (PdL) ritiene che per quanto difficile sia comunque possibile una distinzione fra condotte manipolatorie e mera suggestione. Non in tutti i casi la fascinazione conduce a comportamenti autolesionistici o comunque lesivi per la persona. Per quanto concerne poi la predisposizione di elenchi il disegno di legge non sembra prevederne esplicitamente.

Il professor CALZOLARI ribadisce come la distinzione fra soggezione e mera suggestione sia per la scienza neurologica ancora difficile da definire. A ben vedere infatti risulta difficile non ascrivere a condotte manipolatorie e potenzialmente lesive della sopravvivenza individuale, l’attività pregevole di sostegno ed assistenza ai lebbrosi svolta da madre Teresa di Calcutta. La vocazione religiosa è a suo parere anch’essa manifestazione di una fascinazione irrazionale.

Il senatore CASSON (PD) ritiene che il disegno di legge in esame non risolva i profili di incostituzionalità palesati dalla Consulta con riguardo alla condotta del reato di plagio. Chiede quindi che sia chiarito se sia possibile in qualche modo comprendere che cosa si debba intendere per tecniche di condizionamento della personalità, ovvero quali siano i mezzi materiali o psicologici in grado di generare suggestione.

Il professor CALZOLARI concorda con i rilievi critici formulati dal senatore Casson circa la genericità della fattispecie del reato di manipolazione mentale. Il fatto che esistano attività umane potenzialmente autocondizionanti è innegabile anche se diventa difficile individuarne. Non tutti i gruppi di potenziamento umano plagiano i propri adepti. Molto spesso coloro che denunciano le sette sono proprio gli adepti più insoddisfatti ovvero quelli che cercano nella condanna della setta un manto psicologico a copertura di condotte criminogene. A ciò si aggiunga, ma anche su questo soccorre la legislazione penale vigente, il fatto che molto spesso le condotte criminogene sono poste in essere anche sotto l’uso di sostanze stupefacenti.

Il senatore CASSON (PD) nel sottolineare come il reato di manipolazione mentale sia un reato di pericolo, si domanda se sia possibile determinare lo stato di soggezione.

Il professor CALZOLARI critica in particolare l’avverbio “grandemente” con il quale si qualifica la limitazione della libertà di autodeterminazione. Non si comprende infatti secondo quali parametri debba essere valutata tale condizione. E’ indubbio che l’attività di San Francesco prima e di madre Teresa poi non potrebbero configurarsi come condotte manipolatorie.

La dottoressa DI MARZIO fa presente come nel corso della sua esperienza professionale ella si sia trovata più volte di fronte alla richiesta, proveniente soprattutto da genitori e famiglie di adepti di gruppi a connotazione religiosa, di un intervento legislativo che individuasse la cosiddetta manipolazione mentale come fattispecie penalmente sanzionabile; in realtà, il tentativo di elaborare una definizione scientifica della manipolazione mentale, compiuto sulla base di analoghe sollecitazioni negli Stati Uniti nel corso degli anni ’90, si concluse con il riconoscimento da parte dell’APA, la più importante associazione americana di psichiatria clinica, della sostanziale impossibilità di definire tale comportamento.

Beninteso, esistono, e rientrano nella comune esperienza, fenomeni di persuasione coercitiva, che però proprio per la loro diffusione nell’esperienza umana e nei meccanismi delle relazioni fra le persone non possono certamente costituire la base di una fattispecie incriminatrice.

La dottoressa osserva fra l’altro come nella sua esperienza professionale ella abbia potuto osservare come di solito i problemi relazionali che le famiglie degli adepti considerano determinati da manipolazioni mentali compiute dal gruppo religioso, sono di solito preesistenti, e che la stessa definizione dei comportamenti dai quali si desumerebbe che il figlio o il parente è stato vittima di manipolazioni mentali, dipende dalla percezione soggettiva dei genitori o di altri componenti della famiglia: ad esempio, molte delle richieste di aiuto che ella ha ricevuto sono venute da parte di genitori che non accettano che la figlia, con un radicale cambiamento rispetto alle scelte di vita fino a quel momento perseguite, decida di farsi monaca di clausura, o da parte di genitori i cui figli hanno aderito all’Opus Dei o al movimento neocatecumenale,  accettandone le regole di vita.

Ovviamente, il rifiuto di introdurre nel diritto penale italiano il reato di manipolazione mentale non significa che non si riconosca come dalla percezione coercitiva praticata nell’ambito di gruppi e movimenti a carattere religioso o comunque esoterico non derivino frequenti comportamenti criminali; tuttavia, si tratta di condotte già adesso previste come singole fattispecie di reato e quindi già adesso perseguibili.

Il professor INTROVIGNE fa in primo luogo presente che, oltre ad essere direttore del CESNUR e all’aver svolto una lunga attività scientifica nel campo delle nuove religioni, è consulente del gruppo di lavoro dell’OSCE contro il razzismo e la discriminazione religiosa, che nello scorso mese di maggio, in un rapporto sull’Italia, ha espresso un’opinione fortemente critica sul disegno di legge in esame; tuttavia, egli interviene a questa audizione a titolo personale e non in rappresentanza dell’OSCE.

In ogni caso, egli esprime una valutazione decisamente contraria all’introduzione nel nostro ordinamento del reato di manipolazione mentale e ciò sulla base di due argomentazioni che possono apparire a prima vista in contraddizione fra loro: in primo luogo, infatti, l’introduzione di questo reato rischia di risultare inefficace. In proposito egli osserva che negli ultimi anni una disciplina analoga a quella che si vuole introdurre con il disegno di legge in titolo è stata approvata in due Paesi europei, e cioè dalla Spagna nel 1994 e dalla Francia nel 2001. In pratica, fino ad oggi in Spagna non è stata pronunciata una sola condanna per tale reato, mentre in Francia sono state pronunciate pochissime condanne nei confronti però di gruppi assolutamente marginali e che non erano certo le sette considerate più “pericolose”, in riferimento alla cui azione era stata immaginata la legge.

Questa difficoltà applicativa deriva in realtà dalla vaghezza della fattispecie incriminatrice, e cioè la manipolazione mentale, una nozione che compare in psicologia per la prima volta nelle riflessioni di psicologi tedeschi di orientamento marxista, come Wilhelm Reich, di fronte al fenomeno per loro apparentemente incomprensibile dell’adesione non solo di borghesi ma anche di operai al nascente movimento nazionalsocialista, un’adesione che confliggendo platealmente con la teoria della coscienza di classe sembrava poter essere spiegata solo in termini di manipolazione mentale.

Questo concetto fu ampiamente sviluppato e perfezionato nel corso della guerra fredda, dove nell’ambito degli psicologi che collaboravano con la CIA si teorizzò che il comunismo fosse un’ideologia troppo assurda perché qualcuno potesse seguirla liberamente, senza essere stato vittima di manipolazioni mentali che si supponeva che in Russia e in Cina fossero state portate ad elevata perfezione tecnica; è proprio in tale ambito che l’agente della CIA Edward Hunter coniò la fortunata espressione “lavaggio del cervello”.

Successivamente, la stessa argomentazione della “evidente assurdità” fu adottata per spiegare in termini di manipolazione mentale il persistere delle credenze religiose nel mondo moderno, dapprima da parte dello psichiatra britannico William Sargant nei confronti del cattolicesimo e del protestantesimo fondamentalista e più tardi, di fronte all’evidente impossibilità di teorizzare l’esistenza di tecniche di manipolazione mentale che riguardavano la maggioranza dei cittadini, nei confronti, in particolare negli studi di Margaret Singer, delle cosiddette “sette”, vale a dire delle religioni a carattere nuovo e marginale.

E’ evidente l’autoreferenzialità e la circolarità di un ragionamento che fa dipendere dalla valutazione dell’osservatore sulla plausibilità delle singole concezioni politiche, sociali o religiose l’inferenza che esse possano essere inculcate esclusivamente per via di manipolazione mentale.

Ne consegue una vaghezza e un’indeterminatezza della fattispecie incriminatrice che, come appunto dimostra l’esperienza spagnola e francese, consente a qualunque imputato che abbia una buona difesa tecnica e che possa esibire periti di parte preparati di garantirsi l’assoluzione.

La seconda ragione, apparentemente opposta, per cui appare inopportuna l’introduzione della nuova figura di reato, è la sua pericolosità. Infatti, se è vero che molto difficilmente si possono ottenere condanne per questo capo di imputazione, è anche vero – e i pochi casi francesi lo dimostrano – che sono proprio i soggetti marginali e meno forti economicamente che corrono il rischio, magari per una difesa insufficiente, di vedersi condannati per una fattispecie che potenzialmente può essere usata per colpire modi di pensare non conformisti.

L’oratore si dichiara consapevole del fatto che l’intento di questo disegno di legge è quello di assicurare un più efficace quadro normativo per la prevenzione di reati che spesso maturano nell’ambito dei fenomeni neoreligiosi; tuttavia, appare assolutamente improprio contenere questi comportamenti devianti, che quando avvengono integrano fattispecie di reato già esistenti nel nostro codice, perseguendo comportamenti difficili da definire e dimostrare, in base ad accuse che si fondano spesso essenzialmente sul malanimo e sul bisogno di giustificare i propri fallimenti di una parte degli ex adepti.

Il professor Introvigne conclude ricordando come in questo campo l’Italia, con la sentenza della Corte costituzionale del 1981 – sentenza fra l’altro che, al contrario di quanto viene spesso ricordato, non si riferiva al caso Braibanti, certamente il primo che coinvolse l’opinione pubblica in un dibattito sul reato di plagio, ma al caso del sacerdote carismatico padre Emilio Grasso – abrogò l’articolo 603 del codice penale per contrasto con gli articoli 21 e 25 della Costituzione. Con tale sentenza, il giudice delle leggi non invitò il Parlamento a formulare in maniera più aderente al dettato costituzionale la fattispecie incriminatrice, ma ritenne che la fattispecie stessa non fosse accoglibile nel nostro ordinamento in quanto non configurabile se non come un indeterminato e vago reato di pericolo, essendo invece già puntualmente descritte e sanzionate le eventuali fattispecie di danno che, in ipotesi, si sarebbero potute determinare, e che pertanto il plagio si sostanziava come una sorta di reato immaginario utilizzato per perseguire idee e comportamenti impopolari o sgraditi.

Il senatore MUGNAI (PdL), nel ringraziare la dottoressa Di Marzio e il professor Introvigne per le loro considerazioni ampiamente condivisibili, come pure quelle già svolte dal professor Calzolari, osserva però che la legislazione vigente lascia un cono d’ombra nel quale, in assenza di fattispecie sanzionate penalmente, alcuni soggetti deboli possono rimanere privi di protezione. Egli chiede quindi agli auditi se non pensino che i problemi da essi sollevati possano essere risolti attraverso una formulazione del reato di manipolazione mentale più puntuale rispetto a quella proposta dal disegno di legge n. 569, nel senso di non configurarlo come un mero reato di pericolo, ma collegare la manipolazione mentale alla sussistenza di fatti o comportamenti dannosi per il soggetto passivo che si siano effettivamente prodotti, quali il rifiuto di seguire cure mediche indispensabili o la cessione in pura perdita di una parte rilevante delle proprie risorse economiche e patrimoniali.

Il senatore PERDUCA (PD), nell’apprezzare e condividere le considerazioni svolte dagli auditi, chiede quale sia attualmente lo stato delle indagini delle neuroscienze sull’esistenza effettiva di meccanismi che possono integrare fenomeni di manipolazione mentale.

Anche il senatore CASSON (PD) chiede agli auditi se ritengano che vi siano spazi per una definizione più puntuale della fattispecie incriminatrice, per quanto anch’egli convenga sul fatto che, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 69 del 1981, si debba ritenere che non vi siano allo stato vuoti legislativi da riempire.

Il professor INTROVIGNE si sofferma in primo luogo, rispondendo alla domanda del senatore Perduca, sullo stato della ricerca neuroscientifica, osservando che la problematica della manipolazione mentale non possa essere liquidata come ciarpame pseudoscientifico, in particolare gli studi di Lifton e Schein hanno messo in luce l’esistenza di un ampio campo di studio in gran parte tuttora inesplorato sui meccanismi della persuasione e del condizionamento, anche se da questi studi stessi vengono decise indicazioni circa la pericolosità di introdurre fattispecie incriminatici attesa la complessa e sfuggente definizione dei vari gradi e dei vari modi con cui si manifestano questi meccanismi nelle più varie manifestazioni della vita associata.

Per quanto riguarda invece le questioni poste dai senatori Mugnai e Casson, il professor Introvigne fa presente come appaia di tutta evidenza che – al di là di fenomeni come quelli dei kamikaze islamici indicati nella relazione del disegno di legge ad adiuvandum e che evidentemente afferiscono a problematiche ben diverse – il “bersaglio” del disegno di legge siano in realtà fenomeni a carattere magico o parareligioso in cui soggetti più o meno deboli vengono indotti a pagare somme esorbitanti per ottenere presunti vantaggi, o a cedere parti rilevanti del loro patrimonio alla comunità; orbene, come dimostrano i notissimi casi di Mamma Ebe e di Vanna Marchi, la legislazione vigente ha ampiamente consentito di condannare per truffa – quindi per artefici o raggiri diretti ad ottenere un’indebita utilità – e per altri reati le responsabili di questi comportamenti, che probabilmente sarebbe stato molto più difficile condannare per un’imputazione come quella che si intende introdurre con il disegno di legge n. 569, come dimostra un grave fenomeno di cronaca verificatosi in Spagna, assai simile nella condotta al caso di Mamma Ebe ma di dimensioni ben più ampie, che si trascina nelle corti di quel Paese da ben 12 anni senza aver trovato una sua conclusione.

La dottoressa DI MARZIO fa presente come le neuroscienze abbiano da tempo tentare di identificare nel sistema neurocerebrale una specifica area “responsabile” dell’elaborazione del sentimento religioso, senza però riuscirci, data la complessità del fenomeno religioso stesso, che coinvolge l’intera personalità e i suoi rapporti con lo specifico quadro storico e culturale in cui esso si manifesta.

Il professor CALZOLARI interviene ricordando come la natura fortemente culturale e soggettiva della nozione di “lavaggio del cervello” e manipolazione mentale descritta dal professor Introvigne, abbia trovato di recente una singolare riprova nel dibattito in corso all’Università islamica egiziana di Al Azhar in relazione allo scandalo suscitato da alcuni musulmani che si erano convertiti al cristianesimo, vicenda che seguiva quella di alcune donne che avevano musulmane che avevano chiesto di entrare in un convento copto. Probabilmente anche per mitigare la pena prevista per gli apostati, alcuni studiosi di diritto islamico avevano sostenuto che era impossibile che un musulmano, che in quanto tale possiede la verità e la conoscenza della legge, possa cambiare religione se non per effetto di una manipolazione mentale e si sono pertanto rivolti al verdetto della psichiatria per chiedere con quali strumenti essa potesse essere stata realizzata.

Il presidente CENTARO, nel ringraziare gli auditi per la completezza e il livello di approfondimento degli interventi, dichiara conclusa l’audizione e rinvia il seguito dell’indagine conoscitiva ad altra seduta, comunicando altresì che tutti i contributi scritti forniti dagli auditi saranno disponibili per la pubblica consultazione.

La seduta termina alle ore 15,50.

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Mercoledì 28 settembre alle ore 14,30 in Commissione Giustizia proseguirà l’indagine conoscitiva sul fenomeno della manipolazione mentale dei soggetti deboli, con particolare riferimento al fenomeno delle cosiddette “sette” (riferita al ddl n. 569), con l’audizione di espert

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