Un milione di persone che obbediscono a santoni e guide spirituali: ecco come molti diventano succubi e rischiano di perdere tutto
I nuovi schiavi delle sette “Noi, plagiati dai guru”
Abusi sessuali, volontà negate, ordini alimentari: è il catalogo degli orrori. E magari tutto ha inizio con un corso di reiki
di MICHELE SMARGIASSI
UN ODORE pungente nell’aria, incenso, forse qualcos’altro, “di certo mi stordiva”. Buio, due candeline sull’altare davanti alla foto del guru e a un santino di Cristo. Colpo di gong: il segnale. “Ero in mezzo alla stanza, davanti l’ombra di una persona. Mani che mi frugavano, mi palpavano dappertutto. Urlai, scalciai. Anche il guru urlò: “Sei inadatta! Non ti libererai mai dal tuo trauma!”, anche gli altri urlavano, mi schernivano. Per la prima volta capii che non potevo più, che non avrei mai trovato così la felicità”. Alessandra si salvò aggrappandosi a quell’ultimo barlume di autocoscienza che la psico-setta non era ancora riuscito a bruciarle via. “Ora mi chiedo come ho potuto cascarci. Per sei anni! Sono una persona colta, ho un bel lavoro. Come ho potuto…”.
La risposta è semplice: potremmo tutti. Ciascuno di noi, nessuno escluso. “Togliamoci dalla testa che ci caschino solo gli sprovveduti”, scandisce Giuseppe Ferrari del Gris di Bologna, l’osservatorio anti-sette della Chiesa cattolica. Sfoglia l’archivio delle segnalazioni: avvocati, dirigenti, impiegati, professori, persino magistrati. Non sono solo gli anelli deboli della società, come molte delle vittime dello squallido guru del “Maya Re” arrestato martedì a Roma 1, a finire negli ingranaggi della finta spiritualità.
Non sarebbero, altrimenti, oltre un milione le persone che in Italia nutrono una galassia di oltre seicento sette religiose, molte innocue, molte no; non sarebbero più numerose le psico-sette dalla facciata appena un po’ eccentrica (49%) di quelle sataniste (18%) o stregonesche (18%). Sono italiani medi gli “irretiti”, i “plagiati”, i “succubi” di oggi. Dal Cesap di Bari, tra i più attivi centri d’assistenza psicologica e legale per vittime di plagio, Lorita Tinelli conferma sconsolata: “Perfino un collega psicologo…”. E ancora, don Aldo Buonaiuto della Comunità Papa Giovanni XXIII, l’unica associazione a offrire un numero verde anti-sette sempre disponibile: “Il 70 per cento dei nostri casi riguarda persone istruite, perfino laureati, spesso facoltosi”.
Vanno sul sicuro i santoni d’accatto, i ciarlatani dell’anima. Le vittime, preferiscono pescarle fra i clienti dei fitness club, dei corsi di shiatsu e di qi-gong, nella classe media consumatrice di salutismo psicofisico. Elena di Milano, ad esempio, è una libera professionista, “mia sorella mi iscrisse a un ciclo di pranoterapia, sembrava tutto normale, poi spuntò la santona, affabile, ci parlava del “terzo occhio”, della “luce sopra di noi”, era piacevole ascoltarla, ci annunciò che poteva “canalizzare Gesù” dentro di noi, ammetterci a un circolo esclusivo di prescelti pieno di persone importanti, attori, soubrette, nomi famosi… Perché no? Chissà, magari funziona, sembrava un regalo. Cinquanta euro a incontro, non poi tanto, ed era così bello sentirsi circondati di apprezzamento, avvolti d’amore. Solo che, via via, la gentilezza spariva e subentravano prima le prove di perfezionamento, gli esercizi spossanti, poi le sgridate, l’autorità, le imposizioni: ci mettevano contro i nostri cari, ci impedivano di coltivare altre amicizie, io uscivo dalle sedute terrorizzata, piangente, ma non riuscivo a staccarmi, quella minacciava: “se te ne vai Cristo ti abbandona, perderai la vita”, ero la reietta, l’apostata. Ci ho messo tre anni a uscirne. E altri tre a liberarmi dal senso di fallimento”.
In vetrina il discount della felicità, nel retro l’abisso della spersonalizzazione, l’annichilimento della volontà. La parola “setta” è obsoleta, ricorda massonerie e riti fumosi, niente di tutto questo oggi, spiega Massimo Introvigne che da anni studia il fenomeno col suo Cesnur: “Ora vanno fortissimo le religioni neobuddiste giapponesi, il cui motto è genze rijaku, “beneficio immediato”. Ecco la lusinga: un benessere spirituale pronta cassa, da bere d’un fiato come una bevanda dietetica”.
Chi ha detto che siamo una società secolarizzata? Siamo invece una società di “credenti senza appartenenza”, di fedeli a caccia di parrocchie easy-fit, assetati di esperienze più che di credenze, più clienti che adepti. È un bisogno crescente di spiritualità, ma semplice, aerobica ed efficiente, non rimandata all’aldilà ma già disponibile nell’aldiqua, di un wellness interiore che le chiese ufficiali non riescono a intercettare, che ti fa finire dritto in braccio a quelli che la criminologia non definisce più sette religiose ma “gruppi distruttivi”. L’offerta è smisurata, ossessiva, arriva in tutte le case. Le difese, bassissime. Il fax del Gris sputa la lettera di una rara sospettosa: “Potete dirmi cos’è il “lavaggio energetico emozionale”? Sono una buona cattolica e non vorrei cacciarmi in un pasticcio”. Ma chi va a sospettare del crocefisso? Giacomo voleva solo celebrare il suo ritorno alla fede, a ventisei anni voleva cresimarsi, e quel gruppo era un po’ strano ma aveva sede in una parrocchia, “però dopo la bella accoglienza iniziarono certi discorsi sui “nemici della fede”, sulle tentazioni carnali, me ne andai, cominciarono le persecuzioni: irrompevano in negozio, mi telefonavano a casa di notte, “sei un prescelto, sei un eletto, se abiuri farai una brutta fine”. No, non era un corso per cresimandi… “.
L’inferno comincia di solito con un gesto consumista, leggero leggero: si sceglie un percorso spirituale come un paio di scarpe sportive, carine, le compro. Il tuffo nel tunnel di Alessandra ad esempio iniziò con un volantino sul bancone di una libreria, un innocente corso di Reiki, “prima lezione gratuita”, che male c’è? Accoglienza allegra, luminosa, “ci dipinsero l’esperienza come un paradiso”. E via, aprire i cuori e i portafogli, una serata 260 euro, un corso “residenziale intensivo” 1200, e le attività che diventavano sempre più strane, più scabrose, “si parlava quasi solo di sesso”, i “lavori” sfiancanti, le notti quasi insonni, così quando arriva il momento dell’esperienza “no-limits”, quella del gong, “sei in una condizione di offuscamento mentale”. Anna, di Bari, finì nel tunnel per seguire il fidanzato, “se non andavo mi avrebbe lasciato, il guru voleva così, e io per amore avrei fatto ogni cosa, a ventidue anni”. In quel gruppo era il guru a fare e disfare la vita di ciascuno. Ubbidire o essere puniti, e la punizione era la “trasgressione creativa”. “Cioè: il guru stabiliva con chi il tuo ragazzo doveva tradirti. Un giorno mi disse che dovevo prestarmi per una “trasgressione creativa”. Gli dissi: siete matti, e trovai la forza per mollare tutto”.
Per un atto di coraggio, quanti abbassano la testa ormai incapaci di reagire? All’email di don Buonaiuto arrivano storie come quella di una signora, madre di tre figli, marito medico che sparisce dopo un misterioso seminario a Milano lasciando solo un talismano con un serpente, “la polizia ci ha detto che non si può fare nulla perché è diritto di un maggiorenne… “. Simil-cristiani o para-buddisti, pseudo-scientifici o misteriosofici, il meccanismo è lo stesso, una letale miscela tra tecniche di marketing e arsenale da torturatori di Abu Ghraib. Franca, madre con due figlie, raccontò a Famiglia Cristiana della dieta rivoltante imposta da un sedicente “angelo reincarnato”: “Pasta, solo pasta, aggiungendone se non finivo il piatto, mi faceva mangiare anche quella che vomitavo”.
L’incapacità di ribellarsi sembra inverosimile solo a chi non ha toccato con mano l’infernale inesorabile meccanismo della sudditanza psicologica, come Franco a cui hanno rubato un fratello: “Incontrò questo santone, all’inizio me ne parlava entusiasta, tutto bello, puro, etereo… Avevamo appena avuto un lutto in famiglia, può capitare a tutti, ma se qualcuno si infila nella tua crepa, l’abisso è lì, caderci è un attimo, e non risali più. Quello diceva di essere Dio, niente di meno, e come si fa a tradire Dio? “Se te ne vai il tuo karma soffrirà, evolverai per saturazione!”, cosa volesse dire non so, ma mio fratello ne era paralizzato. Non c’è più il reato di plagio in Italia, è vero, ma questa è riduzione in schiavitù, si potrà fare qualcosa”.
Cosa? Attilio di Verona ha mobilitato anche l’Interpol, ma di suo figlio ventiseienne non sa più nulla. “Due anni fa perse il lavoro. Si mise a cercare su Internet. Trovò questa comunità, sorrisi, crocefissi al collo, cieli azzurri. Non ebbi il cuore di trattenerlo. Mesi di silenzio. Mesi fa, una telefonata: lui, piangente, “papà, dimmi le cose più brutte, ma vienimi a prendere, salvami”. Mille chilometri di distanza, li avrei fatti anche di corsa, gli dissi di prendere i documenti e scappare, lo fece: lo ripresero, mi richiamò con una voce falsa: “papà mi ero sbagliato, sto bene”, ma ora al cellulare rispondono altre persone e buttano giù”. Gli trema la voce. Il far west delle anime ha avuto un altro scalpo.
(18 marzo 2010)