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LE SETTE RELIGIOSE IN ITALIA/ E la tua vita non è più quella di prima…

di Carmine Gazzanni

“Ne sono uscito. Ho avuto una forza incredibile, non so neanche io come ho fatto. Ma tutt’ora la mia vita non è più quella di prima”. Michele (il nome, chiaramente, è di fantasia, così come lo saranno tutti quelli dei fuoriusciti qui menzionati, che, per legittimo timore, preferiscono ancora oggi celare la propria identità. Ed anche questo è piuttosto eloquente) è oramai un uomo di circa 40 anni: ha passato quasi venti anni all’interno di Damanhur prima di uscirne nel 2005.

La sua, come quella di tanti altri fuoriusciti, è la storia di un uomo che è rimasto ammaliato da sette che promettono

l’Eldorado, celando una realtà ben più cruda. Parliamo, infatti, di vere e proprie lobby settarie: organizzazioni evolute, sofisticate, veri centri di potere occulto che non sono affatto periferici alla nostra vita quotidiana, ma tendono ad infiltrarsi, dalle scuole alle istituzioni, allungando i propri tentacoli finanche in Parlamento. Il tutto a danno di coloro che cadono nell’illusione di una felicità a portata di mano o, addirittura, di un’illuminazione.

Perché dietro culti che si fondano su alieni, imperatori, divinità egizie, formule magiche e riti alchemici si nasconde ben altro: un meccanismo furtivo che alla fine spoglia totalmente il fedele, dei suoi averi, dei suoi rapporti familiari, della sua propria identità. “Anni dopo la mia esperienza mi sono trovato a riflettere su tutto ciò che facevo da membro di Damanhur (una delle sette più attive in Italia, ndr): sono scoppiato a piangere quando mi sono reso conto che allora agivo senza nemmeno rendermi conto di ciò che facessi e perché lo facessi”.

Questo è capitato a Michele e a tanti altri come lui che abbiamo intervistato e conosciuto: uomini e donne dal passato sventurato che, deboli, abbandonati e scoraggiati, si sono gettati nelle braccia manipolatrici delle sette. Uomini e donne che sono usciti in molti casi a stento, potendo contare, molto spesso, solo sulle proprie forze. Già, perché l’Italia è l’unico Paese nella Comunità Europea che non dispone di una legge nel codice penale che punisca la manipolazione mentale: è esistita fino all’8 giugno 1981, giorno in cui la Consulta lo bolla come incostituzionale perché la norma “mostra chiaramente – scrivevano allora i giudici – l’impossibilità di attribuire a essa un contenuto oggettivo, coerente e razionale, e pertanto l’assoluta arbitrarietà della sua concreta applicazione” (anche se, come vedremo, pare che qualcosa si stia muovendo).

E certamente questo ha favorito il dilagare del fenomeno settario, sebbene stime numeriche precise non si possano fare. L’unico documento ufficiale di cui disponiamo a riguardo, realizzato dal Ministro degli Interni alla Commissione per gli Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, risale addirittura al 1998. Ebbene, nel dossier si legge che “fornire dati esatti sulle dimensioni del fenomeno, quantificando le ‘sette’ e i loro adepti, è estremamente difficile”, anche perché non abbiamo solo comunità oramai saltate più volte agli onori della cronaca, ma anche movimenti settari privi di visibilità all’esterno della ristretta cerchia di affiliati.

In più non bisogna dimenticare che all’interno di tali movimenti esiste un preciso ordine gerarchico (come vedremo) che va dal “santone”, dal “profeta”, ai membri attivi fino anche soltanto a coloro che semplicemente simpatizzano pur non avendo mai aderito formalmente. Senza dimenticare, infine, che è difficile (se non praticamente impossibile) reperire elenchi ufficiali degli affiliati: in preciso stile massonico, infatti, molto spesso i registri rimangono occulti. E restano tali anche all’interno della setta stessa. Come diversi fuoriusciti ci confermano, infatti, questo renderebbe più efficace l’attività di “vigilanza”: non sapendo chi si ha davanti, è più probabile che si possa dire una parola sbagliata, svelare un segno di cedimento o criticare la stessa organizzazione settaria.

Ma torniamo ai numeri. Il dossier del 1998 parla di 76 movimenti religiosi per un totale di 78.500 affiliati. Un numero preoccupante che tuttavia – come abbiamo già precisato – è, oggi, a distanza di 13 anni, certamente più alto. Come, del resto, ci conferma anche la dottoressa Lorita Tinelli, presidente del CeSAP (Centro Studi Abusi Psicologici), che ha dedicato e dedica gran parte della sua vita a tali questioni: “innanzitutto in quel momento il Ministero degli interni si occupò esclusivamente dei movimenti magico-esoterici che non sono la totalità dei gruppi esistenti a livello nazionale. Oggi all’incirca riteniamo che ci siano circa 500 gruppi organizzati”.

I movimenti settari sono dunque in forte espansione. Ma quello che si nasconde dietro le promesse di felicità, benessere e, in alcuni casi, di una vera e propria palingenesi messianica, è una realtà ben diversa: i racconti, i documenti, i quadri che presenteremo in questa inchiesta aiuteranno a prender coscienza del giro d’affari (economici e, in alcuni casi, anche politici) che ruotano intorno alle sette, della loro capacità di “spolpare” le persone che vi si avvicinano, di ingannare, plagiare, violentare. E quando qualcuno, come nel caso di Michele, si rende conto di ciò che si nasconde dietro l’attrattiva di energie cosmiche, reincarnazioni, forze naturali e sovrannaturali, uscire diventa complicato, se non impossibile. Quando Orwell raccontava la sua distopia in 1984, prospettava, in realtà, un mondo non molto lontano da quello che ritroviamo, come vedremo, in gran parte d’Italia.

di Carmine Gazzanni

Le sette attive e operative nel nostro Paese sono tante e, sebbene differenti tra di loro per quella che possiamo chiamare “professione di fede”, non si distinguono affatto per alcuni aspetti peculiari che risultano essere, dunque, comuni a tutte le organizzazioni settarie.

Fondamentale per ogni setta – come viene dettagliatamente analizzato nel libro-inchiesta di Stefano Pitrelli e Gianni Del

VecchioOcculto Italia” – è il primo contatto con il potenziale adepto a cui gli si promette una felicità a portata di mano, una serenità facilmente raggiungibile. Insomma, l’Eldorado. E attenzione: in molti casi si parla non soltanto di un benessere mentale, ma anche fisico. E poi nuovi amici, migliori di quelli che si avevano prima. In alcuni casi, ancora, si arriva al paradossale: si promette una palingenesi planetaria. Basta soltanto seguire alla lettera gli insegnamenti del guru. Di fatto si arriva a far credere che quella sia una comunità prescelta, eletta, speciale. È il caso, questo, della setta di Damanhur (il cui leader, dicono, è la reincarnazione del dio egizio del sole, Horus), attiva in un piccolo paesino in provincia di Torino. Si legge, infatti, sul sito ufficiale della comunità: “le linee sincroniche sono i canali di energia che percorrono il nostro Pianeta […] Le linee sincroniche trasportano pensieri e idee e attraverso di esse è possibile collegarsi a qualsiasi punto del Pianeta. Damanhur […] sorge dove si incrociano quattro di queste linee principali […] Sono state individuate con viaggi fisici e sistemi medianici”. E, guarda caso, quest’incrocio magico avviene proprio a Vidracco, sede della comunità.

E, ancora, è il caso del Movimento Umanista che si propone, addirittura, di cambiare il mondo per salvarlo. Di “umanizzarlo”, appunto. Il fine è quello di sconfiggere guerre, terrorismo, sfruttamento, malattie. Propositi altissimi, ci mancherebbe. Peccato, poi, che il sistema interno alla setta sia profondamente gerarchico e che tagliare i ponti, semmai uno volesse, sia a dir poco complicato, viste le pressioni psicologiche a cui si è sottoposti. La Tinelli, infatti, ci rivela che “la pericolosità del gruppo è data dal fatto che non si accetta affatto il senso critico, né dei partecipanti, né dei fuoriusciti. Non si accettano critiche. E l’atteggiamento immediato che hanno è quello di denunciare, minacciare, molestare tutti i soggetti che risultano essere critici”. Un atteggiamento che abbiamo riscontrato nelle parole di un’altra fuoriuscita che chiameremo Paola: “Ho cominciato ad avere dubbi – ci rivela – circa quattro anni dopo essere entrata attivamente in Scientology. Se n’erano accorti semplicemente perché avevo espresso perplessità su una delle nostre giornate di lavoro e di formazione. In pratica mi hanno messo sottopressione: venivano a casa anche cinque volte al giorno, mi chiamavano continuamente, insistevano affinchè io partecipassi alle riunioni. Alla fine, probabilmente più per sfinimento che per altro, ho soppresso i miei dubbi. Solo un anno dopo sono riuscita ad uscire, anche se gradualmente, da Scientology”.

Il proselitismo, tuttavia, per ogni setta che si rispetti, va di pari passo con un altro aspetto, probabilmente ancora più fondamentale affinché poi si spogli il soggetto di tutto, finanche della sua identità. Stiamo parlando della rottura di ogni rapporto con il mondo esterno: basta legami con familiari, mogli, figli, amici. L’unico amore che consola, che riempie, è quello della setta. Non a caso si parla di love bombing: l’adepto viene letteralmente bombardato d’amore e di attenzioni in maniera tale che non senta più il bisogno e la necessità di qualsiasi contatto con l’esterno. Pian piano, poi, si comincia a far credere che non solo tali legami siano superflui, ma addirittura nocivi per il raggiungimento della felicità.

La dottoressa Tinelli ci racconta, ad esempio, di una setta che lei conosce molto bene, Arkeon, oggi sotto processo a Bari per reati a vario titolo (associazione a delinquere finalizzata all’abuso della professione, maltrattamento sui minori, violenza privata, calunnia): “in questo gruppo addirittura inducevano i loro adepti a ricordare un falso ricordo di un abuso sessuale durante l’infanzia perpetrato o dal padre o dalla madre o da un parente prossimo. Durante queste sessioni, ad alto impatto emotivo, gli adepti finivano col ricordare una cosa mai accaduta. Dopodiché il compito era quello di tornare a casa, andare dal genitore preposto, dal pedofilo di turno e andare a raccontare del ricordo”. Ciò, chiaramente, porta subito alla devastazione del rapporto genitoriale. E certamente non è l’unica setta che ha ideato questa ”strategia”.

È il caso, ad esempio, dell’O., che, prima che fondasse il suo movimento (colorato di filosofia, ma solo apparentemente), aveva uno studio in cui praticava seduta di psicoterapia, ma, per chiunque andasse, la diagnosi era sempre la seguente: le cose vanno male perché sei circondato da negatività. Come guarire allora? Devi allontanarti dalla tua famiglia, dai tuoi genitori, da tua moglie, dai tuoi figli. Stesso dicasi per Scientology: Paola, ad esempio, ci dice che quando è entrata in Scientology aveva poco più di diciotto anni e viveva ancora a casa dei suoi genitori. “I miei – ci dice – in un primo momento hanno lasciato correre; dopo però hanno cominciato a esprimere perplessità. Hubbard (leader scientologo, ndr) fornisce a chi è a contatto con una persona anti-scientology due soluzioni: o risolvere la situazione o tagliare i ponti. Così ho fatto: sono andata via di casa. Sentivo i miei genitori soltanto nei periodi di feste”.

Un classico. Il santone di turno inculca ai neofiti l’idea secondo cui soltanto ora si è nella verità, ma le persone a noi vicine non capiranno questo grado di consapevolezze raggiunto. “Ed ecco la profezia che si autodetermina”, ci dice la Tinelli: i neofiti torneranno a casa e cominceranno a stimolare discussioni su argomenti che mai avrebbero affrontato prima, più per stimolare una lite che la discussione pura e semplice. Parleranno con un linguaggio diverso, proprio del gruppo, si vestiranno in maniera diversa addirittura. Tutti questi cambiamenti repentini risulteranno a dir poco strani per i genitori e gli amici. Diranno “ma come mai questi cambiamenti? Non è che ti stanno facendo il lavaggio del cervello?”.

E lì arriva la rottura, di colpo questi ragazzi prendono, fanno le valige e vanno via di casa. A volte, addirittura, ci conferma la dottoress, i genitori non sanno più dove vanno a finire i figli proprio per via di questa rottura. Non a caso diverse sono le storie di uomini che, entrati nelle sette, hanno abbandonato la propria fidanzata, di genitori che non rivedono i propri figli oramai da anni. È il caso di Monica, mamma di una ragazza di Chivasso (in provincia di Torino), che ci racconta una storia dai tratti profondamente drammatici: “non vedo mia figlia oramai da un anno. E non solo lei non torna più a casa, non solo non risponde praticamente mai al telefono, ma se andiamo a cercarla noi, non ci permettono di avere contatti. Ci dicono o che non c’è o che è impegnata o che in questo momento non vuole vederci. Ogni giorno penso a lei e ogni notte, prima di andare a letto, passo per la sua camera che è rimasta ancora così come lei l’ha lasciata. Ogni volta non posso far altro che piangere”.

di Carmine Gazzanni

“Una volta che ti leghi ad una di queste comunità, l’indottrinamento prosegue senza tregua”, commenta sconsolata Paola. E in effetti è così: i leader dei vari movimenti sono visti come guru, come custodi di una verità eterna, infallibile, cristallina. Sono da seguire fino allo stremo, sia se essi blaterano formule alchemiche, sia se si presentino come salvatori dell’umanità o reincarnazione di qualche divinità aliena.

E questo cosa comporta? Che ci si dedichi costantemente, anima e corpo al bene della comunità. E qui si arriva al vero fine di ogni

setta: il fedele deve dare tutto se stesso. A cominciare, chiaramente, dai propri averi. “L’aspetto economico senz’altro è l’aspetto prioritario. Questo è fondamentale per il potere personale sulle persone, che fa parte delle caratteristiche narcisistiche dei capi carismatici”, ci conferma la dottoressa Tinelli.

Ogni gruppo, in effetti, incoraggia le donazioni che ogni buon adepto è tenuto a fare. In diverse comunità c’è anche l’obbligo della partecipazione a seminari, i quali, tuttavia, sono decisamente sui generis: “di norma noi pensiamo che ogni corso, alla fine, si conclude con un attestato, un diploma, una laurea. Qui no: i corsi non finiscono mai, sono ripetizioni di ripetizioni di ripetizioni. Non si va mai a un livello successivo. I corsi si ripetono sempre, sempre allo stesso costo, pagati sempre a nero”. Ma non finisce qui: molte di queste sette si organizzano fino a creare una vera e propria rete di merchandising. Basti pensare che a Damanhur esiste un vero e proprio listino prezzi per gioielli, piante, quadri, indispensabili per raggiungere la piena serenità col mondo circostante (e dunque indispensabili per i neofiti). In pratica, ogni fedele si ritrova ad essere anche (e soprattutto) un buon cliente. Col risultato che, molto spesso, si possono perdere grandi somme di denaro senza nemmeno rendersene conto.

È il caso di Giacomo Sotgia (ex adepto di Scientology) che nel suo memoriale del 10 agosto 2010, allegato alla denuncia presentata alla Procura di Pordenone, ricorda che “negli otto anni di affiliazione ritengo che le somme versate a vario titolo ammontino a circa novantamila euro”. Ma il caso di Giacomo di certo non è isolato: sono molti nella sua stessa situazione. Monica, mamma che non vede la figlia da un anno, ci racconta, tra le lacrime, del giorno in cui sua figlia si precipitò a casa, dopo mesi che non si vedevano: “era sconvolta. Noi pensavamo che fosse tornata definitivamente. E invece no: dopo un abbraccio veloce ci chiese circa mille euro. Diceva che le servivano. Io ero disperata, non sapevo cosa fare. Alla fine, nella speranza che poi sarebbe tornata, glieli diedi. Ma lei il giorno dopo né è tornata per ringraziarmi, né mi ha telefonato”.

Ancora più emblematico il caso di Damanhur. Questa setta è una delle tante organizzate come vera e propria comunità. Una sorta di città-stato con una propria bandiera, un proprio inno, una propria Costituzione. Ed anche una propria moneta, il Credito. Questo significa che gli adepti che lavorano fuori dalla comunità, rientrati a casa, devono cambiare l’euro in Credito e quindi riversare tutto il guadagno all’interno della loro banca (sì, hanno anche proprie banche, Peal e Atalji). “Ho conosciuto – ci racconta la Tinelli – una persona che è stata dentro Damanhur trent’anni. È fuoriuscita e oggi non ha nemmeno diritto alla pensione: in Italia da questo punto di vista è come se non fosse mai esistita avendo in pratica vissuto gran parte della sua vita all’interno della setta”.

E quando non è possibile offrire denaro, la comunità assorbe totalmente il tuo tempo libero in attività vantaggiose per la comunità stessa. In pratica, oltre ai soldi, l’adepto mette a disposizione anche il suo lavoro. Gratuito naturalmente. “Dopo alcuni mesi che ero entrato in Damanhur – ci racconta Michele – pian piano le ore che dovevo dedicare ai lavori per la comunità cominciavano a crescere. Sono arrivato a circa settanta ore al mese di lavoro gratuito. Ora era necessario rifare una strada, ora andare al Tempio per qualche controllo, ora bisognava riparare quella o l’altra cosa, ora al convegno per organizzare e predisporre i tavoli. Né era possibile assentarsi o dire che preferivi non andare”. Ecco, allora, come si spiega il motivo per cui sono i damanhuriani ad aver costruito il loro Tempio sotterraneo, senza ricevere nulla in cambio. E così anche le altre sette: sono gli ontopsicologi ad aver costruito la sede del Foil (Formazione ontopsicologica interdisciplinare leaderistica) nel Lodigiano, dove il leader Meneghetti tiene corsi (che si fa pagare profumatamente) di consulenza per le imprese; sono gli scientologisti a tenere in piedi le diverse chiese sparse sul territorio italiano. Insomma, tutte le sette utilizzano i propri seguaci per prosperare e questi, immersi nel lavoro, non riescono a riemergere dall’annichilimento totale a cui sono condannati.

Si attiva, dunque, un circolo vizioso da cui non si riesce più ad uscire: indottrinamento, zero tempo libero (e dunque zero tempo per riflettere e pensare autonomamente), totale dedizione per la setta. Anche a costo di perdere, come abbiamo visto, un intero patrimonio. Che, dopotutto, è il vero fine che si nasconde dietro ogni setta. Basti pensare a quanto ci dice ancora Michele: “i cittadini di classe A (ci sono diversi gradi gerarchici nella comunità, ndr) non possono avere nulla di privato. Devono cedere tutto alla Comunità. Anche la casa e la macchina”. D’altronde nella Costituzione del 2007 lo si dice chiaramente: “Il cittadino damanhuriano provvede al mantenimento personale e contribuisce con le proprie risorse e con il proprio lavoro a sostenere la Federazione della Comunità, in armonia con il principio di condivisione. Chi lascia la cittadinanza non avanza alcuna pretesa di carattere economico nei confronti di essa e non ha diritto a quanto in essa versato”.

L’OTTO PER MILLE E QUEGLI AGGANCI POLITICI INDISPENSABILI

Do ut des. Questo sembrerebbe essere il meccanismo che tiene legate le sette alla politica. La struttura verticistica dei movimenti settari, infatti, è un incredibile canalizzatore di voti, tanto più che basta accordarsi con il leader spirituale per crearsi un bacino elettorale importante. Ma in cambio il politico cosa deve fare? Ed ecco qui che si arriva al sogno inconfessato di ogni comunità settaria: partecipare alla tavola imbandita dell’otto per mille. Fior di soldi, dunque, e vantaggi fiscali di tutto rispetto. Ancora una volta, dunque, il discorso è prettamente economico.

Ed ecco allora che troviamo diversi legami di tutto rispetto (che Pitrelli e Del Vecchio nel loro libro documentano in maniera molto dettagliata). Abbiamo, ad esempio, il leader dell’O. , A. M., molto vicino a Marcello Dell’Utri (non a caso questa setta si caratterizza per un accesso leaderismo, tratto distintivo anche del Pdl). La Soka Gakkai (una sorta di buddismo dai tratti, però, fortemente autoritari) invece, se prima si era orientata verso destra con alcuni uomini legati al Pdl, nel 2006 compie la svolta “democratica”: un sokiano come Enzo Cursio si candida nella lista civica a supporto di Walter Veltroni alle comunali di Roma. Cursio non riuscirà ad essere eletto, ma senza dubbio questo serve a stringere rapporti con l’ex segretario del Pd e il partito tutto. Basti ricordare che l’allora ministro Melandri, quando istituisce la Consulta giovanile per il pluralismo religioso, invita, tra i quindici membri rappresentanti dei diversi credo, alcuni adepti della Soka in rappresentanza del buddismo, sebbene l’Ubi, Unione Buddista Italiana, non riconosca affatto questa setta. Abbiamo poi Damanhur che, invece, potendo contare sull’immagine propinata di “ecosocietà”, si era legata al Partito dei Verdi al punto da riuscire a portare avanti un’opera di “infiltrazione” degna di nota: dal 2004 al 2007 riescono a piazzare almeno tre loro esponenti nel consiglio nazionale del partito, più altri negli organi locali di città importanti come Torino, Modena e Firenze (senza dimenticare, come già abbiamo documentato, della vicinanza della comunità settaria con un altro parlamentare, Domenico Scilipoti). E poi il Movimento Umanista, che, dopo aver tentato la strada individuale (alle elezioni del 2000 il Partito Umanista si candida alle regionali in diverse zone d’Italia), conmfluisce in un partito con un peso nazionale decisamente diverso: l’Italia dei Valori. Tant’è che Antonio Di Pietro decide di candidare alle politiche del 2009 l’ex segretario del Partito Umanista, Giorgio Schultze.

Ma questi sono soltanto alcuni esempi tra i tanti che potremmo fare. Le sette, infatti, sono riuscite ad avere testimonial importanti non solo in Parlamento, ma anche nelle giunte regionali, provinciali, comunali. A volte riescono a prendere il controllo di interi comuni, come nel caso del Partito damanhuriano “Con te per il paese”, ormai al terzo mandato consecutivo a Vidracco. Molto spesso – è importante sottolinearlo – alcuni politici (e non solo i politici, ma anche uomini dello spettacolo e dell’imprenditoria) si ritrovano ad essere testimonial inconsapevoli dei movimenti settari: molte di queste, infatti, si celano dietro ONLUS, dietro organizzazioni umanitarie, dietro volontariato. Un bel modo, efficace ed efficiente, per fare, poi, proselitismo. È il caso, ad esempio, di Scientology, presente a L’Aquila dopo il terremoto del 2009, sotto le “mentite spoglie” dell’associazione di volontariato PRO.CIVI.COS (dove “COS”, del resto, sta per “Church Of Scientology”). Ebbene, Gianfranco Fini, in visita ai terremotati, si complimentò con la squadra di volontariato; non solo: l’opera di questa associazione venne applaudita dalla Camera dopo un intervento ad hoc del pidiellino Maurizio Lupi. C’è da credere, però, che i due parlamentari non sapessero affatto che dietro l’associazione si nascondesse la mano della setta di Hubbard.

Tutto questo, dunque, non solo permette di sponsorizzare la setta stessa con nomi importanti della politica italiana, e dunque di portare avanti un più proficuo proselitismo. Ma c’è dell’altro: si intrecciano rapporti, si scambiano favori, si scoprono le proprie carte. E allora gli adepti di una setta diventano un bacino elettorale decisamente appetibile. Ma i santoni – checché ne dicano – non fanno mai nulla per nulla. E allora si cerca di stringere alleanze per sedersi, un giorno, al tavolo dell’otto per mille; si insiste affinchè si prosegua nell’iter della proposta di legge sulle “comunità intenzionali” (che in pratica regolamenterebbe le donazioni “gratuite” e il lavoro nero degli adepti). Senza dimenticare l’importante opposizione di alcuni parlamentari alla reintroduzione del reato di plagio o manipolazione mentale: questo reato, infatti, è esistito fino all’8 giugno 1981, giorno in cui la Consulta lo bollò come incostituzionale perché ritenuto eccessivamente arbitrario.

Negli ultimi anni, tuttavia, alcuni parlamentari, spinti anche da diversi casi e dalle testimonianze scioccanti dei fuoriusciti, hanno presentato alcuni disegni di legge per reintegrare il reato di plagio. Del resto la stessa dottoressa Tinelli ci conferma questo cambiamento di rotta: “per due mercoledì di seguito io e altri studiosi siamo stati ascoltati in Senato: la Commissione di Giustizia sta vagliando seriamente la possibilità di elaborare una legge che vada a tutela delle vittime di queste esperienze. C’è un numero davvero esiguo di studiosi (molto spesso prezzolati dalle stesse comunità, ndr) che ritiene che una legge di questo genere vada a ledere la libertà religiosa, mettendo la religione di mezzo, quando invece la manipolazione mentale non avviene necessariamente solo per questioni religiose, ma in qualsiasi ambiente, per cui questa scusante non regge”.

di Carmine Gazzanni

Quanto detto sinora ci lascia intendere in maniera chiara come, dietro fantasmi venerandi, alieni da idolatrare, si nascondano interessi tutt’altro che metafisici. Chiaramente gli alti membri delle sette smentiscono. Ma ci sono anche carte processuali che testimonierebbero quanto detto. Quelle di cui siamo venuti in possesso (ma non sono le uniche: basti pensare ai membri di Arkeon, sottoprocesso tutt’oggi a Bari) riguardano una delle sette più attive e influenti.

Negli Usa come in Italia. Stiamo parlando di Scientology. La nascita ideologica di Scientology può rintracciarsi nel 1950, con la

pubblicazione del libro di L. Ron Hubbard, “Dianetics: la forza del pensiero sul corpo”, che riscosse un grande successo tra amanti di ‘terapie della mente’ e ‘controllo del corpo’. Da lì Hubbard si mise a capo di una setta che conta numerosi iscritti e un patrimonio, secondo le ultime stime ufficiali (che tuttavia risalgono al 1993), di circa 398 milioni di dollari in proprietà, più introiti pari a 300 milioni di dollari l’anno.

Ma andiamo a veder quanto professato dagli scientologisti: secondo Hubbard, l’avvento della razza umana può essere fatta risalire a 75 milioni di anni fa, quando Xenu, feroce governatore della Federazione Galattica, trasportò miliardi di anime umane su Teegeeack (oggi conosciuta come Terra). Da diversi documenti (reperibili anche su internet) si legge che a quel punto Xenu fece cadere le anime – chiamate Thetans – dentro vulcani delle Hawaii e del Mediterraneo, per poi farle esplodere con bombe all’idrogeno. Non contento, Xenu inculcò nei corpi ora senza anime false idee artificiali – immagini di Dio, del diavolo, di angeli, dello spazio, di teatri e di elicotteri, di danzatori e di treni. Come liberarsi da queste idee? Solamente tramite centinaia di ore del costoso “auditing” di Scientology, una sorta di fantascientifico esorcismo.

Ora, però, andiamo a spulciare le carte processuali, andiamo a leggere alcune dichiarazioni di fuoriusciti. Andiamo, insomma, ad alzare il coperchio fantascientifico propinato dalla setta. Anni fa la Procura di Milano portò avanti un’inchiesta che, sebbene si sia chiusa con l’assoluzione totale degli imputati, ha svelato dei meccanismi interni alle sette illuminanti. Nella sentenza di rinvio a giudizio dell’otto ottobre 1988, ad esempio, viene riportata la telefonata tra un tale Pasquale e Giuseppe su un possibile nuovo adepto che, tuttavia, pare abbia delle remore ad accettare l’insieme del corso denominato “Accademia”.

Però, si dicono i due, bisogna insistere perché “quel tipo lì… è troppo reach(ricco)”, quindi non bisogna assolutamente mollarlo, bisogna parlargli fino a stordirlo (“gli dici che gli devi parlare! Fine! Intanto parli, parli, parti, parli! Hai presente? Parli, eccetera! E poi parli di nuovo! Quello che fai è: parli fino a quando non sei qui poi, quando sei arrivato qui parlo io, hai capito?”), bisogna quindi portarlo da lui di persona perché “quando ce I’ho qui gli apro un culo tanto”. Da tutte le intercettazioni di allora, in pratica, si comprende bene come si cerchi in pratica di annichilire, stordire le persone affinchè poi accettino di aderire a corsi in cambio di grosse quantità di denaro. Gli inquirenti, ad esempio, scrivevano che in una registrazione “uno dei due interlocutori spiega all’altro, con tono di orgoglio, della “bravura” di altre due persone che sono riuscite a convincere qualcuno a comprare un certo corso (il “livello 4”) stando con lui ‘sino alle 8 del mattino successivo’. Sia consentito commentare che indubbiamente le persone in questione hanno mostrato notevole resistenza fisica ma si ha ragionevole motivo di dubitare del grado di coscienza e volontà dell’altro soggetto indottosi, dopo una notte insonne, ad acquistare un certo corso”.

In altri casi, ancora, le telefonate testimoniano che anche l’attività di proselitismo è diretta in base alle possibilità economiche della possibile ‘vittima’: “c’è una persona che ha… una pizzeria. Ma i muri non sono suoi. Lui sarebbe disposto a dare 3.000.000 al mese se tu puoi fargli avere un 40.000.000 presso una banca”. Altre volte, ancora, si stimola la persona a fare debiti, prestiti o ipoteche. E se, come in questo caso, la persona sembra decisa anche per conto suo a contrarre l’ipoteca per pagarsi i corsi “si assiste ad un sottile ma evidente atteggiamento di pressione”.

Uno dei casi più emblematici, a riguardo, è certamente quello di Maria Pia Gardini che ha perso circa 1,5 milioni di dollari. Le sue dichiarazioni giurate (febbraio 2001) aprono un mondo davvero inquietante. Basti ricordare, come ricorda la Gardini, che dopo aver soggiornato proprio per volere di Scientology in America, tornata in italia, “scoprii che la mia situazione era terribile. Il mio legale mi disse di vendere la villa di famiglia. Non avevo più soldi e non potevo permettermi di mantenerla”. E nemmeno la perdita di cari ferma l’interesse delle sette. Racconta sempre la Gardini che il 18 novembre 1990 sua figlia morì, all’età di 29 anni, per aids; “due giorni dopo la sua morte – racconta – la portai al cimitero per essere sepolta nel mausoleo di famiglia. Quel giorno mi richiamarono a Flag. Mia figlia non era stata nemmeno ancora sepolta. Flag mi chiamò e parlò con mia madre, che li mandò a quel paese […] Quando infine parlai con loro dissi che mia figlia aveva lasciato una bambina di 11 anni, Camilla, e non potevo partire immediatamente. Mi telefonavano ogni giorno, incessantemente, intimandomi di rientrare immediatamente. Telefonavano senza preoccuparsi delle sei ore di differenza tra gli USA e l’Italia. Chiamavano alle 4 di mattina svegliando tutta la casa, immersa nel dolore per la perdita di mia figlia, intimandomi di rientrare immediatamente a Flag”. Poco dopo la Gardini viene abbandonata anche dalla madre che le lascia una cospicua eredità.

E Scientology? “Debbie Cook (suo superiore, ndr) mi disse ‘Vogliamo sapere in che modo possiamo aiutarti per il tuo ciclo dell’eredità’. Si riferiva a come accelerare l’entrata in possesso dell’eredità di mia madre”. Sebbene la Gardini avesse tentato di ritardare, le pressioni erano costanti, anche tramite sedute tra lei e più persone il mattino alle otto, come documenta l’ex scientologa. Alla fine “finii per trasferire 300.000 dollari sui conti (di Scientology, ndr)”. Né le pressioni per altre ‘donazioni’ finiscono qui. La Gardini, visti i suoi problemi familiari dopo la morte di madre e figlia, aveva esigenza di rientrare in italia: “mi dissero che potevo partire, ma prima volevano che facessi l’intera donazione di un milione di dollari”.

A questo punto qualcuno potrebbe dire: ma perché non uscire? Come già abbiamo spiegato, il meccanismo che è alle spalle di tali donazioni porta l’adepto ad un completo annichilimento. Nelle carte processuali, ancora, ci sono le testimonianze di familiari che in pratica sono arrivati a non riconoscere più i propri cari. Una madre, ad esempio, dichiara: “…non so che arte venga usata per plagiare una personalità probabilmente debole, indebolita anche da fatti estremamente dolorosi accaduti nella nostra famiglia. La morte a 25 anni, del primo dei miei quattro figli, la morte di mio marito… nel 1982/83 rimase coinvolto in Dianetica e da allora non l’ho più riconosciuto… mai si era mostrato violento al punto che mi mise le mani addosso un paio di volte”; in un’altra dichiarazione, rilasciata ancora da una donna parlando di sua figlia, si legge:  “non la riconoscevo più, pur essendo sempre educata, mi sembrava un ‘robot’, non so come spiegarmi, una specie di fantasma senza più emozioni”.

E ancora: “… questo cambiamento di mia moglie mi ha causato non poca sofferenza e mi ha indotto ad indagare per trovare le origini … io sono un operaio e non mi intendo di queste cose ma ho notato che lì fanno di tutto per convincere la gente a pensare nello stesso modo o, comunque, a non pensare più con il proprio cervello”.

Comprendiamo, dunque, come sia difficile ravvedersi di una situazione che, potremmo definire, di “passivo sfruttamento”. C’è stato chi ha reagito, chi è riuscito ad uscire dalle dinamiche di indottrinamento. Ma non senza soffrire. Il già citato Giacomo Sotgia, nel suo memoriale, dichiara che “tali eventi (il suo essere stato adepto di Scientology, ndr) mi prostrarono a tal punto da aggravare lo stato depressivo e l’esaurimento nervoso di cui già soffrivo, e mi impedirono di lavorare per tutto l’anno 2007 e metà 2008 […] Attualmente continuo a soffrire di disturbi di salute, di stati ansiosi-depressivi che mi rendono difficoltoso svolgere regolarmente un’attività professionale e che nel tempo mi hanno fatto isolare da ogni iniziativa di carattere sociale e relazionale”. Anche Paola, la fuoriuscita da noi contattata, rivela la stessa difficoltà: “Mi rendo conto che la mia esperienza in Scientology ancora influisce sulla mia vita. Sono riuscita a farmi una famiglia, ma spesso, soprattutto quando sono tra persone che non sconosco, non riesco più a sentirmi a mio agio. Mi sento come un pesce fuor d’acqua”.

E questo non accade, chiaramente, solo in Scientology. La dottoressa Tinelli, ad esempio, ci parla di un lavoro sperimentale portato avanti da un associato del CeSAP con l’Università di Bari: “attraverso vari campioni è stato rilevato che i fuoriusciti hanno una dissociazione mentale negativa molto elevata. Questo significa che, a furia di rispettare delle regole che sono in contrasto con quelle che sono anche semplicemente le abitudini del quotidiano, ne risulta danneggiata l’attività cognitiva, l’attività mentale ed emotiva. Anche perché riaffacciarsi al mondo, il rivivere quelle emozioni alle quali si erano dati altri significati, diventa complicato”. Bisogna infatti ricordare che le sette ragionano per aspetti dicotomici: dentro-fuori, caldo-freddo, buoni-cattivi.

Non hanno le sfumature che invece sono essenziali nella vita. “In più – continua la Tinelli – nelle sette le scelte vengono sempre dall’alto, dal santone. Quindi c’è anche una sorta di affidamento totale al leader che presuppone, nel momento in cui si fuoriesce, una difficoltà ad entrare in contatto con un ambiente più allargato con tutte le sollecitazioni proprie di quest’ambiente”. Altro caso eloquente è quello di Michele, fuoriuscito di Damanhur, che ci racconta, anche lui, di non riuscire ad avere rapporti sociali: “Ho sempre paura. A volte faccio degli incubi molto strani e mi sveglio la notte terrorizzato. Ho difficoltà a rifarmi una vita, a metter su famiglia. E anche a trovare un lavoro stabile: molti mi considerano un disadattato. E probabilmente ora lo sono. La cosa non mi va giù perché mi ricordo da adolescente: ero sempre in prima fila quando si trattava di stare assieme, di divertirsi. Sognavo una famiglia molto allargata. I bimbi mi piacciono. Quando ci penso piango: l’errore che feci venti anni fa, quello di entrare in  Damanhur, mi ha cambiato. Non sono più me stesso. E ho paura che mai più tornerò ad esserlo”.

E, se da una parte uscire è complicato, dall’altra la setta fa di tutto affinchè verità scomode non vengano a galla: ognuna di queste, ad esempio, sconsiglia (anche se non per vie ufficiali) l’utilizzo dello strumento Internet, una fonte di informazioni decisamente pericolosa. Senza dimenticare che all’interno delle comunità, molto spesso, si creano comitati addetti proprio al monitoraggio della fede degli adepti e, nel caso ci sia qualcuno che allenti il suo credo, immediatamente le pressioni psicologiche raggiungono livelli ossessivi, da santa inquisizione. Molte di queste sette – come alcuni fuoriusciti ci confermano – dispongono di veri e propri tribunali nei quali sono tenuti interrogatori stremanti. E non finisce qui.

Alcune comunità dispongono anche di dossier su ‘nemici’ della setta (in primis giornalisti che hanno svelato importanti verità, come Del Vecchio e Pitrelli, ma soprattutto loro, i fuoriusciti): nel maggio 2010, infatti, la polizia ha sequestrato un archivio enorme nella sede torinese di Scientology. Al suo interno le storie, fin nei minimi dettagli, di tutti gli ex adepti (questo spiega perché, di solito, all’interno di tali comunità si cerca di conoscere fin nell’intimità ogni fedele). Ma non solo: all’interno del dossier abbondano i nomi dei ‘nemici’, ma anche di possibili alleati. Viene annotato tutto: preferenze sessuali, vicinanze politiche, problemi o forza economica della persona di cui si parla. Perché questo? Perché un dossier è un’arma sempre valida: è arma di ricatto, è contropartita in un possibile do ut des, è pistola da puntare nei confronti di chi, oggi amico, può domani ravvedersi della follia di Scientology.

di Carmine Gazzanni

Associazione a delinquere finalizzata all’abuso della professione, maltrattamento sui minori, violenza privata. Questi sono i reati per i quali oggi una delle sette più attive in Italia, Arkeon, è sottoprocesso a Bari (senza dimenticare una condanna in primo grado a sei anni per violenza sessuale ad uno dei maestri di questa psicosetta). Tra gli imputati anche lui, il leader maximo del movimento, Vito Carlo Moccia. Abbiamo parlato con una fuoriuscita: la sua testimonianza è a dir poco scioccante.

Arkeon nasce nel 1999 e, da lì, comincia ad espandersi a macchia d’olio. Non solo in Puglia, ma in tutta Italia, come ci conferma la

fuoriuscita con cui Infiltrato.it è riuscito a mettersi in contatto. Un proselitismo ad ampio raggio tramite cui numerosi adepti sono caduti nella rete di Arkeon. Soprattutto per quanto veniva propagandato: la capacità di compiere veri e propri miracoli. “Pensi di poter risolvere ogni problema e di sconfiggere anche la malattia”, ci dice il nostro contatto. Insomma, con Arkeon diventi un dio sulla Terra. A patto, però, che rompi i rapporti con i tuoi genitori, con la tua famiglia e con i tuoi amici (leggerete di falsi abusi sessuali che venivano fatti ricordare agli adepti, sebbene non fossero mai capitati. Un bel modo per far tagliare i ponti con i propri familiari). Ma, come ogni setta che si rispetti, la felicità, la serenità, la realizzazione personale sono solo facce di una stessa falsa medaglia. Il vero volto di Arkeon è violenza, è maltrattatamento finanche sui bambini, è calunnia, è minacce, intimidazioni, sfruttamento. Con un solo fine da raggiungere: fare cassa. Anche se questo, molto spesso, significa distruggere la vita di uomo, di una donna, della propria famiglia.

La storia che ci si racconta è una di quelle da leggere attentamente. Con devozione, verrebbe da dire. È una di quelle storie rivelatrici, che aiutano a riflettere, che aiutano a capire la realtà di un fenomeno troppe volte sottovalutato e non tenuto in giusto conto. Le risposte che ci sono state date, infatti, non soltanto hanno il sapore amaro, arido quasi, di un’esperienza che sconvolge. Nelle parole che abbiamo sentito e che voi potrete leggere c’è anche la viva speranza, il desiderio ardente che qualcosa possa cambiare in futuro, che il dramma subìto possa essere da esempio per altri. E possa essere da esempio affinchè le istituzioni prima e la società civile poi prendano coscienza di un fenomeno ormai dilagante. “Spero non sia solo un sogno…”, ci dice al termine dell’intervista. Ci uniamo anche noi a questa speranza. D’altronde un proverbio sudamericano recita: “se uno sogna da solo, il suo rimane un sogno. Ma se sogna insieme agli altri, il suo è già l’inizio della realtà”.

Quando è entrata in Arkeon?

Nella prima metà degli anni duemila, l’ultimo periodo di attività del gruppo.

E com’è entrata nel gruppo?

Sono stata portata ad una riunione da un mio familiare che era già dentro.

Uno dei caratteri comuni alle sette è la chiusura con l’esterno. Quando lei è entrata è cambiato il rapporto con i suoi familiari e i suoi amici?

Completamente. Arkeon ha subito dato un’interpretazione della relazione con la  mia famiglia come negativa per la mia crescita accusandola anche di abusi nei miei confronti, che dovevo affrontare per poter essere felice e riappropriarmi della mia vita. E lo faceva con tutti: agli uomini ad esempio si diceva spesso che le madri impedivano la loro crescita per poter continuare a tenerli morbosamente legati a loro, poiché c’era un’energia sessuale che portava le madri stesse a vederli come propri partner e non come figli; a donne ed uomini si inducevano dubbi sul fatto di essere stati violentati dal padre o da uno zio, spesso e volentieri da un pedofilo della famiglia della madre. Questo perché c’era una teoria sulle perversioni della madre che poi riversava nel far abusare la propria figlia consegnandola ad un altro uomo della sua famiglia, il pedofilo appunto. In questo modo eri disgregata e arrivavi a dubitare di tutto: tutto quello che era la vita prima di Arkeon era sbagliato, famiglia, amici, lavoro, scelte di vita. Se non eri  ricco e famoso era perché avevi dei processi da risolvere che erano determinati dall’influenza negativa della famiglia dalla quale dovevi staccarti, a meno che i tuoi parenti non entrassero anche loro nel gruppo per seguire il maestro.

Chiaramente tutto falso, tutto indotto.

Certo. Tutti i problemi erano riconducibili a questi fantomatici abusi. Se non avevi relazioni soddisfacenti, non eri fidanzata o sposata, non avevi una famiglia felice, era perché dovevi risolvere questo tipo di problemi causati dalla tua famiglia, che veniva distrutta ai tuoi occhi: chiaramente, avere il dubbio che tua madre abbia acconsentito a farti abusare sessualmente da qualcuno oppure farti dubitare della purezza dell’amore di un padre, o di tutte le altre persone che non frequentavano il gruppo, era scioccante. Per queste ragioni nel periodo in cui sono rimasta nel gruppo mi sono completamente allontanata dalla mia famiglia e dai miei amici: chi era fuori dal gruppo non era da frequentare.

Qual è il credo, la “professione di fede” che viene inculcata in Arkeon?

Diciamo che la professione di fede oggi la vedo come un delirio, un delirio di onnipotenza: hai il potere di cambiare la tua vita, gli eventi, anche quelli che non sono controllabili dall’uomo. Hai la sensazione di scoprire un altro mondo, rivoluzioni tutte le tue convinzioni, pensi di poter risolvere ogni problema e di sconfiggere anche la malattia. Diventi immune da tutto ciò che di negativo può capitare, se sei centrato non hai niente da temere: non ti ammali o guarisci anche da malattie gravi. Puoi fare il trattamento con le mani al cibo per purificarlo o all’antibiotico per evitare che ti faccia male allo stomaco. Tracciando nell’aria il terzo simbolo, con la mente, pensi di trovare parcheggio o di poter condizionare l’esito di un colloquio di lavoro. In pratica influenzando gli eventi, questi possono andare come hai deciso tu. Senza Arkeon, non hai il controllo della tua vita, sei condannato ad essere infelice, sei uno sfigato, un fallito. Con Arkeon pensi di poter diventare potente, centrato, sei un vincente e hai la soluzione di tutti i tuoi problemi: economici, sentimentali, lavorativi.

Potere personale, dunque.

Si. Ai seminari intensivi veniva consegnato a ciascuno di noi un bastone per fare esercizi ispirati alle arti marziali, il boken, e che tenevi sempre con te poiché rappresentava il simbolo del tuo potere personale.

Una religione decisamente particolare.

In Arkeon non c’è nulla di religioso: è impensabile credere di imporre le mani e risolvere qualsiasi tipo di problema tracciando i simboli del secondo livello. La nostra religione non dice che l’uomo può fare questo. Sì, nell’ultimo periodo ha cominciato a percorrere il filone religioso, per una facciata di spiritualità e di perbenismo, infatti c’erano anche dei preti che frequentavano il gruppo ed erano conosciuti tra tutti. L’ultimo giorno dell’intensivo, ad esempio, c’era la messa: ma se si pensa che il prete che celebrava (don Angelo De Simone, ndr) ha confessato al cerchio che aveva una relazione di tipo intima da tanti anni con due suore che circolavano nei nostri seminari, si può capire quanto di religioso ci fosse in Arkeon. Era, quello della religione, un argomento che dava credibilità ad Arkeon e chiaramente rassicurava anche noi che frequentavamo: nel momento in cui vedevi perfino preti e suore, ovviamente venivi rassicurato sul fatto che la strada che avevi scelto era giusta.

Torniamo alla “teoria del pedofilo”. Cosa avveniva, in concreto, durante queste sedute?

In pratica venivano inscenati dei lavori durante i quali si era portati a ricordare questo abuso subìto, anche se non era mai avvenuto, influenzati anche dal fatto che tutti quanti gli altri facevano la stessa cosa, tutti  venivano incalzati per ricordare abusi legati al fratello, al padre, allo zio. Un giorno, ad esempio, c’era una mamma con una bambina e si diceva che la mamma era stata abusata dal nonno; il maestro dichiarò che solo se la mamma si fosse impegnata a fare il lavoro (frequentare il gruppo, ndr), la piccola non sarebbe stata abusata anche lei. E la stessa pressione l’ho subita io allo scopo che ricordassi gli abusi sessuali legati alla mia infanzia, che né mio padre né mia madre hanno mai messo in atto o permesso che accadessero.

E lì il rapporto genitoriale, in questo modo, si andava a frantumare.

Completamente e non solo quello con i genitori. Erano tutti da evitare: genitori, nonni, fratelli, zii…. Soprattutto i parenti dal lato della madre.

La dottoressa Tinelli, presidente del CeSAP, ci ha detto che tali sedute erano a forte impatto emotivo. Non a caso nel processo è in piedi anche l’accusa di violenza privata.

Si, è così. In lavori molto intensi volevi solo che la smettessero ma se ti rifiutavi venivi vessata, se scappavi venivi fermata, se ti divincolavi venivi bloccata, per continuare ad essere sottoposta a quel tormento che aveva come scopo quello di far emergere la rabbia nei confronti dei tuoi genitori o verso il tuo pedofilo. E nonostante urlassi e piangessi, mi stringevano, mi tenevano ferma, infierivano contro di me. Fisicamente e verbalmente. Con la complicità dei presenti: la cosa assurda è proprio questa, tutti trovano normale andare avanti e non sono solo i maestri, ma anche i semplici frequentatori partecipano attivamente e condividono lavori violenti e scioccanti.

Il leader di Arkeon è Vito Carlo Moccia. Lei l’ha conosciuto?

Si, l’ho conosciuto.

Che persona è? Come appariva in questi seminari?

Lui ha una personalità molto carismatica, appare molto sicuro di sé. Se sei in un momento di confusione o di fragilità, e incontri qualcuno che con assoluta certezza ti dice di conoscere le soluzioni per ogni aspetto della tua vita, la tentazione di aggrapparsi a questa illusione e di affidarti a questa persona è fortissima, specie se ti fa pensare di avere tutte le risposte o ti porta altri ad esempio come casi di “sfigati redenti” o “falliti guariti”. Qualsiasi problema tu abbia, il maestro sa a cosa è dovuto e ha per tutti la soluzione. Soluzione che poi è sempre la stessa, fare il percorso di Arkeon, in tutti i suoi livelli, con sempre più seminari, sempre più costosi.

E com’erano questi seminari?

Erano una miscela di lavori spalmati anche su più giorni (negli intensivi, ad esempio) con momenti drammatici e condivisioni pubbliche tenute nel cerchio, dove il maestro dà le sue indicazioni e direttive sul quello che è giusto che tu faccia nel tuo percorso. Anche questo è un punto fondamentale: poiché tali esercizi e confessioni si tenevano davanti a tutti, se eri criticato dal maestro eri esposto alla pubblica gogna.  E quindi, se facevi resistenza o lo contrastavi, avevi tutti gli altri che ti davano addosso insieme a lui, dicendoti che eri in processo e venendo giudicata pesantemente o emarginata. Una pressione psicologica terribile. Sembra incredibile, ma sentirsi dire che se non sei madre, se non riesci ad avere figli è perché in realtà non hai risolto i problemi che potresti risolvere con il percorso di Arkeon o che se fai un incidente, è colpa tua e lo puoi evitare, se solo vuoi, può mandare fuori di testa.

Una pressione psicologica distruttiva, praticamente.

Terribile, una pressione che ti annulla. Anche la stessa teoria del pedofilo, localizzato nella famiglia. Perché adoperano questa strategia? Non so, immagino che sia perché se ti separano dalle tue radici, ti rendono simile ad una barchetta di carta in balia delle onde, ti trovi allo sbando. Senza tutti i tuoi punti di riferimento, la tua famiglia, non hai altra scelta che attaccarti completamente al gruppo perché ti fanno dubitare di tutti i tuoi cari, che allontani e quindi ti ritrovi solo. Molti si sono allontanati dalla loro famiglia e dalla loro città perché gliel’ha suggerito il maestro.

Quindi anche lei ha interrotto proprio fisicamente il rapporto con i suoi genitori?

Per un periodo sì, finchè sono stata nel gruppo.

Rotti i rapporti familiari diventa, dunque, difficile uscire da Arkeon.

Si, se sulla scia di questi lavori fai qualcosa che lesiona irrimediabilmente i rapporti, se vai a muovere accuse tremende ai tuoi parenti è poi difficile uscire e tornare indietro. Conosco persone che sono state in Arkeon per anni e non hanno più rivolto parola ai familiari ma ne sono faticosamente uscite, altre che sono ancora lì, persone che hanno tirato dentro altri membri della loro famiglia, i quali hanno inizialmente acconsentito solo per non perdere definitivamente i contatti… o ancora persone che, nel momento in cui  hanno cominciato a manifestare critiche ai maestri e hanno iniziato ad allontanarsi, sono state pressate, vessate o addirittura minacciate.

Abbiamo visto che alcune delle sette attive in Italia si organizzano in vere e proprie comunità. In Arkeon come ci si organizzava?

La gente non viveva assieme, però si tenevano seminari durante i quali per quattro – cinque giorni si dormiva anche assieme e si affrontavano varie tematiche. C’era il seminario sul denaro, durante il quale si arrivava ad andare a chiedere l’elemosina vestita da barbone. C’era il seminario sulla morte, durante il quale si costruiva la propria tomba… ho conosciuto gente che ha frequentato e ha raccontato che ci si seppelliva. Questo per far capire dove arriva il condizionamento. A parte i seminari residenziali, si viveva ognuno a casa propria. C’è da tener presente, come dicevo prima, che qualcuno si è trasferito nella città del maestro per stare più a stretto contatto con lui.

Nell’inchiesta abbiamo visto che dietro la promessa di un Eldorado a portata di mano, in realtà il vero fine delle sette è squisitamente economico. Si può dire lo stesso anche di Arkeon?

Si, di sicuro. Il percorso è molto costoso e man mano che si va avanti lo è sempre di più (e poi non avevamo la ricevuta a tutti i seminari). C’è gente che ha speso tantissimi soldi: ventimila, trentamila euro e anche di più... è circolata voce di una coppia che ha speso fino a centomila euro. Per non parlare, poi, di quello che costa l’adesione in termini di cure: più di qualcuno dopo che è uscito, ha dovuto chiedere un supporto psicologico… Anche io.

Come sappiamo, oggi i maestri di Arkeon sono sottoprocesso a Bari (senza dimenticare la condanna in primo grado per uno dei maestri per violenza sessuale). Tra i reati contestati c’è anche quello di maltrattatamento sui minori.

Si. Basti pensare all’esempio di cui abbiamo parlato prima: c’era questa bambina che ha assistito a tutte le condivisioni, le cose realizzate in Arkeon. Molte di queste condivisioni riguardano argomenti di natura sessuale… quello che accadeva è talmente pesante per un adulto, figuriamoci per un minore. (del resto nell’ultima udienza del processo diversi testimoni hanno confermato che anche bambini di dieci – dodici anni partecipavano a queste confessioni pubbliche a sfondo sessuale, ndr).

Com’è riuscita ad uscire?

Mi sono resa conto che quello che stavo subendo era tremendo e distruttivo da un punto di vista psichico ed emotivo. Una volta uscita, hanno cercato di mettermi contro gli affetti che avevo all’interno e sono stata oggetto di continue pressioni prima per rientrare nel gruppo, che era la condizione per poter ricominciare a frequentarli, e poi affinchè io venissi emarginata e non condividessi con altri i dubbi circa quello che accadeva lì dentro.  Ne ho subite di ogni tipo, tra  vessazioni e intimidazioni. Ci sono state persone che una volta davanti alle autorità, hanno ritrattato la loro posizione perché temevano di non poter più rivedere loro i figli.

Tutti i fuoriusciti con cui abbiamo avuto modo di parlare erano accomunati dal fatto che scrollarsi di dosso un’esperienza del genere è molto dura. È come un marchio.

Infatti, è molto dura. Gli strascichi sono molto pesanti. Quell’esperienza non va via così, hai bisogno di un supporto anche psicologico per far fronte  a tutto questo. C’ho messo tempo e non ancora ne sono completamente fuori.

Chiudiamo con uno sguardo positivo e propositivo per il futuro. Qual è, oggi, il suo desiderio?

Mi ha talmente traumatizzato questa esperienza che vorrei, innanzitutto, che non capitasse a nessun altro. Mi piacerebbe laurearmi in psicologia e fondare un centro di accoglienza, anche con possibilità di alloggio, per chi è uscito da un gruppo distruttivo o per chi ha parenti e amici che si sono persi dietro a qualche santone e non sa cosa fare. Se chi supera questa esperienza vince la vergogna e la paura del giudizio, può metterla al servizio di altri e darle un senso, altrimenti si che ci si sente falliti per aver creduto in un mondo di illusioni. Ma anche polizia e carabinieri, oltre ai magistrati, devono studiare e specializzarsi sulle psicosette, è un fenomeno insidioso e solo se sono sufficientemente preparati possono riconoscere ed accogliere adeguatamente chi decide di raccontare cosa gli è accaduto. Spero non sia solo un sogno…

(articolo modificato il 13 sett. 2014 come da richiesta dell’Avvocato della Fondazione Meneghetti- per l’Ontopsicologia)

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