Lorita Tinelli non ha mai stalkizzato Silvana Radoani. Archiviazione della denuncia

E finalmente oggi è stato messo un punto decisivo (speriamo) all’annoso tentativo da parte di Silvana Radoani di affibbiarmi addosso illeicità di ogni genere, tra cui quella di averla stalkizzata giuridicamente, cosa che davvero offende la mia dignità e reputazione, visto che mi occupo da anni di questo reato realmente agito sulle vittime, quelle vere. Una fantasiosa persecuzione che altri, anonimi e non, supportati da lei o non, hanno diffuso per anni a mio danno.

Un Giudice di Bari ha rigettato la sua opposizione alla già richiesta di archiviazione di un PM. Opposizione che è stata inoltrata quando, poco più di un anno fa, avevo proposto una remissione di querela alle parti, rimettendo anche le mie. Decisione presa, non perchè avessi dimenticato le ingiurie e le offese ricevute in maniera continuativa, per anni, ma perchè ho raggiunto la consapevolezza che la mia vita merita di più e che non prevede più la presenza di persone che hanno valori e che adottano metodi che distano anni luce dal mio mondo.

Dopo alcune pec interlocutorie con avvocati di controparte, che facevano intravedere l’accettazione della proposta di accordo di risoluzione bonaria da parte mia e del CeSAP, al mio rimettere le querele è continuata l’azione molesta e conflittuale da una unica parte. Azione che in questo caso ha portato alla sentenza che segue.

Dunque, in sintesi io non ho mai stalkizzato Silvana Radoani nè l’ho mai calunniata. Anzi, ho esercitato i miei diritti, difendendo l’onorabilità mia e del CeSAP da SUE azioni non lecite e questo a prescindere dagli esiti.

Spero a questo punto che le cose terminino qui e che chi ha sbagliato abbia la correttezza di rimediare ai danni fatti e che smetta di perpetrare con degli scritti infondati una palese, a questo punto, calunnia a mio danno (Il reato di calunnia, disciplinato dall’art. 368 c.p., si concretizza laddove un soggetto incolpi di un reato una persona di cui conosce l’innocenza, o simuli a carico di quest’ultima le tracce di un reato).

Nasce l’Associazione Artemisia Gentileschi a Paola (Cs)

Nuova interrogazione parlamentare contro gli abusi delle sette

Atto a cui si riferisce:
S.4/08243 LIUZZI – Ai Ministri dell’interno, della giustizia e dell’istruzione, dell’università e della ricerca – Premesso che: la promozione e la difesa del diritto alla libertà di religione e…
Atto SenatoInterrogazione a risposta scritta 4-08243 presentata da PIETRO LIUZZI
giovedì 12 ottobre 2017, seduta n.898LIUZZI – Ai Ministri dell’interno, della giustizia e dell’istruzione, dell’università e della ricerca – Premesso che:la promozione e la difesa del diritto alla libertà di religione e credo, nonché il riconoscimento e la tutela delle minoranze religiose e spirituali contro ogni forma di intolleranza e discriminazione non devono costituire un’impasse rispetto alla protezione delle vittime di organizzazioni cultuali abusanti e/o totalitarie, né ostacolo all’attuazione di mirate politiche informativo-preventive nell’interesse dei connazionali e nella fattispecie delle fasce vulnerabili;

al riguardo, anche nel 2017 nell’ambito dell’annuale conferenza Osce “Human dimension implementation meeting 2017” è stata nuovamente ribadita, con l’intervento del dottor Luigi Corvaglia, rappresentante e membro del comitato scientifico della prestigiosa Federazione europea dei centri di ricerca e di informazione sulle sette e i culti (FECRIS), la raccomandazione rivolta all’Europa a “vigilare” sul fenomeno settario e, in particolare, quella indirizzata al Governo italiano a rispettare le normative europee con recepimento, nella fattispecie, della raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 1412/1999;

a parere dell’interrogante, ancora una volta occorre rammentare ed evidenziare come il Consiglio d’Europa, in virtù dell’inquietante diffusione a livello europeo del fenomeno delle cosiddette «sette», di violazioni dei diritti umani e di drammatici avvenimenti determinati dalle condotte delittuose di gruppi o movimenti a carattere settario, abbia approvato nel corso di circa un ventennio, molteplici risoluzioni e raccomandazioni finalizzate, alla promozione di mirate politiche educative e preventive, in particolare a tutela dei soggetti maggiormente vulnerabili e dei minori, nella fattispecie, degli stessi «figli di membri di gruppi religiosi, esoterici o spirituali, in caso di maltrattamenti, stupri, negligenza, indottrinamento attraverso lavaggio del cervello e mancata iscrizione scolastica»;

il fenomeno risulta in costante crescita esponenziale e si caratterizza attualmente, sia per la preoccupante infiltrazione di derive settarie nei settori della salute e del benessere, per una più rapida diffusione a seguito dell’accresciuto utilizzo della rete web e di nuove tecnologie, con il conseguente reclutamento e indottrinamento dei soggetti adolescenti e minori, sia per la trasformazione e atomizzazione dei gruppi, che ne rende particolarmente problematico il riconoscimento e la relativa attività di vigilanza;

in relazione alla citata infiltrazione nel settore della salute, proprio le associazioni italiane federate Fecris lanciavano già dallo scorso anno, un importante Manifesto, che ha visto l’adesione di esperti del settore, ricercatori e autorevoli personalità del mondo della cultura e della scienza, in cui, tra l’altro, si legge: “Nell’ultima decade si è registrato un incremento di strutture e gruppi organizzati che dietro l’obiettivo del raggiungimento del benessere psicofisico celano progetti di soggezione degli adepti manifestandosi quali veri e proprie “culti abusanti”, cioè associazioni a delinquere in grado di annientare psicologicamente ed economicamente i seguaci. Le vittime vengono attirate attraverso volantini, pubblicità di corsi di yoga, di discipline di meditazione orientali o tecniche “energetiche”in cui si fa leva soprattutto sullo “sviluppo del potenziale umano” più che sulla salute fisica in sé. Sono le cosiddette “psicosette”. Desta quindi apprensione l’attenzione che queste pratiche ottengono sui rotocalchi di ampia diffusione, dove le terapie alternative trovano posto addirittura nelle rubriche che trattano di salute; per non parlare della rete web, dove si vanno coagulando gruppi refrattari alla cultura scientifica che alimentano in modo autoreferenziale idee complottiste che includono anche la medicina ufficiale quale agente di una cospirazione per nascondere le vere cure per le malattie. È da questo ambito culturale che parte anche la pericolosa campagna di rifiuto delle vaccinazioni di cui, ancora una volta, sono vittime i minori. Si rileva, inoltre, la mancanza di reazione delle agenzie di regolamentazione e degli albi professionali per combattere questo flagello che mette seriamente in pericolo la salute e la vita di migliaia di pazienti nel nostro Paese. Ancor di più si è preoccupati per l’intrusione e perfino la promozione di questo tipo di pseudo-terapie da parte di enti pubblici come università, istituti ed Enti Locali che spesso danno voce e amplificano i messaggi pseudoscientifici, organizzando conferenze e corsi su queste pratiche”;

merita attenzione, a parere dell’interrogante, come esempio emblematico della situazione descritta, in particolare dell’azione criminale posta in essere dalle cosiddette psico-sette o movimenti del potenziale umano, spirituali o di altra tipologia, che si pongono in pericolosa alternativa alla medicina e alla scienza ufficiale, la recente sentenza della Corte di cassazione n. 39339 del 2017, di condanna di Vito Carlo Moccia, fondatore e guru del controverso “percorso di sviluppo e conoscenza personale” denominato “Arkeon”, per associazione a delinquere ed esercizio abusivo della professione di psicologo;

nella fattispecie, come si legge nella sintesi riportata da “Il Sole-24 ore” del 23 agosto 2017, «I giudici di appello avevano verificato, che i frequentatori si rivolgevano all'”associazione” con la speranza di risolvere i loro problemi psicologici attraverso la psicoterapia. Un “sostegno” che i “maestri” non negavano «andando a scandagliare nella sfera più intima e nascosta degli adepti insinuando atroci sospetti sul loro passato». Da una relazione tecnica della Procura del Tribunale di Bari, era emerso che, secondo i “maestri” erano in genere i genitori a trasmettere valori perversi ai figli, quasi sempre la madre che, in quanto donna, era dedita a relazioni prevalentemente perverse. L’unica funzione nobile riconosciuta al gentil sesso era quella di essere una terra fertile destinata a dare vita al figlio del Guerriero. Il risultato di una “introspezione” tanto “illuminata” non era la ricercata serenità, ma uno sconvolgimento e gravi rischi per la stabilità psichica dei frequentatori dei seminari. Tutto era finalizzato a raccogliere più partecipanti possibile per massimizzare i profitti. Gli adepti dopo aver «investito un rilevante capitale» nei seminari, restavano legati al gruppo anche nella speranza di far fruttare anche loro, una volta diventati finalmente maestri, il titolo rilasciato dal guru»;

infine, preme evidenziare come questo caso, prima e nonostante l’esito finale, sia diventato cavallo di battaglia della medesima come di altre controverse organizzazioni e dei loro sostenitori, per diffondere on line una gravissima campagna di tipo diffamatorio che si protrae da anni, in particolare in danno della dottoressa Lorita Tinelli (ex presidente del Centro studi sugli abusi psicologici – CeSAP onlus), la quale, per aver raccolto nel corso del tempo, documenti, dati e storie, risultati utili alle stesse indagini condotte dalla Digos, e per aver contestualmente segnalato gli abusi dell’associazione citata, ha dovuto subire anche un imponente accanimento giudiziario, con 180 denunce a suo carico, successivamente archiviate, richiesta di chiusura urgente del sito del CeSAP, respinta con un attestazione di merito dal giudice Salvatore, nonché una richiesta di oltre 4 milioni di euro per risarcimento danni, causa positivamente chiusa. In danno della medesima venivano attivati letteralmente decine di blog tra anonimi e firmati di frequentatori e maestri di Arkeon. L’interrogante rileva, che invero, l’ex presidente dell’ordine degli psicologi, dottor Giuseppe Luigi Palma, attestava la preziosa attività svolta dalla dottoressa Tinelli, invitando, tra l’altro, le stesse istituzioni a una necessaria riflessione, proprio a seguito delle modalità con cui la vicenda Arkeon si è dipanata;

analogo trattamento denigratorio è stato riservato alle associazioni italiane di informazione e tutela delle vittime delle sette e alla stessa specialità di Polizia SAS (squadra antisette) del Ministero dell’interno,

si chiede di conoscere:

quali misure i Ministri in indirizzo intendano adottare onde contrastare più efficacemente il fenomeno del settarismo abusante;

se non ritengano urgente provvedere a mirate politiche informative a tutela delle fasce vulnerabili, con particolare riguardo ai settori della salute e della pubblica istruzione;

quali interventi intendano porre in essere a sostegno delle realtà associative che sul territorio svolgono una encomiabile azione di informazione e tutela delle vittime e delle famiglie, sovente sostituendosi a inaccettabili carenze e lacune del sistema pubblico.

(4-08243)

https://parlamento17.openpolis.it/atto/documento/id/475371

Convegno: Liti, molestie e reati tra le mura condominiali

 

Una psicologa spiega quando è giusto parlare di stalking

Di Flavia Guidi

 

Risultati immagini per stalking

 

La parola stalking è entrata così prepotentemente nel nostro vocabolario quotidiano da essere pronunciata spesso fuori contesto e scollegata dal suo reale significato. Si tratta, in realtà, di un fenomeno che in Italia dal 2009 costituisce un reato, e che conta annualmente decine di migliaia di casi.

Se studi e numeri ci forniscono alcune certezze—come il fatto che nella stragrande maggioranza dei casi coinvolge conoscenti, che le vittime sono soprattutto donne, e che solo pochissimi episodi vengono denunciati—più difficile è capire il confine che delimita il fenomeno. A dimostrazione di questo, ultimamente ha generato titoli e stupore il caso di un uomo condannato per stalking dopo aver regalato un mazzo di rose all’ex compagna.

Per fare chiarezza e capire di cosa parliamo quando parliamo di stalking, come lo si può riconoscere e come bisogna reagire, ho contattato Lorita Tinelli, psicologa e fondatrice del Centro Studi Abusi Psicologici (Cesap).

VICE: Qual è la definizione di stalking, e quale il confine tra stalking e non stalking?
Lorita Tinelli: Per stalking si intende una serie di comportamenti reiterati di tipo persecutorio messi in atto da una persona nei confronti della sua vittima. Tali condotte vessatorie—tra cui minacce, molestie, pedinamenti, atti lesivi continuati—prima staccate tra di loro, hanno poi costituito gli elementi fondanti la legge quadro dello stalking. Esse producono un’ansia tale da costringere la vittima a cambiare il proprio stile di vita.

Il reato e, quindi, l’azione patologica, si configurano quando il tutto si inserisce in un contesto persecutorio e reiterato nel tempo, con un crescendo di episodi che mettono in pericolo o fanno percepire una situazione di pericolo a chi ne è il destinatario.

Quali sono gli elementi che ci devono far capire che siamo di fronte a uno stalker?
Innanzitutto la minaccia, che non sempre è diretta. La situazione di pericolo è riconoscibile nel fatto che una persona si sente vittima di una costante osservazione e pressione, inseguita in ogni secondo, sotto il controllo costante dello stalker. Lo stalker non si limita a osservare o a essere presente da lontano, ma fa sentire la sua presenza in maniera attiva, rendendo quindi note anche le azioni che sta preparando. Lo stalker entra, lecitamente o illecitamente, in ogni spazio che ritiene utile per far sentire la sua presenza.

Ci sono dei tratti psicologi che accomunano gli stalker?
La caratteristica principale dello stalker è il narcisismo. Lo stalker non si arrende di fronte alla frustrazione del rifiuto, non accetta che l’altra persona possa dire di no. Poi chiaramente ci possono essere una serie di psicopatie di ogni genere, ma il narcisismo è sicuramente la problematica più evidente.

Anche una relazione sana può portare allo stalking?
Una relazione sana significa persone sane che entrano in relazione tra loro, elaborando in maniera equilibrata anche i momenti ‘no’ che in essa sperimentano. Le persone sane sanno accettare i no, le sconfitte, le frustrazioni, e trovano, ognuna con i propri tempi e le proprie modalità, il modo di superarle. Quindi la risposta, in generale, è no: lo stalking è un segnale di non equilibrio e di non sanità, ed è proprio il risultato dell’impossibilità della persona di stabilire una relazione sana.

Nella sua esperienza, quant’è alto il rischio che, se ignorato, lo stalker abbia un’evoluzione violenta?
Quantificare è difficile; dai casi di cui mi sono occupata e da quelli di cui leggiamo, suppongo che questi casi siano meno di quelli che non hanno alcuna evoluzione sanguinosa. È vero che, per chi è consapevole del problema, è sufficiente coinvolgere il questore, che può decidere l’allontanamento dello stalker. Oppure esperti che aiutino ad affrontare la situazione dal punto di vista psicologico. Ci sono misure che permettono di arginare lo stalking e i suoi danni, se prese per tempo.

Va riconosciuto che negli ultimi anni, e soprattutto dall’approvazione della legge quadro, c’è una maggiore attenzione e consapevolezza nei riguardi dello stalking, con una certa predilezione per quello che avviene nell’ambito sentimentale.

Qual è la cosa migliore che si può fare quando ci si trova a fare i conti con uno stalker?
Interrompere completamente la relazione. Lo stalker si nutre delle reazioni della sua vittima, quindi è necessario evitare di rispondere e di incontrare la persona. Bisogna assumere la percezione di non essere in grado di gestire lo stalker, quindi evitare ogni tipo di contatto. Inoltre, si deve immediatamente denunciare la situazione e rivolgersi a persone competenti, per essere sostenuti in tutte le fasi successive.

Quali sono i meccanismi psicologici che scattano in una vittima di stalking?
La vittima riconosce lo stalking, ma fa fatica ad accettare di essere parte di una relazione “malata” e ha paura di denunciare.

Lo stalker lavora molto sulla fragilità della vittima: più individua segnali di fragilità e di paura e più si insinua e li fa aumentare. Così, la vittima finisce a lungo andare per sentirsi più debole, più fragile, in colpa, per non aver compreso subito e per aver tentato più volte di modificare la dinamica che si è instaurata. Non ci si sente più liberi, e in maniera quasi automatica i sintomi di ansia, le fobie e la depressione emergono. Per tutti questi motivi, le vittime di stalking tendono a isolarsi.

Parlava di una maggiore consapevolezza, vuol dire che anche le denunce sono in aumento?
Da quello che ne so io le denunce sono in aumento. Tuttavia, c’è un passaggio fondamentale tra denuncia e presa in carico dei casi. Ci sono molte più denunce rispetto al passato, ma purtroppo spesso per valutazioni non corrette di procuratori o inquirenti vengono archiviate—problema comune, tra l’altro, a casi di violenza sessuale e altri reati.

Si tratta di un fenomeno che sta prendendo piede anche tra le donne?
Assolutamente. Lo si comprende meglio nell’area maschile, ma di fatto lo stalking avviene ovunque, anche nella relazioni di lavoro; ci sono stati anche casi di sentenze che hanno riconosciuto lo stalking condominiale. Non si lega esclusivamente all’area sentimentale. Avviene tra colleghi, nei condomini, in tutti gli ambiti della vita sociale.

Fonte: http://www.vice.com/it/read/intervista-tinelli-stalking

Violenza sulle donne, Ercolani: “Superiamo il narcisismo di genere”

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09 17paoloercolanidonneNOCI (Bari) – La violenza di genere, un fenomeno da sconfiggere solo con il superamento dei pregiudizi e lo sviluppo della cultura. Non è difficile sconfiggere alcuni stereotipi e preconcetti radicati nella mentalità della società che ci circonda, ma per cominciare non è mai tardi ed in questo la Puglia è già un bel passo avanti. Si tratta di quanto emerso lo scorso giovedì 15 settembre durante la tavola rotonda sul tema “Essere Donne. Tra violenze, pregiudizi e diritti negati”organizzata dal Comune di Noci. L’incontro, svoltosi nel chiostro delle clarisse di Noci, ha rappresentato l’occasione per presentare l’ultima fatica letteraria del professore Paolo Ercolani, filosofo, scrittore e docente dell’Università di Urbino Carlo Bo.

Dopo gli onori di casa del primo cittadino ed il conseguente annuncio della data di inaugurazione del centro antiviolenza, è toccato alla giornalista Alessandra Neglia moderare i lavori della tavola rotonda ed accendere un lungo ed interessante dibattito sul tema della violenza di genere. La prima a prendere la parola, la dott. Angela Lacitignola, Coordinatrice centro antiviolenza “Andromeda” – Ambito territoriale di Putignano (di cui fa parte anche Noci, comune che accoglierà il centro in via vico Silvio Pellico – foto a lato): “E’ importante definire la violenza di genere perchè oggi, dopo secoli di silenzio, il fenomeno viene studiato ed ha un nome: la violenza sulle donne quando viene esercita, viene esercita nei confronti delle donne in quanto tali”. “La Puglia oggi è l’unica regione che si muove all’interno di una cornice normativa degna del suo nome e che in confronto a tutta l’Italia prevede un piano operativo di intervento ed uno stanziamento economico. Coerentemente con quanto dicono l’Europa e la sanità infatti, oggi con la legge regionale 29 del 2014, la Regione Puglia definisce la violenza di genere una violazione dei diritti umani e dà così sostegno concreto alle vittime.” “In riferimento ai Centri antiviolenza” ha continuati, “questi vengono concepiti perchè necessari e superano quei pregiudizi relativi ai movimenti femministi degli anni ’80. La violenza di genere influisce su molti aspetti: incide sul sfera sociale di una donna e sui normali rapporti di ogni giorno. Uno degli aspetti negativi che tutt’ora riscontriamo nello studio di questo fenomeno è che non abbiamo dati. Uscire dalla violenza non è una cosa semplice: purtroppo la nostra normalità educativa ci impone stereotipi che vanno necessariamente estirpati. Per eliminare il fenomeno dobbiamo riconoscerlo; per riuscire a combattere la violenza di genere non dobbiamo far passare per “normale” ciò che non lo è. Dobbiamo soprattutto imparare a vivere relazioni libere e paritarie”.

Durante il corso dei lavori, parola anche alla dott.Lorita Tinelli in quanto psicologa ed assessore alle politiche sociali del Comune di Noci: “Subire una violenza di genere significa vivere una serie di sentimenti e disagio di tipo psicologico non indifferenti: senso di colpa, vergogna, etc. E a questi sentimenti il più delle volte si aggiunge anche il pregiudizio sociale che fa sentire inadeguati. Affrontare la violenza significa cambiare la cultura. Da assessore mi auguro che con l’apertura del centro antiviolenza a Noci si possa dare inizio ad un percorso di formazione che parta dalle scuole”.

Dopo la dott. Rossella Traversa, referente centro di documentazione e cultura delle donne e docente presso l’Università degli studi di Bari Aldo Moro, la parola all’ospite d’eccezione della serata, il filosofo, docente e scrittore dell’Università Carlo Bo di Urbino Paolo Ercolani. Nella sua ultima fatica letteraria intitolata “Contro le donne”, presentata nel corso della serata, Ercolani ha cercato di ripercorrere le origini dei pregiudizi nei confronti del “sesso debole”. Un viaggio compiuto in compagni di scrittori e filosofi di tutti i tempi che mai avremmo pensato potessero giungere ad influenzare la mentalità delle generazioni che si sono succedute ma che, con le loro opere, hanno contribuito alla crescita di questo fenomeno. Il dott. Paolo Ercolani tuttavia, nel testo, oltre a fare alcuni esempi riporta anche delle riflessioni e delle proposte di soluzione del problema della violenza di genere: “Viviamo in un paese in cui abbiamo dovuto aspettare che il voto delle donne fosse valido solo dopo la seconda guerra mondiale” ha esordito; “Un paese che ha riconosciuto sanzioni sulle violenze di genere solo nel 1996. Ma nel mio libro ho voluto spiegare perchè la violenza di genere esiste: si tratta di un fenomeno che in realtà è esistito da sempre, o che per lo meno grandi filosofi e oratori hanno inculcato in qualche modo scrivendo e pubblicando il loro pensiero. Pensiamo ad Ippocrate, padre greco della medicina, che raccontando le malattie delle vergini spiegò il fenomeno dell’isteria femminile dovuto alla mancata pratica sessuale, o a Ovidio, che nell’Ars Amatoria, dando consigli agli uomini su come conquistare una donna, affermava che la donna ama essere violentata. E ancora, nel corso dei secoli, possiamo leggere in Bacone cosa la donna è tenuta a fare e ad essere (madre, amante e badante) e non per ultimi il rivoluzionario Rousseau, che sosteneva che il potere politico fosse del popolo….maschile, o il filosofo Nietzsche che così scrisse: Vai dalle donne? Non dimenticare la frusta!”. “Tanti fra religione, filosofi e scrittori hanno contribuito a tramandare i pregiudizi ma io ritengo che, fra i metodi che dobbiamo applicare per superare tutto ciò, ci deve essere il superamento del narcisismo di genere. Siamo esseri umani e persone prima di tutto: solo così possiamo renderci conto di quanto sia stupido avere differenze. A scuola dovremmo proporre l’educazione sessuale ma anche sentimentale”.

Fonte: http://www.noci24.it/cultura/libri/14148-violenza-di-genere-ercolani-superiamo-il-narcisismo-di-genere

Un reato per diffamazione archiviato … solo perchè prescritto, ma di cui ancora si può discutere … in tribunale

 

 

Hana Whitfield: Cosa vuol dire essere molestata da Scientology

Mark Bunker ha condiviso con noi un altro estratto delle video interviste che ha raccolto  per il suo prossimo documentario, Knowledge Report.

In questa clip egli intervista Hana Eltringham Whitfield su cosa vuol dire essere il bersaglio del “Fair Game” – gli sforzi di rappresaglia famigerati di Scientology coordinati dal suo Ufficio degli Affari Speciali (OSA), che spesso includono la sorveglianza intrusiva di investigatori privati​​.

Hana entrata in Scientology nel 1965, è diventata Clear numero 60, poi è andata al sea [sea org: organizzazione del mare] con L. Ron Hubbard, che la elesse capitano di una delle sue navi. Sempre più delusa da quello che aveva visto di Hubbard da vicino, e soprattutto dopo che il materiale fu diffuso in “OT 3”, ha finalmente lasciato Scientology nel 1984 e poi ne è diventata uno dei critici più noti e specialista di intervento. Nel 1991 è stata probabilmente la più grande “SP” sul pianeta, e l’attenzione su di lei degli occhi privati ​​della chiesa lo provano …

Durante la sua intervista, Hana dice: “Penso che se Marty Rathbun e Mike Rinder  decidono di parlare di questo, devono parlare di alcune delle operazioni che sono state messe in atto contro di noi, perché sono varie”.

Abbiamo parlato di Rinder, che ha raccontato che tra il 1986 e il 1993, non lavorava con OSA, tranne che per un periodo per quanto riguarda Gerry Armstrong e alcune altre questioni specifiche. Nel 1991, quando la sorveglianza di Hana era così pesante, Rinder disse che stava lavorando sulla mostra La Vita di LRH come LRH PPRO Int (personale internazionale delle relazioni pubbliche), dopo un periodo di lavoro nel Rehabilitation Project Force,  prigione della Sea Org. Lui sostiene di non aver avuto alcuna esperienza o supervisione sulle operazioni contro Hana e Jerry Whitfield.

“Ma non ho dubbi che hanno subito le stesse cose che sono state fatte a Vaughn e Stacy Young, o Graham Berry, o che altri ne sono a conoscenza”, dice. “Occhi privati li hanno seguiti, li hanno ricoperti di denunce, vivevano nelle case accanto, ascoltavano le telefonate senza fili”, dice Rinder.

Una nota aggiuntiva. Poche settimane fa, quando abbiamo scritto un pezzo sulla versione “Antichrist” di OT 8, abbiamo cercato di entrare in contatto con Hana. L’ex Membro OSA  Frank Oliver ci aveva detto che nel 1991, quando girava il materiale contestato OT 8 in un archivio presso il Celebrity Centre di Hollywood, gli fu detto che si trattava di una bufala perpetrata da Hana e Jerry Whitfield.

Abbiamo finalmente avuto la possibilità di parlare con Hana di questo. Lei ha riso, dicendo che non era sorpresa di sentire che una cosa del genere veniva attribuita a lei, soprattutto in quell’anno fatidico. No, ci assicura, lei e suo marito non avevano nulla a che fare con il  documento  Anticristo OT3 , che divenne parte della “Fishman Papers” e che è stato spesso definito una bufala, anche da molti critici della chiesa.

Nella nostra storia, abbiamo parlato con George White, un uomo che ha vissuto OT 8, nell’estate del 1988, e ci dice che il documento Anticristo era quello che ha ricevuto sulla Freewinds.

Hana ci dice che anche lei è convinta che l’Anticristo OT 8 è genuino, e si adatta con quello che  Hubbard conosceva.

Il tuo theta casuale del giorno

Noi davvero non sappiamo cosa sia, ma siamo sicuri che i nostri commentatori avranno molto da dire in proposito. Godetevela

Fonte: Tony Ortega

 

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

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Le caratteristiche dell’abuso emozionale

L’abuso emozionale è sfuggente. A differenza degli abusi fisici, le persone che lo perpetrano e lo ricevono possono anche non sapere ciò che sta accadendo.

Esso può essere più dannoso dell’abuso fisico perché può minare quello che pensiamo di noi stessi. Può paralizzare tutti perchè noi siamo fatti per essere quello che anche se di falso, viene di noi percepito. L’abuso emozionale può verificarsi  tra genitore e figlio, marito e moglie, tra parenti e tra amici.

L’aggressore proietta le sue parole, i suoi atteggiamenti o azioni su una vittima ignara di solito perchè non ha risolto le sue ferite infantili, che ora gli stanno permettendo di danneggiare gli altri.

 

Di seguito alcuni quesiti per verificare se si sta abusando o se si è abusati:

 

1) Umiliazione, degrado, attualizzazione, negazione,  giudizio, critica:
– Qualcuno si diverte ad umiliarti anche davanti ad altri?
– Ti prende in giro, usa il sarcasmo come modo per sminuirti o denigrarti?
– Se ti lamenti ti dice che “era solo uno scherzo” e che sei troppo sensibile?
– Ti dice che la tua opinione o i tuoi sentimenti sono “sbagliati“?
– Qualcuno ti ridicolizza regolarmente,  ti respinge, ignora le tue opinioni, i pensieri, le suggestioni e i tuoi sentimenti?

 

2) Dominazione, controllo  e vergogna:
– Pensi che una persona ti sta trattando come un bambino ?
– Ti rimprovera costantemente perché il tuo comportamento è “inopportuno“?
– Ti senti obbligato a “chiedergli il permesso” prima di fare qualsiasi cosa o di prendere anche una piccola decisione?
– Controlla le tue spese?
– Qualcuno di  tratta come un essere inferiore?
– Ti fa sentire che ha sempre ragione?
– Sottoliena le tue mancanze?
– Sminuisce le tue realizzazioni, le tue aspirazioni, i tuoi piani o anche chi sei?
– Ti danneggia con disapprovazione, sguardi sprezzanti, o con commenti svilenti?

 

3) Accuse e induzioni di sensi di colpa,  richieste o  aspettative banali e irragionevoli, negazione delle proprie mancanze :
– Ti accusano di qualcosa di artificioso nelle loro menti, nonostante tu sappia che non è vero?
– Sono in grado di ridere di se stessi?
– Sono estremamente sensibili quando si tratta di altri, ma prendersi gioco di loro o  fare qualsiasi tipo di commento a loro  lo percepiscono come una mancanza di rispetto?
– Hanno difficoltà a chiedere scusa?
– Si giustificano per il loro comportamento o tendono a incolpare gli altri o le circostanze per i loro errori?
– Ti chiamano con nomignoli?
– Ti danno la colpa per i loro problemi o per la loro infelicità?
– Commettono “violazioni di confine ” e mancanze di rispetto nei confronti delle tue valide richieste?
– Usano una freddezza emotiva e il ” trattamento silenzioso “, l’isolamento , l’abbandono emotivo o negligenza?
– Usano il broncio o la privazione di affetto?
– Non hanno voglia di soddisfare i bisogni di base e utilizzano la trascuratezza o l’abbandono come punizione ?
– Deviano sulla vittima tutte le colpe, invece di assumersi la responsabilità delle loro azioni e degli atteggiamenti?
– Non hanno notato o non gli importa di come ti senti?
– Non mostrano empatia e fanno domande solo per prendere informazioni

 

4) Codipendenza e invischiamento:
– C’è qualcuno che ti tratta non come una persona distinta, ma piuttosto come un’estensione di se stessa?
– Non protegge i tuoi limiti personali e non condividere informazioni che non hai riconosciuto?

– Manca di rispetto alle tue richieste e  fare quello che pensa sia meglio per te?
– Non ha bisogno di un continuo contatto e non ha sviluppato una rete di supporto sana tra i tuoi coetanei?
Maria Bogdanos è una coach per la salute emotiva

http://psychcentral.com/blog/archives/2013/02/20/signs-of-emotional-abuse/

 

 

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

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Le prepotenze on line: il cyberbullismo

Dall’OSSERVATORIO PSICOLOGIA NEI MEDIA

 

 

SEGNALAZIONE

Qualche mese fa tutti i giornali ci hanno riportato la vicenda di un ragazzo suicidatosi a seguito di probabili azioni di molestie da parte dei suoi coetanei. Si parlava di una pagina aperta su facebook in cui i compagni di classe, usando nick anonimi, prendevano in giro il ragazzo. Successivamente un articolo del Corriere spiegava la pericolosità di questa nuova forma di bullismo. L’uso di internet rende ancora più pericolosa questa azione molesta? E perchè?

ARTICOLI ORIGINALI

http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2012/11/22/APSzHs0D-deriso_suicida_facebook.shtml

http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2012/11/23/APcrIL1D-ragazzo_suicida_giustizia.shtml

http://27esimaora.corriere.it/articolo/cyberworld-e-il-cyberbullismo2dove-si nascondono-le-insidie-e-i-rischi/

 

 

 

COMMENTO REDAZIONALE A CURA DELLA DR.SSA LORITA TINELLI

Un guru, una volta, stava tentando di spiegare a un gran numero di persone il modo in cui gli esseri umani reagiscono alle parole, si nutrono di parole piuttosto che di realtà.
Uno degli uomini si alzò e protestò, dicendo: “Non sono d’accordo sul fatto che le parole abbiano un effetto di questa portata su di noi”.
Il guru rispose: “Siediti, figlio di puttana”.
 L’uomo divenne livido di rabbia e disse: Tu ti definisci una persona illuminata, un guru, un maestro, ma dovresti vergognarti di te stesso.
 Il guru allora riprese: “Perdonami, mi sono lasciato trasportare. Non volevo. Chiedo scusa”.
 L’uomo si calmò.
Allora il guru disse all’uomo: “Sono bastate poche parole per scatenare una tempesta dentro di te; e ne sono bastate poche altre per farti calmare nuovamente, non è vero?”
Antony deMello, Dove non osano i Polli

La più grande debolezza della violenza è l’essere una spirale discendente che dà vita proprio alle cose che cerca di distruggere. Invece di diminuire il male, lo moltiplica.
Martin Luther King

 

 

Nel mese di novembre 2012 la notizia del suicidio di un quindicenne romano ha sconvolto l’opinione pubblica, portando tutti a riflettere sugli effetti di certe azioni persistenti e aggressive consumate in un nuovo spazio pubblico: il web.

Uno degli articoli del Secolo XIX intitolava così il resoconto della triste vicenda: “Deriso su Facebook, suicida a 15 anni”. Il quindicenne suicida pare fosse divenuto bersaglio di  un gruppo di compagni che, attraverso l’apertura di una pagina su Facebook, avevano creato un falso profilo con il nome volutamente storpiato del ragazzo, con l’uso di foto ritoccate e con continui messaggi di presa in giro. L’azione vessatoria sarebbe continuata a scuola con scritte sui muri alludenti ad una presunta omosessualità dello stesso ragazzo. Una tipica azione di stalking o cyberbullismo, che può aver avuto un pesante ruolo nella decisione finale.

Negli ultimi anni i social network e la stessa rete internet più allargata sono stati sempre più spesso oggetto di contrapposte tesi sull’utilizzo: da una parte i fautori della piena libertà di espressione, come di fatto ricordato nell’accezione più generale dall’articolo 21 della nostra Costituzione (1), dall’altra coloro che pongono l’attenzione alla tutela delle vittime di un uso improprio e illecito della libertà di espressione, da parte di qualche sconsiderato che adopera malamente questi spazi.

Non si vuole entrare nel merito della polemica, ma, come ci ricorda lo psicoterapeuta e giornalista Roberto Cafiso nel suo ultimo libro, le “parole hanno un peso” (2), e per questo gli effetti degli eventi dipendono da ciascuno di noi e dal nostro comunicare. Le parole possono cambiare i destini, scrive Cafiso, perché sollecitano la neuroplasticità del cervello e inducono comportamenti di problem solving, indispensabili ad affrontare eventi avversi quando usate in senso costruttivo. In tal caso esse danno un senso ed un esempio significativo anche al nostro prossimo. Le parole infatti generano emozioni a prescindere da come vengono pronunciate, in quanto generano sempre immagini ed emozioni nella mente di chi ascolta o legge. Esistono pertanto anche contesti in cui le parole e la comunicazione producono effetti che assumono un valore fortemente negativo.

Ed è sugli effetti negativi delle parole e sull’uso improprio di alcuni strumenti di comunicazione che si basa la nostra osservazione.

Difatti, quando il piano della comunicazione si trasferisce in una piazza virtuale le cose spesso si complicano e diventano molto più pericolose. Non si deve infatti dimenticare che il messaggio scritto in una qualsiasi piattaforma o spazio internet può essere condiviso e pubblicizzato da chiunque acceda a quella conversazione. In questo modo si diffonde ad una velocità maggiore di un semplice pettegolezzo di piazze e rimane permanentemente nella memoria della rete, che rappresenta un potente specchio, capace di riflettere e di ricostruire le identità digitali di chiunque. L’anonimato della rete, poi, rende ancora più difficile la gestione della comunicazione, in quanto chi opera dietro uno schermo si sente più protetto e può, più liberamente, dar sfogo all’espressione delle parti più negative di se’, senza doversi necessariamente confrontare vis a vis con il suo interlocutore … e quindi senza assumersi alcuna responsabilità dei suoi messaggi.

Internet resta ancora oggi in larga parte terra di nessuno. Esso è una sorta di spazio di comunicazione dove sembra vigere la completa anarchia. Recenti sentenze, interpretative della legge sullo stalking, iniziano a porre attenzione all’utilizzo degli strumenti informatici per il conseguimento di un’azione molesta, persistente e ossessiva, nei confronti della propria vittima da parte di uno stalker (il persecutore appunto). Quindi l’uso improprio delle parole, assieme ad un pedinamento furtivo, deliberato e compulsivo nei confronti di una persona, da parte di un singolo o di un gruppo, vengono interpretate, nei Palazzi di Giustizia, come un reato (3) che in quanto tale dev’essere perseguito.

Alla luce di quanto è accaduto e continua ad accadere ci si chiede se ci sia un modo per contrastare tali derive culturali e sociali, tanto illogiche quanto negative.

Probabilmente servono ancora delle disposizioni normative che possano fornire ‘armi’ adeguate alla Giustizia, ma è ancora più necessaria tanta informazione e sensibilizzazione sull’argomento. Non solo, ma in una società complessa e in continua evoluzione, come quella occidentale, è sempre più impellente che i vari tecnici, professionisti ed esperti trovino le modalità per l’elaborazione di  percorsi educativi che aiutino a migliorare la comunicazione verso un suo uso più costruttivo, ad usare in modo più appropriato gli strumenti di comunicazione e soprattutto a far riflettere sulle responsabilità delle proprie azioni.

(1)   « Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.  La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni. » (Costituzione della Repubblica Italiana, Articolo 21)

(2)    Il peso delle parole, di  Roberto Cafiso, edito da Sampognaro e Lupi edizioni, 2012

(3)   Il reato è un atto umano, commissivo o omissivo, al quale l’ ordinamento giuridico  ricollega una sanzione  penale in ragione del fatto che tale comportamento sia stato definito come antigiuridico in quanto costituisce un’offesa a un bene giuridico o un insieme di beni giuridici (che possono essere beni di natura patrimoniale  o anche non patrimoniali) tutelati dall’ordinamento da un’apposita norma incriminatrice. Rientra, quindi, nella più ampia categoria dell’illecito Da http://it.wikipedia.org/wiki/Reato

PARERE DEL DOTT. LUCA PISANO

Per denominare le azioni aggressive e intenzionali, eseguite persistentemente attraverso strumenti elettronici (sms, mms, foto, video clip, e-mail, chat rooms, istant messaging, siti web, chiamate telefoniche), da una persona singola o da un gruppo, con il deliberato obiettivo di far male o danneggiare un coetaneo che non può facilmente difendersi, è stato, recentemente, proposto il termine “cyberbullismo” (Patchin, Hinduja, 2006, Smith, 2007, Willard, 2007).

A differenza di quanto accadeva nel tradizionale bullismo in cui le vittime, rientrate a casa, trovavano, quasi sempre, un rifugio sicuro, un luogo che le proteggeva dall’ostilità e dalle angherie dei compagni di scuola, nel cyberbullismo le persecuzioni possono non terminare mai.

I cyberbulli, sfruttando la tecnologia e non essendo più vincolati da limiti temporali (la durata della giornata scolastica) e geografici (la presenza fisica degli studenti in un determinato luogo), possono infatti “infiltrarsi” nelle case delle vittime perseguitandole 24 ore su 24, con messaggi, immagini e video offensivi.

Va aggiunto che se nel bullismo off line i bulli sono studenti, compagni di classe o di istituto con i quali la vittima ha costruito una relazione, i cyberbulli possono essere degli sconosciuti oppure persone note che on line si fingono anonime o che, sollecitando l’inclusione di altri “amici” anonimi, rendono impossibile per la vittima risalire all’identità di coloro con i quali sta interagendo.

La percezione di invisibilità ed anonimato, presunta, perché ricordiamo che ogni computer o telefonino lascia una traccia durante il funzionamento, attiva nei cyberbulli un’alta disinibizione al punto da farli credere di potere compiere on line tutto ciò che desiderano. Mentre nel tradizionale bullismo è più facile riscontrare una media disinibizione, sollecitata dalle dinamiche del gruppo classe e dai meccanismi di disimpegno morale (Sutton e Smith, 1999; Bandura, 1986, 1990, Bacchini, 1998).

Ma può anche accadere, rispondendo appieno a quella moderna logica narcisistica che detta l’importanza del mostrarsi e del far parlare di sé ad ogni costo, che i cyberbulli decidano di rendersi visibili (pensiamo a quanti pubblicano su un proprio blog, video, immagini, scritte offensive nei confronti di compagni di classe o docenti, magari chiedendo ai navigatori di commentarli e votarli).

In entrambi i casi, comunque, di visibilità o invisibilità, l’assenza di feedback tangibili da parte della vittima – “Io non posso vedere te”! (Willard, 2007) – ostacola la comprensione empatica della sofferenza, molto di più di quanto avviene nel tradizionale bullismo, dove il prepotente, per un freddo tornaconto personale (Mealey, 1995; Fonzi, 1999), il bisogno di dominare nella relazione, non presta attenzione ai vissuti dello studente vessato, ma ha chiara consapevolezza degli effetti delle proprie azioni.

Chiarito il rapporto tra cyberbullo e cybervittima, approfondiamo, ora, il ruolo degli spettatori (Salmivalli, 1996), gli studenti che assistono alle vessazioni on line e che – a differenza di quanto accade nel tradizionale bullismo nel quale sono quasi sempre presenti, incoraggiando e fomentando i comportamenti prevaricatori dei più forti – nel cyber bullismo possono essere assenti, presenti, conoscere la vittima o ignorare la sua identità. Se presenti, possono assumere una funzione passiva (se si limitano a rilevare, nelle proprie E-mail, SMS, Chat, atti di cyberbullismo diretti ad altri) o attiva (se scaricano – download – il materiale, lo segnalano ad amici, lo commentano e lo votano), diventando, di fatto, dei gregari del cyberbullo o cyberbulli essi stessi. Il contributo attivo può essere fornito su sollecitazione del cyberbullo stesso – reclutamento volontario – oppure, su spinta autonoma, senza, cioè, aver ricevuto specifiche ed espresse richieste – reclutamento involontario – (Pisano, Saturno, 2008).

Per quanto riguarda la stabilizzazione del ruolo sociale ricoperto dallo studente, alcune ricerche (Ybarra and Mitchell, 2004) hanno evidenziato che, mentre nel bullismo, solo il bullo, il gregario e il bullo-vittima (vittima provocatrice) agiscono prepotenze, nel cyberbullismo, chiunque, anche chi è vittima nella vita reale o ha un basso potere sociale, può diventare un cyberbullo. E’ bene però precisare che Raskauskas e Stoltz, in una ricerca del 2007, hanno verificato che molte cybervittime sono anche vittime di bullismo tradizionale e molti cyberbulli sono anche bulli nella vita reale, mettendo, dunque, in discussione l’iniziale tesi di Ybarra e Mitchell.

Infine, importanti differenze tra bullismo e cyberbullismo, sussistono nella possibilità di “reclamizzare” i comportamenti vessatori: mentre le azioni bullistiche possono essere raccontate ad altri studenti della scuola in cui sono avvenuti i fatti o ad amici frequentanti scuole limitrofe, restando, di fatto, abbastanza circoscritte nello spazio, il materiale cyberbullistico può essere diffuso in tutto il mondo e soprattutto è indelebile: ciò che viene pubblicato su internet non è infatti facilmente cancellabile.

Aggiungiamo, poi, che anche quando il materiale offensivo non viene caricato in rete (update), comunque i cyberbulli possono, attraverso i programmi gratuiti “peer to peer”, trasferirlo on line, autorizzando, persone conosciute o sconosciute, ad operare il download dal proprio computer. Possibilità che contribuisce a rendere sempre più difficile, attualmente diremo impossibile, arginare il fenomeno.

Tra le molteplici forme del cyberbullismo (Willard, 2007a, 2007b, Pisano, Saturno, 2008) prendiamo in esame, per la rilevanza che ha avuto nel caso dello studente di Roma che si suicidato anche a causa delle molestie che subiva on line, l’harassment e la denigration.

Harassment

“Mi sono state fatte delle telefonate anonime e dopo aver risposto non parlava nessuno. E’capitato numerose volte e poi ho scoperto che erano dei miei compagni” (Federica, 16 anni)

“Su di me niente, ma su molte mie amiche sì, come ho detto prima arrivavano e-mail con le descrizioni e immagini volgari. Ho denunciato questa cosa, ma continuano a farlo e molte volte capita anche nel computer di mio fratello (maggiore) e ancora oggi io ho il computer sotto sequestro” (Valentina, 14 anni)

Dall’inglese “molestia”, l’harassment consiste in messaggi insultanti e volgari che vengono inviati ripetutamente nel tempo, attraverso l’uso del computer e/o del videotelefonino. Accanto ad e-mail, sms, mms offensivi, pubblicazioni moleste su Blog e Forum e spyware per controllare i movimenti on line della vittima, le telefonate mute rappresentano sicuramente la forma di molestia più utilizzata dai cyberbulli soprattutto nei confronti del sesso femminile.

“A differenza di quanto accade nel flaming e nel flame war, riscontriamo la persistenza dei comportamenti vessatori (che non sono dunque circoscritti ad una specifica attività on line) ed una relazione sbilanciata nella quale, come nel bullismo off line, la vittima è sempre in posizione down (Watzlawick, Beavin, Jackson, 1971), subisce, cioè, passivamente le molestie o, al massimo, tenta, generalmente senza successo, di convincere il persecutore a porre fine alle aggressioni. In alcuni casi, il cyberbullo, per rafforzare la propria attività offensiva, può anche coinvolgere i propri contatti on line (mailing list), che, magari pur non conoscendo direttamente lo studente target, si prestano a partecipare alle aggressioni on line” (Pisano, Saturno 2008, pp. 42).

Proprietà: intenzionalità, relazione complementare rigida (persecutore in posizione one up, vittima in posizione one down), persistenza, talvolta stabilizzata dal contributo attivo e richiesto di altri utenti della rete (reclutamento volontario).
Aspetti giuridici: comportamento criminale (soggetto che viola una norma contenuta nel codice penale). Nello specifico: art. 594 c.p, ingiuria; art. 595 c.p, diffamazione.

DENIGRATION

“Mi hanno chiamato sul telefono per insultarmi e dirmi che avrebbero messo su internet qualcosa su di me”. (Roberto, 14 anni)

“Mi hanno scritto via e-mail che avevo la testa troppo grande e che puzzavo di pesce. Poi hanno organizzato una votazione e tutti dovevano esprimere il loro parere su un blog”. (Antonio, 15 anni)

“Io sono stato vittima del saiber bullismo dai miei amici perché io vengo dal sud e hanno messo delle mie fotografie su internet per insultarmi”. (Concetta, 14 anni)

“Nicola, che si fa chiamare il Vice-comandante, ha organizzato su un blog una votazione su di me: Arianna è una piagnona? Nel blog erano riportate le risposte dei miei compagni di classe, i voti e le statistiche”. (Arianna, 17 anni)

In questo caso l’attività offensiva ed intenzionale del cyberbullo, che mira a danneggiare la reputazione e la rete amicale di un coetaneo, può concretizzarsi anche in una sola azione (esempio: pubblicare su un sito una foto ritoccata del compagno di classe al fine di ridicolizzarlo, indire una votazione on line per screditare una studentessa, diffondere sul web materiale pedopornografico per vendicarsi dell’ex fidanzata, etc.), capace di generare, con il contributo attivo, ma non necessariamente richiesto, degli altri utenti di internet (“reclutamento involontario”), effetti a cascata non prevedibili.

In questi casi, i coetanei che ricevono i messaggi o visualizzano su internet le fotografie, i videoclip o il link ad un blog non sono, necessariamente, le vittime (come, invece, prevalentemente avviene nell’harassment) ma gli spettatori, talvolta passivi del cyberbullismo, quando si limitano a guardare, più facilmente attivi, se scaricano – download – il materiale, lo segnalano ad altri amici, lo commentano e lo votano.

La denigration è, infine, la forma di cyberbullismo più comunemente utilizzata dagli studenti contro i loro docenti: numerosi sono, infatti, i videoclip, gravemente offensivi, presenti su internet riportanti episodi della vita in classe. In alcuni casi le scene rappresentate sono evidentemente false e, dunque, recitate, in altri sono, purtroppo, vere.

Proprietà: intenzionalità, relazione complementare rigida, talvolta persistenza, contributo attivo ma non necessariamente richiesto degli spettatori (reclutamento involontario).
Aspetti giuridici: comportamento deviante che, nei casi più gravi, diviene criminale. Nello specifico: art. 594 c.p., ingiuria; art. 595 c.p., diffamazione; art. 615 bis c.p., interferenze illecite nella vita privata, art. 528 c.p., pubblicazioni oscene, art. 600 ter c.p., comma 3, divulgazione materiale pedopornografico. Inoltre, sotto il profilo civile, art. 10 codice civile, abuso dell’immagine altrui ed artt. 96 e 97, legge 22 aprile 1941, n. 633, l’esposizione, la riproduzione e la messa in commercio non consensuali del ritratto di una persona. Infine, ricorre la violazione degli articoli 161 e 167 del D.L. 196 del 2003, in tema di privacy.

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Fonte: Osservatorio Psicologia nei Media

 

 

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