Uniba giornata di studio EPISTEMOLOGIE CONTROVERSE. PSEUDOSCIENZA E LIBERTÀ 24/11/2023

Oggi torno a casa con alcune esortazioni:

1) continua a formarti
2) mantieni sempre alto il senso di responsabilità per quello che fai
3 frequenta sempre persone che possono farti crescere professionalmente e personalmente
4) ricerca la bellezza e contribuisci a crearla
5) sii sempre autentica
6) sii grata alla vita e agli incontri che ti permette di fare

Sembra cosa semplice, ma io ci lavoro ogni giorno, respirando a pieni polmoni l’aria che eventi come quello di oggi mi permettono di respirare. Grazie!
Uniba giornata di studio EPISTEMOLOGIE CONTROVERSE. PSEUDOSCIENZA E LIBERTÀ organizzata dal Master di Psicologia Giuridica e dal CeSAP

Una giornata studio per sensibilizzare sui rischi delle pseudoscienze

Una giornata studio per riconoscere gli inganni e le trappole delle pseudoscienze. In un momento in cui le notizie non accurate o inventate di sana pianta proliferano sul web e si diffondono con estrema rapidità sui social è importante intervenire per dare la giusta interpretazione ai fenomeni e per fornirsi dei giusti strumenti per poter riconoscere gli imbrogli.

È questo l’animo con cui il Cesap, Centro studi sugli abusi psicologici, in collaborazione con il Master di Psicologia giuridica e neuropsicologica e forense dell’Università “Aldo Moro” di Bari e con il patrocinio dell’Ordine degli Psicologi di Puglia e dell’Università di Bari ha deciso di organizzare la giornata Studio dal titolo “Epistemologie controverse: pseudoscienza e libertà”, venerdì 24 novembre 2023, a partire dalle ore 8,30 nell’aula G. Contento dell’Università di Bari in piazza Cesare Battisti, 1.

L’ingresso è libero e possono parteciparvi tutti coloro che sono interessati all’argomento, che vogliano saperne di più e che abbiano delle curiosità da soddisfare. Alla fine di ogni sezione è previsto il dibattito durante il quale i relatori possono rispondere alle domande dal pubblico.

Durante la giornata sarà disponibile un opuscolo redatto dal dott. Luigi Corvaglia, con prefazione e conclusioni della dott.ssa Lorita Tinelli, riguardante il complottismo di Qanon. Il testo si propone di rendere evidenti le dinamiche oggi presenti nella società attuale. Il libro presenta in copertina uno dei disegni di Roberta Repetto, aiuterà a costituire un fondo per il sostegno alle vittime degli abusi psicologici

“Il Cesap da anni sensibilizza sulle pseudoscienze e su tutte le pratiche e modalità poste in essere per creare acquiescenza nell’individuo, impedendogli di autodeterminarsi. Quest’anno abbiamo pensato di realizzare questo progetto con la prof.ssa Curci, direttrice del master di II livello di Psicologia Giuridica e neuropsicologia forense dell’Università di Bari. Assieme a validi relatori discuteremo sull’etica delle pseudoscienze e sulle pratiche controverse, indagando i vari campi che facilitano la loro espansione, sollecitando consapevolezze e nuovi processi di pensiero per riconoscerne il pericolo e per difendersi – afferma la presidente del Cesap, dott.ssa Lorita Tinelli -. Ma anche attiveremo un dialogo con le istituzioni presenti, volto alla creazione di solide reti per il sostegno delle persone colpite da esperienze settarie, ma anche per un effettivo cambiamento culturale e di approccio a questo fenomeno”

“La manipolazione delle sette è sempre viva. Ma siamo in un limbo”

Intervista di Angela Leucci a Lorita Tinelli su Il Giorno del 28 Luglio 2023

Sebbene le vicende dei grandi leader carismatici dei movimenti religiosi settari, criminali o no, siano nel passato, l’argomento resta d’attualità. La manipolazione esiste ancora in forme certamente più sottili, in realtà dagli epiloghi meno eclatanti. E i media continuano a parlarne. È disponibile su Netflix la serie documentaria “Come diventare leader di una setta”, che ricorre alle figure storiche di Osho, Charles Manson, Jim Jones, David Koresh, Marshall Applewhite e altri. La fine della storia dei loro movimenti religiosi continua a sollevare interrogativi e insinuare dubbi, tra omicidi, suicidi di massa e organizzazioni di arsenali: tuttavia non è solo l’epilogo di queste storie a interessare, ma il modo in cui ci si è arrivati.

A gennaio 2023 è uscito il libro “7 – Sette e manipolazione mentale”, scritto da Lorita Tinelli e Marzo Marzari, che tratta “della manipolazione mentale che alcune persone, i leader che ne sono a capo, riescono efficacemente a operare su centinaia di vittime”. Marzari è un avvocato penalista, che nel corso della sua carriera ha difeso le vittime di diverse sette, mentre Tinelli, che è qui intervistata da IlGiornale.it, è una delle massime esperte italiane di manipolazione mentale, è psicologa e fondatrice del Cesap (Centro Studi sugli Abusi Psicologici).

Sette e manipolazione mentale

Dottoressa Tinelli, perché, secondo lei, a distanza di molto tempo dalla Manson Family, Jonestown, Waco o Heaven’s Gate si continua a parlare di questi argomenti?

“Perché è un argomento che, al di là dei casi eclatanti come quelli che ha citato, continua a mietere vittime. Ci sono ancora situazioni, anche nella nostra Italia, di persone che in estremi casi hanno perso la vita aderendo a queste realtà, oppure che hanno abbandonato la famiglia, effettuato cambiamenti radicali, repentini, interrompendo quello che era il proprio percorso evolutivo”.

Quindi?

“Quindi i casi esistono, nessuno prende, soprattutto in Italia, provvedimenti dal punto di vista istituzionale – non esiste una legge sulla manipolazione mentale, ma paradossalmente la manipolazione mentale esiste. Fino a che non si affronterà con coscienza questo fenomeno, continueremo a parlarne sempre perché ci sarà sempre”.

Avete deciso di dedicare il libro a Roberta Repetto. Come mai questa scelta?

“La scelta è legata al fatto che il caso eclatante di Roberta Repetto è un esemplificazione di ciò che avviene all’interno delle dinamiche settarie”.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 3 persone, persone che studiano e testo

Cioè?

“Roberta era una giovane donna, intelligente, laureata, piena di passioni, così la descrivono i suoi famigliari e le persone che l’hanno conosciuta, gradualmente mise la sua vita nelle mani di un guru, fino a far decidere a questo signore le sorti della sua cura rispetto a un melanoma. Lei si è trovata a essere operata da un medico chirurgo su un tavolo di cucina, all’interno di un centro olistico senza anestesia e senza la necessità di un esame istologico, proprio perché il guru sosteneva che, attraverso le proprie energie emanate dal terzo occhio, quell’operazione andava eseguita in quel modo e tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi”.

E poi?

“Roberta ha creduto questo fino a quando non ha chiuso gli occhi per sempre: fino all’ultimo momento ha creduto che tutto quello fosse un preludio della sua guarigione. Si era totalmente affidata. Abbiamo deciso di dedicarle questo libro, pensando alle tante persone che hanno perso la libertà o rischiano di perdere la vita, ci è sembrato di poterle rappresentare tutte in questo modo”.

L’assedio, il fuoco, l’attesa dell’Apocalisse: che cosa accadde a Waco

Quali sono le caratteristiche comuni ai cosiddetti leader carismatici di una setta?

“Una delle caratteristiche è la voglia di potere sugli altri, anche economico, e anche il sadismo quasi innato, perché non si fermano neppure quando vedono la propria vittima sofferente. E c’è anche l’autoproclamazione, il sentirsi superiore agli altri, pieno di titoli e di eventuali poteri che gli altri non hanno”.

E cosa muove le persone ad aderire a una setta?

“Il bisogno di essere accolti, di appartenere, di avere una relazione con una nuova famiglia capace di riconoscere le necessità, e il senso di sicurezza. Queste sette vanno a soddisfare questi bisogni primari, tanto che poi l’adepto finisce per vedere più gli aspetti positivi rispetto a quelli negativi della situazione, arrivando a non riconoscerli affatto”.

Tuttavia la stessa parola “setta” fa paura a molte persone.

“Il termine, giornalistico, cerca di spiegare l’esistenza di un gruppo di dinamiche relazionali in cui ci si distacca dal mondo e si segue un leader. Queste dinamiche settarie che agiscono in questo modo sono proprie di qualunque contesto tossico, anche un contesto di coppia o famigliare. Dobbiamo smetterla di pensare alle sette come a un contesto di uomini incappucciati che fanno dei riti orgiastici o satanici: nulla di più lontano da questo. Le dinamiche relazionali di questo tipo si nascondono un po’ dappertutto, laddove ci sono disparità di potere e un rapporto di tipo tossico tra le persone che ne fanno parte”.

Nel suo libro parla delle manipolazioni. Esistono o sono esistite manipolazioni che non avevano una veste pseudo-spirituale?

“Certo. Nella manipolazione ciò che conta è avere un’ideologia radicale che può essere di varia natura e porta l’individuo a staccarsi dal mondo, e un’induzione alla radicalizzazione al leader carismatico”.

“Ha ucciso prima i bambini”: l’orrore filo-stalinista nel Tempio del Popolo

Uno degli ultimi capitoli del libro si intitola “La geopolitica del fenomeno settario”. Vuole parlarcene?

“Noi, come associazione Cesap, facciamo parte di una federazione europea di studiosi del settarismo e abbiamo una visione più ampia rispetto a quello che succede nelle istituzioni europee. La geopolitica è qui intesa sia nel modo in cui si muovono gli organismi settari a livello europeo, sia come le istituzioni in generale fanno fronte a questo movimento”.

Nello specifico?

“In Europa, alcuni Stati come la Francia hanno adottato misure efficaci come una legge contro la persuasione indebita e anche un osservatorio ministeriale chiamato Midiludes, in cui avviene un’attenta analisi del fenomeno settario in Francia, di come si evolve e in quali contesti si diffonde. Per esempio in Francia il contesto più diffuso è quello della salute, infatti si parla di ciarlatani della salute”.

E in Italia?

“L’Italia, contrariamente alle indicazioni del Consiglio d’Europa, non ha ancora attuato delle politiche preventive o uno studio attento del fenomeno. Siamo in una situazione di limbo in cui l’attività prevalente è effettuata dalle associazioni del territorio per informare e soccorrere le famiglie e le vittime, oltre che sensibilizzare con pubblicazioni ed eventi pubblici”.

Intervista sulle sette su La Gazzetta di Lucca del 22 Luglio 2023

Psicosette e guru spirituali, Lorita Tinelli in prima linea per combatterli: “Ho subito minacce molto gravi, ma non mollo”

Intervista di Michele Belfiore

La dottoressa Lorita Tinelli è una psicologa forense, da anni in prima linea contro gli abusi compiuti da gruppi settari e sedicenti Guru spirituali. Per il suo impegno contro la manipolazione mentale dei culti distruttivi, ha ricevuto diverse minacce e intimidazioni. Nel giugno 1999, insieme ad altri studiosi, ha fondato il CeSAP, di cui è stata presidente pro-tempore sino al 2015 e nuovamente presidente dal 2019 ad oggi. Nell’ambito del CeSAP, in qualità di Cult Specialist, presta ascolto e consulenza per l’aiuto alle vittime di controllo mentale e di abuso psicologico da parte di sette, sedicenti carismatici e gruppi a carattere totalitario.

Un’importante inchiesta, della Gazzetta di Lucca, sulle psicosette e guru. I giochi letali sul web, un fenomeno che, uccide molti giovani. Una lunga intervista alla dottoressa Lorita Tinelli, con dinamiche costruttive e di prevenzione, in esclusiva alle Gazzette. 

Le psicosette (in inglese mind control cults) si presentano spesso come centri spirituali o del miglioramento di sé: nascondono dinamiche di soggiogamento psicologico. Lei è tra le più importanti esperte di questa piaga sociale. Ci può spiegare questo fenomeno?

Il fenomeno è molto più diffuso di quanto lo si immagini e si insinua in tanti ambiti della nostra vita. Si pensi ai diversi gruppi che entrano nelle aziende proponendo così un miglioramento delle condizioni di vita del personale, per poi lavorare sulla personalità e i vissuti dei dipendenti, senza che questi l’abbiano scelto. Oppure a quelle società che entrano nelle scuole per proporre corsi di miglioramento dell’apprendimento e che poi, sentendosi nel diritto, indagano sulla vita personale e famigliare degli iscritti ai loro corsi. Ma anche a quei fuffa Guru che promettono ricchezze, sfoderando macchine di ultima generazione, dimostrando che tutto si può fare seguendoli pedissequamente, ovviamente a pagamento. E molto altro ancora. Le caratteristiche comuni sono quelle di: coinvolgere gente, radicalizzarla alle ideologie del gruppo e dei leader, separarla dal resto del mondo, incluso famiglia e amici, il resto diventa tutto brutto e cattivo. Soprattutto durante la pandemia tutto questo è aumentato a dismisura, trovando terrendo fertile nell’insicurezza generale entrando facilmente nelle case e nelle vite altrui perché la maggior parte delle nostre attività si è trasferita on line.

Trucchi e segreti di manipolazione mentale a cui stare attenti?

La manipolazione mentale è una dinamica tossica che si instaura in una rapporto di disparità di potere. Chi ha maggior potere rispetto all’altro cerca di minare le sicurezze del suo interlocutore, amplificando i suoi bisogni, cancellandone i dubbi e rendendosi insostituibile, stabilendo così un rapporto di dipendenza. Il tutto attraverso una prima ingiustificata ed amplificata azione affettiva, quella che viene chiamata tecnicamente ‘love bombing’. Ed è proprio a questa eccessiva manifestazione d’affetto da parte di perfetti estranei che bisogna stare attenti e chiedersi il perché di tutte queste attenzioni e promesse.  

Sette e santoni: come i reclutatori scelgono le vittime e come si fa a non cadere in trappola?

Le vittime scelte sono di solito persone sensibili, intelligenti, curiose. I Guru le intercettano facilmente, perché i loro messaggi-esca di “miglioramento del mondo” affrancano proprio persone con queste caratteristiche. Altro elemento importante è la fragilità del momento, che favorisce la recezione del messaggio, appare rassicurante. Devo sottolineare l’infondatezza di un pregiudizio secondo cui le persone che cadono vittime di una setta siano poco intelligenti e di bassa cultura. Assolutamente falso! Il fenomeno è trasversale, coinvolge tutti. Purtroppo. Aderire ad una setta è una scelta emotiva e non razionale.  

Nel mondo invisibile delle psicosette ci sono presunti professionisti che cercano di aiutare le vittime. La gente deve essere aiutata e stare attenta ai ciarlatani. A chi si devono rivolgere per ricevere assistenza?

Nel mondo invisibile delle psicosette ci sono professionisti che si spendono per aiutare le vittime, informare e sensibilizzare sul fenomeno, dovendo sopperire anche alla mancanza di un’azione istituzionale e politica più incisiva. Si pensi che il Consiglio d’Europa ha più volte emanato raccomandazioni in cui sollecitava gli Stati membri ad attivare osservatori e politiche preventive, che l’Italia ha disatteso puntualmente. Esistono pochissime associazioni e persone che sfidano il dilagare degli effetti del fenomeno settario, guadagnando reazioni sconsiderate ed intimidatorie da Guru, leader e apologisti delle sette, ovvero pseudo professionisti che aderendo pienamente alle battaglie di queste persone contro i critici, ne sostengono le attività, disconoscendo i danni che le vere vittime ricevono. Queste ultime addirittura vengono definite ‘pentite e cariche di vendetta’, motivo per cui le loro storie dovrebbero essere considerate ‘non credibili’.

Lei ha scritto un libro sui casi Wanna Marchi e Zaccaria: come può la manipolazione mentale rovinare le persone? La sua convinzione su caso Marchi?

Ho scritto il libro con l’avvocato Marco Marzari che ha seguito, in diversi processi, le parti civili di alcuni di questi ‘santoni’ raccontati nel libro e in primis di Wanna Marchi. Il libro, pubblicato dalla casa editrice Piemme, racconta, attraverso anche esempi concreti documentati e studi scientifici, come la manipolazione mentale agisce su ciascuno di noi, devastando per sempre la vittima, che inizia a dubitare delle proprie capacità di raziocinio. E’ importante sottolineare: chi esce da questa dinamica è una persona spezzata, ha perso tutto, famiglia, amici, soldi, lavoro, dignità. La Marchi ha rappresentato un grande esempio di come questa azione possa avvenire sotto gli occhi di tutti ed anche col consenso dei media. La Wanna nazionale, donna tanto intelligente quanto scaltra, è riuscita a comporre un teatrino di persone, trasformando un cameriere in un quanto generico e inspiegabile “maestro di vita”, con il quale ha venduto sale e numeri giocando sulle fragilità della gente. Nel libro raccontiamo, in un capitolo a lei dedicato, le vicende più crude emerse dalle indagini e dal processo.

Il caso del giovane ragazzo Stefano Barilli, il cui cadavere è stato ritrovato decapitato nel fiume Po. La pista del suicidio non convince. Lei cosa ne pensa?

Il caso di Stefano, di cui mi sono occupata come consulente, ha rappresentato un altro esempio di ragazzo irretito da alcuni Guru del marketing. Nonostante le posizioni della Procura, io e il medico legale della famiglia abbiamo esposto un chiaro quadro di dinamiche ed causa a effetto. Attendiamo risposte.

Un professionista quando si occupa di eseguire una consulenza psicologica forense, deve rimanere distaccato così molti addetti ai lavori dichiarano. Verità o esagerazione?

La teoria e la pratica di solito concordano poco. E’ importante acquisire una giusta distanza per meglio comprendere le dinamiche e i fatti. Ma quando lavori sul caso è inevitabile portarne per sempre le tracce sulla propria pelle. E’ difficile non ‘sentire’ il dolore dei famigliari e/o della persona stessa che ha vissuto l’esperienza negativa direttamente.

La sua lotta contro il male invisibile. Ha portato ripercussioni nella sua vita? Ha subito minacce?

Purtroppo le organizzazioni a carattere settario sono anche di potere e si sentono molto minacciate da chi fa conoscere pubblicamente le loro facciate più nascoste. Sono anni ormai che ricevo minacce, denunce, diffide. Ma anche tentativi di danneggiamento della mia reputazione attraverso la creazione di blog anonimi, diffusioni di fake news sul mio conto, come il racconto secondo cui la mia battaglia contro le sette sarebbe iniziata quando un presunto fidanzato mi avrebbe lasciato sull’altare entrando in una setta. Una favola falsa che spopola tra i gruppi controversi che puntualmente la raccontano ad altri gruppi similari. Ovviamente questo ha l’obiettivo di far apparire il mio interessamento a queste realtà non come attività di studio, ma come una personale rivalsa verso il settore generalizzato, in quella che è la dinamica della personalizzazione del conflitto.  L’altra azione comune tra questi gruppi è quella di scegliere gli stessi consulenti, tra apologisti delle sette, al fine di adottare delle strategie di difesa dalle critiche e di attacco alla sottoscritta. Le modalità sono sempre le stesse: l’attacco alla mia reputazione mediante fake news sul mio conto. Pensi che, addirittura, uno di loro ha fatto eseguire una tesi di laurea che tentava di attribuirmi dei danni ricevuti da quella che veniva descritta come una società rispettabile, nella quale risultavo una persona impreparata e che avrebbe dovuto essere cacciata dall’ordine. L’azione aggressiva di queste realtà, che si concretizza nel tentativo di ledere la mia credibilità e di intimidirmi con azioni legali, oltre che con vere e proprie minacce, nasce dal fatto che l’associazione che dirigo, il CeSAP Centro Studi Abusi Psicologici, riceve enormi quantità di testimonianze e prove documentali su questi gruppi, che spesso sono utili per l’apertura di indagini e processi. E questo fa davvero paura a loro e nel contempo dimostra che nelle giuste sedi la mia credibilità non è assolutamente messa in discussione.

I giovani e il fenomeno (‘Knock Out Challenge’ ) consistente nell’aggredire con un pugno dei passanti scelti per caso cercando di far perdere loro i sensi. Come bisogna agire?

Purtroppo il fenomeno delle Challenge o sfide virali, è una realtà legata alla diffusione dei social media. Certe azioni molto violente, immesse nei circuiti del web, diventano virali amplificando il rischio di emulazione. Soprattutto tra pari imitare e impressionare i propri amici rafforza il senso di appartenenza al gruppo, suggestionando altri a fare altrettanto. Gli adulti non devono dare per scontato il grado di autonomia che possono avere i figli nell’uso delle tecnologie digitali e devono molto parlare con loro, spiegandone gli effetti negativi di alcune sfide. Credo che famiglia e scuola dovrebbero lavorare molto in un percorso condiviso di educazione digitale.

Giochi letali sul Web: la drammatica vicenda di Matteo Cecconi. “La mattina in cui ha deciso di ingerire il nitrito di sodio, era collegato in chat con una decina di altri ragazzi che l’hanno sostenuto nella sua scelta”. E’ l’accusa che lancia dalle pagine dei giornali locali il padre Alessandro Cecconi. Lei cosa ne pensa?

Questo problema è collegato alla mia risposta precedente. Spesso i figli si perdono in casa e non necessariamente fuori. Il mondo del web è complesso e con un crescendo di incontrollabili attività. Bisognerebbe insegnare ai ragazzi a discernere le complessità dei messaggi di quel mondo, ma è anche necessario pensare a più spazi di accoglienza e di ascolto per  i giovani che , devono affrontare i loro problemi di crescita. La figura dello psicologo scolastico può diventare un valido aiuto. Nel frattempo però i genitori devono vigilare e segnalare alle autorità tutti quei siti che ritengono poco educativi e pericolosi.  

Fonte: La Gazzetta di Lucca

Conoscere meglio le sette

FALSI ESORCISTI: il santone Mauro Cioni e il Mago Malleus, due casi di  sètte abusanti, i cui leader si spacciavano per 'esorcisti' – No al  satanismo

Da una pagina del blog di Maloney Coaching riprendo delle informazioni interessanti sulle motivazioni per cui si aderisce ai culti.

Le parole chiave che contraddistinguono l’esperienza in un culto possono essere individuate tra le seguenti:

Significato e scopo

Senso di appartenenza

Comunità di persone che la pensano allo stesso modo

Opportunità di crescita personale

Qualche saggezza o grande verità che porterà conforto o aiuterà a dare un senso al mondo

Un modello o una figura ispiratrice di qualche tipo

Qualcuno o qualcosa che ti fa sentire speciale, importante, come se fossi importante

Alcuni nobili ideali su cui lavorare (ad es. “Quello che facciamo qui cambierà il mondo!”)

Fondamentalmente sono queste le argomentazioni che molte persone che finiscono nelle sette trovano attraenti in prima istanza. Molti di loro sono persone intelligenti che sono state predate quando erano particolarmente vulnerabili.

La setta NXIVM negli Stati Uniti e quella di Lighthouse nel Regno Unito sono solo alcuni recenti casi di sette non religiose che hanno attirato le persone con quello che pretendevano essere una sorta di sviluppo personale e/o coaching.

Spesso la gente si chiede cosa c’è che non vada nelle persone che aderiscono a questi gruppi. Come fanno ad essere ammaliati per così tanto tempo? E come fanno a non comprendere di essere finiti in una setta?

E’ facile a questo punto sostenere che chi entra in un culto sia una persona quasi incapace di intendere e di volere, oppure che ha qualche complicità con i leader dello stesso e quindi interessi personali, tanto da giustificarne l’ingresso e l’adesione per un lungo tempo.

La stessa blogger, che ho citato, sostiene che esistono tanti pregiudizi e idee sbagliate rispetto ai culti e all’adesione agli stessi. Ella scrive: “Non conoscevo affatto dell’esistenza di legami traumatici, l’attaccamento disorganizzato, il rinforzo intermittente, il controllo coercitivo, l’erosione del proprio senso di sé, il bombardamento amoroso, il gaslighting, ecc. La manipolazione psicologica non è uno scherzo“.

Ella continua: “Nel mondo reale non incontriamo spesso cattivi netti, simili a caricature, che sono cattivi al 100%, il 100% delle volte. Ma se qualcuno sfrutta anche il 10% delle volte, non è troppo il il 10%? Imparare a conoscere le sette mi ha dato qualcosa di concreto per identificare dei modelli e valutare la salute di tutti i tipi di relazioni e gruppi. Se tendi a dare alle persone il beneficio del dubbio e a razionalizzare il comportamento problematico, potresti trovare utile anche questa conoscenza”.

Cosa è un culto?

Riprendo dalla pagina di Maloney alcune definizioni tratte dagli studi di alcuni esperti del fenomeno come la dott.ssa Janja Lalich, la dott.ssa Alexandra Stein e il dott. Steven Hassan.

Janja Lalich e la coautrice Karla McLaren in Escaping Utopia: Growing Up in a Cult, Getting Out, and Starting Over, sostengono che le sette non sono definite da ciò che credono il leader della setta o i suoi membri. Piuttosto, i culti sono definiti dal modo in cui tali credenze e obiettivi vengono trasmessi, da chi li trasmette e da quanta libertà e autonomia hanno i membri all’interno del gruppo.

Una setta è un gruppo o una relazione che soffoca l’individualità e il pensiero critico, richiede un intenso impegno e obbedienza a una persona e/o a un’ideologia, e limita o elimina l’autonomia personale a favore della visione del mondo della setta e dei desideri e bisogni del leader“.

Maloney nel suo articolo riflette sul fatto che questa definizione possa essere attribuita anche ad alcune famiglie tossiche.

Alexandra Stein, nel suo libro Terror, Love and Brainwashing: Attachment in Cults and Totalitarian Systems, definisce una setta in modo leggermente diverso, ma sottolinea anche il controllo e il principio di “questa figura autoritaria che possiede tutte le risposte“:

Una setta è un gruppo di persone guidate e generalmente sfruttate da un leader carismatico e autoritario, che ha una visione estrema (totalista). Una setta impiega il lavaggio del cervello nei suoi sforzi di mantenere i membri sotto il suo controllo”.

“Carismatico”. Non è tutto oro quello che luccica

Una setta, quindi secondo la Stein, può essere “un gruppo politico, una chiesa o un altro gruppo religioso, un centro di meditazione o benessere, un posto di lavoro o un programma di formazione per la crescita personale”.

Una setta può anche riguardare una relazione a due, come per esempio tra uno pseudo-coaching e il suo cliente. Ovviamente essa si caratterizza dalla non eticità e dall’abuso.

Fai parte di un gruppo ad alto controllo simile a una setta?

Come si può comprendere di essere entrati in contatto con una setta o con una relazione ad alta influenza?

Steven Hassan ha realizzato un modello, chiamato BITE, che aiuta a comprendere proprio questo.

BITE si riferisce a quattro aree di controllo: comportamento, informazioni, pensieri ed emozioni.

Secondo Hassan un leader, adottando una serie di strategie manipolative, non etiche, agisce il pieno controllo della mente del suo adepto lavorando su quattro delle aree importanti della vita.

Controllando il Comportamento, le Informazioni, i Pensieri e le Emozioni. (In Inglese Behaviour, Informations, Thoughts, Emotions, B.I.T.E.) l’identità di un individuo può essere sistematicamente manipolata e modificata a seconda degli interessi del leader.

Per esempio il Controllo del Comportamento può avvenire:

  1. regolando la realtà fisica dell’individuo
  2. dettando dove, come e con chi la persona deve socializzare e chi evitare
  3. decidendo con chi egli deve fare sesso
  4. controllando il modo di vestirsi e di acconciarsi
  5. controllando la sua dieta e i momenti in cui assumere cibo
  6. manipolando i tempi del sonno
  7. sfruttandolo finanziariamente
  8. limitando il suo tempo libero
  9. coinvolgendolo per la maggior parte del tempo nelle attività del gruppo o di auto indottrinamento
  10. portandolo a chiedere il permesso per prendere le decisioni più importanti
  11. riportando ai superiori pensieri, sentimenti, e attività (di se stessi e altri)
  12. premiandolo e punendolo al fine di modificare comportamenti, sia positivi che negativi 
  13. scoraggiando l’individualismo, incoraggiando il pensiero di gruppo
  14. imponendo regole e regolamenti rigidi
  15. promuovendo dipendenza e obbedienza 
  16. minacciando danni a familiari e amici 
  17. forzando l’individuo a stuprare o ad essere stuprato 
  18. incoraggiando e impegnarsi in punizioni corporali  

Il Controllo dell’Informazione può avvenire:

1. ingannando:  a. omettendo deliberatamente informazioni  b. distorcendo l’informazione per renderla più accettabile  c. mentendo sistematicamente ai membri della setta 

2. minimizzando o scoraggiando l’accesso a fonti di informazione non ufficiali della setta, compresi:  a. Internet, tv, radio, libri, articoli, giornali, riviste, altri media  b. informazioni critiche c. ex- membri della setta d. tenere i membri occupati così che non abbiano tempo per pensare e indagare  e. controllare attraverso il cellulare con tracciamento di messaggi, chiamate e internet

3. compartimentando l’informazione in dottrine esterne vs. dottrine interne a. far sì che l’informazione non sia liberamente accessibile  b. controllando l’informazione a diversi livelli nel gruppo  c. permettendo solo alla leadership  di decidere chi deve sapere cosa e quando 

4. incoraggiando lo spionaggio su altri membri  a. imponendo un sistema di coppia per monitorare e controllare i membri  b. riportando alla leadership pensieri, sentimenti e azioni devianti c. garantendo che il comportamento dell’individuo sia monitorato dal gruppo 

5. divulgando un uso di informazione generata dalla setta e propaganda, compresi:  a. newsletter, riviste, registrazioni audio, videocassette, youtube, film e altri media  b. citando in modo scorretto e disonesto delle dichiarazioni o utilizzarle fuori dal contesto delle fonti 

6. abusando della confessione  a. informazione su peccati usate per disturbare e / o dissolvere i confini dell’identità b. negare il perdono o l’assoluzione  c. manipolazione della memoria, con creazione di possibili falsi ricordi

Il Controllo del Pensiero avviene:

  1. richiedendo ai membri di interiorizzare le dottrine del gruppo come verità  a. adottando una ‘mappa di realtà‘ del gruppo come realtà;  b. infondendo un modo di pensare bianco/nero;  c. decidendo tra buono vs male; d. organizzando le persone in noi vs loro (interno vs esterno)
  2. cambiando nome e identità di una persona
  3. usando un linguaggio tendenzioso e clichés che impediscono la conoscenza, così per arrestare il pensiero critico e per ridurre la complessità in un ronzio stereotipato di parole
  4. incoraggiando solo pensieri ‘buoni e corretti‘ condivisi dal gruppo
  5. utilizzando tecniche ipnotiche per cambiare stati mentali, minare il senso di riflessione critica e persino per far regredire l’età del membro
  6. manipolando i ricordi e inducendone di falsi
  7. insegnando tecniche di arresto del pensiero che spengono la verifica della realtà stoppando i pensieri negativi e permettendo solo pensieri positivi, compresi:  a. la negazione, la razionalizzazione, la giustificazione, la pia illusione;  b. inducendo il canto, la meditazione, la preghiera, il parlare in lingue,  il canticchiare costantemente
  8. insegnando il rifiuto di analisi razionale, riflessione critica e critica costruttiva
  9. proibendo domande critiche sul capo, sulla dottrina, o sulle politiche interne
  10. etichettando i sistemi di credenze diversi come illegittimi, malvagi, o inutili

Il Controllo delle Emozioni avviene attraverso una serie di azioni quali:

1. manipolare e restringere la gamma dei sentimenti – alcune emozioni e / o esigenze sono considerate come male, sbagliate o egoiste

2. insegnare tecniche per fermare le emozioni per bloccare sentimenti di nostalgia, rabbia, dubbio

3. fare sentire alla persona che i problemi sono sempre una loro colpa, mai colpa del leader o del gruppo

4. promuovere sentimenti di colpa o indegnità, come  a. identità di colpa  b. non stai vivendo fino al tuo massimo potenziale c. la tua famiglia è carente d. il tuo passato è sospetto e. le tue amicizie sono poco sagge f. i tuoi pensieri, sentimenti, azioni sono irrilevanti o egoiste g. colpa sociale h. colpa storica

5. infondere paura, come paura di:  a. riflettere in modo indipendentemente  b. il mondo fuori c. i nemici d. perdere la salvezza e. lasciare o essere evitato dal gruppo f. la disapprovazione degli altri

6. estremi emozionali alti e bassi  – bombardamento d’amore e elogio in un momento e poi dopo sei dichiarato un orribile peccatore 

7. ritualistica e a volte pubblica confessione dei peccati

8. indottrinamento fobico: inculcare paure irrazionali riguardo al lasciare il gruppo o il mettere in dubbio l’autorità dei leader:  a. la felicità e la realizzazione sono impossibili fuori dal gruppo; b. ci saranno terribili conseguenze se lascerai: inferno, possessione demoniaca, malattie incurabili, incidenti, suicidio, follia, diecimila reincarnazioni, etc.;  c. ostracismo verso quelli che escono; paura di essere respinto da amici, parenti e famiglia;  d. non c’è mai una legittimo ragione per uscire; quelli che escono sono deboli, indisciplinati, non spirituali, mondani, hanno subito un lavaggio del cervello dalla famiglia o da un consulente, o sono stati sedotti da denaro, sesso, o dalla musica; e. minacce di danneggiamento a ex-membri e alla loro famiglia

Maloney incoraggia tutti a tenere a mente questi concetti, specialmente quando si è alla ricerca di un aiuto da parte di un coach o di un gruppo di auto-aiuto.

E’ importante, in tutte le relazioni stare attenti a cosa succede quando si dice di no, quando non si è d’accordo con l’altro, quando si fanno domande, quando si chiede tempo per pensare alle cose, ecc. Maloney dice: “Se senti che qualcosa non va, se l’altro è sulla difensiva o evasivo o non dimostra responsabilità, considera il consiglio di Maya Angelou: “Quando qualcuno ti mostra chi è, credigli la prima volta. Ora, se sei come molte persone super gentili che conosco, potresti pensare, suona un po’ duro. E se avessero appena avuto una brutta giornata? E se avessi interpretato male le cose? Ok, che ne dici di crederci la seconda volta? Quali prove di responsabilità e ammende hai visto? Stiamo parlando di cambiamenti comportamentali significativi: non una cosa una tantum, non promesse, non grandi gesti. Ci mettiamo nei guai seri e profondi quando ignoriamo le bandiere rosse, raddoppiamo e, prima che ce ne accorgiamo, rimaniamo intrappolati e vittimizzati di nuovo, accumulando costi irrecuperabili e vergogna e rendendo ancora più difficile andarsene”.

Le sette agiscono sulla memoria dei propri affiliati per manipolarli

L’esperienza settaria agisce fortemente su tutti gli aspetti della vita di una persona: dalle sue relazioni sociali, alla sua percezione del mondo esteriore ed interiore. Sono in tanti i fuorusciti a dubitare dei proprio ricordi, del periodo pre-settario e di quello settario. Agire sui ricordi e sui linguaggi ha la capacità di creare un bispensiero di orwelliana memoria, capace anche di modificare il presente e il futuro.

Di seguito ho voluto riportare una mia traduzione di un articolo di una ex seguace della Chiesa dell’Unificazione del Rev Moon, che riflette proprio sull’azione esercitata sulle sue percezioni e sui suoi ricordi, per crearle acquiescenza e per farle dubitare di pezzi della sua storia.

L’articolo che segue è di Jen Kiaba, fotografa ed educatrice che con la sua arte esplora la fede e il controllo coercitivo.

Kiaba è cresciuta nella Chiesa dell’Unificazione, un gruppo religioso chiamato dai media popolari “i Moonies” e uno dei principali esempi di setta. Dopo essere sfuggita a un matrimonio combinato forzato, si è fatta strada poco più che ventenne e ha conseguito la laurea in storia dell’arte al Bard College.

Come artista usa la fotografia per esplorare il fallimento della fede e la conseguente perdita di identità che si verifica in quella esperienza totalitaria. Il suo lavoro è stato esposto a livello internazionale, ha vinto il terzo posto del Julia Margaret Cameron Award, una top 200 finalista in Critical Mass e una menzione d’onore al 13° Pollux Award.

Dal 2014 collabora come educatrice e mentore con diverse organizzazioni non profit che si occupano di responsabilizzare i giovani. Scrive e parla anche di arte, guarigione e della loro intersezione.

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Nella foto Jen Kiaba

Segue il suo articolo, ricordando che la mia non è una traduzione di una professionista, ma mi diletto, seppur con i miei limiti, di portare all’attenzione di tutti argomenti che riguardano l’influenza indebita.

Qui troverete l’articolo di Kiana in originale

Perdita di memoria, dissociazione e richiamo euforico nelle sette

Diversi mesi fa stavo ascoltando un episodio del podcast Falling Out, in cui l’ospite, Elgen Strait, intervista persone che sono cresciute e hanno lasciato la Chiesa dell’Unificazione. In questo particolare episodio stava parlando con Donna, che era andata nello stesso collegio della chiesa che frequentavo io, ma era stata espulsa l’anno prima del mio arrivo. Ad un certo punto, Donna racconta che aveva dovuto fare delle ricerche sulla scuola e guardare indietro nei registri e agli annunci per assicurarsi che i suoi brutti ricordi non fossero una sorta di sogno febbrile.

Le sue parole mi hanno fatto riflettere sulla mia situazione.

Perdita di memoria e dissociazione

A volte anch’io faccio fatica a ricordare cose della mia infanzia nella setta. Ci sono lunghi vuoti nella mia memoria. Quando scavo i ricordi, devo sedermi con loro per molto tempo e chiedere: “ho allucinato quell’esperienza?

In questi giorni ho parlato con molti sopravvissuti, molti dei quali condividono attivamente le loro storie online. Ma il tema del dubitare delle nostre esperienze è qualcosa che sembra ripresentarsi ancora e ancora. Ho iniziato a chiedermi perché è così.

Potrebbe essere che molti di noi abbiano bloccato i ricordi semplicemente per sopravvivere?

Quando mi riferisco agli scritti della dottoressa Alexandra Stein sui modelli di attaccamento nelle sette, tutto sembra avere senso. In un’intervista del 2018 con il Daily Mail ella ha raccontato:

Lo scopo [delle sette] è quello di isolarti e intrappolarti in quell’isolamento. Esse creano uno stress cronico, che provoca traumi. Il trauma porta alla dissociazione, uno stato in cui non puoi pensare ai tuoi sentimenti. In quel vuoto, il culto può inserire la sua ideologia e dirti cosa stai provando“.

La dissociazione è definita dall’American Psychiatric Association come un’esperienza di distacco mentale, o disconnessione tra la mente e il corpo, un meccanismo di coping inconscio che si sviluppa tipicamente in risposta al trauma. Quando il trauma è più grave, la persona che si dissocia potrebbe sperimentare amnesia, perdita di identità e incapacità di riconoscere se stessa o l’ambiente circostante.

Sharon K. Farber Ph.D., scrive in un articolo di Psychology Today che:

Le sette iniziano a sedurre le persone con il love bombing, prestando molta attenzione alla persona e dimostrandosi molto affettuose con le potenziali reclute, un modo molto efficace per entrare in contatto con qualcuno che si sente solo e isolato. Quindi aggrediscono e sopraffanno i loro sensi usando varie tecniche per indurre uno stato dissociato, uno stato alterato di coscienza, uno stato di trance, in cui mente e corpo sono disconnessi l’uno dall’altro.

Queste tecniche includono la privazione del sonno e del cibo, suonare la batteria, cantare, tenere conferenze per ore, luci lampeggianti, girare in tondo, tutte cose che assalgono i sensi e abbattono la capacità di pensare di una persona. Il culto usa il controllo mentale per riempire la mente dissociata con le proprie credenze e il pensiero magico. Arriva un momento in cui la mente si spegne e sembra scattare da questo assalto al sistema nervoso.”

Secondo l’Harborview Abuse and Trauma Center dell’Università di Washington, tutti occasionalmente hanno momenti in cui sognano ad occhi aperti o vagano con la mente, il che è normale. Ma a volte la dissociazione viene utilizzata come meccanismo di coping durante il trauma o in seguito quando si pensa o si ricorda il trauma. Dicono che si manifesti come:

Distanziamento; sognare ad occhi aperti

Aspetto satinato; stupefatto

La mente diventa vuota

Mente vagante

Senso del mondo che non è reale

Guardare se stessi dall’esterno

Distacco da sé o identità

Esperienza fuori dal corpo

Disconnessione dall’ambiente circostante

Ciò che è interessante per me è che la Chiesa dell’Unificazione praticava sicuramente tecniche per portare le persone in quello stato dissociativo, eppure eravamo attivamente scoraggiati dalla “discontinuità“. Ora, crescendo non avevo idea di cosa fosse la dissociazione, ma guardando indietro ora penso che molti di noi nella Chiesa l’hanno usata come meccanismo di coping. Stein e Farber discutono della dissociazione indotta come di una tecnica di culto per inserire l’ideologia del culto, mentre l’Università di Washington la discute come meccanismo di coping.

Quindi devo chiedermi se il tipo di dissociazione che è stato incoraggiato nella Chiesa fosse il tipo che è stato indotto durante il canto, le conferenze, gli esercizi di gruppo, le punizioni, ecc. utilizzato come quel meccanismo di coping protettivo.

Quindi, quando si sovrappone il modo in cui i culti addestrano i membri nelle tecniche per bloccare il pensiero per impedire ai dubbi di entrare nella loro coscienza (nella Chiesa dell’Unificazione a volte cantavamo frasi come “fuori Satana” o “amore assoluto, fede assoluta, obbedienza assoluta“), non c’è da stupirsi che così tanti dei nostri ricordi siano sepolti o sembrino surreali quando li ricordiamo.

Abuso di amnesia

Dall’altro lato della medaglia ci sono persone che si sentono come se gli unici ricordi a cui hanno accesso fossero quelli positivi. Ho sentito resoconti di questo sia da persone che sono ancora nella Chiesa dell’Unificazione, sia da coloro che se ne sono andati. È quest’ultimo gruppo che mi interessa davvero, perché molti di loro riconoscono che ci sono pratiche abusive nella Chiesa, mentre ancora lottano per fare i conti con i propri ricordi.

Ren, un’attivista della comunità di seconda generazione dell’ex Chiesa dell’Unificazione, mi ha detto che, fino a poco tempo fa, aveva pensato che far parte dell’Oceania Leadership Team fosse stata un’incredibile opportunità per viaggiare per il mondo. (OLT è una conseguenza del programma di traffico di manodopera della Special Task Force nella Chiesa dell’Unificazione, di cui puoi leggere un po’ di più sul mio vecchio blog Summer of Cheesecake.) Questo, nonostante vivesse in un furgone, raccoglieva fondi fino a 16 ore al giorno, sette giorni alla settimana, e talvolta doveva mendicare soldi per i pasti. Egli ha raccontato: “Fino a pochi anni fa pensavo di essere così fortunata ad avere tutte quelle esperienze. Ad esempio, non lamentarti, hai viaggiato per il mondo.”

Un’altra ex di seconda generazione mi ha detto: “[Ho una perdita di memoria] dei seminari a cui ho partecipato. A volte è difficile rendersi pienamente conto che l’UC è abusante perché abbiamo un’immagine non violenta.

Qualcun altro ha scritto per dire: “Non riuscivo a capire che la negligenza è un abuso; Pensavo di aver avuto una bella infanzia.

Becca, che è anche un’attivista nella comunità di seconda generazione dell’ex Chiesa dell’Unificazione, ha raccontato: “Ho represso molte cose brutte. Anche mentre facevo terapia, ho avuto difficoltà a descrivere quale fosse il problema. Anche adesso ricordo brutti incontri e cose terribili mentre ascolto o dopo aver ascolto un episodio di un podcast sugli ex Moonie o leggo un post su Instagram. Mi chiedo se ho seppellito quei ricordi nel profondo del mio inconscio perché sapevo che mi facevano ancora male.”

Io mi riferisco in particolare all’esperienza dell’ultima persona. Proprio come ho sperimentato durante l’ascolto dell’episodio di Donna su Falling Out, più ascolto o leggo le storie di altre ex di seconda generazione, più i miei ricordi riaffiorano o mi viene in mente che i miei ricordi non erano solo allucinazioni. Crescendo ci è stato insegnato a dubitare di noi stessi, delle nostre realtà e delle nostre prospettive in modo che la Chiesa potesse affermare le proprie. Ma più ascoltiamo le storie degli altri, più sembra che verifichiamo e convalidiamo le reciproche esperienze.

Sharie Stines, PsyD, ha postulato in un post su Goodtherapy.com che le vittime di abusi in corso possono soffrire di amnesia da abuso. Ella sostiene: “Si verifica quando una persona è stata abusata – fisicamente, verbalmente, sessualmente o emotivamente – e nel giro di pochi minuti, ore o giorni, è come se l’abuso non fosse mai avvenuto. La vittima e l’autore del reato continuano come se l’incidente non fosse mai accaduto.”

Ella descrive i cambiamenti nella chimica del cervello durante il ciclo di abuso, dicendo che durante l’abuso vengono rilasciati gli ormoni dello stress cortisolo e adrenalina. Durante la fase di abbandono, il cervello rilascia dopamina che motiva la persona a cercare sollievo nell’oggetto del desiderio: l’aggressore. Questo si sincronizza perfettamente con gli scritti della dottoressa Alexandra Stein sulla teoria dell’attaccamento nelle sette e su come si rischia che l’aggressore o la setta crei un legame traumatico. (Esploro alcuni dei suoi scritti in modo più approfondito nei post, “Perché non te ne sei appena andato?” e Cosa c’è di così brutto nel crescere in una setta?). Quindi, secondo Sharie Stines, si instaura una omeostasi e la relazione violenta diventa un sistema, con l’amnesia da abuso come componente essenziale di questo equilibrio.

Lei continua dicendo che,

Una volta che il partner violento torna e smette di abusare attivamente, il cervello rilascia ossitocina e oppioidi, che hanno un effetto calmante. Gli ormoni dello stress sono diminuiti e le sensazioni di sollievo causate dalle sostanze chimiche positive rafforzano la capacità della vittima di dimenticare il male e aggrapparsi al bene.

Lo schema continua: minimizza il male, concentrati sul bene. Dimentica il dolore. Ricorda il positivo“.

Richiamo euforico

A volte le persone mi chiedono se ho dei bei ricordi di quando sono cresciuta nella setta. È una domanda onesta e apparentemente innocua in superficie. E certamente ho dei ricordi sicuri che condivido. Ma ora la domanda può allarmarmi per diversi motivi.

Il primo è che, come ho già detto, l’esperienza dell’abuso settario è simile all’esperienza dell’abuso domestico/violenza intima del partner. La dottoressa Janja Lalich ha dichiarato, in un’intervista su Change The Narrative con JD Fuller, che “io credo che le relazioni violente abbiano molte delle stesse caratteristiche [delle sette] e le persone che ne escono hanno problemi molto simili da affrontare nel recupero”. Questo, ha detto, è dovuto al fatto che i violentatori nelle relazioni e i leader di setta usano una strategia narcisistica e meccanismi di influenza e controllo interconnessi per continuare a manipolare la vittima o tenerla nel gruppo. (Esploro più del suo modello di questi meccanismi di interconnessione nel post “The Illusion of Choice“).

Quindi, con questo in mente, mi preoccupa il fatto che chiedere a un sopravvissuto ad una setta di condividere i ricordi felici del tempo passato nella setta, o all’interno di una famiglia di una setta, possa essere come chiedere a una sopravvissuta alla violenza domestica di condividere i ricordi felici dei tempi con il suo aggressore.

Non è che questi tempi felici non esistano. In effetti, fanno parte del ciclo di abusi che tiene bloccata la vittima. Secondo il dottor Ramani Durvasula, Ph.D., psicologo clinico, “è molto comune per le persone in relazione con i narcisisti perdersi davvero nei ricordi del bombardamento d’amore“. Continua dicendo che in quelle relazioni è molto comune che i bombardamenti amorosi alimentino qualcosa chiamato richiamo euforico. Durvasula dice che il ricordo euforico è “esattamente quello che sembra; è ricordare le cose belle, ricordare le cose euforiche.”

Come il termine psicologico “retrospezione rosea“, si intende che il ricordo euforico è la tendenza delle persone a ricordare le esperienze passate in una luce positiva, trascurando le esperienze negative. Viene generalmente discusso in termini di dipendenza e abuso di sostanze e, se lo cerchi su Google, la maggior parte dei risultati riguarderà i programmi di trattamento della dipendenza.

Secondo Durvasula, per quanto riguarda le relazioni narcisistiche, “il ricordo euforico è il tuo nemico. Peggiora la ruminazione e ti fa dubitare di te stesso; e a questo punto ora sta avvenendo un gaslighting. Il processo mantiene la vittima intrappolata in un ambiente pericoloso perché tende a dubitare della propria realtà o a minimizzare l’abuso.”

Quindi chiedere a un sopravvissuto di una setta dei suoi ricordi felici è come chiedegli di impegnarsi in un potenziale richiamo euforico? Penso di sì, e temo che possa potenzialmente riportarli allo stato di dubitare della propria intuizione intorno a un’esperienza violenta. Che ce ne rendiamo conto o no, quando chiediamo alla vittima di condividere i suoi ricordi felici, stiamo potenzialmente chiedendole di condividere storie del ciclo dei suoi abusi e di gaslighting. Questo significa che non ci sono state buone esperienze crescendo in una setta? No. Ma penso che dobbiamo stare attenti a chiedere ai sopravvissuti di impegnarsi in una rosea retrospezione, o in un ricordo euforico, perché può essere potenzialmente dannoso nel processo di guarigione, o riportarli allo stato di dubitare della propria intuizione riguardo a un’esperienza violenta.

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Ringrazio personalmente Jen Kiaba per la sua chiarezza e per aver rappresentato con molta correttezza la dinamica della retrospezione rosea e delle amnesie dell’esperienza negativa nei gruppi settari. Mi auguro che questo articolo possa fornire delle utili risposte a chi si trova nella medesima situazione.

Ribadisco l’importanza di rivolgersi ad uno specialista formato sui culti, per l’elaborazione della propria esperienza, per il raggiungimento dei propri equilibri e dell’autocosapevolezza di quanto è avvenuto e dei vari meccanismi mentali di intralcio al proprio benessere fuori dal gruppo.

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Come l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per manipolare le persone

In assenza di regolamentazione, l’IA offre un potente strumento per sette e dittatori

Intelligenza artificiale, perché è il momento di concorrenza e libertà  d'iniziativa - 24+

L’intelligenza artificiale (AI) è emersa come un potente strumento che può essere sfruttato per vari scopi, tra cui la creazione di culti autoritari e la schiavitù delle persone.

I leader delle sette e i dittatori possono utilizzare l’intelligenza artificiale per monitorare, manipolare e controllare le persone, portando alla loro eventuale sottomissione.

Raccogliendo dati sulle attività online delle persone, inclusa la cronologia delle ricerche, i post sui social media e i modelli di navigazione, gli algoritmi di intelligenza artificiale possono creare un profilo delle preferenze e degli interessi di una persona. I leader delle sette e i dittatori possono utilizzare le informazioni per creare contenuti personalizzati che rafforzano la loro ideologia e manipolano le persone affinché seguano le loro convinzioni.

In qualità di vice chief technology officer e senior information scientist presso la RAND Corporation, il dottor Rand Waltzman ha gestito la ricerca sull’intelligenza artificiale. I suoi 50 anni di esperienza sull’intelligenza artificiale lo hanno portato a fondare l’Associazione dei professionisti dell’informazione e a condividere le conoscenze sui social media, descrivendo tecniche specifiche ora in uso online per ingannare, manipolare e indottrinare le persone. Egli sostiene che gli ambienti digitali immersivi (il metaverso) aumenteranno solo il suo potere di influenzare le persone – votare in un certo modo o credere in un certo modo – amplificando esponenzialmente la capacità di esercitare un’influenza indebita sull’umanità.

Persone simulate, relazioni simulate

L’intelligenza artificiale può anche essere utilizzata per creare assistenti virtuali che simulano l’interazione umana. Tali assistenti possono imitare il tono di voce, le espressioni facciali e il linguaggio del corpo di un essere umano, creando l’illusione di una relazione personale. I leader di culti e i dittatori possono utilizzare tali assistenti virtuali per creare un senso di intimità con i loro seguaci, portando a un senso di attaccamento emotivo nei loro confronti e alla volontà di soddisfare le loro richieste. Le persone possono essere ingannate emotivamente immaginando con desiderio una vera cura umana.

Inoltre, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per creare video e immagini deepfake, simulazioni altamente realistiche di persone che dicono o fanno cose che in realtà non hanno mai fatto. I leader delle sette e i dittatori possono utilizzare i deepfake per creare false narrazioni, facendo sembrare che le persone supportino la loro ideologia e le loro azioni. Tale attività può seminare confusione e sfiducia, poiché le persone non sono in grado di distinguere tra realtà e falsità.

Un altro modo in cui l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per schiavizzare le persone è creare algoritmi che controllano l’accesso alle informazioni. Limitando i contenuti a cui le persone possono accedere online, i leader delle sette e i dittatori possono garantire che i loro seguaci ricevano solo informazioni che rafforzano le loro convinzioni, creando una camera dell’eco in cui le persone non sono in grado di accedere a punti di vista diversi e probabilmente credono nelle teorie del complotto.

Previsione e manipolazione dei comportamenti degli utenti

Inoltre, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per creare modelli predittivi che anticipano il comportamento delle persone. Analizzando i modelli nelle attività online delle persone e nelle interazioni sui social media, gli algoritmi di intelligenza artificiale possono prevedere cosa probabilmente farà una persona in seguito. I leader delle sette e i dittatori possono utilizzare modelli predittivi per manipolare le persone affinché facciano ciò che vogliono fornendo incentivi o punizioni basate sul comportamento previsto.

Inoltre, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per creare sistemi di sorveglianza che monitorano il comportamento delle persone in tempo reale. Analizzando i feed video e i dati dei sensori, gli algoritmi di intelligenza artificiale possono rilevare e segnalare comportamenti che vanno contro l’ideologia del leader del culto o che sono visti come dissidenti. Il risultato può essere la creazione di una cultura della paura e del sospetto in cui le persone hanno paura di parlare o di comportarsi in modi che possono essere visti come sovversivi.

In conclusione, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata da culti autoritari e dittatori per manipolare e controllare le persone, portando alla loro eventuale riduzione in schiavitù. Utilizzando l’intelligenza artificiale per raccogliere dati sul comportamento degli individui, creare assistenti virtuali, produrre deepfake, controllare l’accesso alle informazioni, sviluppare modelli predittivi e monitorare il comportamento, i leader delle sette e i dittatori possono garantire che i loro seguaci siano sottomessi e conformi.

È fondamentale essere consapevoli dei pericoli della manipolazione da parte dell’IA e adottare misure per prevenirne l’uso improprio per tali scopi. Un pubblico informato deve garantire che l’intelligenza artificiale sia sviluppata e utilizzata in modo etico e che siano messe in atto misure di salvaguardia per proteggere la privacy e la libertà delle persone. Le leggi sulla privacy dei dati devono essere approvate e applicate. I regolamenti devono essere sviluppati e accettati da tutti i paesi interessati agli affari e alla tutela dei diritti umani. Senza tale accordo, i paesi autoritari saranno in grado di bloccare tutte le influenze esterne ed essere liberi di utilizzare comportamenti predatori su tutte le società, come l’America, che consentono l’accesso aperto.

Bibliografia

Waltzman, R., Ablon, L., Curriden, C., & Holliday, M. A. (2020b). Maintaining the Competitive Advantage in Artificial Intelligence and Machine Learning.

Nelson, A. (2021). Shadow Network: Media, Money, and the Secret Hub of the Radical Right. Bloomsbury Publishing USA.

Kriel, C., & Gellein Viken, K. (Directors). (2020). People You May Know. Metrotone Media.

Amer, K., & Noujaim, J. (Directors). (2019). The Great Hack. Noujaim Films, The Others.

Orlowski-Yang, J. (Director). (2020). The Social Dilemma. Exposure Labs, Argent Pictures, The Space Program.

Information Professionals Association

The Social Dilemma documentary

Fonte: https://www.psychologytoday.com/intl/blog/freedom-of-mind/202304/how-ai-can-be-used-to-manipulate-people?amp&fbclid=IwAR0Wed_lAZKB9IJJuVQWlgE5eN10JHhaxZv1hRPqMrhyFT5uMwVY0HCBYfI

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

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Costellazioni: Quando la psicoterapia provoca distruzione

Di Luis Santamaría

FAMILY

Lo psicologo José Miguel Cuevas, esperto di sette, mette in guardia sui pericoli di questa pseudoterapia in forte espansione, anche se è praticata da alcuni professionisti della salute mentale.

È sempre più frequente vedere per strada e sui media – gli è stata addirittura dedicata una serie televisiva – il riferimento a una nuova “psicoterapia”: le Costellazioni Familiari. Nonostante si stia moltiplicando negli ambienti New Age, il numero di psicologi e terapeuti che la utilizzano è in aumento e può dare l’impressione, opportunamente spogliata dei suoi elementi esoterici e magici, di poter essere uno strumento utile per lo sviluppo personale.

Ma la realtà è diversa. José Miguel Cuevas Barranquero, PhD in Psicologia e professore all’Università di Malaga, lo ha mostrato di recente all’VIII Incontro Nazionale organizzato dall’Associazione Iberoamericana per la Ricerca sull’Abuso Psicologico (AIIAP), che si è tenuto il 3 e 4 marzo a Siviglia. Cuevas è responsabile dell’unico servizio pubblico per le vittime delle sette in Spagna (vedi la sua doppia intervista su Aleteia: parte 1parte 2).

Settarismo in psicoterapia: il nemico in casa

José Miguel Cuevas ha spiegato nel congresso che, nonostante la regolamentazione etica e deontologica della pratica professionale della Psicologia, «è particolarmente cruento e paradossale che la maggior parte delle violazioni della libertà legate al settarismo avvengano attualmente in un contesto di pseudoterapia o ‘ terapia segreta’”.

La dura realtà, infatti, è che “molti utenti sono manipolati nel credere di avere a che fare con una ‘terapia standardizzata’ o, ancor di più, con un ‘trattamento innovativo superiore agli approcci convenzionali’“. A volte capita che “la psicoterapia venga praticata anche da molte persone senza accreditamento sanitario o formazione che li abiliti“.

Ma la cosa peggiore, secondo questo esperto di sette, è che «ci sono molti psicologi, laureati, anche collegiali, che, lungi dall’allontanarsi dalle pseudo-terapie, le abbracciano e le praticano». Si tratta di professionisti che “finiscono nell’ombra” dopo essere stati formati in “procedimenti magici“. L’altro motivo è la popolarità di queste “nuove proposte”, che si traduce in un maggior vantaggio economico.

Costellazioni Familiari o “approccio sistemico”

Nel suo intervento all’incontro nazionale sulle sette – intitolato «Constelazioni disumane. Quando la psicoterapia provoca distruzione»–, lo psicologo di Malaga si è soffermato sulle Costellazioni Familiari, ideate e sviluppate dal tedesco Bert Hellinger «come procedura di Terapia Familiare Sistematica, che spiegherebbe i problemi psicologici delle persone nella trasmissione generazionale».

Secondo la dottrina di Hellinger, “i conflitti, le preoccupazioni familiari, le colpe non presunte e i comportamenti problematici viaggerebbero e influenzerebbero i loro futuri discendenti. L’attuale sofferenza della persona sarebbe un sintomo coerente del suo tentativo di bilanciare, inconsapevolmente, tutte le disgrazie vissute dai suoi antenati”.

Nella proposta teorica delle Costellazioni Familiari – in cui si parla di “energia superiore” o “inconscio collettivo” che collega i membri di una famiglia – José Miguel Cuevas osserva “un quadro spirituale”.

La procedura del “costellare”.

A cosa mira, allora, la “terapia” delle Costellazioni? Come spiega Cuevas, “la persona costella per ‘equilibrare’ o ristabilire l’ordine familiare, al fine di recuperare il proprio benessere“. Quello che, per lo psicologo di Malaga, suppone “un gravissimo errore attributivo, in cui tutti i problemi attuali, anziché indirizzarli verso una responsabilità interna o focalizzarli su un ambiente più vicino e controllabile, rimarrebbero legati alle storie traumatiche della loro antenati“.

Quei traumi familiari del passato sarebbero il vero fattore scatenante di tutti i problemi attuali della persona, il che porta al fatto che nelle sessioni di costellazione “si possono generare e convalidare diverse fantasie o delusioni“, a cui verrebbero attribuiti i mali presenti come “causa inconfutabile“. La cosa grave è che questo “impedirebbe alla persona di risolvere i suoi veri problemi“.

Il pericolo aumenta se si pensa alla persona del “facilitatore” o del “costellatore” che dirige la presunta seduta terapeutica. Il loro ruolo è quello di chiedere al paziente la sua storia familiare traumatica, “che potrebbe aggiungere una possibile direzione e induzione all’interno di un contesto molto suggestivo, in cui le emozioni di solito fluiscono con grande intensità“.

Rischi e danni

José Miguel Cuevas non esita a riferirsi alle Costellazioni Familiari come ad “una pseudoterapia” basata su alcune idee – quelle del suo inventore – “che non sono state verificate empiricamente e le cui basi teoriche sono lungi dall’essere premesse falsificabili“. Il che li allontana completamente dall’evidenza scientifica.

Dalla sua esperienza, esistono “rischi e danni” ad essa correlati. Allora, come si spiega che ci sono persone che sono soddisfatte delle Costellazioni Familiari? Nonostante il loro potenziale dannoso, secondo il dr. Cuevas, esse non danneggerebbe tutti gli utenti. Inoltre, “poiché si tratta di procedure emotivamente molto intense e suggestive, è molto probabile che l’effetto placebo faccia la sua comparsa, il che potrebbe spiegare alcuni miglioramenti temporanei in molti dei suoi praticanti“.

5 pericoli molto specifici

Per concludere la sua presentazione, José Miguel Cuevas ha riassunto quelli che, a suo avviso, sono gli aspetti più oscuri delle Costellazioni Familiari:

  1. Fallacia attributiva:tutto il peso del problema ricade sui traumi avvenuti nelle generazioni passate”, in modo tale che il paziente sarebbe solo una vittima, senza alcuna responsabilità per quanto gli accade. Questo “può portare all’infantilizzazione del cliente“.
  2. Attribuzione delirante: la relazione causa-effetto tra traumi passati e problemi attuali “può dare origine a convinzioni deliranti o fantasiose che non reggono alla luce dell’evidenza empirica“.
  3. Allontanarsi da soluzioni reali: la commistione dei punti precedenti con “un possibile miglioramento sintomatico (effetto placebo) può portare il partecipante a smettere di cercare soluzioni reali al problema di cui si lamenta“, quando a volte può anche essere un disturbo psicologico.
  4. Incolpare la famiglia: attribuire la responsabilità di ogni male ai parenti può portare a un “isolamento dall’ambiente familiare (o dalla coppia)“, che può essere accidentale… o voluto dallo stesso facilitatore, che applica così una tecnica tipica del fenomeno settario, per manipolare più facilmente la vittima.
  5. In alcune occasioni, ci sono “persone che, dopo una Costellazione Familiare, sono arrivate a soffrire di episodi psicotici. Alcuni di loro senza aver avuto precedenti di problemi di salute mentale. Alcuni di questi casi, tolti dalle Costellazioni Familiari e reindirizzati con una vera e propria terapia, sono riusciti a riprendere una vita normale.”

Fonte: https://es.aleteia.org/2023/03/15/constelaciones-familiares-cuando-la-psicoterapia-provoca-destruccion/

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

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Ostracismo

di Gill Harvey

La parola ostracismo deriva dal greco “ostrakismos“, “una pratica che ebbe origine ad Atene intorno al 488–487 a.C. per allontanare coloro che avevano ambizioni dittatoriali dallo stato democratico” (Zippelius, 1986, citato in Williams, 2001, p. 7).
Il significato attuale della parola è quello di escludere o ignorare, e continua a fungere da meccanismo di controllo sociale per imporre conformità (Wesselmann, Nairne e Williams, 2012). (1)

In poche parole, l’ostracismo è stato in gran parte abbandonato dal comune gergo all’interno della società britannica contemporanea ed è stato sostituito con termini alternativi come evitare, disassociare, bandire, scomunicare, evitare, escludere, esiliare, vietare, espulsione, silenziamento e time-out. Nonostante questo uso ridotto del termine stesso, l’ostracismo come pratica è prevalente all’interno di diverse organizzazioni e in forme diverse, ad esempio isolamento degli informatori sul posto di lavoro, isolamento degli individui in istituzioni come le carceri e il time-out nelle scuole, così come nella maggior parte religioni che puniscono “l’inosservanza della legge ecclesiastica con
qualche forma di scomunica
” (Williams, 2001, p. 8), adottando una forma di ostracismo.

Ostracismo nelle sette

L’affermazione che “l‘evitamento e l’ostracismo sono sinonimi” (Zieman, 2018, p. 3) è convincente se si considerano resoconti aneddotici, ad esempio quello di 35 anni di rifiuto da parte dei Testimoni di Geova che lo utilizzano ad oggi (Zieman, 2018).

C’è una grande varietà di diversi gruppi esistenti ad alta influenza, ad esempio religiosi, politici, di auto-miglioramento e stile di vita (Zieman, 2017) e le sette sono una categoria importante tra questi gruppi. È importante riconoscere “che la cultura, le pratiche e le credenze di una setta differiscono da un’altra” (Jenkinson, 2017, p. 344).
Eppure, nonostante questa diversità, l’ostracismo sembra essere un universale modo di punire la non conformità in modo che uno “giudicato non credente, soppressivo, o apostata” (Zieman, 2018, pag. xii) viene evitato, e questo rappresenta una forma letterale di “dispensazione dell’esistenza” (Lifton, 1961). Quindi, l’ostracismo è una delle “Tecniche di persuasione non etiche, manipolative o coercitive di controllo” (West & Langone, 1986, pp. 119–120, come citato in Langone, 1993, p. 4) necessaria per garantire che il sistema del gruppo rimanga sigillato nella forma di un “edificio marmoreo” del Pensiero Modello di riforma (Jenkinson, 2016, p. 213) e per mantenere il gruppo lontano da “credenze contraddittorie e comportamenti immorali” (Zieman, 2018, p. 5). Questo approccio a sua volta abilita altri comportamenti cultisti descritti da Lifton, come il controllo dell’ambiente, la manipolazione, la richiesta di purezza, la confessione, la scienza sacra, e il linguaggio caricato (Lifton, 1989) … L’ostracismo riguarda il rifiuto verso una persona vista come “impura”… per continuare a rafforzare l’autorità divina del leader all’interno del culto. Si tratta di un editto che “tutti nel gruppo sono tenuti a seguire …. amici, familiari, persino, in una certa misura, membri della propria famiglia
famiglia
” (Zieman, 2018, p. xiv).

In pratica, l’ostracismo consiste nel rifiutare una persona vista come “impura” (The Amish: Shunned, 2014, 00:04:10)—ad esempio, evitare il contatto visivo, non rispondere, non sedersi allo stesso tavolo. Inoltre, questa è una punizione permanente a meno che la persona non sia disposta a reintegrarsi e ad adottare completamente di nuovo i pensieri, le credenze e le pratiche del gruppo; ma anche allora, il processo di ricongiungimento “può richiedere molti mesi e a volte può essere molto lungo” (Freestone, 2018, p. 4). Non deve quindi sorprendere che “la prospettiva di essere evitati sia un’altra immensa barriera per chi pensa di andarsene” (Stein, 2017, p. 175).

In effetti, l’evitamento obbligatorio manipola usando tecniche che sono l’opposto del “love-bombing” (Singer, 2003, p. 114), una pratica che comunemente seduce gli individui in un culto mettendoli al primo posto perché “li fanno sentire speciali, amati, tra amici ritrovati e parte di qualcosa di unico” (Lalich & Tobias, 2006, p. 25). Rifuggendo, al contrario, “influisce su quattro bisogni umani fondamentali: il bisogno di appartenenza, di stima, di controllo e di esistenza significativa” (Gutgsell, 2017, p. 6). Non c’è da stupirsi che Zieman (2018) sostenga che schivare qualcuno “è una delle cose peggiori che possono accadere a un essere umano” (p. xii) e riporta a qualcosa di “ubiquitario” (p. 4), “una morte sociale, una forma insidiosa di tortura psicologica” (p. 4), e a “una pratica vile” (p. 3), “uccidere qualcuno” (The Amish: Shunned, 2014, 00:03:33). L’evitamento è stato anche chiamato nel Nuovo Testamento con l’equivalente di “lapidazione“. Lo schivare scatena “una varietà di disturbi fisiologici, affettivi, risposte cognitive e comportamentali” (Williams & Nida, 2011, P. 71), con conseguenze comuni identificate come ansia, panico, rabbia, senso di colpa, depressione, ideazione suicidaria e tragicamente, a volte completamento dell’atto del suicidio (Zieman, 2018).

Gli effetti dell’ostracismo sulla persona

Data la gravità di questa premessa, è in qualche modo scioccante rendersi conto che storicamente c’è stato poco interesse nella ricerca sugli effetti dell’ostracismo sull’individuo. Infatti, “lLa cosa non è stata di interesse fino alla metà degli anni ’90 quando poi i ricercatori hanno iniziato uno sforzo concertato per comprendere le conseguenze dell’ostracismo” (Williams & Nida, 2011, pag. 71). Anche adesso, anche se sono state ottenute alcune informazioni utili da qualla ricerca quantitativa, i risultati sono limitati in quanto “la maggior parte delle ricerche in questo campo … si è concentrata su l’impatto immediato e a breve termine sugli individui ostracizzati ed è stato condotto in condizioni di laboratorio” (Gutgsell,2017, pag. 6).

Ad esempio, l’esperimento del paradigma Cyberball, che ha avuto più di 5.000 partecipanti, ha scoperto che “la durata di circa 2 o 3 minuti di ostracismo … produrranno sentimenti fortemente negativi, specialmente quelli di tristezza e rabbia” (Williams, 2009, come citato in Williams & Nida, 2011, p. 71).

Un altro esperimento, The Scarlet Letter Study, ha esaminato le vittime dopo 5 giorni di ostracismo sul posto di lavoro, valutanto l’impatto dannoso su un essere umano chiaramente evidente, come mostrato nella seguente dichiarazione: “Mi sento come se fossi un fantasma, il pavimento che tutti sentono ma con cui nessuno può parlare. ” (Mr. Blue, 1996, come citato in Williams, 2001, p. 99).

In un certo senso, è sorprendente che un’esperienza così breve di ostracismo da parte di estranei, con i quali non ci sarà alcun successivo contatto, possa influire negativamente su qualcuno in modo significativo “nonostante l’assenza di deroga verbale e aggressione fisica” (Williams & Nida, 2011, pag. 71). Tuttavia, ci sono pochissime ricerche esistenti sugli effetti a lungo termine, con la maggior parte degli studi incentrati su coloro che hanno lasciato i Testimoni di Geova per dissociazione (un individuo chi ha lasciato volontariamente) o per essere stato disassociato (qualcuno che è stato scomunicato). Uno studio qualitativo, tuttavia, “ha esplorato le esperienze individuali di ostracismo religioso nel
forma di casi di studio
” (Gutgsell, 2017, p. 8), e non sorprende che l’allontanamento sia un tema emergente, in quanto quei “partecipanti hanno sperimentato una diminuzione del loro benessere psicologico e alcuni hanno sviluppato disturbi psicologici durante o dopo la disassociazione. Diversi partecipanti hanno parlato di une effetto duraturo” (Gutgsell, 2017, p. 70).

Questo risultato non è sicuramente sorprendente, dato che evitare “recide i legami sociali esistenti porta all’isolamento sociale” (Gutgsell, 2017, pag. 18). Inoltre, si può iniziare a comprendere l’enormità degli effetti attraverso la lente della gerarchia delle “dimensioni dell’esistenza”(Van Durzen, 2009, p. 84), che rende immediatamente chiaro che l’ostracismo pervade tutte e quattro le dimensioni dell’esistenza— fisica, sociale, personale e spirituale. Inoltre, la teoria polivagale (Porges, 2017) illustra che qualcuno che è uscito da un culto e viene ostracizzato rischia di oscillare tra il combattimento/la fuga (ipereccitazione) e il congelamento (ipoeccitazione). È utile capire che operare in queste zone è un meccanismo primario di sopravvivenza a breve termine; tuttavia, quando lo fai diventa così un modus operandi più permanente, quindi essere dentro queste zone rischia di essere dannoso per la salute e il benessere.
La crudele ironia è che pur essendo nella zona verde che facilita impegno sociale, la mancanza di esso (una conseguenza comune dell’ostracismo) può far sì che diventi impossibile per uno essere dentro la zona verde. La ricerca suggerisce che si sperimentano emozioni molto diverse quando si opera all’interno delle diverse zone (Spring 2019).

Sopravvivenza e recupero

Il più delle volte, lasciare un ambiente settario richiede un periodo di adattamento, non solo per reintegrarsi nella società “normale“, ma anche per rimettere insieme i pezzi di te stesso in un modo che “ha senso per te” (Tobias, 1994, come citato in Zieman, 2017, pp. 112-113). Questa citazione descrive sinteticamente le sfide del lasciare una setta e rientrare nella società durante la setta con una “pseudo-personalità” (Jenkinson, 2008, p. 214), che ha permesso la sopravvivenza mentre si era nel gruppo, una “scossa fino in fondo” dall’essere “fuori”, “nel mondo” (Jenkinson, 2019, p. 23). L’ulteriore crudeltà dell’ostracismo spesso compiuto da coloro che una volta si pensava fossero i più vicini e più cari può “interrompere il nostro senso di noi stessi come membri di una comunità umana interconnessa” (Bastian & Haslam, 2010, P. 107). Come descritto da un ex membro, “negli Amish, almeno sei qualcuno… nel mondo di lingua inglese, sei un numero” (The Amish: Shunned, 2014, 01:45:47). Nessuna persona ha descritto la propria esperienza come “ero estraneo a me stesso” (Jenny, citato in Jenkinson, 2008, p. 204).

Si può sostenere, quindi, che la sopravvivenza e il recupero sono molto più complesse del “vero sé” che emerge da “il falso sé” (Winnicott, 1965), dove si è nascosto per soddisfare i bisogni, dato che la setta è stata “… come un implacabile macchina, come un rullo compressore su asfalto caldo con punte uncinate in esso…” finché “…la pseudo-personalità ricopre [depone] la personalità pre-setta – come l’asfalto su una strada…” (Jenkinson, 2008, p. 215).
In effetti, si suggerisce che la sopravvivenza e il recupero coinvolgeranno la creazione di una nuova identità post-culto dopo che il culto ha introiettato la pseudopersonalità che è stata masticata e digerita (Jenkinson, 2008, pag. 217). Ma l’ostracismo aggiunge sicuramente un ulteriore livello di complessità a questo processo, dato che, di per sé, esso può essere a esperienza emotiva e psicologica molto impegnativa.

In effetti, Zieman identifica quelle che chiama “le fasi prevedibili di esperienza quando evitate” (2018, p. 12), essendo questi “shock/ incredulità, dolore/solitudine, paura/disperazione, lotta, scelta punti A e B (incroci chiave), reinnesto/riconnessione, venire a patti con la nuova realtà, [e] abbracciare la vita” (Zieman, 2018, pp. 12-14). Ossessionantemente queste fasi risuonano con ben- fasi e fasi note dei modelli di lutto, come ad esempioriferite da Kubler-Ross (1969) e Kubler-Ross e Kessler (2005). Un’alternativa, ma simile, è ol modello proposto da Judith Lewis-Herma che suggerisce che ci sono tre fasi del processo di recupero: Fase 1, sicurezza; Fase 2, ricordo e lutto; e Fase 3, riconnession e significato (Herman, 2015, come citato in Zieman, 2017, pp. 15-17).

Sebbene questi modelli possano essere utili per alcuni, una chiave la critica suggerisce che la suggestione innata è che gli stadi e le fasi sono vissuti in un ordine lineare e fisso e sono quindi tempo limitato. Tuttavia, come affermano Kubler Ross e Kessler riguardo al dolore, “gli stadi sono risposte a sentimenti che possono durare minuti o ore mentre entriamo e usciamo da uno e poi dall’altro” (2005, p. 18); Ed è plausibile che qualcuno che viene ostracizzato possa passare attraverso un processo simile a causa delle enormi perdite coinvolte.

Inoltre, Jenkinson ha sviluppato un approccio in quattro fasi recupero che si è sviluppato dai risultati della sua ricerca con il culto sopravvissuti (Jenkinson, 2019, p. 24). Lo afferma, in termini di recupero, i bisogni degli adulti di prima generazione (FGA) e gli adulti di seconda generazione (SGA) saranno diversi: “la FGA lo farà riacquistare il senso di sé; la SGA potrebbe trovarla per la prima volta” (Jenkinson, 2019, p. 24). Tuttavia, Jenkinson il modello è più solido in quanto afferma chiaramente che “lo è importante sottolineare che le fasi potrebbero necessitare di una rivisitazione e
non sono necessariamente lineari” (2019, p. 26).

Nonostante queste critiche al suo modello delle fasi, Zieman (2018) ha sviluppato una risorsa inestimabile per coloro che sono ostracizzati con guida di sopravvivenza, che cerca di colmare una lacuna nell’esistente letteratura. Oltre a fornire preziosi informazioni psicoeducative sull’evitamento stesso, Zieman elenca anche una pletora di tecniche e strategie di sopravvivenza per le persone colpite, ad es. suggerimenti sulla sottoregolazione del circuito del sistema nervoso, incluso la riattivazione del nervo vago ventrale (Porges, 2017). Altre strategie utili includono meditazione, visualizzazione, tecniche di coping e modi per gestire pensieri inutili e frenetici.

L’interesse personale per questo argomento

La mia storia è quella di un SGA (adulto di seconda generazione), essendo cresciuto in a piccolo gruppo cristiano evangelico e fondamentalista noto come L’Armadale Christian Service (ACS), seguendo la decisione di mia madre di unirmi al gruppo quando avevo 3 anni. Ho lasciato l’ACS quando avevo 18 anni e mi sono allontanato da casa. Il gruppo non esiste più, ma le sue ramificazioni continuano a esistere ad oggi nell’evoluzione delle relazioni invischiate (Minuchin & Fishman, 1981, come citato in Aguada, 2018, p. 4) all’interno della mia famiglia di origine, e l’ostracismo inflittomi negli ultimi due anni e mezzo. Quello di cui mi rendo conto ora è che la mia famiglia di origine opera ancora come se fosse in una setta, anche se non più religiosa; e anche se in genere sono molto più resiliente in questi giorni, la robustezza è stata testata come mai prima d’ora dall’allontanamento cui sono stato sottoposto. Gli eventi intorno alla morte di mia madre nel febbraio 2019, quando mio padre ha decretato che non dovevo essere direttamente della sua morte perché lei mi odiava, è stato devastante. In effetti, non ci sono parole per descrivere la desolazione e la solitudine della non appartenenza la tua stessa famiglia.

Tuttavia, lo so, per essere accettato indietro nell’ovile della famiglia, avrei bisogno di diventare di nuovo un eco, qualcosa che non sono disposto ad essre perché è anche un costo per me troppo alto. Tuttavia, riconosco anche che, per alcuni, il costo di restare fuori nel mondo è troppo, come con la ragazzina nel film del 2014 The Amish: Shunned, che è tornata negli Amish alcuni mesi dopo averli lasciati nonostante fosse ben supportata da un altro ex membro (The Amish: Shunned, 2014). La rappresentazione del suo ritorno nel gruppo è stata incredibilmente commovente perché ha dimostrato sia l’efficacia dell’ostracismo sia anche la sua natura intollerabile.

Conclusioni

Purtroppo, l’ostracismo continua a prosperare nella società contemporanea, soprattutto all’interno di gruppi settari molto srguiti. Infatti, esso è senza dubbio uno strumento manipolativo estremamente effcace, che mantiene i membri obbedienti e devoti alla causa ma scoraggia anche i follower dall’andarsene. Per chi esce
su base volontaria o involontaria, essendo ostracizzato cercando anche di adattarsi all’ambiente alieno del mondo esterno è chiaramente estremamente impegnativo. Tuttavia, fintanto che i gruppi ad alta richiesta continueranno a emettere editti che non possono essere messi in discussione, è essenziale comprendere che è importante che i professionisti vengano istruiti su come lavorare eticamente con ex membri di una setta che stanno
sperimentando l’ostracismo in modo che il numero di coloro “che cercano
l’aiuto dei consulenti [e] non ottengono un risultato utile
” (Jenkinson, 2019, p. 23) possa essere significativamente ridotto.

Bibliografia

Aguado, J. F. (2018). How a dysfunctional family functions like a cult. ICSA Today, 9(2), 2–7.

Bastian B., & Haslam N. (2010). Excluded from humanity: The dehumanizing effects of social ostracism. Journal of Experimental Social Psychology, 46, 107–113.

Freestone, N. (2018). Becoming ‘part of the world’: Helping former Jehovah’s Witnesses adjust to life outside the religion. (Not published.)

Retrieved online from https://www.jwfacts.com/pdf/freestone-jw-therapy-2018.pdf

Gutgsell, J. (2017). A loving provision? How former Jehovah’s Witnesses experience shunning. (Master’s thesis, Vrije Universiteit Brussel; not published).

Brussels, Belgium.Jenkinson, G. (2008). An investigation into cult pseudo-personality: What is it and how does it form? Cultic Studies Review, 7(3), 199–224.

Jenkinson, G. (2016). Freeing the authentic self: Phases of recovery and growth from an abusive cult experience.

(PhD thesis, University of Nottingham). Nottingham, UK. Available online at http://eprints.nottingham.ac.uk/37507/ About the AuthorGill Harvey MA, BACP (Senior Acc

Fonte: https://www.readkong.com/page/ostracism-recovery-for-my-children-and-myself-why-do-5296044

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

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