Siamo tutti diversi

SEGNALAZIONE

 

Negli ultimi mesi, anche a seguito a fatti di cronaca, si è aperto un dibattito, che spesso ha assunto anche toni vivaci, sulla legge sulla omofobia e sulla cura agli omosessuali. Di seguito segnalo alcuni articoli che mi hanno fatto riflettere su quanto spinoso sia l’argomento anche tra studiosi.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-chiara-atzori-quante-bugiesu-gay-e-terapie-riparative-7662.htm

http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2914

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-omofobia-psicologi-costretti-al-silenzio-7155.htm

Che ne pensate?

Lettera firmata

 

COMMENTO REDAZIONALE DI LORITA TINELLI

 

..«Dovevo chiedere scusa alla comunità gay per i miei studi che sostengono tesi fasulle sull’efficacia delle terapie riparatorie», incalza, «e voglio anche chiedere scusa a tutte le persone gay che hanno perso tempo ed energia sottoponendosi per colpa mia a tali inutili terapie».

Robert Spitzer, MD

 

 

Come evidenzia la segnalazione giunta al nostro Osservatorio, ultimamente il dibattito sull’omosessualità è divenuto sempre più  acceso e serrato, tanto da richiedere addirittura la necessità di una legge sull’omofobia.

Che nel 2014 l’informazione riguardante l’omosessualità sia ancora confusa e pregna di pregiudizi, lo si evince dall’emblematica pubblica confessione  fatta dall’Onorevole Giovanardi nel salotto di Porta a Porta nel gennaio scorso. Egli racconta di essere finito all’ospedale per la frase proferita da sua figlia: “Papà sto con un rasta, di colore e forse gay”.

I brutti fatti di cronaca degli ultimi mesi, hanno rimarcato il clima di pregiudizio e di profonda intolleranza nei confronti di una diversità di difficile metabolizzazione e che provoca profonda sofferenza nei soggetti interessati.

Simone, 21 anni che si lancia dall’undicesimo piano di un ex pastificio dopo aver lasciato uno scritto “L’Italia è omofoba”, tanto per fare un esempio.  Oppure Roberto, 14 anni, che si butta dal tetto dopo aver lasciato una lettera in cui rivelava di essere gay.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, attraverso l’Ufficio nazionale antidiscriminiazioni razziali (Unar), ha pensato bene di progettare degli interventi educativi e di sensibilizzazione da realizzare nelle scuole di ogni ordine e grado, al fine di fornire utili strumenti a tutti i principali attori della stessa. Si tratta di percorsi di educazione socio-affettiva e di prevenzione del bullismo sulle tematiche dell’orientamento sessuale. L’intero progetto è racchiuso in tre opuscoli intitolati “Educare alla diversità a scuola”, oppurtunamente elaborati su commissione dall’istituto A.T. Beck per la terapia cognitivo-comportamentale, ed è volto ad offrire strategie concrete per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.

Tale progetto non è piaciuto ad un avvocato di Varese, Gianfranco Amato,  collaboratore della Curia Diocesana di Grosseto, il quale ha prontamente diffidato il Governo a ritirarlo, Secondo l’Avvocato Amato il progetto di sensibilizzazione non va bene non solo perchè sarebbe gestito dal  Gruppo nazionale di lavoro Lgbt  «formato da 29 associazioni tutte e solo di quella sponda, come Arcigay, Arcilesbica e Movimento identità transessuale», ma anche perché sarebbe stato  creato un osservatorio di polizia, che a suo dire  “metterebbe in riga gli omofobi (http://www.ilgiornale.it/news/interni/mi-denuncio-sono-omofobo-e-pronto-ad-andare-galera-992845.html). In realtà si tratta dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD) istituito allo scopo di agevolare le vittime di reati a sfondo discriminatorio (hate crimes o crimini d’odio), nel concreto godimento del diritto all’uguaglianza dinanzi alla legge ed alla protezione contro le discrimimaznioni (http://www.poliziadistato.it/articolo/22017/)

Seppur sinteticamente si sono qui evidenziati quegli atteggiamenti che impediscono il l’instaurarsi di un vero cambiamento cognitivo e sociale, che porterebbe a non ricadere nella trappola della visione unilaterale e quindi ad aprirsi alla ricchezza e al rispetto dell’altro. Ciò significa che bisognerebbe parlarne ancora, per poter affrontare l’argomento in maniera quanto più chiara e corretta possibile. E soprattutto con l’ausilio di professionisti aperti e realmente intenzionati a offrire contributi validi alla scienza, ma anche ad alleviare le sofferenze dell’animo umano.

 

 

parere_expPARERE DELLA DOTT.SSA PAOLA BIONDI

 

Mi è stato chiesto di commentare tre articoli pubblicati su siti di matrice cattolica tra agosto e novembre 2013.

Tutti e tre parlano di terapie riparative e della possibilità paventata, ma non dimostrata, di poter modificare un orientamento sessuale e affettivo omodiretto.

I fatti

Il 20 agosto 2013 l’Avv. Giancarlo Cerrelli, vicepresidente dell’Unione Giuristi  Cattolici Italiani (condizione che potrebbe suscitare qualche perplessità sulla sua capacità di restare neutrale sui temi trattati, esattamente come si contesta a persone vicine ad associazioni lgbt o partiti come quello di Vendola) è ospite della trasmissione “Unomattina Estate” e discute sulla possibilità che una legge contro l’omofobia possa impedire la “libera espressione” delle proprie idee.

In seguito alle sue dichiarazioni in studio c’è stata una mobilitazione da parte di alcune associazioni e attivisti per i diritti delle persone omosessuali/transessuali con la richiesta alla Commissione di Vigilanza Rai di monitorare personaggi e discorsi potenzialmente discriminatori nei loro confronti.

Il presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, Luigi Palma, ha condannato fermamente queste posizioni a sostegno delle terapie riparative in quanto non fondate scientificamente e invitando nuovamente gli psicologi e le psicologhe italiane al rispetto del codice deontologico.

Gli articoli

Negli articoli che mi sono stati proposti si passa dalla difesa a spada tratta della dott.ssa Aztori, infettivologa a parere dell’autore accusata ingiustamente da attivisti lgbt,  alla lettera di difesa dell’avv. Cerelli da parte di un presunto psicologo italiano. Costretto a non firmarsi per evitare l’espulsione dal suo ordine di appartenenza. Insomma partiamo proprio dalla fantascienza e dalle fantasie molto fervide di qualcuno.

La dott.ssa Aztori è infettivologa presso l’ospedale Sacco di Milano. Non si capisce quindi perché relazioni (come dice l’articolo) in convegni sull’omosessualità e sulle terapie riparative non avendone né competenze né qualifiche per farlo.

Nell’articolo si parla anche di Joseph Nicolosi, uno dei padri delle terapie di riconversione sottolineando come sia ancora un membro dell’APA, che l’autore traduce come American Psychiatric Association ignorando evidentemente che Nicolosi è uno psicologo e NON uno psichiatra.

L’APA a cui apparteniamo entrambi (Nicolosi e io) è invece l’American Psychological Association composta da circa 134.000 psicologi di tutto il mondo. E’ la stessa APA che nell’agosto del 2009 ha pubblicato il Report sui SOCE (Sexual Orientation Change Efforts) dichiarando con fermezza e senza ombra di dubbio che:

–         E’ necessario distinguere orientamento sessuale (e affettivo) da identità di orientamento sessuale.

–         Non ci sono evidenze scientifiche della possibilità di modificare l’orientamento sessuale.

–         Le terapie che hanno come obiettivo il cambiamento dell’orientamento sessuale sono inefficaci, spesso dannose e laddove ci siano stati vantaggi questi sarebbero stati possibili anche con altre forme di terapie che non condividono lo stesso obiettivo di base. Cioè che non pretendono di modificare l’orientamento sessuale.

Negli articoli, inoltre, si parla di ideologia omosessualista, termine ignoto alla comunità professionale e scientifica internazionale che da decenni studia l’identità sessuale, ma  spesso presente in comunicazioni, post, commenti sui social di persone che condividono un’altra ideologia: quella cattolica.

Nella lettera del presunto psicologo costretto suo malgrado all’anonimato ci sono diverse inesattezze.

La scelta di non firmare con il proprio nome e cognome rende privo di valenza “scientifica” anche il contenuto del testo, nel senso che potrebbe essere stato scritto da chiunque e se così fosse non potrebbe essere considerato frutto di un professionista, magari competente in materia.

Resta quindi solo una lettera scritta da chiunque, che conosce solo una parte della letteratura scientifica in merito e soprattutto del codice deontologico citato.

Si citano studi scientifici strabilianti che validerebbero l’ipotesi della possibilità di modificare l’orientamento sessuale come se fossero la bibbia. In particolare quello di Spitzer è stato disconfermato dallo stesso autore nel 2012, che ha ammesso che il campione utilizzato per lo studio non era adeguato né rappresentativo, che il metodo utilizzato non era corretto e ha chiesto pubblicamente scusa alle persone omosessuali che hanno sofferto inutilmente in questi anni perché convinti di poter cambiare la propria condizione, proprio sulla base del suo famoso studio.

Ad oggi gli studi che parlano di re-orientamento sessuale pongono l’attenzione sulla modifica del comportamento sessuale di persone in realtà bisessuali (prima dello studio avevano avuto ad es. relazioni anche con donne) convalidando il presunto successo della terapia con il suggellamento di un matrimonio, magari con figli. Ma in molti casi si tratta di matrimoni bianchi (senza rapporti sessuali) o di persone che, se intervistate, dichiarano che in realtà il loro desiderio omosessuale è ancora vivo e presente, ma che hanno semplicemente scelto di non viverlo adattandosi ad una vita eterosessuale che l’intera società (e la comunità a cui appartengono, spesso molto religiosa) approva e sostiene.

Appare strano che, nell’ipotesi che l’orientamento sessuale sia modificabile da psicoterapia o pseudoterapie, nessuna persona eterosessuale sia a disagio e desideri modificare il proprio diventando omosessuale. E questo considerando che l’eterosessualità è l’orientamento più comune, decisamente considerato accettabile e molte società siano eterosessiste. Si parla, infatti, sempre e solo di orientamento omosessuale come disturbante, come invalidante, come indesiderato e come MODIFICABILE.

Sarebbe più corretto, a mio avviso, invece, parlare di orientamento sessuale e affettivo a tutto tondo. Altrimenti si rischia di cadere nella favola dell’omosessuale egodistonico, il cui futuro appare inevitabilmente e inderogabilmente buio e triste, che aspira ad un’eterosessualità felice e perfetta da mulino bianco. Che sappiamo bene essere inesistente e idealizzata, mentre esistono moltissime esperienze di omosessualità felici , consapevoli, serene e soprattutto fertili e prolifiche.

Insomma non è l’omosessualità di per sé che rende infelici né l’eterosessualità di per sèche garantisce una vita felice e soddisfacente, ma sicuramente più facile e forse più “comoda”.

Nello stesso articolo che ospita la lettera del presunto collega si cita l’articolo 4 del Codice Deontologico che impone alle psicologhe e agli psicologi italiani il rispetto dell’autoaffermazione del cliente.

Vorrei chiedere al presunto collega se questo articolo, a suo parere, vale anche per le pazienti anoressiche che arrivano in studio chiedendo a  lui/lei di essere aiutate a perdere altri 20kg o ai pazienti che chiedono sostegno perché desiderano ardentemente avere un’intimità con bambini di 5 anni.

Non è anche in questi casi obbligo del/la professionista di rispettare l’autoaffermazione del paziente stesso?

Mi sembra opportuno ricordare, invece, la necessità di rispettare l’articolo 5 del Codice Deontologico :

Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera. La violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale.

Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.”

Concludendo, appare necessario evitare commistioni tra credenze e valori religiosi, assolutamente rispettabili , ma privi di scientificità e alcuni concetti e costrutti validati dalla comunità scientifica internazionale, sia perché i primi riguardano una parte della popolazione e non la totalità, sia perché non possono essere questi a determinare la validità di teorie scientifiche.

Ma soprattutto perché da psicologi l’unico obiettivo che dovremmo avere è la salute psicofisica dei nostri clienti e di sicuro propinare soluzioni inattuabili e illusorie rappresenta un danno maggiore del disagio per un orientamento sessuale e affettivo non eterosessuale per il quale si temono discriminazioni e ripercussioni nell’ambiente in cui si vive.

Fonte: Osservatorio di Psicologia nei media

Slitta ancora il processo alla psicosetta "Arkeon"

Gli adepti se la ridono: il giudice è malato così… Nel frattempo si apre l’inchiesta sul “maestro” della setta suicidatosi la scorsa settimana

Udienza rinviata ad Aprile perché “il Presidente del consiglio giudicante è malato”. Slittano ancora i tempi della giustizia sul  processo alla psico-setta Arkeon, i cui adepti sarebbero stati manipolati psicologicamente da fantomatici “maestri” col fine di estorcere denaro e favori di ogni genere. E chissà cosa racconteranno ora i giudici, alle vittime delle violenze psicologiche e morali – ma anche fisiche – lasciate sole dalle autorità a fronteggiare minacce e diffamazioni di ogni tipo da parte dei “fedelissimi” di Arkeon.  Questi ultimi, di certo, se la staranno ridendo per l’impunità di cui godono e per i tempi di un processo che, se continuerà a questo ritmo, rischia di cadere nell’abisso della prescrizione. E chissà che non abbiano già postato, sui loro blog sparsi per tutta la rete, frasi di giubilo e di scherno contro gli psicologi del CeSAP (Centro studi per gli Abusi Psicologici) e dei testimoni fuoriusciti della setta che si sono schierati a parte civile nel processo, illusi che la magistratura possa riportare la luce nelle loro vite ancora minacciate dall’ombra inquietante della setta. Ma non trapelano solo notizie scoraggianti dai palazzi di giustizia. Si è aperta in questi giorni un’inchiesta sul caso di Carlo Fornesi. Lo psicologo genovese, ex “maestro” di Arkeon, suicidatosi venerdì scorso nel suo studio nel capoluogo ligure. I suoi computer sono stati sequestrati dalla polizia che ha avviato le indagini sulla morte. E chissà che dai files che verranno esaminati non vengano fuori nuove verità. Fornesi era stato il primo a denunciare Arkeon e, insieme ad una ex discepola e alla psicologa Lorita Tinelli (parte civile nel processo nonché fondatrice del CeSAP), nei mesi scorsi aveva ricevuto oltre un centinaio di denunce da altrettanti membri della setta, più un atto di citazione con richiesta di oltre quattro milioni di euro di danni. Calunniato e diffamato nella rete informatica, dai blog creati da alcuni membri di Arkeon e dai suoi sostenitori, lasciato dalla moglie (anch’essa adepta di Arkeon) che era stata indotta a sposarlo durante la sua “militanza” nella setta, lo psicologo 43enne – che soffriva da un po’ di tempo di una forte depressione causata, pensano in molti, principalmente dal recente divorzio – non ha retto a tutto quanto decidendo di farla finita. Complice una giustizia troppo lenta, un teste chiave nel processo è morto e con lui finiscono nella tomba anche i segreti che avrebbero potuto fare luce sulle pressioni psicologiche e sul “lavaggio del cervello” che subiva chi entrava in contatto con Arkeon. Dopo la morte del Fornesi, sale la pressione sugli altri testi che si apprestano a parlare ai giudici. La paura più grande è che il processo cada in prescrizione, seconda solo alla paura di subire violenze di ogni tipo da parte delle centinaia di membri che ancora oggi continuano a minacciare di morte chiunque metta i bastoni tra gli ingranaggi della macchina trita-menti di Arkeon.  “Sono oggetto di continue minacce, anche di morte, da parte di alcuni adepti della setta – ha dichiarato la dottoressa Tinelli – voglio che sia fatta giustizia e che la macchina giudiziaria del nostro Paese non sia così lenta come sembra invece essere”. La lentezza delle procedure processuali, infatti, potrebbe portare alla prescrizione di alcuni dei reati imputati al fondatore della setta Carlo Moccia.  “Continuo la mia lotta contro un gruppo di persone che agisce in modo mafioso – ha continuato la psicologa – sotto continue minacce e denigrazioni, anche per mezzo di internet (sono molti i blog dei seguaci di Arkeon che gettano fango sulla psicologa nocese ndr), non esco più la sera, sono stata costretta a spostare la sede del mio studio in un luogo abitato e vivo ogni giorno con la paura di ritorsioni su di me e, soprattutto, sulla mia famiglia”.

Mirko Misceo

Io perseguitata e minacciata da Arkeon

Parla la psicologa che ha denunciato la psicosetta di Carlo Moccia, sotto processo a Bari
Bari – Lorita Tinelli è una psicologa iscritta all’ordine sin dal 1998 e si interessa di culti distruttivi, organizzazioni devianti e leader carismatici da oltre quindici anni, oltre ad essere stata anche consigliere nazionale del GRIS (Gruppo di ricerca socio religiosa, riconosciuto dalla CEI).  Nel 1999 fonda, assieme ad altri studiosi del fenomeno, il CeSAP, Centro studi per gli Abusi Psicologici, dal 2005 convenzionato anche con due Università italiane (Bari e Chieti). Nel suo percorso di studio e ricerca dei fenomeni da lei studiati, la dottoressa Tinelli è entrata in contatto con diverse persone che le chiedevano aiuto a causa dell’ingresso dei propri cari nel cosidetto ‘lavoro’ di Vito Carlo Moccia. Tutti, indistintamente, pur non conoscendosi tra di loro, riportavano le medesime esperienze di brusco allontanamento dei propri cari dopo aver frequentato alcuni seminari del Moccia. I genitori riferivano che tale allontanamento da parte dei figli era successivo alla loro disperata confessione di aver ricordato una esperienza di abuso durante l’infanzia, perpetrata da uno dei genitori o da altri parenti o amici col consenso di uno dei due genitori. Altri riferivano che il proprio compagno o compagna, o amico, dopo aver tentato un avvicinamento al gruppo del proprio partner, al chiaro rifiuto, interrompeva i rapporti, ritenuti inutili e un ostacolo nel percorrere “il Sentiero Sacro” proposto da Vito Carlo Moccia. Ed ora quest’ultimo è sotto processo col suo metodo ‘Arkeon’ a Bari e altre città proprio dopo le accuse e denunce di Lorita Tinelli.

Allora dottoressa quando inizia il caso “Arkeon”?
“Arkeon viene alla ribalta mediatica quando una delle vittime – che, oltre a riferire di aver subito una vera e propria violenza di gruppo, ci ha rimesso il progetto di vita familiare in Arkeon, in quanto il suo compagno fu indotto ad una ‘trasgressione creativa [i] ’ dal suo maestro di riferimento – raccontò la sua esperienza in TV nella nota trasmissione di Maurizio Costanzo, “Tutte le mattine”.

A gennaio di quattro anni or sono Maurizio Costanzo, interessato a questo fenomeno, dedicò tre puntate all’approfondimento, invitando anche la sottoscritta nell’ultima puntata, a riferire quanto conosceva in base alle storie raccolte e agli studi scientifici effettuati.

Ebbene un mese dopo la partecipazione televisiva, Moccia e i rappresentanti di alcune società e associazioni da lui stesso fondate e aventi prevalentemente sede legale in via Amendola, in Bari (Tribe Human Consulting, Tribe Human Communication, Terre d’Incontro, Kidokai), inviarono alla sottoscritta sia in qualità di professionista che in qualità di presidente del CeSAP e a soli due fuorusciti che avevano partecipato alla medesima trasmissione del Costanzo (malgrado anche altri presenti, incluso lo stesso Costanzo avessero espresso dei giudizi molto più forti dei nostri) un atto di citazione per diffamazione con richiesta di danni di oltre 4 milioni di euro.
Dopo circa un altro mese lo stesso Vito Carlo Moccia deposita una richiesta urgente per la chiusura del sito del CeSAP, dove diverse persone iniziavano ad avere il coraggio di raccontare la loro devastante esperienza nel percorso Arkeon. Nello stesso anno, nel mese di Aprile, un centinaio di membri di Arkeon a vario titolo, incluso Moccia, sottoscrivono un kit di denuncia, appositamente predisposto dagli avvocati del Moccia e ritrovato con gli allegati, durante le indagini. Insieme al kit è stata ritrovata anche una email dell’avvocato di Moccia che, incoraggiando a sottoscrivere tale denuncia in massa, si esprime in termini denigratori circa le affermazioni riportate dal CeSAP, palesando un atteggiamento probabilmente non in linea con la professionalità sancita dall’Ordine degli Avvocati. Tale denuncia è stata depositata da ogni adepto di Arkeon in ogni parte d’Italia, evidentemente per rendere ancora più dispendiosa e faticosa l’azione di difesa dei querelati”.

Cosa è accaduto dopo?
“Quest’evidente lite temeraria ha finito per suscitare un grande interesse presso la Procura di Bari, che ha effettuato le indagini che hanno portato ai risultati che oggi conosciamo, ovvero l’apertura di un procedimento penale nei confronti di 11 membri di Arkeon, incluso il fondatore e la sua stessa moglie. Tutti accusati a vario titolo di associazione a delinquere, abuso della professione medica e psicologica, incapacità derivata da violenza, maltrattamento di minori e calunnia. A Milano è stato stralciato il reato di violenza sessuale contestato ad uno degli 11 imputati presso il Tribunale di Bari, ma che avrebbe consumato il reato in Lombardia ”.

E a Bari, invece qual è stato l’esito dei contenzioni legali?
“A settembre 2006 il Giudice Michele Salvatore, del Tribunale Ordinario di Bari, ha deciso in merito al provvedimento urgente di chiusura del sito del CeSAP da parte di Moccia, sostenendo che in virtù della libertà di espressione ciò non potesse essere possibile. Lo stesso Giudice esprime un giudizio di merito riferendo che l’attività del CeSAP fosse meritoria nella tutela delle  vittime di false psicoterapie.
La causa civile promossa con la richiesta di oltre 4 milioni di euro è ancora in corso a Bari, con prossima udienza il 13 aprile, data in cui sarà interrogato lo stesso Vito Carlo Moccia.
Diverse procure d’Italia hanno archiviato le varie denunce penali depositate presso di loro dai vari membri di Arkeon e i primi 46 di loro sono indagati, presso la Procura di Bari, per concorso in calunnia, per aver cioè denunciato le solite tre persone (la sottoscritta e i due fuorusciti di Arkeon) sapendole innocenti”.

Scusi, dottoressa Tinelli, la in cosa consistono le minacce e molestie di Arkeon?
“Subito dopo le trasmissioni di Costanzo ci sono stati resi noti dei messaggi, firmati da membri di Arkeon, in cui si minacciavano azioni di militanza a difesa di Vito Carlo Moccia, contro i suoi critici.
Nell’Ottobre del 2007 la procura di Bari emette una ordinanza con richiesta di misure cautelari nei confronti dei primi 6 membri di Arkeon indagati, tra cui il Moccia. Oltre a questo sigilla i locali della sede legale di Arkeon e ne chiude tutti i siti, al fine di evitare che il gruppo continuasse le proprie attività nonché a promuoversi.
Nonostante le precise disposizioni della Procura, 80 membri di Arkeon organizzano a febbraio 2008 un incontro presso un hotel romano con una studiosa di religione, con richiesta di aiutarli a riabilitare la credibilità dello stesso Arkeon. In questo incontro, immortalato in alcuni filmati, la studiosa sembra offrire precise indicazioni al gruppo Arkeon su come raggirare le disposizioni della procura e su come riabilitare l’immagine di Arkeon al grande pubblico mediante siti creati ad hoc e migliori definizioni del percorso Arkeon. I poliziotti della Digos interrompono l’incontro, interrogano alcuni dei presenti, tra cui un sacerdote, una suora e un noto attore del piccolo schermo, e sequestra tutto il materiale presente. Nonostante questo, la studiosa interpellata da Arkeon apre un forum nel proprio sito e, come sostiene una relazione della stessa DIGOS presente negli atti del processo, permette ai membri di Arkeon di riorganizzarsi e di promuoversi, ma anche sembra indurre alcuni testimoni a ritrattare le dichiarazioni già rese durante le indagini alla DIGOS. Immediatamente il forum viene bloccato dalla Procura con una ordinanza di sequestro preventivo, visto l’ostacolo che tale situazione poteva provocare all’ indagine che intanto proseguiva. La studiosa di religioni viene indagata per abuso della professione e associazione a delinquere e la sua posizione è ancora pendente presso la Procura di Bari.
Beh da quel preciso istante, alcuni membri di Arkeon, insieme alla stessa studiosa e ad altre tre persone dello stesso entourage della studiosa hanno iniziato un sistematico progetto diffamatorio contro la sottoscritta e altri testimoni del processo, nonché vittime di Arkeon.
Insieme hanno creato una quindicina di blog a me dedicati in cui hanno tentato con ogni mezzo di minare la mia credibilità professionale. Mi hanno anche diffamata presso i miei contatti professionali e presso l’Ordine degli Psicologi, nonché presso associazioni italiane ed estere con cui ho collaborato per anni. E’ stato addirittura più volte contattato, per telefono e per lettera, il Ministero di Giustizia col quale il CeSAP ha collaborato in passato. E non è finita …”

Che altro è accaduto?
“Anche alcuni testimoni e vittime di Arkeon sono stati derisi e denigrati negli spazi virtuali appositamente creati e sono state condotte “indagini”, da parte del medesimo gruppo di militanti, anche nei confronti di alcuni collaboratori del CeSAP, nonché di prossimi testimoni al processo. Dai documenti processuali emerge che alcuni adepti di Arkeon avevano preparato persino un dossier sulla sottoscritta, poi sparito miracolosamente dal pc dell’autore.
Guardi io stessa vengo costantemente inseguita in ogni spazio della rete informatica cui ho accesso e le mie conversazioni ricopiate e inserite in altri contesti, al fine di offrire al pubblico una immagine deturpata della sottoscritta. E’ stata persino ritoccata e stravolta una mia fotografia al fine di deridermi personalmente e professionalmente. L’autrice di tale azione, di cui conosco nome e cognome, ha immesso tale foto nella rete, sbeffeggiandomi con testi offensivi e irriverenti, facendola rimbalzare di blog in blog, con l’appoggio dei membri di Arkeon.
L’estate dell’anno scorso un altro messaggio ‘anonimo’ avvertiva che si stava programmando una spedizione punitiva”.

Ma di cosa l’accusano gli adepti di questa psicosetta?
“La colpa principale che mi viene attribuita da questo gruppuscolo di militanti è l’aver manipolato la stampa e la magistratura. In realtà sono stata semplicemente una persona informata sui fatti e nel procedimento penale sarò una delle testimoni del PM, nonché parte lesa e parte civile per alcuni dei reati contestati agli imputati.
Le dirò: questa attività molesta protratta ormai da oltre due anni sta producendo dei seri effetti. Per quanto mi riguarda ho dovuto fare delle sostanziali modifiche nella mia vita per evitare, quanto possibile, gli effetti devastanti di qualche squilibrato esaltato. Anche i miei pazienti e gli utenti del CeSAP risentono di tale clima. Ma soprattutto le vittime di Arkeon che dovranno anche testimoniare nell’ambito del procedimento penale.

Già, il processo a Moccia riprende fra tre mesi a Bari …

“ Sì, ci sono stati un paio di rinvii, ma soprattutto già ci sono state defezioni nella prima fase del procedimento civile. Alcuni testimoni hanno parenti ancora vincolati a Moccia. Altri temono che prima o poi la macchina della ritorsione attraverso denunce e diffamazione possa travolgere anche loro e non possono permettersi di perdere lavori e di vivere ancora in uno stato di forte
stress, oltre a quello già vissuto. Altri ancora hanno ricevuto minacce.
Ricordo che alcune delle persone in prima linea nel progetto di diffamazione e di molestia sono indagate e agiscono noncuranti delle disposizioni della Magistratura”.

Il Caso
Se la giustizia abbandona chi denuncia
Da oltre due anni quindi la storia di molestie e stalking procede. Chi denuncia, chi ci mette la faccia alla fine ha la sensazione di essere lasciato solo dalla Giustizia e dalle Istituzioni. Solo a trovare strategie di difesa. E tale stato di lentezza è una cosa molto pericolosa perché alimenta la paura e l’omertà. C’è gente che dice ‘ho paura di essere presa di mira come Lorita Tinelli’. Ed è assurdo che in uno stato civile come il nostro a pagare duramente siano le persone che denunciano e le persone informate sui fatti e non chi commette i reati.

Il ritardo nell’intervento delle Forze dell’ordine e delle azioni della Magistratura ha purtroppo favorito l’azione indegna di persone senza scrupoli, che ha causato e continua a causare danni irreparabili alle vittime di Arkeon e a chi prova a sottrarsi e a denunciare, per il solo ‘crimine’ di aver collaborato con la Giustizia. E’ necessario invece che ci sia una maggiore tutela di chi collabora con la Giustizia, per evitare che quest’ultimo sia per questo ancora bersaglio di ritorsioni, molestie e minacce sia mediante l’uso strumentale della legge sia per mezzo dell’uso improprio della rete informatica, con il probabile scopo di intimorirlo e scoraggiarlo, in sede processuale, in vista della sua deposizione. Una deposizione testimoniale liberatoria che, invece, sembra non arrivare mai ….

Francesco De Martino
Il Quotidiano di Bari, 12 dicembre 2010, p.3
[i] La “trasgressione creativa” secondo un ex maestro di Arkeon.
Questa “meraviglia” l’ho vista applicare solo a donne che non avevano intenzione di “piegarsi”. Se la moglie oppone troppa resistenza al “passaggio”, salta fuori la mitica “trasgressione creativa ”, agita o solo minacciata, che è una delle più brutte e cattive violenze psicologiche che si possano fare ad una persona: bisogna assistere al tradimento del proprio partner che rivolge le sue attenzioni a una del gruppo che “ha fatto il passaggio” o comunque è “più affidata” stando zitte e accogliendo quella “punizione” perché non si è fatto il passaggio. Allora, o diventi come vuole il maestro e di conseguenza come vuole il gruppo pilotato dal maestro, o vieni lasciata da tuo marito per un’altra donna più docile e “allineata”. E con quale soddisfazione ho sentito il maestro raccontare come queste donne abbandonate passavano le loro giornate a piangere o urlare la loro impotente rabbia al telefono, con lui che non perdeva occasione di girare il coltello nella piaga. Credo che qui si possa ben parlare di sadismo allo stato puro, che viene mascherato da strumento di evoluzione. Questa situazione porta molto spesso una persona a dover sottostare ad umiliazioni e a prostituirsi, in senso psicologico, per non perdere la persona amata e che spesso è rimasta l’unico riferimento affettivo che ha nella vita. Ho anche sentito dire, da chi l’ha vissuto, che questo spesso porta anche a meditare il suicidio. Col nome di “ trasgression
creativa ” vengono definite anche altre “pratiche” che ho sentito il maestro consigliare alle persone di mettere in atto per trasformare o risolvere varie situazioni. Si andava dal consigliare a comunisti convinti di votare il buon Silvio, al mangiare cose che si avevano in odio, e chi più ne ha più ne metta. La teoria che sta alla base di queste “trasgressioni creative” è che facendo qualcosa che non si sarebbe mai fatto o voluto fare, si va a rompere uno “schema mentale” della persona che le impedisce di fare scelte diverse. Un po’ astrusa la scusa, mi sembra, ma questa è una mia opinione.
Tiresia

 

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Per unapprofondimento

«Io, vittima della setta e querelata 118 volte»

01 ottobre 2009 —   pagina 02   sezione: Pescara
PESCARA. «Mi hanno danneggiato più e più volte: ho perso il mio compagno, ho attraversato esperienze terribili, sono stata investita da denunce per calunnia a raffica, mi hanno chiesto un risarcimento di quattro milioni di euro. Ma non sono riusciti a farmi desistere».
Per gli adepti, i seguaci del movimento fondato dal barese Vito Carlo Moccia, quello di Arkeon era il sentiero sacro («The sacred path») verso la conoscenza. Per Anita, diventata una delle testimoni chiave nell’inchiesta sulla psico-setta, è stata una scorciatoia verso l’inferno.
LE ACCUSE DI CALUNNIA.
Il giorno dopo il rinvio a giudizio di dieci persone, indagate dalla procura di Bari con accuse pesantissime, la giovane donna di Pescara che assieme ad altre vittime ha dato il via alle indagini, si prepara ad affrontare le udienze come parte civile, ma anche a difendersi nelle decine e decine di processi intentati contro di lei a Roma, Bari, Genova, Torino, Latina, Ancona, Ferrara, Monza: «Nel gennaio del 2006, assieme a un ex maestro pentito e a Lorita Tinelli, una studiosa del Centro studi sugli abusi psicologici, partecipai a tre puntate di un programma di Maurizio Costanzo su Canale 5: nonostante non avessi fatto alcun nome, nonostante altri ospiti si fossero espressi in maniera feroce nei confronti del gruppo, solo tre persone furono denunciate per calunnia: io, l’ex maestro e Tinelli: per 118 volte. È stato un modo per mettermi in ginocchio dal punto di vista economico».
Anita, però, non ha mai fatto un passo indietro. Mai, da quando, nel gennaio del 2003, dopo aver partecipato a due seminari del gruppo ed essersi ribellata, il suo compagno decise di abbandonarla e lei decise di denunciare. «Il maestro gli aveva detto che non ero “illuminata”, che sarei stata sempre un problema e che con me non sarebbe mai stato “un guerriero”».
L’INIZIAZIONE NEL 2002.
Tutto comincia nell’estate del 2002 quando il compagno di Anita, che chiameremo Giovanni (entrambi i nomi sono di fantasia), comincia a frequentare il gruppo Arkeon a Milano, dove da Pescara va spesso per lavoro.
«Già dal primo incontro tornò profondamente cambiato: era diventato aggressivo, mostrava una certa misoginia, diceva che la madre aveva dei problemi e che tutte le donne rovinano i figli con atteggiamenti morbosi che nascono non da un amore materno, ma dal desiderio: la teoria della “madre perversa”. Tutto veniva ricondotto a distorsioni sessuali, legate ad attenzioni ricevute dai genitori o da altri familiari nell’infanzia. Questo, per far allontanare le persone dai propri cari».
IL SACRO CERCHIO.
L’uomo non vuole raccontare cosa accade durante i seminari, ma insiste con la compagna perché partecipi. «Diceva che non si poteva parlare al di fuori del cerchio sacro. Fino a quel momento eravamo stati felici. Dopo due mesi di frequenza era diventato uno straccio, era depresso, piangeva, vaneggiava. Manifestava una sudditanza assoluta verso il maestro». A metà dicembre Anita fa il suo ingresso in un seminario a Milano. «Ho assistito a una serie di esercizi di condizionamento che poi ho scoperto avere effetti devastanti sulle persone, ma soprattutto ho subito una aggressione fisica da parte del maestro e di altre tre persone perché, a loro dire, dovevo superare un trauma. Io ho scalciato, ho urlato, ho pianto, ma nessuno è intervenuto. Neppure il mio compagno». Nonostante questo, poco dopo Anita torna una seconda volta dentro «il cerchio»: «Capivo che stavo perdendo il mio compagno, volevo capire cosa stesse accadendo». Ma la seconda volta «fu peggiore della prima». «Il seminario durò cinque giorni e quattro notti, durante le quali facemmo esercizi deliranti mentre incensi e altre strane sostanze venivano bruciate nell’ambiente. Cercavano di farti crescere l’odio per la famiglia, urlando, con un frastuono di piatti, tamburi, per ore. Le persone venivano spinte a esplorarsi vicendevolmente, come successe a me, bendata, per fare emergere presunti abusi».
IL PUNTO DI NON RITORNO.
Per Anita è raggiunto il limite. Al loro ritorno, dopo un temporaneo riavvicinamento, il compagno lascia la loro casa per non farvi più ritorno: «Mi chiamò per dire che andava a Milano per lavoro. Non l’ho più visto».
Anita comincia a fare ricerche via Internet e approda al Cesap: «Mi risposero che conoscevano già Arkeon perché avevano già ricevuto altre segnalazioni». La donna si rivolge alla polizia, quindi viene ascoltata dalla Digos di Pescara. Il Cesap redige un dossier con numerose testimonianze che viene consegnato alla Digos di Bari: da qui parte l’indagine che due giorni fa approda al rinvio a giudizio. Si apre così il processo in cui le accuse contro Arkeon e le dichiarazioni dei testimoni come Anita dovranno essere provate.
Maria Rosa Tomasello

Fonte: Il Centro di Pescara

 

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Nota: Ad oggi, 11 Aprile 2012 leggo su alcuni blog di membri di Arkeon e di sostenitori di Arkeon che io avrei denunciato la Dr.ssa Di Marzio all’autorità giudiziaria, per non ben precisati motivi, relativamente alla questione che nel 2008 la vide indagata per associazione a delinquere per fatti inerenti ad Arkeon e per abuso della professione. Tale affermazione è assolutamente calunniosa in quanto sulla questione specifica non solo non c’è alcuna denuncia a mio nome nel fascicolo riguardante il caso Raffaella Di Marzio e neppure esiste alcun  verbale di sommarie informazioni che mi riguardi in relazione al caso medesimo. Pertanto chiunque continua a generare e divulgare tale ricostruzione faziosa di quella circostanza non fa altro che contribuire a perpetrare  l’attività diffamatoria e persecutoria posta in essere sin dal 2006 a mio danno e a danno del CeSAP, come  riferito nella mia intervista al Quotidiano di Bari e negli atti depositati presso la Procura di Bari e di Lecce, e perdurante a tutt’oggi.

Dr.ssa Lorita Tinelli

 

Chiediamo scusa ai gay e alle loro famiglie. La canzone di Povia “Luca era gay” riletta da psicologi

Le considerazioni che come professionisti delle relazioni e del mondo psichico qui facciamo non riguardano certamente il contenuto artistico della canzone, sul quale non vogliamo entrare. Anzi pensiamo che ogni opera d’arte possa rappresentare aspetti dell’animo umano e in tal senso pensiamo che persino l’omofobia come altre posizioni psicologicamente “difensive” possano avere cittadinanza in un contesto artistico, in determinate culture, compresa la nostra. Né immaginiamo che le osservazioni di uno psicologo possano mai intendersi come restrittive per qualunque forma espressiva, avremmo in tal caso derogato al motivo stesso che ci orienta come psicologi.

No, queste considerazioni riguardano il contenuto culturale che la canzone veicola che ci sembra prodotto di pregiudizi del tutto infondati e sul quale abbiamo qualcosa da dire.

Anzi, lo sconcerto suscitato dal testo della canzone, potrebbe essere per noi psicologi l’occasione per porgere le nostre scuse a lesbiche e gay: chiedere il loro perdono per le teorie sulla psicopatogenesi familiare dell’omosessualità che alcune scuole di psicologia hanno in passato coniato e che, come comunità scientifica, abbiamo consentito per alcuni decenni venissero divulgate infestando la cultura, contribuendo al pregiudizio negativo nei confronti di gay e lesbiche, screditando le loro madri e i loro padri.

La canzone infatti rappresenta l’omosessualità come se fosse una di quelle condizioni psicopatologiche ben note agli psicoterapeuti in cui il soggetto, ritenendosi erroneamente omosessuale a causa di relazioni familiari disturbate, intrattiene rapporti sessuali con persone omosessuali: il titolo avrebbe dovuto essere “Luca. credeva di essere gay”.
Viene rispolverato il vetusto teorema della madre intrusiva e possessiva che, squalificando il modello maschile, indurrebbe il figlio ad assumere una posizione omosessuale: il personaggio dice “Ero gay” e spiega di aver scoperto che tale condizione era dovuta alle relazioni con una madre “gelosa morbosa” e con un padre assente e dedito all’alcol, screditato dalla madre stessa (“Mamma mi parlava sempre male di papà”). Riferisce che aveva rapporti sessuali con uomini, ma non li amava “Io credevo fosse amore”: dunque, ammette che credeva di essere gay senza esserlo, esclude di aver vissuto un amore gay [oppure, peggio ancora, implica che tutti i gay credono di amare senza in realtà amare]. “La mia identità era sempre più confusa”: la motivazione dei rapporti omosessuali – dice – era la compensazione della relazione insoddisfacente con il padre (”Cercavo negli uomini chi era mio padre”) nonché il senso di colpa insito nella relazione con donne (”Andavo con gli uomini per non tradire mia madre”). E, ciliegina sulla torta, si descrive vittima di un pedofilo.

La precisazione “Nessuna malattia. Nessuna guarigione” non emenda il testo: è vero, non si parla di una malattia del cervello, ma si equipara comunque l’omosessualità a una condizione di anormalità psichica e si colpevolizza la madre come patogena.

Ben comprensibili e condivisibili le proteste di associazioni quali Agedo, Arcigay e Arcilesbica, nonché di esponenti del mondo intellettuale; infatti l’essere lesbiche o gay, ben lungi dal rappresentare condizioni innaturali o post-traumatiche, sono molto più semplicemente orientamenti sessuali che non richiedono alcun ulteriore aggettivazione di genere scientifico o morale (normale/anormale, naturale/innaturale, sana/patologica, giusta/sbagliata).

Al pubblico del festival ci ha pensato Roberto Benigni a rappresentare l’omosessualità in modo sublime e commovente.
Resta a noi psicologi fare ammenda del nostro errore.

04/03/2009 – Piera Serra, Lorita Tinelli, Luigi D’Elia

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