Scientology entra in classe con i corsi anti droga. Ma per i fuoriusciti è l’ennesimo tentativo di infiltrarsi

di Carmine Gazzanni

Più che Scientology che scienza sui banchi di scuola. Pochi giorni fa, al Liceo Virgilio di Roma, è scoppiato il caos: dopo un blitz della Guardia di Finanza un ragazzo è stato arrestato mentre spacciava hashish. Un fatto tanto inaspettato quanto clamoroso. Non fosse altro che parliamo di una delle scuole più rinomate della capitale. E allora subito si è pensato di correre ai ripari con un bel corso ad hoc: un seminario antidroga per allontanare i giovani studenti dal tunnel della perdizione. Fin qui tutto bene, dunque. Peccato, però, che a organizzare il tutto, come si poteva leggere nei volantini e nell’altro materiale informativo distribuito, era la “Fondazione per un mondo libero dalle droghe”. Bel nome, non c’è che dire. Se non fosse che parliamo di una costola di Scientology, l’organizzazione americana fondata da Ron Hubbard, autore del libro “Dianetics”, la Bibbia degli scientologi.

MANIPOLAZIONE MENTALE? – Come raccontato nei giorni scorsi dalla stampa, il ciclo di incontri ha avuto inizio, per le prime classi, sui rischi legati alla tossicodipendenza, organizzato da due docenti di scienze dell’istituto classico della Capitale. Erano previsti altri incontri, ma la “scoperta” che dietro c’era Scientology, con un indirizzo di Los Angeles (California), ha fatto scattare la protesta dei genitori, fino a un’interrogazione parlamentare, presentata da Sel al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini. Tutto, dunque, è stato ora bloccato. Ma il fatto resta. “È grave – dice a La Notizia la psicologa Lorita Tinelli, fondatrice del Cesap (Centro Studi Abusi Psicologici) e che da anni si occupa dei fenomeni legati al mondo settario – che si sia affidato un progetto così delicato ad un gruppo controverso e malgrado in diversi centri Narconon (i centri antidroga di Scientology, ndr) si siano verificati fatti raccapriccianti”. Già, Narconon. Tra le tante società parallele di Scientology troviamo le comunità terapeutiche “Narconon” (Non narcolessia), che attraverso un percorso a base di saune, integratori, vitamine promettono di aiutare i tossicodipendenti a uscirne. Si basi bene: secondo gli scientologi è pura attività umanitaria. Ma per i fuoriusciti, invece, dietro c’è l’intento di inculcare la “fede” in persone deboli. Un esempio? Maria Pia Gardini (una delle più note fuoriuscite da Scientology che, come denunciato nel 2012 in commissione al Senato, ha versato, dopo essere stata a suo dire plagiata, qualcosa come 1.840.000 dollari alla Chiesa) si avvicina a Scientology dopo che la figlia, per uscire dal tunnel della droga, era entrata in Narconon. E da lì Hubbard era diventato per lei un vero e proprio Dio. “C’è anche da aggiungere – continua la Tinelli – che è risaputo che in questi centri non si esegue un trattamento medico o psicologico di riabilitazione con strumenti collaudati,  ma si seguono dei percorsi mutuati dalla filosofia hubbardiana”. Senza dimenticare che “i percorsi sono pagati profumatamente e in anticipo”. Una cifra ce la fornisce proprio la dottoressa Tinelli: “si stima una cifra media di 20 mila euro circa per un percorso di 6 mesi”.

LA VOCE DEI FUORIUSCITI – Insomma, il dubbio – e il motivo per cui i corsi sono stati bloccati – è che il fine fosse quello di fare proselitismo. Per carità: anche qui, Scientology rigetta le accuse al mandante. “Ci siamo accertati con chi di dovere – ha spiegato a Repubblica Fabrizio D’Agostino, eminente scientologo di Roma – che nel corso dell’intervento non c’è stato, in modo assoluto, alcun riferimento alla religione di Scientology e che i ragazzi e gli insegnanti sono stati soddisfatti dell’intervento di prevenzione che era il vero e dichiarato obiettivo dello stesso”. Il dubbio, però resta. Secondo Pier Paolo Casellifuoriuscito dal mondo di Scientology, “sono i loro soliti modi per intrufolarsi”. Anche ai suoi tempi, racconta a La Notizia, i meccanismi erano simili: “con altri miei due miei amici avevano costituito una società che si chiamava Management Time Vicenza s.n.c.. Avevamo, attraverso uno scientologo che lavorava all’Api (Associazione Piccole Imprese) di Treviso, cercato di inserirci in quel contesto. Avevamo tenuto un corso sulla gestione aziendale grazie alle tecniche di Hubbard presso quella struttura, a cui avevano partecipato una decina di imprenditori trevigiani. L’oratore era stato Gabriele Segalla, uno scientologo molto conosciuto che teneva molte conferenze in giro per l’Italia su Scientology”.

LA GALASSIA – L’obiettivo, dunque, pare proprio quello di fare proselitismo. Fandonie? Forse. Certo è che sono tante le associazioni parallele alla Chiesa. Come la “Applied Scholastics”, il metodo educativo che si basa sui dettami del guru Hubbard e che, nel 2005, riuscì anche a farsi accreditare fra gli enti che formano gli insegnanti al ministero dell’Istruzione dall’allora titolare Letizia Moratti (prima di essere cacciati dal successore, Guseppe Fioroni). E Applied la ritroviamo anche nelle tende del terremoto tragico che colpì nel 2009 L’Aquila. Insieme a chi? Alla Pro.Civi.Co.S. Ovvero, la protezione civile costola di Scientology. Ebbene sì: la “religione” ha anche una propria protezione civile che non manca di essere presente nei casi di calamità naturali e di offrire soccorso a persone bisognose, che casomai hanno perso tutto dopo un evento drammatico come un terremoto. Basta così? Certo che no. Un altro gruppo molto attivo è il Ccdu, il Comitato dei Cittadini per i Diritti dell’Uomo, un ente, si legge sul sito ufficiale, “che indaga ed espone le violazioni psichiatriche dei diritti umani”. Stessa ragione per cui Scientology è messa sotto accusa da fuoriusciti e associazioni e centri studi anti-settari.

Tw: @CarmineGazzanni

 

Riceviamo e pubblichiamo:

In merito alle notizie sui recenti fatti successi al liceo  “Virgilio” di Roma, la Chiesa di Scientology rileva che la polemica montata da alcuni giornalisti sul seminario di prevenzione che pochi giorni prima era stato tenuto da un volontario della campagna “La verità sulla droga” è soltanto strumentale.

Discriminare il credo religioso di chi ha tenuto quella conferenza è servito ad attaccare i responsabili dell’istituto, mettendoli alla berlina per non essere abbastanza “liberali” nei confronti dell’uso di droga. Sono stati messi in relazione due fatti, la conferenza di prevenzione e l’arresto dello spacciatore, per gettare fumo sul vero problema: il consumo di stupefacenti tra i giovani, dentro e fuori le mura scolastiche.

E’ stata fatta diventare notizia una non-notizia per costringere i responsabili del liceo a  giustificare una scelta che non ha bisogno di nessuna giustificazione: quella di aver deciso di far parlare una persona  che ha vissuto sulla propria pelle il dramma della droga, cioè una persona capace di parlare la stessa lingua degli ascoltatori, capace di dare una testimonianza di vita vissuta  che va oltre le lauree di specializzazione, le appartenenze sociali, il colore politico e il credo religioso. Per la cronaca, il  risultato di quella scelta è che sia gli studenti che gli insegnanti hanno ricevuto le informazioni corrette e si sono dichiarati soddisfatti di quell’intervento, a differenza di altri fatti precedentemente.

Il credo religioso di colui che ha parlato non dovrebbe nemmeno essere menzionato, ma qualcuno, in violazione dei principi costituzionali,  ha voluto discriminarlo. Ne prendiamo atto. La campagna educativa “La Verità sulla Droga”, patrocinata dalla Chiesa di Scientology, si propone esclusivamente di dare le corrette informazioni e fornire i fatti sugli effetti a lungo e breve termine delle droghe e sulle menzogne che vengono raccontate ai giovani per indurli a provare, con testimonianze dirette di persone che si sono liberate dalla dipendenza e che parlano quindi con cognizione di causa.

E’ una campagna che sta al di sopra delle logiche politiche legate alla contrapposizioni tra le teorie proibizioniste e anti-proibizioniste. L’obiettivo è informare al fine di mettere una persona, giovane o adulta che sia, nelle condizione di poter fare una scelta informata in merito all’usare o non usare stupefacenti. La campagna “La Verità sulla Droga” è apprezzata e utilizzata in tutto il mondo da oltre 400 enti di pubblica sicurezza e oltre 800 tra istituzioni, associazioni e individui che condividono l’obiettivo di creare un mondo libero dalla droga. La attività della campagna continueranno per aiutare a liberare questa società dalla piaga della droga. Per maggiori informazioni consultare il sito: it.drugfreeworld.org

Fabrizio D’Agostino
Chiesa di Scientology di Roma

 

La replica della Chiesa di Scientology non contraddice di una virgola quanto scritto nel pezzo, anzi lo conferma. Prendiamo atto del nobile impegno nella lotta anti droga, mai peraltro messo in discussione nell’articolo. Resta il fatto che, secondo chi ha vissuto all’interno della Chiesa, sia un modo per fare proselitismo. Tutto legittimo, ma rientra nei compiti del giornalismo segnalare la cosa, perché certamente questa non è una “non-notizia”.

Carmine Gazzanni

 

Fonte: http://www.lanotiziagiornale.it/scientology-entra-in-classe-corsi-anti-droga-al-liceo-virgilio-di-roma-ma-per-i-fuoriusciti-e-lennesimo-tentativo-di-infiltrarsi-ecco-la-galassia-della-chiesa-tra-associazionismo-e-volontari/

Dentro i Narconon italiani, i rehab per la tossicodipendenza ispirati a Scientology

 

 

Benvenuti al “programma più efficace di prevenzione e riabilitazione dalla droga.”Si presentano così i Narconon, i centri di recupero per tossicodipendenti e alcolisti ispirati da Scientology. Vere e proprie comunità che operano ispirandosi alle teorie del fondatore del movimento, L. Ron Hubbard. Nati nel 1966 a Los Angeles dalla mente di William Benitez, al tempo condannato a 16 anni di reclusione per uso di stupefacenti e poi “illuminato” dalle letture dei testi di Hubbard rinvenuti nella biblioteca del carcere, i Narconon si sono poi diffusi a macchia d’olio in tutto il mondo. Oggi sono presenti in 44 Paesi.In Italia il primo centro Narconon è comparso nel 1981, vicino a Como. Oggi se ne contano sette, per un totale di 220 ospiti. Ciò che secondo il sito di Narconon contraddistingue questi centri dalle tipiche comunità di recupero per tossicodipendenti è la loro strategia di riabilitazione da droghe e alcool, definita “100% naturale e di successo.”

In effetti l’approccio, essendo completamente drug-free, non permette la somministrazione di qualsiasi tipo di medicinale. “Il tossicodipendente non è considerato un malato, ma una persona che è in grado – se vuole e se aiutata nel modo giusto – di liberarsi sia dalle droghe che dagli psicofarmaci e, infine, dalla cultura della droga,” spiega a VICE News Luigi Belotti, rappresentante di Narconon in Italia, che aggiunge: “Il nostro programma poggia su importanti scoperte in ambito biochimico e nutrizionale, grazie a cui si è potuto conoscere le esatte cause che impedivano una riabilitazione completa.”

La sala relax del Narconon Astore a Poggio San Romualdo, vicino ad Ancona. Sul muro, i ritratti di William Benitez, il fondatore del programma, e di L. Ron Hubbard, le cui teorie ne hanno ispirato la nascita (foto via Narconon Astore).

Il metodo di Narconon è basato su un percorso di tre tappe. La prima consiste, ovviamente, nell’astinenza da farmaci e droghe. In questa fase, il paziente è seguito “24 ore su 24” da “personale esperto” che gli somministra una cura a base di complessi vitaminici e di un composto di calcio e magnesio in grado di “restituire le energie consumate dalle droghe e velocizzare i tempi di guarigione.”

La seconda tappa è la disintossicazione totale. “Grazie ad una combinazione di esercizio fisico, vitamine, integratori e saune,” gli ospiti eliminano dal loro corpo quei residui tossici intrappolati nei tessuti adiposi. Si tratta del cosiddetto Purification Rundown, uno dei pilastri della dottrina di Scientology, secondo cui il mix di attività fisica, niacina e saune permette di sciogliere tutti i rifiuti accumulati nell’organismo che costituiscono una “barriera biochimica al benessere spirituale.” Tra i benefici portati da questa seconda tappa, come elenca il sito ufficiale di Narconon, ci sarebbero “energia, lucidità mentale, ottimismo, serenità ed entusiasmo nei confronti della vita.”

La terza ed ultima tappa è quella della risoluzione delle cause. Essa serve per far riconquistare al paziente autostima, autocontrollo e senso di responsabilità, attraverso un metodo di tipo “pedagogico-riabilitativo” che si avvale di “studi ed esercizi pratici” che “permetteranno all’ospite di cambiare punto di vista e correggere il suo comportamento lì dove è sbagliato.”

A differenza delle altre comunità, Narconon prevede un percorso di recupero breve, della durata di 5-7 mesi circa, per un costo di 2.580 euro al mese. La riuscita della riabilitazione, secondo i centri stessi, è altissima: i siti di Narconon parlano di una percentuale di successo nel 75 per cento dei casi trattati. Un dato molto elevato, se confrontato a quelli forniti dai centri stessi sulle comunità di recupero “standard”: “La maggior parte dei programmi – si legge su una delle loro pagine – ha una percentuale di successo che va solo dal 5 per cento al 20 per cento.”

La sauna è considerata uno dei passaggi fondamentali per “purificarsi” dalla droga (foto Narconon Astore).

A giudicare dai dati di Narconon, insomma, il servizio proposto sembra davvero essere il “programma più efficace di prevenzione e riabilitazione dalla droga,” come si sente ripetere in loop sulla home page di un loro sito web. Altre fonti, tuttavia, mettono in dubbio questa affermazione.

Uno studio commissionato dall’Autorità Norvegese della Salute ha portato il Norwegian Knowledge Center for the Health Services ad affermare che, a causa della natura non sperimentale dei pochi studi esistenti sul tema, “non ci sono attualmente prove attendibili che attestino l’efficacia del Narconon come un programma primario o secondario di prevenzione della droga.” I dati annunciati da Narconon non avrebbero dunque una base scientifica e lo studio in questione, pubblicato nel 2008, ne mette in dubbio la veridicità.

Non è la prima volta che queste statistiche vengono contestate. In una sentenza della Corte d’Appello di Milano, in cui peraltro vennero condannati alcuni membri di Scientology e del Narconon per truffa ed estorsione, ciò che colpisce è l’affermazione di un teste, ripresa dal giudice, secondo cui si considerava un trattamento di “successo dopo una settimana dall’uscita del giovane dai centri, e non dopo sei mesi o un anno come si dovrebbe.”

David Lowe è stato prima paziente di Narconon; poi, è entrato nello staff della struttura, dove verificava la buona riuscita dei programmi di disintossicazione. Entrato in possesso dei dati reali, nel 2012 ha raccontato alla NBC come i casi di successo oscillassero piuttosto tra il 20 e il 40 per cento — non certo i numeri ‘scintillanti’ sventolati da Narconon. Così, dopo averlo scoperto, Lowe è uscito definitivamente dalla comunità.

L’inchiesta di NBC analizza anche tre morti sospette avvenute nel giro di soli nove mesi all’interno del centro Narconon dell’Oklahoma, ipotizzando un legame tra i tragici eventi e l’assenza di personale medico professionale all’interno della struttura.

La vita dei centri Narconon nel mondo è stata spesso travagliata. Oltre ai problemi nel centro in Oklahoma, coperti dall’inchiesta NBC, altri centri sono stati costretti alla chiusura. È il caso della struttura in Georgia, che ha serrato i battenti nel 2013 dopo un’accusa di frode. O del centro in Quebec, chiuso dall’agenzia sanitaria regionale dopo che quattro pazienti finirono all’ospedale a causa dei metodi usati nel centro.

Altri Narconon sono poi stati costretti a cessare le attività o ad affrontare lunghi processi in FranciaGermaniaArgentina e in altri stati americani – come conseguenza delle numerose denunce portate avanti da ex ospiti delle strutture o dalle autorità sanitarie locali a seguito di morti sospette.

Un biliardo nell’area ricreativa di un centro nelle Marche. I Narconon sorgono di norma in luoghi isolati e talvolta somigliano ad alberghi (foto Narconon Astore).

“Non c’è alcun profilo professionale richiesto, cercano solo persone che si mettano a completa disposizione della struttura e di tutta l’organizzazione che ruota attorno ad essa,” ha detto a VICE News Olimpia Quattromini, psicologa dello sviluppo. “Il personale di Narconon non è assolutamente di tipo medico.”

Alcuni anni fa, a pochi mesi dalla laurea in psicologia, Quattromini sostenne un colloquio per entrare in servizio in una di queste strutture. “È lì che ho scoperto cosa davvero fosse Narconon. Non sapevo fosse uno dei templi di Scientology.” Quattromini sostiene che le furono proposte condizioni di lavoro impossibili da sostenere: disponibilità sette giorni su sette, paga inferiore ai 300 euro mensili, nessuna domanda o interesse da parte degli operatori sul suo passato accademico-professionale.

Oggi Olimpia Quattromini fa parte del Cesap, un’associazione di medici, psicologi e avvocati fondata con l’intento di studiare gli indicatori dell’abuso psicologico e della manipolazione mentale. “Da noi passa molta gente che ha fatto il percorso del Narconon,” racconta a VICE News Lorita Tinelli, psicologa e presidente di Cesap.

“Lì non c’è un percorso terapeutico effettivo,” aggiunge Tinelli, sottolineando inoltre come i centri non siano riconosciuti dallo Stato in quanto comunità di recupero. “Siamo ad uno stadio di fantasia: in medicina ci sono protocolli riconoscibili e sperimentati di cui si conoscono gli effetti” continua Tinelli, “i progetti che vengono messi in campo per la riabilitazione dalle dipendenze sono standardizzati e riconosciuti ed essi non sembrano essere seguiti dai centri Narconon.”

Per tutti questi motivi, Narconon risulta fuori da ogni consesso medico e scientifico, non facendo neanche parte del Civil Society Forum of Drugs, un gruppo di lavoro formato dalla Commissione Europea che riunisce le diverse realtà operanti nell’ambito delle dipendenze.

La facciata esterna del Narconon pugliese “Il Gabbiano” (foto via)

VICE News è entrata in contatto con un ex ospite di Narconon perché raccontasse la sua esperienza. Federico è entrato nel centro su suggerimento di un amico che già frequentava il programma.

“Il costo era elevato: 3500€ il primo mese, poi 2500€ gli altri mesi. Per aiutarmi, mia madre ha riscattato un fondo pensionistico che aveva messo da parte. In 10 mesi ho speso più di 20mila euro,” racconta. Riguardo agli effetti, Federico afferma che “effettivamente a livello fisico il percorso inizialmente funzionava”: niente farmaci, tante vitamine, cocktail di calcio e magnesio, banditi caffè e zucchero (“aumentano la sindrome da astinenza”) e trattamenti di massaggio per rilassare i nervi.”

Dopo questa fase, racconta Federico, comincia la terapia delle saune: “Si inizia con due ore il primo giorno e si aumenta progressivamente, fino ad arrivare a cinque ore. Ti danno questa vitamina, la niacina, che in teoria aiuta la mobilitazione delle sostanze tossiche nei tessuti adiposi, come se le preparasse ad uscire dal corpo” racconta Federico, che sospetta di essere stato comunque influenzato da una sorta di effetto placebo in queste prime fasi del percorso.

Poi si entra in una seconda fase, che Federico definisce “di indottrinamento.” Qui comincerebbero delle sedute basate su “confronti fittizi,” con lo scopo teorico di accrescere l’autocontrollo dei tossicodipendenti in cura e abituarli a resistere alle influenze esterne. I pazienti – secondo quanto racconta Federico – sarebbero posti uno di fronte all’altro, in silenzio, e dovrebber “guardarsi senza muoversi anche per due ore.” Nella seduta successiva, al partner spetta il compito di provocare una reazione. “Tu devi riuscire a non rispondere continuando a fissarlo; lui può anche infamarti ma tu devi restare impassibile,” spiega.

Secondo Federico è proprio questa la fase più debole del percorso. “Mirano a farti credere che l’uomo è invincibile, che se segue la filosofia [di Scientology] non avrà problemi nella vita, saprà superare ogni cosa. È come se fosse una specie di teoria del superuomo. Al contrario, una persona per uscire dalla dipendenza deve rendersi conto dei propri limiti.”

Federico, una volta uscito dal Narconon, ha impiegato solo tre settimane per ricadere nel tunnel della droga. “Mi sentivo forte, mi illudevo di esserlo perché avevo fatto questo percorso, pensavo di poter fare qualsiasi cosa nella mia vita, quando in realtà non era così.” Anche l’amico di Federico, quello che gli aveva consigliato di rivolgersi a Narconon, è poi ricaduto nella tossicodipendenza. Entrambi poi hanno seguito nuovi percorsi presso altre comunità – gratuiti e di tipo statale – ed oggi sono ‘liberi’.

Un esempio delle “testimonianze” che i Narconon pubblicano sui social network per raccontare gli effetti positivi del programma di riabilitazione (via)

Anche Giulia ha seguito il percorso di Narconon, che a VICE News definisce “non una bufala, ma comunque una macchina mangia-soldi.” Giulia, che conferma l’assenza di personale medico-psichiatrico nel centro, dichiara di essere tornata a essere dipednente una volta concluso il percorso di riabilitazione.

Il legame tra questo tipo di centri e Scientology, secondo lei, è evidente: “Attraverso la comunità iniziavi ad avere delle basi per poi continuare, eventualmente, con Scientology.” A questo proposito, la Dott.ssa Tinelli afferma a VICE News che percorsi impostati in questo modo rischiano di far “passare da una dipendenza all’altra, dalle droghe alla setta.”

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Il fallimento del percorso di Federico e Giulia starebbe dunque nel loro rifiuto della logica di setta, che avrebbe svuotato di valore un percorso già di per sé privo di un valido supporto medico-psichiatrico. Secondo la Dott.ssa Tinelli, solo accettare la nuova dipendenza permette di abbandonare quella vecchia.

Da Narconon, però, respingono queste accuse con fermezza. “Il metodo Narconon non diffonde la dottrina di Scientology,” spiega a VICE News Luigi Belotti, che aggiunge però come il metodo abbia “adottato una parte delle opere di Hubbard specificatamente inerenti alle problematiche legate alla dipendenza da droghe ed alcol, al fine di aiutare il tossicodipendente a risolvere le sue difficoltà.”

Un Narconon in Italia. Sulla parete a destra, l’effigie del fondatore di Narconon, William Benitez (foto Narconon Astore).

Della stessa opinione è Paolo Stucchi, un ex paziente con cui la stessa Narconon ci ha messo in contatto. Paolo sostiene che la religione non abbia nulla a che fare con il programma, che è di tipo laico. “Esistono centri in aree dove la religione principale è musulmana, ad esempio in Egitto. Secondo te se è un centro che fa proselitismo potrebbe esistere in un contesto del genere?” chiede ironicamente, parlando al telefono con VICE News.

Paolo ammette però di avere letto molto materiale su Hubbard una volta terminato il percorso. “La curiosità è normale che ti venga,” afferma. “Ho cercato di informarmi e trovare delle risposte”. Paolo però ci tiene a sottolineare di non essere vittima di nessun sistema —

e come lui, anche i suoi compagni di percorso: “Ho conosciuto tantissimi ragazzi che hanno portato a termine il programma e poi hanno deciso di iniziare un percorso in Scientology, ma anche molti che una volta usciti non si sono neanche informati sul tema.”

Per quanto riguarda poi l’assenza di personale medico-psichiatrico durante il percorso, Narconon rivendica tale situazione come una scelta voluta e ponderata. “Narconon non è un programma medico, ma socio-educativo”, chiosa Luigi Belotti. “I medici sono presenti solo per controllare inizialmente la salute dei tossicodipendenti, spesso molto carente a causa della droga.” Per “proteggere” l’approccio non-sanitario del programma, il tossicodipendente che vi vuole accedere non deve inoltre essere in cura psichiatrica. O una, o l’altro.

Paolo riprende questo aspetto, che a suo vedere è uno dei punti di forza del metodo: “Io avevo parecchia diffidenza nei confronti di medici, psicologi e psichiatri perché avevano portato molti dei miei amici ad assumere farmaci e psicofarmaci che li avevano poi trasformati in zombie,” spiega.

Alcune delle testimonianze di ex pazienti di Narconon, pubblicate sul sito ufficiale di Narconon (grab via)

Secondo il gruppo Narconon, non è la base medico-scientifica di un metodo che ne definisce l’efficacia, quanto piuttosto i risultati che il metodo stesso porta. Il fatto che non vi siano studi scientifici a dimostrare l’effetto benefico di saune e vitamine sulla sfera psico-fisica di un tossicodipendente non è dunque per loro rilevante, perché l’efficacia del loro metodo è data da quelle statistiche – contestate da più parti – che parlano di una percentuale di successo del 75 per cento.

Luigi Belotti afferma comunque che “i Narconon hanno una loro letteratura anche medica per la verifica dei risultati ottenuti”. Uno dei testi a cui fa riferimento è lo studio pubblicato nel 2013 dal Dott. Giuseppe Gulino, Docente della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Torino.

La conclusione a cui giunge il ricercatore, tramite un’analisi su 62 soggetti presenti nella struttura Narconon pugliese Gabbiano Onlus, è che “in tutti i soggetti, al termine della fase di disintossicazione fisica, non sono state riscontrate tracce di sostanze tossiche nella ricerca effettuata attraverso la determinazione di tali sostanze nelle matrici biologiche, indirizzando ad un giudizio di buon livello, oltre che sull’efficacia di disintossicazione, anche sul buon grado di sicurezza all’interno del centro di riabilitazione”.

Secondo lo studio, alla fine del percorso di saune e vitamine gli ospiti del Narconon non avevano dunque alcun residuo tossico imprigionato nel corpo, la cui presenza è considerata nella filosofia di Hubbard come la principale causa della ricaduta nella tossicodipendenza.

Oggi Narconon svolge anche attività di sensibilizzazione presso le istituzioni: “Ho portato informazione a più di 30mila ragazzi nelle scuole” racconta a VICE News Paolo, l’ex frequentatore che continua a collaborare con il programma.

Il debutto di Narconon sul piano istituzionale è recente: risale al 2008, quando ad un evento a cui partecipavano tanto le comunità di recupero statali, quanto alcuni funzionari pubblici, vennero invitati anche dei rappresentanti di Narconon. Fu la prima volta che al gruppo viene data voce in un contesto di tipo ufficiale.

La vicenda causò forti polemiche ed un’interrogazione parlamentare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero delle Politiche del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali: l’invito a Narconon era in effetti venuto direttamente da un rappresentante governativo, l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle tossicodipendenze — Carlo Giovanardi.

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Fonte: https://news.vice.com/it/article/narconon-cura-tossicodipendenza-scientology