Genio 21, Massimo De Donno, Luca Poma e altre storie

Puoi ingannare poche persone per molto tempo o molte persone per poco tempo. Ma non puoi ingannare molte persone per molto tempo.
(Abraham Lincoln)

La verità riesce a imporsi solo nella misura che noi la imponiamo, la vittoria della ragione non può essere che la vittoria di coloro che ragionano (Bertolt Brecht, scrittore tedesco)

Non sentivo affatto l’esigenza di tornare a scrivere sulla tematica. Ne avrei fatto volentieri a meno. Non mi piace stare nel conflitto che per mestiere tendo sempre a risolvere, ma ieri sono accaduti alcuni gravi eventi che mi impongono di non soprassedere all’ulteriore azione molesta e volutamente denigratoria, che si inserisce all’interno di un percorso attivato dal 2007 e che tutt’oggi persone legate tra loro da amicizia o condivisione ideologica continuano a perpetrare a mio danno.

Primo evento: Un amico giornalista mi informa che il signor Luca Poma, giornalista e docente presso la LUMSA, gli ha fatto pervenire attraverso una giovane ragazza, alcuni libri, tra questi due che parlano espressamente di me e che mi descrivono in maniera distorta e diffamatoria, scritti da un personaggio inesistente, che risponde al nome di Pierluigi Belisario;

Secondo evento: La giovane ragazza, indicata come assistente di Luca Poma, di cui non conosco l’identità, informa il mio amico giornalista, non so a che titolo e perché, che esiste un una trattativa tra Luca Poma e l’azienda Genio 21, in cui quest’ultima chiede che egli effettui una consulenza sul mio conto, al fine rendere loro possibile denunciarmi

Terzo evento: vengo informata da alcuni miei collaboratori dell’esistenza di una tesi di laurea in cui vengono raccontati fatti che riguardano la mia attività e quella del CeSAP in relazione a Genio 21 secondo una narrazione artefatta, falsa, volutamente denigratoria. Essa è pubblica on line al seguente link del sito di Luca Poma e non dell’Università in cui è stata discussa https://archivio.lucapoma.info/comunicazione/comunicazione-crisi/tesi-di-laurea-come-la-gestione-proattiva-di-una-crisi-aziendale-puo-rafforzare-la-reputazione-il-caso-genio-in-21-giorni/

Partirò dal terzo evento, per ripristinare alcune verità, probabilmente scomode.

“Un modo sicuro di indurre la gente a credere a cose false è la frequente ripetizione, perché la familiarità non si distingue facilmente dalla verità.” (Daniel Kaheman)

Manipolare il passato e la storia, per alcune persone, rappresenta un mezzo che giustifica il fine, ovvero quello di imprimere agli eventi presenti e futuri una determinata direzione, più gradita. E nei mezzi utilizzati per questo c’è anche la costruzione di un ‘nemico esterno’, che serve a sviluppare maggiore coesione e appartenenza al gruppo.

La tesi, su cui seguiranno le mie riflessioni, ha il seguente titolo: “Come la gestione proattiva di una crisi aziendale può rafforzare la reputazione: il caso genio in 21 giorni”. Essa è stata discussa nell’aprile 2020 nel Corso di Laurea Magistrale in Marketing & Digital Communication, presso la LUMSA dalla candidata Ludovica Russo. Relatore: Prof. Luca Poma.

La tesi della neolaureata Russo si basa su alcuni costrutti molto chiari e condivisibili, ma usati in maniera pregiudizievole e strumentale, in quanto, posto un quadro teorico generale, si sono volutamente incastrati fatti manipolati e verità omesse, al fine di dimostrare la fallacia di un nemico immaginario. Il tutto, così orchestrato, è supportato da una strategia di comunicazione mirata.

Nulla di nuovo sotto il sole (Ecclesiaste 1,10)

La litanìa ‘documentata’ dalla tesi di laurea riporta argomentazioni già trite, ritrite e divulgate negli ultimi anni da blog anonimi, legati a gruppi settari e apologisti delle sette. Esse sono incentrate su accuse per cui i gruppi “antisette” vengono descritti come una setta (la setta antisetta, per l’appunto) che pullula di esperti incompetenti (in particolar modo la sottoscritta), che, a loro volta, pubblicano e divulgano fake news, attivando canali d’odio, approfittando dell’appiattimento culturale dell’attuale società.

Cercherò di analizzarne alcuni contenuti della tesi, opportunamente manipolati dagli attori, al fine di rendere trasparente la logica che ha animato candidata e relatore nella stesura di questa elaborazione discussa nella LUMSA.

A pag. 126 della tesi si legge testualmente: “La campagna di accuse contro il Genio in 21 giorni cominciò a Maggio 2010 quando nel forum della pagina web del gruppo Centro Studi Abusi Psicologi ONLUS, presunti esperti in sette e in manipolazione mentale, apparve un post che accusò il corso di essere una setta

L’affermazione comporta una serie di precisazioni importanti:

  1. Nel 2010 era attivo un forum, nel sito del CeSAP, (attualmente salvato nella nostra banca dati e non pubblico perché nel tempo era diventato un canale facilmente attaccato da Malware) in cui tutti potevano scrivere liberamente la propria esperienza abusante all’interno di relazioni o comunità. Il forum era moderato e garantiva l’applicazione dell’articolo 21 della Costituzione, nella tutela dei diritti di tutti. Pertanto, non vi è stata nessuna ‘campagna di accuse”, ma solo una raccolta di esperienze personali a riguardo. Iscriversi al forum era assolutamente semplice. Bastava aprire un account ed eventualmente entrare nella discussione per rispondere.  Genio in 21 giorni non è mai stato menzionato nel forum, non essendo a quell’epoca esistente. Il gruppo di cui si è parlato in quel periodo era Your Trainer, i cui membri in effetti sono gli stessi confluiti in Genio 21.
  2. L’affermazione “presunti esperti in sette e in manipolazione mentale” rappresenta già un pregiudizio di demerito, che descrive una realtà se applicato ad altri e una offesa se riferito a se. E’ bene pertanto sottolineare che i membri ordinari del CeSAP hanno formazione psicologica e giuridica dimostrabile e lunga e attinente esperienza e competenza nel campo della manipolazione, comprovata da attività svolte in tutte le Istituzioni, contrariamente a quella che può avere un laureato in Veterinaria nel campo dell’apprendimento, di cui però viene descritto come il massimo esperto. E’ qui evidente l’uso mirato della comunicazione volta a usare parole di peso etico differente quando si parla di ‘nemici’ e di ‘amici’.

Sempre a pag. 126 si legge un’altra perla: “L’azienda tentò di contattare il forum per chiarire ogni dubbio posto nei suoi riguardi, ma non ottenne nessuna risposta. Nel frattempo le accuse aumentarono, quindi venne contattata la psicologa che all’epoca era presidente e responsabile del Centro. Nonostante la psicologa non avesse ricevuto alcuna lamentela fondata su cui basare le critiche, le venne consentito l’accesso totale alla documentazione e al materiale disponibile in azienda e fu invitata a partecipare personalmente al corso e a conoscere il team di insegnanti. Inoltre, vista l’entità delle accuse, l’azienda chiese alla medesima psicologa una consulenza professionale remunerata per analizzare e correggere i problemi eventualmente riscontrati. Nonostante Genio Net si mise a totale disposizione per confutare i dubbi posti nei suoi riguardi, la dottoressa non volle verificare personalmente la buona fede del corso”.

Cercherò di porre chiarezza anche in questo ginepraio di inesattezze.

  1. Dopo qualche mese che diversa gente raccontava la propria esperienza con l’azienda Your Trainer e NON Genio 21, la sottoscritta ricevette una lettera di simil diffida da due giovani rappresentanti della stessa società (YT) [uno dei due era un commercialista e l’altro men che meno formato in ambito psicologico, giusto per sottolineare titoli e competenze specifiche rispetto all’argomento apprendimento di cui ci si fa portatori!]. Nello scambio epistolare, che posseggo, ho invitato gli stessi ad intervenire nel forum e interagire personalmente con chi si lamentava. Essi scrissero un paio di post nello stesso forum, in cui proposero più un slogan aziendali che vere risposte efficaci. Nessuno si sentì ascoltato e così terminò l’interazione.
  2. Falsa è l’affermazione che la psicologa citata, ovvero io, non ricevette alcuna lamentela fondata. Il forum è ancora presente nella banca dati e posso renderlo attivo in qualsiasi momento a dimostrazione di quanto affermo
  3. Non mi è stata mai fatta una proposta di consulenza remunerata da parte di Genio 21 né di Your Trainer, che avrei comunque rifiutato per incompatibilità con la funzione da me ricoperta nel CeSAP in quel momento ed anche per forte conflitto morale per l’incongruenza dei fatti narrati dall’azienda e i vissuti così particolareggiati con sofferenze e danni psicologici evidenti degli utenti scontenti. Non ho mai venduto la mia professionalità a patto di ingoiare cose a cui non credevo e non sono per nulla ricattabile. Questo è il vero dramma per alcuni.
  4. Sul gioco linguistico “la dottoressa non volle verificare personalmente la buona fede del corso” mi parte spontaneamente un sorriso. La frase evidenzia l’aspettativa di un imprimatur positivo da parte mia e del CeSAP, e, probabilmente mette in risalto un atteggiamento poco maturo nei confronti della critica.

A pag. 127 leggo: “… la dottoressa non volle verificare … e, mediante l’associazione di clienti European Consumers, riuscì ad ottenere il 14 luglio 2010 un’interpellanza parlamentare contro Your Trainers Group & High Consulting. La risposta fu che qualora la società avesse commesso delle infrazioni, il sistema legale italiano sarebbe stato dotato degli strumenti idonei a perseguirle, previa la denuncia formale; ma nessuno ha mai denunciato il corso Genio in 21 Giorni, né le presunte vittime né  European Consumers e tanto meno la psicologa che accusava il corso di essere una “setta”.

  1. La dottoressa, cioè io, non ha ottenuto alcuna interpellanza per il tramite di nessuno. Tale affermazione è assolutamente inveritiera, ma di sicuro fa parte di un processo paranoideo di pensiero, che ormai la stessa corrente di miei molestatori ha reso noto nel corso degli ultimi 12 anni. Io sarei, a detta loro, macchinatrice di ogni azione a loro danno e presente in ogni dove. Per mia fortuna la realtà è completamente differente. Personalmente non so neppure chi abbia sollecitato l’interpellanza e se lo avessi fatto io, probabilmente avrei scelto un altro relatore politico a rappresentare le mie istanze.
  2. E’ risaputo da tutti che il reato di manipolazione mentale non esiste in Italia, men che meno quello di setta. Per cui, malgrado le buone intenzioni di tutti, possiamo solo discutere delle manipolazioni subite o non effettuate in attesa di qualche cambiamento più sostanzioso, che possa tutelare le vittime da qualsiasi tipo di influenza illecita.

Sempre da pag 127: “Inoltre, secondo alcune fonti, non era la prima volta che il Centro in questione agiva in questo modo, anche in passato aveva usato delle metodologie di accusa analoghe, obbligando molte organizzazioni a chiudere la propria attività, nonostante le accuse nei loro confronti fossero completamente false e infondate”.

Una frase così generica, che si basa sul sentito dire senza riportare le fonti, risultando diffamatoria, farebbe rabbrividire qualsiasi Istituto Universitario che dovrebbe piuttosto implementare lo studio scientifico e la pubblicazione di materiale corretto e onesto scientificamente.  

Il “Centro in questione”, ovvero il CeSAP non ha mai usato “metodologie (quali?) analoghe, obbligando molte organizzazioni a chiudere la propria attività”. Sarebbero graditi nomi e cognomi, fatti contestualizzati e sentenze di assoluta innocenza a conferma di tale frase, altrimenti si tratta di diffamazione.

Passiamo a pag. 2018 e leggiamo quanto segue: “Tra il 2015 e il 2017 il Centro Studi Abusi Psicologici ONLUS e la sua responsabile Lorita Tinelli divulgarono ai mezzi di comunicazione di massa una serie di informazioni denigratorie, che associavano il corso “Genio in 21 Giorni” ad una “setta”. Fu così che i mass media, veicolarono, a loro volta, queste notizie all’opinione pubblica”.

E’ bene ricordare che il CeSAP e la sottoscritta sono spesse volte interpellati dai media per offrire pareri su argomenti attinenti le dinamiche di abuso psicologico e manipolazione mentale, per cui abbiamo esperienza e competenza,. Le domande vengono poste da giornalisti che liberamente scrivono il proprio pezzo, spesso riducendo al minimo l’intero intervento dell’esperto. Tuttavia il concetto che passa attraverso la dichiarazione sopra riportata è che il CeSAP e la sottoscritta abbiano avviato una campagna nera di denigrazione, sistematica, cosa che nella realtà non è avvenuta e che non può essere dimostrata in alcun modo dalla tesista o dal suo docente relatore. Pertanto l’affermazione non è stata tarata su parametri dell’onestà intellettuale e di attinenza con la realtà, risultando goffamente offensiva e diffamatoria.

L’unico giornale che ha trattato l’argomento fu il Corriere della Sera del 13 luglio 2017, che, correttamente dette la possibilità del contraddittorio, offrendo all’azienda Genio la possibilità di dire la sua, in pieno dibattito democratico.

A pag 130 si legge: “Tuttavia è importante ricordare che da decenni alcuni importanti esponenti del mondo accademico hanno sfatato il mito dell’esistenza di una forma di manipolazione mentale … L’American Psychological Association (APA) è una delle organizzazioni professionali che si è espressa su questa tematica, sostenendo una posizione contraria a quella delle teorie dei “movimenti antisette” e di alcuni psichiatri. Nel 1987 l’associazione pubblicò un documento in cui affermò che le teorie della manipolazione mentale e del lavaggio del cervello, applicate a nuovi movimenti religiosi, non dovevano essere presentate in alcun modo come scientifiche”.

Tali affermazioni, utilizzate strumentalmente e in maniera poco approfondita, meriterebbero un lungo trattato. Per quanto riguarda le affermazioni sull’APA rimando al seguente link per un approfondimento: http://www.kelebekler.com/cesnur/txt/apa.htm e al libro di Luigi Corvaglia, NO GURU, edito dalla C1Veditori per la questione del dibattito sulla manipolazione mentale e sui suoi negazionisti. Probabilmente il testo va consigliato ai prossimi studenti, da parte di un docente che realmente vuole stimolare verso una ricerca non dogmatica e pregiudizievole.

A pag 138 si legge: “Il “settarismo globale” è la strategia usata abitualmente dall’associazione dove si formò Miguel Perlado, dal “Centro studi abusi psicologici ONLUS” e, in generale, dalla maggioranza dei gruppi “antisette”.

  1. Affermare che il CeSAP veda sette ovunque è una asseverazione che va dimostrata, altrimenti resta diffamatoria come le altre
  2. Saremmo stati molto onorati se Miguel Perlado si fosse formato da noi, la verità è che il Dr. Perlado, Psicologo, Psicoterapeuta è uno sei massimi esperti di sette in Spagna, dove lavora come exit counselor dal 1998 e da dove gestisce il sito. EducaSectas. E’ evidente come, in un gioco linguistico, si tende ad insinuare una realtà che non esiste e che riporta alla paranoia del solito nemico autore di tutti i mali, ovvero il CeSAP. Vero è che il Dr. Perlado in maniera autonoma ed analizzando i casi che ha seguito personalmente, ha elaborato due articoli che sono stati tradotti dalla sottoscritta perché ritenuti veritieri e confermati da altrettanti racconti raccolti dalla stessa in Italia. I due articoli in Italiano sono i seguenti: http://www.loritatinelli.it/2018/03/02/il-corso-genio21-e-larte-di-manipolare-le-emozioni/ e http://www.loritatinelli.it/2019/01/31/migliora-la-memoria-o-raggiungi-la-tranquillita/ Ad oggi non mi sembra di aver letto da parte di Genio 21 alcun commento a riguardo o confutazione degli stessi, ma posso affermare di aver solo rilevato attacchi personali a me indirizzati attraverso ogni forma, tra cui il tentativo di accreditamento da parte degli apologisti delle sette con conseguente condivisione della guerra ad personam.

A p. 144 e 149 leggo alcune affermazioni di Massimo De Donno, laureato in Medicina Veterinaria, secondo sue dichiarazioni e definito come il ‘massimo esperto di apprendimento in Europa” (bontà sua), nonché CEO di Genio 21.

Poi apri [rif. Genio21] un numero verde per intercettare gli “scontenti” e scopri che sono 3 persone in sei mesi, su migliaia di corsisti, e allora hai la conferma che c’è chi è pagato per distruggere, o perlomeno ha intenzioni esplicitamente distruttive, e non costruittive

Se penso che una delle fonti di questi pavidi attacchi era una sedicente esperta, psicologa, mi vien da ridere: persone che andrebbero radiate dall’Albo, in quanto disponibili a danneggiare psicologicamente dei giovani, scientemente, pur di raggiungere i propri biechi obiettivi di delegittimazione di un’azienda che è autorizzata a fare il proprio lavoro, da lavoro, paga le tasse

Da queste affermazioni rilevo che il riferimento è alla sottoscritta. Massimo De Donno attribuisce a me l’azione di essere “pagata per distruggere”, di essere “persona disponibile a danneggiare psicologicamente dei giovani, scientemente, pur di raggiungere i propri biechi obiettivi” e che merito di essere “radiata dall’albo”.

La Suprema Corte, in tema di diffamazione (Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 12 settembre – 26 ottobre 2017, n. 25420), ha ribadito che è reato parlar male di una persona, in sua assenza pur non facendone il nome. Per il reato basta che la vittima sia identificabile. E qui il riferimento è piuttosto chiaro.

Tuttavia è bene precisare che in un incontro vis a vis, il 17 ottobre 2018, presso lo studio legale dell’Avvocata Montanaro, in Crispiano, l’atteggiamento di Massimo De Donno nei miei confronti era esattamente diverso.

La verità è che in quella occasione, ho ritenuto di convocare uno dei suoi tutor leccese, tal Salvatore De Tommaso (docente di apprendimento senza laurea), in quanto infastidita dal suo atteggiamento diffamatorio nei miei confronti. Il signor De Tommaso rispondeva abitualmente alle perplessità dei genitori di ragazzi che frequentavano i corsi divulgando loro blog anonimi denigratori della mia persona, nel tentativo di indurre a non leggere gli articoli critici da me postati né a contattarmi, in quanto persona inaffidabile e incompetente. Numerose sono le testimonianze in questo senso che potrei citare e che mi riservo di portare nelle sedi più opportune. Lo stesso Salvatore De Tommaso mi offendeva direttamente e in maniera arrogante, all’interno di una conversazione privata su messenger, e mi accusava di aver indotto le loro fidanzate all’esaurimento nervoso.

Il mio invito fu accettato da Salvatore (detto Salvo) che mi chiese il permesso di essere accompagnato da un amico. Nessun problema. Si presentarono in studio lui, Massimo De Donno e l’avv. Massimo Baja Picit, anch’egli parte di Genio 21. La conversazione avvenne alla presenza anche di un amico giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, come testimone terzo.

Durante il colloquio, della durata di tre ore, Massimo De Donno e Salvatore De Tommaso, sentite le mie ragioni, mi rappresentarono il loro più sentito dispiacere per avermi offesa, chiedendomi più volte scusa. In quella occasione, il leone da tastiera Salvatore De Tommaso sedeva alla mia sinistra, con la testa bassa e rosso in volto. Le uniche parole che riusciva a dire erano di scuse. Ovviamente non sincere, perché ho ricevuto anche successivamente sue offese per mezzo di messenger. Le conversazioni da me stampate e sono a disposizione di chi volesse leggerle.

In ogni caso in una email, trasmessa il 3 dicembre 2018 dall’avvocato Baja Picit all’avvocato Annalisa Montanaro scrivevano: “Il dott. De Donno mi ha manifestato la propria sincera soddisfazione per la riuscita di un confronto sereno ed edificante con la dott.ssa Tinelli nella consapevolezza che lo scambio di idee e di vedute ha sicuramente portato ad una reciproca apertura e ad una piena chiarezza sui servizi di formazione erogati da Genio Net e delle modalità operative della stessa. Il mio assistito, successivamente all’incontro, ha così riunito gli istruttori della rete per condividere con loro le considerazioni di carattere operativo e gli spunti di riflessione ivi emersi. Ne è risultato che l’azienda continuerà ad operare nell’ottica di una sempre più scrupolosa attenzione alle esigenze manifestate dai corsisti.

In tal senso, avendo la dott.ssa Tinelli segnalato che in passato alcuni utenti insoddisfatti dei corsi“Genio” si sono rivolti a lei per doglianze di varia natura, stante il mutuo riconoscimento della reciproca serietà professionale delle parti, se ciò dovesse accadere ancora, Ti chiedo la cortesia di voler invitare la Tua assistita ad inoltrare senza indugio le segnalazioni direttamente al dott. De Donno o,meglio ancora, direttamente al comitato etico della rete, in modo da poter intervenire immediatamente sulle criticità emerse e prevenire eventuali motivi di insoddisfazione dei clienti”.

Come ho sempre fatto e continuo a fare, suggerisco alle persone che segnalavano problemi con Genio 21 di rivolgersi anche a loro per effettuare i propri reclami, ma comprendo bene che non tutte le persone che si sentono profondamente danneggiate ne hanno il coraggio. Non ho mai controllato che lo facessero o meno, proprio perché non è mio interesse quello di “distruggere qualcuno”, né sono “pagata da alcuno” per dare le informazioni che mi vengono richieste, attraverso la mia attività nel CeSAP.

Lavoro dignitosamente anche io e pago le tasse e per quanto Massimo De Donno possa ridere, sono ancora regolarmente iscritta all’Albo degli Psicologi, operando sempre con deontologia professionale. Dimostri il contrario se lo crede.

Nella sitografia della tesi compare un sito che assume una notevole importanza nella logica di questa ricerca. Il sito è  ilcasoarkeon.wordpress.com. Ovviamente si tratta di un blog anonimo che contiene opinioni non documentate sulla questione arkeon in piena sintonia con un atteggiamento diffamatorio e denigratorio dell’operato mio e del CeSAP. Ovviamente sottolineo l’assoluta non credibilità di un sito anonimo all’interno di qualsiasi ricerca scientifica che si rispetti, specie se essa viene discussa all’interno di una Università.

A meno che la candidata Ludovica Russo e il professore relatore Luca Poma possano garantire sull’autenticità del blog in questione, conoscendone i titolari e riconoscendo valide le prove documentali lì riportate.

Ora passerò a commentare il primo evento.

Luca Poma e i suoi libri denigratori contro la mia persona, scritti da autore sconosciuto

Audacter calumniare, semper aliquid haeret

Non conosco personalmente Luca Poma, salvo per qualche scambio di email nei primi anni di fuoco che hanno riguardato il caso Arkeon. Ricordo che intervenne in più forum con dei commenti contro il mondo degli antisette e che aveva dato vita ad un progetto di ricostruzione della verità di Arkeon attraverso una indagine giornalistica, paradossalmente intervistando, in barba all’etica professionale, solo le parti che accusavano il CeSAP, di metodi ‘criminali’. (http://radoani.ilcannocchiale.it/?TAG=arkeon). Le accuse provenienti da quelle prime indagini erano le medesime di oggi: la presunte incompetenza dei tecnici del CeSAP, la loro tendenza all’uso di metodologie aggressive, l’aspetto settario degli antisette. Le protagoniste del video intervistate erano persone che successivamente furono denunciate per una serie di azioni moleste e diffamatorie, di cui ho parlato in altri contesti.

In quel periodo vennero pubblicati diversi blog anonimi che analizzavano il mio curriculum, inserendo qui e là alcune prove documentali su cui costruire falsità e diffamazioni. Anche le virgole dei miei scritti furono analizzate.

Due di questi blog furon interamente riportati in due libri, che pensavo non esistessero, pur essendo ventilati su Amazon, e che invece Luca Poma ha fatto recapitare al mio amico. Uno dal titolo “Il curioso caso Lorita Tinelli” fenomenologia di una psicologa paragiornalista” e l’altro “Il caso Arkeon”

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Entrambi i libri sono firmati da un nome inesistente. E la quarta pagina di copertina indica le finalità e il progetto di entrambi: la battaglia di delegittimazione della sottoscritta e dell’operato del CeSAP. Ora che ne conosco l’esistenza so che fare.

Mi sorgono pertanto alcune domande:

Cosa ha spinto Luca Poma, giornalista iscritto all’albo  e docente presso la LUMSA ad inviare tali libri, scritti da autore inesistente e con tali obiettivi, al mio amico giornalista?

Cosa spinge Luca Poma a sostenere una tesi fondata su contenuti falsi e tendenziosi, palesemente ideologici e di parte, all’interno di una università come la LUMSA, riconosciuta per il rigore scientifico?

Cosa spinge Luca Poma ad abbracciare e sostenere l’aggressività palese di certe organizzazioni?

E giungiamo al secondo evento.

Luca Poma interpellato come consulente in una eventuale causa di Genio 21 contro di me. Almeno così avrebbe riferito la sua assistente al mio amico giornalista.

Il nemico del tuo nemico è mio amico (Proverbio Cinese)

Che Genio 21 mi minaccia di denunce da anni ormai è un dato di fatto. Così come racconta ai suoi affiliati di aver denunciato il dr. Miguel Perlato in Spagna, Massimo Giletti, i giornalisti di Patti Chiari, il dr. Alessandro Bartoletti (l’unico vero esperto in apprendimento che meriti il titolo a tutti gli effetti) e tutti coloro che hanno osato criticarlo. Non mi risulta che ad oggi sia arrivata a nessuno di noi qualche citazione né denuncia di alcun tipo.

Genio 21 ripete spesso a tutti gli iscritti questo mantra, parlando dei cattivoni che tentano di distruggere l’indefesso lavoro di tutto lo staff. E’ ormai opinione diffusa che la Tinelli è stata denunciata penalmente e citata civilmente da Genio 21 in primis. Poi anche gli altri, che però non fanno molto peso. Quindi un altro dato di fatto è che per quanto se ne dica, gli attacchi alla mia persona superano di gran lunga quelli degli altri critici che di fatto sono inesistenti. Ma raccontare pubblicamente una notizia non vera su denunce mai fatte, ha il significato di dimostrare ai propri affiliati un punto di forza. Nessuno ovviamente indagherà. E poi il tempo stempererà la notizia diffusa. Del resto sono tecniche di marketing. Il valore della parola dipende dalla utilità della stessa.

Ma anche qui sorge spontanea una domanda: è legittimo che un docente di una Facoltà Universitaria usi la stessa per elaborare una tesi mal costruita, per poi eventualmente utilizzarne i contenuti per una consulenza giudiziaria? Non si tratta di incompatibilità o di strumentalizzazione?

Al momento non mi è dato sapere se questa informazione sia vera o meno, ma sarà un altro argomento da discutere in altra sede. Vi terrò informati.

Il punto più interessante della tesi vidimata da Poma è il capitolo sulla Campagna Nera. Lo stato di assedio, il lavoro nell’ombra e tutto quanto è stato attribuito ai critici di Genio 21 è esattamente quello che ho vissuto io negli anni: blog anonimi con accuse infamanti, pedinamenti, tentativi di denigrazione presso le istituzioni… ed anche anonime minacce. Azioni cui sembrerebbe aver  partecipato anche Luca Poma, come da sue responsabilità nei confronti dell’accettazione di una tesi di laurea che manipola la storia  e la divulgazione di un paio di testi, scritti dallo stesso autore inesistente, e che costruiscono ombre di dubbio sulla mia persona. Perché come ben sa l’esperto di comunicazione, Luca Poma, per costruire una fake news bisogna saper presentare le informazioni e i dati in maniera che sembrino incontrovertibili, camuffati da verità. E’ la base per distruggere la credibilità del proprio nemico. Magari qualche volta è bene che certe elucubrazioni siano firmate anche da un nome, affinchè non risultino completamente inattendibili. Non importa se il nome corrisponda ad una persona inesistente. Può trattarsi di un Venanzio Malavasi, Pierluigi Belisario oppure di un Mario Casini qualunque. Purchè ci sia. Chi si chiederà se esistano o meno persone con quei nomi? Chi farà ricerca delle fonti? Chi controllerà che tali argomenti sono diffusi da una sola parte interessata alla questione e non tutti gli organi di informazione?

Luca Poma, docente presso la LUMSA, giornalista iscritto all’albo trova deontologico divulgare opere così costruite da un autore inesistente. Sono certa che nei giusti contesti, la risposta arriverà.

Ovviamente ho dato mandato ai miei legali di intervenire a tutela della mia persona per questi ennesimi attacchi. E la mia parola è sempre coerente, malgrado tutto.

Le caratteristiche dell’abuso emozionale

L’abuso emozionale è sfuggente. A differenza degli abusi fisici, le persone che lo perpetrano e lo ricevono possono anche non sapere ciò che sta accadendo.

Esso può essere più dannoso dell’abuso fisico perché può minare quello che pensiamo di noi stessi. Può paralizzare tutti perchè noi siamo fatti per essere quello che anche se di falso, viene di noi percepito. L’abuso emozionale può verificarsi  tra genitore e figlio, marito e moglie, tra parenti e tra amici.

L’aggressore proietta le sue parole, i suoi atteggiamenti o azioni su una vittima ignara di solito perchè non ha risolto le sue ferite infantili, che ora gli stanno permettendo di danneggiare gli altri.

 

Di seguito alcuni quesiti per verificare se si sta abusando o se si è abusati:

 

1) Umiliazione, degrado, attualizzazione, negazione,  giudizio, critica:
– Qualcuno si diverte ad umiliarti anche davanti ad altri?
– Ti prende in giro, usa il sarcasmo come modo per sminuirti o denigrarti?
– Se ti lamenti ti dice che “era solo uno scherzo” e che sei troppo sensibile?
– Ti dice che la tua opinione o i tuoi sentimenti sono “sbagliati“?
– Qualcuno ti ridicolizza regolarmente,  ti respinge, ignora le tue opinioni, i pensieri, le suggestioni e i tuoi sentimenti?

 

2) Dominazione, controllo  e vergogna:
– Pensi che una persona ti sta trattando come un bambino ?
– Ti rimprovera costantemente perché il tuo comportamento è “inopportuno“?
– Ti senti obbligato a “chiedergli il permesso” prima di fare qualsiasi cosa o di prendere anche una piccola decisione?
– Controlla le tue spese?
– Qualcuno di  tratta come un essere inferiore?
– Ti fa sentire che ha sempre ragione?
– Sottoliena le tue mancanze?
– Sminuisce le tue realizzazioni, le tue aspirazioni, i tuoi piani o anche chi sei?
– Ti danneggia con disapprovazione, sguardi sprezzanti, o con commenti svilenti?

 

3) Accuse e induzioni di sensi di colpa,  richieste o  aspettative banali e irragionevoli, negazione delle proprie mancanze :
– Ti accusano di qualcosa di artificioso nelle loro menti, nonostante tu sappia che non è vero?
– Sono in grado di ridere di se stessi?
– Sono estremamente sensibili quando si tratta di altri, ma prendersi gioco di loro o  fare qualsiasi tipo di commento a loro  lo percepiscono come una mancanza di rispetto?
– Hanno difficoltà a chiedere scusa?
– Si giustificano per il loro comportamento o tendono a incolpare gli altri o le circostanze per i loro errori?
– Ti chiamano con nomignoli?
– Ti danno la colpa per i loro problemi o per la loro infelicità?
– Commettono “violazioni di confine ” e mancanze di rispetto nei confronti delle tue valide richieste?
– Usano una freddezza emotiva e il ” trattamento silenzioso “, l’isolamento , l’abbandono emotivo o negligenza?
– Usano il broncio o la privazione di affetto?
– Non hanno voglia di soddisfare i bisogni di base e utilizzano la trascuratezza o l’abbandono come punizione ?
– Deviano sulla vittima tutte le colpe, invece di assumersi la responsabilità delle loro azioni e degli atteggiamenti?
– Non hanno notato o non gli importa di come ti senti?
– Non mostrano empatia e fanno domande solo per prendere informazioni

 

4) Codipendenza e invischiamento:
– C’è qualcuno che ti tratta non come una persona distinta, ma piuttosto come un’estensione di se stessa?
– Non protegge i tuoi limiti personali e non condividere informazioni che non hai riconosciuto?

– Manca di rispetto alle tue richieste e  fare quello che pensa sia meglio per te?
– Non ha bisogno di un continuo contatto e non ha sviluppato una rete di supporto sana tra i tuoi coetanei?
Maria Bogdanos è una coach per la salute emotiva

http://psychcentral.com/blog/archives/2013/02/20/signs-of-emotional-abuse/

 

 

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

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Manipolazione S.P.A. (Da Maxim di Aprile 2011, n. 14)

 

 

 

 

 

 

 

 

Manipolatori della mente: la "casta" di maghi e santoni

Proliferano in Italia sedicenti veggenti e guaritori. A cadere nella rete dei truffatori, milioni di persone fragili, ridotte sul lastrico da astute tecniche di ‘plagio’.

Per il Fisco sono normali lavoratori autonomi, mentre la legge li considera “ciarlatani”. Non hanno un albo ufficiale, ma lo Stato gli concede la possibilità di “mettersi in regola”. Il terreno ambiguo su cui si muovono in Italia sedicenti maghi, cartomanti e santoni, sembra alimentare quell’invisibilità del settore che vede il dilagare dell’evasione fiscale nel migliore dei casi e reati di truffa aggravata, circonvenzione di incapace o estorsione nel peggiore.
Le clamorose storie giudiziarie finite alla ribalta della cronaca, sono solo la punta dell’ice-birg di un fenomeno pervasivo, in continuo aumento e di difficile monitoraggio. L’Osservatorio del Telefono Antiplagio ha segnalato, infatti, che solo 4 cittadini su 100 denunciano casi di abusi da parte di maghi truffatori.
I DATI. Le ultime stime, per difetto, dell’Osservatorio di settore (non più in attività dal novembre dello scorso anno), parlano di circa 155 mila maghi e astrologi operanti nel nostro Paese, che registrano un fatturato di circa 6 miliardi di euro l’anno, con un’evasione fiscale al 99 per cento. A loro si rivolgono 33 mila persone al giorno, pari a 11 milioni di cittadini, il 18 per cento della popolazione; quasi 3,5 milioni le famiglie coinvolte. I soli contatti al sito del Telefono, sono stati 340mila, con 16mila segnalazioni di abusi e truffe dal 1994 ad oggi.
FASCIA DI ETA’. L’età media delle vittime, è di 44 anni. Il 44 per cento di loro ha un titolo di studio di scuola media inferiore, il 37 per cento di licenza elementare, un 13 per cento il diploma, il 6 per cento la laurea. A frequentare i maghi, maggiormente le donne che sono il 51 per cento del totale, a fronte di un 43 per cento di uomini e un 6 per cento di minori. L’amore e gli affetti in generale (46 per cento), le motivazioni che alimentano la consultazione della magia; poi figurano salute (25 per cento), protezione (22 per cento), lavoro (7 per cento). In base alle rilevazioni del Centro studio abusi psicologici (Cesap), una buona parte di coloro che hanno tragicamente perso un congiunto, figlio o marito, ricorrono con molta facilità a sedicenti medium, che promettono un contatto con l’aldilà: “Negli ultimi due anni – ha spiegato la presidente del Cesap, Lorita Tinelli-, abbiamo registrato al livello nazionale 152 persone che avendo perso una persona cara con morte tragica, sono andati in giro per l’Italia, ad inseguire persone che si dicono capaci di mettere in comunicazione il defunto con la famiglia”,Contrariamente alle aspettative, il ricorso all’occulto è, secondo l’Osservatorio Antiplagio, più massiccio al Nord, con il 41 per cento; a seguire il Centro (28 per cento), il Sud (18 per cento), le Isole (13 per cento). Le grandi città quelle con il più alto numero di maghi: Milano, Roma, Napoli, Palermo, Torino. Gli illeciti più frequenti registrati da Telefono antiplagio, vanno dall’esercizio del mestiere di ciarlatano all’evasione fiscale, passando per la circonvenzione d’incapace, truffa aggravata, estorsione, esercizio abusivo della professione medica e psicologica, abuso della credulità popolare, violazione della privacy e pubblicità ingannevole. Quest’ultima, nonostante la legge la vieti, affolla radio, tv locali e quotidiani (3.800), siti internet (600), Pagine Utili (300), Pagine Gialle (250), Mediavideo (230), Ebay (220), Astra (200).
FASCINAZIONE RISCHIOSA. Cadere nella rete di un negromante malintenzionato è molto facile, per chiunque. Le tecniche usate sono studiate e astute, messe in atto per far leva sulle debolezze umane. “Sigle altisonanti di fantomatiche accademie, federazioni, istituti internazionali e albi ‘professionali’ contribuiscono – ha spiegato Dino Potenza, presidente dell’Associazione Tutor Onlus – ad ingannare le persone superstiziose, credule o talvolta sprovvedute”. “Abbiamo visto che – prosegue -finanche alcune organizzazioni settarie hanno istituito un Albo per i loro ‘Maestri’. Ma maestri di cosa? Sono persone, è bene precisarlo con forza, completamente e fantasiosamente autoreferenziate, prive di titoli riconosciuti”.
LE TECNICHE TRAPPOLA. Seppure non tutti i sedicenti maghi siano da considerarsi truffatori, la persona che vi si rivolge dovrebbe essere sempre consapevole del possibile rischio ‘dipendenza’ in cui può incorrere. “Ci sono indovini, che a fronte di una somma stabilita, fanno credere di leggere le carte, la mano e predire il futuro – aggiunge Maurizio Alessandrini dell’Associazione familiari vittime di sette -. Fin quando si è consapevoli che si tratta di un gioco, il rischio resta contenuto; una volta pagata la cifra prevista, se la consultazione finisce lì, nulla di male. L’illecito si conclama invece, quando l’occultista di turno comincia a prevedere per la vittima eventi funesti, da scacciare con azioni che devono protrarsi nel tempo: qui si innesta il seme dello sfruttamento della credulità della vittima e dei suoi beni”.
Un primo evento, questo, che può configurarsi come il passo cruciale verso la caduta in un inferno di ricatti, minacce, estorsione, che può trovare la sua sponda anche nello sfruttamento di tipo sessuale. “Il mago strumentalizza lo stato di necessità di una persona. Le sue predizioni sono costruite sulle informazioni che il cliente stesso lascia trapelare – dichiarò il fondatore del Telefono Antiplagio, Giovanni Panunzio, in un’intervista al mensile ‘Focus’ in un’edizione dell’aprile del 1998 -. Per divenirne succubi a volte basta pochissimo: una voce o un volto rassicurante. Solo in un caso su quattro si ottengono risultati una percentuale del tutto naturale, legata alla casualità degli eventi. Ma il cliente crede che il merito sia del mago e ne pubblicizza le ‘virtù’ “.
“La maggioranza, che invece butta via i soldi senza risolvere nulla tace, perché si vergogna. Ma anche per paura – aggiunse Panunzio nell’intervista rilasciata a ‘Focus’ -: spesso, seppure delusi, temono ancora i ‘poteri’ del mago. Tanto è vero che a chiamarci – secondo quanto dichiarato da Panunzio – sono spesso i familiari, non i diretti interessati. E poi maghi e santoni ricattano chi vuole andarsene minacciando di rivelare a coniugi e amici le notizie apprese. Oppure spaventando con anatemi (‘Se esci fai peccato’) rimorsi (‘Così tradisci i tuoi amici’)”.
ASSENZA DELLE ISTITUZIONI. Ma ad incidere sulla debolezza della vittima, è anche in molti casi il senso di solitudine in cui si sente gettata in situazioni di difficoltà: “Quando un’istituzione o un’organizzazione ufficiale di rifermento (Chiesa, strutture sanitarie, centri di ascolto o sostegno), non fornisce risposte attente alla persona o all’intero nucleo familiare dolente per gravi motivi di salute fisica o psicologica – spiega Lorita Tinelli, psicologa e presidente del Cesap -, ecco che fa breccia chi, apparentemente, sa dare gratuitamente calore e ascolto”.” Invece – aggiunge – spesso, il passo successivo è la richiesta di un coinvolgimento e un vincolo sempre maggiore per la vittima, con forti pressioni di tipo psicologico, economico e non di rado sessuale. Una delle più folli vicende, eppure reale, è quella di Claudia V., narrata da lei stessa in un toccante libro”. LA STORIA. La clamorosa ed esemplare storia di Claudia V., autrice del libro “Plagiata. Nelle mani di un mago”, edito da Mondadori, è la scesa agli inferi di una ragazza giovane, bella, intelligente, fidanzata e innamorata della musica. Un momento di difficoltà, legato alla grave malattia della madre, getta Claudia fra le mani di Demos, sedicente mago in contatto col divino, che per dieci anni è stato capace di tenerla in schiavitù, piegando la sua mente a proprio piacimento. Vincolandola a strani rituali, che lui chiamava “le opere”, il mago ha perpetrato su Claudia abusi sessuali durati anni, costringendola a giochi osceni e contagiandola con il virus dell’Hiv. Una storia che, tuttavia, ha un epilogo a lieto fine. L’aiuto di persone vicine alla ragazza e uno straordinario coraggio, hanno portato Claudia a uscire dall’incubo e a denunciare il suo oppressore, arrestato poi con accuse pesantissime. Un viaggio lucido e implacabile, che rende con chiarezza l’assurdo vortice del plagio, in cui chiunque potrebbe cadere per banali accadimenti della vita.
LINK- Telefono Antiplagio Associazione familiari vittime di setteAssociazione Tutor OnlusCentro Studi Abusi Psicologici

http://www.nannimagazine.it/articolo/2223/Manipolatori-della-mente-la-casta-di-maghi-e-santoni

Le Sette e la Famiglia

La Famiglia, in quanto società naturale fondata sul matrimonio, è il nucleo fondamentale della società allargata e dello Stato.
La psicologia ci insegna che una famiglia sufficientemente buona, favorisce attaccamenti sicuri, i quali a loro volta, favoriscono sviluppi di personalità integre, che non gravano e non logorano se stessi e gli altri. Una personalità integra è al contrario rispettosa e conduce ad una programmazione di vita responsabile.

La famiglia funziona grazie a regole implicite ed esplicite condivise e a ruoli riconosciuti, che si modificano nel tempo, in seguito alle interazioni di tutti i suoi membri tra loro (genitori, figli, fratelli, nonni, zii, …) e con l’ambiente in cui essa si struttura, costituito da conoscenze, relazioni amicali e lavorative, usi, costumi e valori.
Non è dunque solo l’appartenenza dentro la sfera biologica che tiene il legame, c’è l’appartenenza affettiva, rafforzata dai valori condivisi, che impedisce lo sgretolamento dei legami fra membri della stessa famiglia, anche se questi vivono in case o posti separati.
La famiglia assolve, dunque, un’importante funzione nella formazione dell’individuo e nella costruzione della società, tant’è che persino la Corte di Cassazione, con sentenza n° 9606 del 25 settembre 1998, si è espressa a favore di questa fondamentale istituzione, sostenendo che i nonni sono le radici su cui poggia il tronco della vita e i nipoti sono appunto le ultime gemme. Per questo motivo tale legame deve essere incentivato, in quanto favorisce la trasmissione di valori e tradizioni propri di quella famiglia, quindi la sua storia evolutiva, che permettono una crescita migliore del minore. Non basta dunque la presenza dei genitori, ma anche gli altri membri della famiglia sono essenziali alla crescita!
Questa premessa è indispensabile perché studiando il fenomeno delle comunità settarie è stato reso evidente come certi tipi di organizzazione, con modalità differenti, mettono a serio rischio l’individuo, minando non solo la sua istituzione familiare di appartenenza, ma in ultima analisi contribuendo ad alimentare la crisi dell’intera società.
In diverse occasioni, difatti, è stato possibile dimostrare che l’appartenenza ad una comunità settaria tende a mettere in crisi i rapporti fra i membri di una famiglia, soprattutto perché questi non sono più spontanei e diretti, ma mediati dagli insegnamenti di un capo carismatico o da un vertice privilegiato, che avrà come obiettivo quello di far ‘rompere’ i legami tra il neofita ed il mondo esterno alla setta. Naturalmente del mondo esterno fanno parte anche tutti quei familiari che non accettano le ideologie del gruppo.
Tale divieto non è quasi mai diretto, ma viene trasmesso in forma mascherata e sostenuto da ottime spiegazioni.
Un esempio può essere rappresentato da quello che accade all’interno del gruppo dei Testimoni di Geova. Essi difatti adottano la tecnica della Profezia che si autodetermina. Il proclamatore che inizia uno studio biblico con un individuo interessato, gli profetizzerà che presto questi sarà tentato da Satana attraverso i suoi parenti ed amici. Inevitabilmente questa profezia si verificherà, tant’è che non appena parenti e amici noteranno dei cambiamenti nell’uso del linguaggio o del comportamento del proprio caro, gli comunicheranno le loro perplessità. Queste saranno scambiate per i tranelli di Satana ed indurranno il povero neofita a sviluppare una sorta di timore nei confronti del mondo esterno (non gli sarà più possibile fidarsi neppure dei propri genitori, strumenti inconsapevoli di Satana!) e a ricercare la tranquillità all’interno dell’organizzazione dei Testimoni di Geova.
In altre organizzazioni, i membri del gruppo vengono subito mandati in missione in terre lontane, affinchè possano subire il meno possibile l’influenza della propria parentela. Ci sono casi in cui i genitori non hanno il permesso di sapere dove vive il loro figlio aderente di una comunità settaria.
Il disagio affettivo del neofita, centrato anche sulla negazione forzata della propria famiglia d’origine, è tale da generare dei veri e propri misconoscimenti della realtà.
Se, però, l’adesione ad una comunità settaria è un parziale rimedio per l’adulto, diventa un potente inganno per il minore, il quale crescerà privo di sani riferimenti, privo della cultura e delle tradizioni proprie della storia evolutiva della sua famiglia, e con una visione incompleta e condizionata della realtà.
La sentenza prima citata riguardava la storia di una giovane donna separatasi dal marito perché con problemi di tossicodipendenza. Ella desiderava impedire a suo marito e ai suoi suoceri di frequentare i figli minorenni, sostenendo il pericolo di queste relazioni.
La Corte di Appello di Roma le ha dato torto, ritenendo che l’assiduità dei rapporti con il padre e con i nonni risultava ‘benefica e vantaggiosa per i minori’ e successivamente la Suprema Corte ha sostenuto che la possibilità dei nonni paterni di vedere questi nipoti non doveva essere ‘residuale’, ma andava considerata ‘un diritto garantito dall’ordinamento’ e che di fronte ad una tale situazione particolare, dove emergevano difficoltà nella coppia dei genitori, il contatto con i nonni avrebbe dovuto essere ‘quotidiano’ per fungere da sostegno continuato alla crisi.
Una tale sentenza, a mio avviso, potrebbe essere applicata alle tante situazioni di minori che vivendo in comunità settarie ricevono impedimenti alla frequentazione dei propri nonni che vivono all’esterno, proprio per sostenere ancora con forza il diritto del minore a crescere sano ed equilibrato così come sostenuto dalla Convenzione dei diritti dell’infanzia del 20 novembre 1989.
Concludendo sono da considerarsi pericolose ed anticostituzionali tutte quelle organizzazioni di potere che, creando separazioni per fini propri che prescindono dal benessere dell’uomo ed ergendo barriere a difesa del proprio sopravvivere, minano i fondamenti della nostra società, a partire dalla distruzione del sistema affettivo, biologico e dei valori appartenenti alla storia dell’uomo.

© Ann0 1998

Abuso psicologico e controllo mentale

Definizione

Ci sono parole, azioni, comportamenti, interazioni che nessuna legge punisce, ma che possono risultare fortemente lesivi per una persona.

Questo tipo di violenza, definita psicologica (definizione vaga e per ora scarsamente codificata), riguarderebbe diverse situazioni, tanto di tipo carenziale, quanto di tipo attivamente lesivo, che colpiscono il benessere emotivo e psicologico della vittima. La provocazione continua, l’offesa, la disistima, la derisione, la denigrazione, la svalutazione, la coercizione, il ricatto, il silenzio, la privazione della libertà, la menzogna e il tradimento della fiducia riposta sono solo alcune forme in cui si manifesta la violenza psicologica.

Per parlare di abuso psicologico è necessario che una o più di queste dimensioni siano sufficientemente pervasive, da poter essere considerate caratteristiche delle interazioni e da far sorgere serie preoccupazioni in merito al funzionamento e alle condizioni emotive della vittima.

Ambiti di attuazione della violenza psicologica

La violenza di tipo psicologico si esplica in vari ambiti, domestico, lavorativo e sociale, ed è dunque caratterizzata da un tipo di relazionalità aggressiva che può essere o meno accompagnata da situazioni di maltrattamento fisico o sessuale, e che si connota per il carattere particolarmente minaccioso dell’approccio relazionale.

L’aspetto che distingue tale situazione da altre che per altro verso potrebbero essere definite nello stes-so mo-do, è rappresentato da un atteggiamento violentemente intrusivo da parte dell’aggressore nei confronti dell’aggredito, che può essere un partner debole o più frequentemente un figlio, oppure, un discente, un collega di lavoro…

La violenza psicologica che si perpetua nell’ambito familiare è quella maggiormente riconosciuta anche dal punto di vista giuridico.

Recenti sentenze hanno difatti sottolineato le caratteristiche della violenza psicologica domestica e i suoi effetti sulla relazione.

Una sentenza della Corte d’Appello di Torino, sezione I civile (RG. 895/99), per esempio ha attribuito il fallimento di un matrimonio alle violenze psichiche che il marito infliggeva alla moglie:

“E’ emerso infatti che il comportamento tenuto dallo S. ha comportato per tutta la durata del rapporto, offesa alla dignità dell’altro coniuge, in considerazione degli aspetti esteriori con cui era coltivato e dell’ambiente in cui era esternato, ed è stato oggettivamente tale da cagionare sofferenze e turbamenti, lesioni all’immagine ed offese pregiudizievoli della personalità del coniuge, con atteggiamenti di disistima e comportamenti espulsivi, particolarmente gravi per i toni sprezzanti ed in quanto esternati alla presenza dei componenti del gruppo parentale e amicale, benchè la moglie tentasse, in tali occasioni, di ricomporre le fratture. Lo S. ha dunque tenuto nel corso del rapporto una condotta offensiva ed ingiuriosa sotto plurimi profili. (Dalla sentenza, pag. 36).

La sentenza ha denominato tali metodi di attacco alla stima personale con il termine mobbing (pag. 45 della sentenza), addebitando la responsabilità della separazione al marito.

La Sesta Sessione Penale della Corte di Cassazione (3750/99) ha sostenuto che l’uomo che rende la vita impossibile alla ex moglie, sottoponendola ad ogni tipo di molestie e vessazioni, è punibile con il carcere, perché viene meno ai doveri di rispetto reciproco ai quali è tenuto anche se separato, a nulla rilevando il fatto che sia cessata la convivenza. Con questa affermazione ha respinto il ricorso di un signore separato che aveva tormentato la ex moglie con ogni tipo di molestia (foratura di gomme dei pneumatici, minacce) e per questo era stato condannato dalla Corte di Appello di Venezia per il reato di maltrattamenti in famiglia. Secondo la Suprema Corte, infatti, è vero che i singoli comportamenti tenuti dall’uomo costituivano di per sé reato (minacce, ingiurie, danneggiamento, etc.), ma quando la sottoposizione dei familiari, “ancorché conviventi”, ad atti di vessazione continui e tali da cagionare agli stessi intollerabili sofferenze presentino “il connotato dell’abitualità”, tutti i singoli episodi costituiscono espressione di un “programma criminoso” unitario, e quindi configurano il più grave reato previsto dall’art. 572 del codice penale.

Quindi vessazioni, minacce, ingiurie, danneggiamenti, ecc. continuativi all’interno di una relazione sono segnali di abuso psicologico.

La violenza psicologica si consuma anche nell’ambiente lavorativo. Il mobbing (dall’inglese To mob = assalire tumultuosamente) difatti è una chiara forma di violenza psicologica, definita anche terrore psicologico, esercitata sul posto di lavoro attraverso attacchi ripetuti di colleghi o superiori.

Il mobbizzato (vittima del mobbing), spesso, inconsapevolmente entra in un circolo relazionale vizioso che lo vede vittima di una sottile e diabolica aggressione da parte di un carnefice. Gli attacchi però non sempre sono eclatanti, e la vittima non è subito in grado di identificare chiaramente quello che gli sta succedendo: cattiverie, pettegolezzi…sono ritenuti regole del gioco e sdrammatizzate da parenti e amici a cui vengono raccontati. Così l’individuo inizia a provare senso di inadeguatezza, di colpa per non riuscire ad essere migliore e quindi inattaccabile. Non riesce subito a mettere in relazione il fastidioso mal di testa, la difficoltà di digestione, gli attacchi d’ansia…con lo stillicidio quotidiano di diffidenze, maldicenze e rimproveri gratuiti che riceve. Finisce spesso per attribuire a se stesso la responsabilità delle sue difficoltà di adattamento all’ambiente lavorativo. I disturbi psicosomatici e i danni alla stima della persona sono inevitabili.

Si passa dunque da un tipo di relazione simmetrica ad una relazione complementare fissa, in cui la vittima assume il ruolo di sottomesso (one-down).

Una delle forme più invasive dell’abuso psicologico è il controllo mentale o persuasione distruttiva, che il carnefice mette in atto nei confronti della vittima designata. La persuasione, o controllo mentale rappresenta lo sforzo di condurre una persona verso una direzione voluta, con mezzi diversi dalla forza (nel caso della violenza psicologica nel mondo del lavoro, il carnefice desidera portare al licenziamento la vittima; nell’ambito domestico o relazionale, l’obiettivo è di annientare psicologicamente il più debole). La persuasione distruttiva viene preparata secondo un programma preciso e nascosto, mediante il controllo strategico dei bisogni dell’altro.

Un ambito in cui si sviluppa ampiamente tale forma di relazione pervasiva, ma in modo molto più subdolo, è quello di appartenenza ad un gruppo ad ideologia radicale o settaria. La convinzione che un “profilo psicologico” caratterizzi i membri dei gruppi radicali è errata. Diversi fattori operano simultaneamente all’istante del reclutamento. Affinchè un individuo venga reclutato con successo, diventano importanti i seguenti fattori: convinzioni ed atteggiamenti precedenti, natura della strategia del gruppo persuasivo, variabili sociali ed ambientali, particolari bisogni dell’individuo in quel preciso momento.

Esistono dei gruppi altamente specializzati nelle tecniche di reclutamento che mescolano psicoanalisi, religione, scienza e pratiche iniziatiche per creare acquiescenza nell’individuo. Spesso aggirano le difese mascherandosi da scuole di formazione o corsi specialistici per operatori e manager. Tali gruppi, oggi molto “di tendenza” sono legati al variegato mondo della New Age.

Il lungo rapporto che il Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno ha inviato alla Commissione Affari Costituzionali della Camera punta il dito in particolar modo su questi tipi di gruppo, definiti “psico-sette” o “autoreligioni”, che agiscono anche nella nostra nazione con metodi reclutativi altamente aggressivi e lesivi.

Il rapporto sostiene difatti che “nella fase di proselitismo e in quella di indottrinamento tali gruppi usano sistemi scientifici studiati per aggirare le difese psichiche delle persone irretite, inducendole ad atteggiamenti acritici e obbedienza cieca”.

Per quanto questi gruppi sostengano di agire per garantire il benessere personale e psicologico degli individui, la sola cosa che ottengono con indiscutibile successo è di raccogliere enormi somme di denaro per i loro capi.

Nel rapporto del Ministero degli Interni difatti si legge tra l’altro: “Coloro che decidono di proseguire la terapia, sono indotti a frequentare corsi sempre più onerosi, durante i quali sono sottoposti a stress fisici (lavori logoranti, diete ipervitaminiche e ipoproteiche) e psicologici (letture forzate, pressioni e intidimidazioni)”. Contro organizzazioni di questo tipo, sottolinea il rapporto, l’azione penale rischia di non avere strumenti sufficienti: non esiste ancora il reato di “aggressione alla liberta” psichica e non è più previsto quello di plagio.

Il mantenimento all’interno del gruppo viene garantito da una serie di tecniche. Molti di questi gruppi utilizzano anche l’ipnosi di massa, che favorisce una attenzione di tipo estatico e, infine, obbedienza. Strumenti di ipnosi sono la preghiera o la ripetizione di frasi ritualistiche o mantra. Le parole utilizzate in queste cantilene non devono però essere significative per essere efficaci. La psicologia ha difatti dimostrato sperimentalmente che le parole senza senso sono più facilmente ricordate che non quelle dotate di senso. Questo perché le parole senza significato hanno un contenuto meno associativo e inibitorio di quelle significative.

Altra tecnica funzionale al controllo mentale ed efficace al mantenimento dell’individuo nel ruolo di vittima è la manipolazione della colpa: qualsiasi lacuna nella vita del culto viene attribuita ad una qualche falla tra i devoti. Quando un membro comincia a mettere in dubbio che i suoi bisogni trovino veramente una soluzione, le sue proteste verso i leaders generano soltanto accuse secondo cui egli stesso è responsabile delle proprie difficoltà (così come avviene per il mobbizzato nel mondo del lavoro). Addirittura un membro impegnato arriva a credere davvero che la sua insoddisfazione sia dovuta al proprio modo di agire. Come un bambino non può immaginare che i suoi genitori possano usargli violenza, un membro del culto può condannare solo se stesso per le esperienze negative.

Il processo di colpevolizzazione è un circolo vizioso: il considerevole numero di suicidi tra i membri del culto suggerisce che l’unica soluzione a questo dilemma sia l’autodistruzione.

Effetti dell’abuso psicologico

Nell’anno 1999 alle sedi del nostro Centro (Ce.S.A.P.) si sono rivolti 763 utenti, che hanno denunciato situazioni di abuso psicologico: il 16,4% (pari a 125) nell’ambito domestico, il 18,4% (140) nell’ambito lavorativo, mentre il 57% circa (436) ha portato alla nostra attenzione un problema di controllo mentale a causa di un’adesione ad un culto personale o di un proprio parente. I contatti solitamente avvengono per via telematica (605 e-mail di richiesta in un anno) oppure per telefono (65 telefonate) o per contatto diretto con i nostri operatori (93 visite).

L’età media dei richiedenti è di 43 anni circa, si tratta il più delle volte di donne (55,5%), coniugate (76% circa). Solitamente denunciano esperienze lunghe di abusi, vessazioni, lesioni ai propri diritti, dirette o indirette.

Si tratta di numeri dolorosi, minacciosi, indicativi della gravità del fenomeno, del quale lasciano però intuire dimensioni ben più ampie.

230 delle richieste pervenute sono state prese in carico dai nostri professionisti per:

– Psicoterapia (25%)

– Terapia medico/farmacologica (5%)

– Cause di separazione legale (56,5%)

– Interventi educativi su minori (10,5%)

Gli utenti presi in carico si distinguono in vittime dirette di un abuso perpetuato in uno degli ambiti sopracitati e in parenti delle vittime. I primi spesso non giungono a chiedere aiuto spontaneamente, ma sono spronati a farlo da amici o parenti. Sono diffidenti e molto aggressivi, all’inizio, in quanto non hanno più alcuna fiducia nella relazione. Il senso di violazione personale è indescrivibile.

Se hanno avuto un’esperienza in un culto distruttivo, appaiono arrabbiati, delusi e il più delle volte non desiderano sentir parlare di argomentazioni spirituali. In casi più rari, invece, la rabbia di essere stati ingannati è tale che le vittime più che rivolgere una richiesta d’aiuto desiderano acquisire quante più informazioni possibili sul culto di cui facevano parte, al fine di vendicarsene (in special modo se all’interno hanno dovuto lasciare una persona cara), oppure desiderano sporgere immediatamente delle denunce.

La maggior parte di loro presenta dei problemi di carattere emotivo e in alcuni casi disturbi mentali veri e propri. L’adesione ai culti distruttivi, per esempio, o il perpetuarsi di una distorsione nella relazione agevolano lo strutturarsi di una serie di problemi fisici e mentali (si comincia col manifestare disturbi di tipo psicosomatico, disordini alimentari, fino a giungere a disturbi di tipo psicotico, depressione cronica, alcoolismo…). Spesso gli ex aderenti ad un culto distruttivo risentono, a distanza di tempo, dei ricatti e delle vessazioni ricevuti dal resto del gruppo di appartenenza, nel momento in cui si sono allontanati o sono stati costretti ad allontanarsene. I culti distruttivi funzionano secondo la politica del Chi è fuori è un nemico!

Molti sono i tentativi di suicidio, specialmente perché la vittima spesso non si sente supportata nel suo dolore da nessuno, non trova via d’uscita e crede che la colpa della sua esperienza negativa sia esclusivamente sua.

Diverse sono le cause di separazione, specie quando l’altro coniuge è ancora all’interno del culto. Le cause non sono semplici, specie quando di mezzo ci sono i bambini. Spesso il coniuge-adepto, in questi casi, mette in moto una serie di meccanismi e strategie di denigrazione dell’altro (l’apostata) con accuse gravi, fino a trasformare le cause da civili a penali. L’adepto ha la tendenza a volere l’affidamento del proprio figlio al fine di tenerlo ancora nel gruppo e soprattutto lontano dall’altro che rappresenta nella sua mente satana. Nel quotidiano le vittime sostengono di non riuscire a rendere più nel loro lavoro o impegno, provano vergogna e ancora sensi di colpa, anche a distanza di tempo. Uno di loro una volta ha asserito di sentirsi in colpa per aver buttato 20 anni della sua vita in un culto, anni in cui aveva vissuto non vivendo.

I familiari delle vittime, specialmente quelli degli aderenti ai culti distruttivi, che sono coloro che più facilmente si rivolgono ai centri di aiuto, sviluppano una sorta di relazione di co-dipendenza, con il proprio caro, adepto. Dopo aver fatto diverse esperienze di fallimento iniziali, in cui hanno tentano di risolvere la situazione con le sole proprie forze, tendono a negare il fatto, quando sono di fronte al loro caro intrappolato, mentono per non affrontare la situazione, perché temono di non rivederlo più, sono spesso accondiscendenti, ma covano dentro tanta rabbia, depressione e risentimento che contribuiscono ad alimentare la loro frustrazione e impotenza.

Spesso ci chiedono aiuto per ricevere un miracolo dall’esterno, più che animati da desiderio di impegnarsi nei tentativi di recupero. Alcuni di loro, si mettono in contatto con tutte le associazioni e i professionisti di cui hanno sentito parlare su giornali o in TV, in Italia e all’estero, e contemporaneamente rivolgono a tutti richieste d’aiuto. In questo modo rendono molto più complessa l’azione di intervento, per il dispendio di energie. Anche i familiari delle vittime sviluppano malattie psicosomatiche dovute a disturbi connessi allo stress che vivono quotidianamente.

Metodi di aiuto e di recupero Nel corso della nostra esperienza abbiamo sviluppato metodologie sempre più specifiche di aiuto e recupero da abuso psicologico.

Le vittime entrano in contatto con i nostri operatori, i quali hanno il compito di verificare la natura della richiesta e a seconda dei casi inviarli al professionista più adeguato (medico, psicologo, psicoterapeuta, psichiatra, avvocato, pedagogista). Fanno parte del nostro gruppo anche ex vittime, che sono a disposizione nelle varie fasi di recupero con la loro personale esperienza nell’ambito specifico.

Una volta presi in carico, viene richiesta a ciascuno la redazione di un memoriale della propria esperienza, che aiuta sia loro sia gli operatori a focalizzare razionalmente la storia passata.

Il sostegno informativo è un’altra fase essenziale per il processo di recupero: gli operatori spesso mettono a disposizione dell’utente tutto il materiale necessario a comprendere meglio l’esperienza passata (libri e documenti dei culti, sentenze, circolari…) e le ex vittime provvedono a fornire particolari dello loro esperienza.

Questo tipo di aiuto emotivo è molto importante sin dal primo contatto.

Gli utenti chiedono subito se la loro esperienza è singolare o c’è qualcun altro che l’ha vissuta e se esiste questa possibilità chiedono immediatamente il contatto. Quando i vari utenti sono presi in carico dagli esperti, alcuni di loro contemporaneamente ricevono supporto emotivo mediante i gruppi di auto-aiuto. I gruppi di aiuto sono luoghi dove elaborare la propria guarigione, dove parlare di traumi passati con persone che hanno fatto la stessa esperienza e che sono state formate a dare sostegno.

Dal gennaio 2000 è stato attivato un gruppo di auto-aiuto per vittime di culti distruttivi, al quale hanno aderito 15 persone. Grazie al successo di questa iniziativa a settembre saranno attivati altri gruppi per vittime e familiari di vittime di culti distruttivi e di mobbing.

Quando le vittime sono riuscite a risolvere il loro problema, hanno sviluppato nuovi modi di comunicare con se stessi e con gli altri ed hanno recuperato fiducia nel prossimo, la maggior parte delle volte desiderano offrire la propria esperienza al servizio degli altri.

Lorita Tinelli

Presidente CeSAP

© Leadership Medica Anno XVI – No. 06.2000