Le sette: problemi terminologici

Il termine sètta, derivante dal latino sequor con il significato di ‘seguire’, è stato solo in seguito collegato all’idea di ‘separazione’ (dal verbo secare, tagliare).
Giovanni Filoramo, studioso di Storia delle Religioni e autore di numerosi articoli e saggi sul mondo gnostico, infatti, attribuisce questo uso del termine al sociologo Max Weber (1864-1920) e successivamente a Ernst Troeltsh (1865-1923) i quali lo utilizzarono in contrapposizione alla categoria di ‘chiesa’ (Giovanni Filoramo, I nuovi movimenti religiosi.Metamorfosi del sacro, Laterza, Bari, 1986, pp 16-20).
Le sette, secondo questa accezione, risultano essere delle ‘unità sociologiche’ caratterizzate da un numero limitato di aderenti, soprattutto appartenenti alle classi meno abbienti della popolazione.

Tali ‘cellule’, sorte per lo più nel periodo della Riforma, si contrapponevano, dal punto di vista dottrinale, culturale e organizzativo all’Istituzione ecclesiastica.
Filoramo sostiene che, essendo il termine legato a tale contesto religioso, risulta difficile estenderlo a contesti religiosi non cristiani, perchè è fuorviante nello spiegare le nuove forme di religiosità, provenienti soprattutto dall’Oriente.
A tal fine è stato utilizzato quello di culto (dall’inglese ‘cult‘) che designa proprio quei movimenti di origine non cristiana, sia orientale sia occidentale, che non possiedono un sistema fisso di credenze e in cui la religiosità del singolo si alimenta dal rapporto privilegiato con un leader carismatico.
I termini setta o culto, spesso utilizzati indistintamente, hanno acquisito, col tempo, una valenza negativa (questo è stato soprattutto evidenziato dal Rapporto Provvisorio Vaticano, Il fenomeno delle sette o movimenti religiosi; una sfida pastorale, reso pubblico nel Maggio 1986), perciò ultimamente si è ritenuto più corretto riferirsi a un termine, non altrettanto esaustivo, bensì più neutro, quale nuovi movimenti religiosi.

Nonostante l’interminabile querelle terminologica, il fenomeno resta estremamente complesso e spesso ancora oscuro perfino agli addetti ai lavori. Motivi gnostici, messianici, occultistici s’inttrecciano nelle nuove forme di culto costituendo un universo eterogeneo e di difficile categorizzazione (da Cecilia Gatto Trocchi, Le sette in Italia, Tascabili Economici Newton, Roma, 1994, 13).
Pertanto è possibile considerare le nuove forme religiose settarie nella misura in cui si autopropongono come unico mezzo di salvezza e unica fonte di verità, incentivando un apostolato aggressivo al fine di salvare il resto del mondo che vive l’errore. In questo senso essi denotano la tendenza a non integrarsi nella società più allargata proponendosi come cultura alternativa.

Tinelli Lorita
Da Mutamenti psicologici nel processo di affiliazione ad una setta (Tesi di laurea anno accademico 1994/1995)