Disturbo Antisociale di Personalità nei Leader di Culti

Il Disturbo Antisociale di Personalità nei leader delle sette e l’induzione del Disturbo di Personalità Dipendente nei membri di un Culto

 

di  John Burke, Ph.D. & Kaiser Permanente


Abstract
Questo articolo considera le prove della  presenza di un disturbo di personalità antisociale (DAP) in alcuni leader di culti. Inoltre, ipotizza che l’influenza dei leader di sette antisociali sui membri del culto possa essere associata alla comparsa di un disturbo di personalità dipendente (DPD) in alcuni membri della setta.
Un certo numero di studi ha riscontrato la presenza di ex membri di culti con esperienze di atti e comportamenti antisociali da parte di leader di culti (Martin, Langone, Dole, e Wiltrout, 1992; Tobias & Lalich, 1994; Occidente & Martin, 1999; e Kent, 2004). Ciascuno di questi studi ha riportato prove di prima mano di atti e comportamenti antisociali da parte dei leader dei culti nei confronti di membri della setta. Questi studi pubblicati, così come il materiale di autore inedito, vengono utilizzati in questo articolo come sfondo per un modello esplicativo e predittivo dell’organizzazione della personalità dei leader di setta, che mostrano comportamenti antisociali.
Inoltre i criteri diagnostici per l’ASPD come descritto nel Manuale Statistico di  Diagnostica dall’American Psychiatric Association, 4a edizione, (1994), vengono utilizzati per aiutare la caratterizzazione dell’organizzazione di personalità antisociale del leader del culto.
All’interno dei sistemi di giustizia penale della California e del Colorado l’ASPD storicamente è stata diagnosticata sulla base di una storia di atti e comportamenti antisociali dimostrabili. L’autore ha partecipato in qualità di membro del team clinico per la diagnosi dei disturbi di personalità, tra cui ASPD, tra i minorenni presso il Santa Cruz County Juvenile Probation Department in California e tra giovani e adulti detenuti presso il Dipartimento di correzione del Colorado.

Un certo numero di studi peer-reviewed, compresi gli studi di Martin, Langone, Dole, e Wiltrout, (1992); Tobias & Lalich, (1994); West & Martin, (1996); e Kent, (2004) riportano attualmente dei risultati, tratti da interviste cliniche con ex membri, che evidenziano vari atti e comportamenti antisociali da parte di alcuni leader di setta. Questi risultati nel dettaglio sottolineano esempi di maltrattamento, intimidazione psicologica e abusi fisici e sessuali dei membri del culto da parte dei leader di culto. Questi dati offrono prove per ipotizzare che alcuni leader di culto presentano caratteristiche che possono soddisfare i criteri del DSM-IV per l’ASPD.

 

 

Si ipotizza anche che i leader di culto possano essere meglio classificati con i criteri del disturbo di personalità narcisistico (NPD), piuttosto che dell’ASPD. Questa è un’ipotesi utile, che sarà discussa solo brevemente in questo articolo, ma che è stata ampiamente approfondita da questo autore in un articolo pubblicato nel 2007.

La posizione attuale di molti ricercatori nel campo degli studi della personalità  è che se i criteri del DSM-IV  sono utilizzati per la elaborazione di una potenziale diagnosi di disturbo di personalità, questa diagnosi è corretta a patto che i criteri siano pienamente rispettati per quel dato disturbo di personalità. Pertanto, se un leader di una setta assume un chiaro modello di atti antisociali, come definito dal DSM-IV-TR, il leader può essere opportunamente diagnosticato con criteri previsti per l’ASPD. Se questo modello di comportamento risponde inoltre ai criteri per una diagnosi aggiuntiva di NPD [Disturbo Narcisistico di Personalità], anche tale seconda diagnosi può essere fatta.

Per ulteriori analisi, il lettore interessato può far riferimento a “Il Carisma Profetico, la Psicologia delle personalità religiose rivoluzionarie” di  Lean Oates (1997), per una discussione completa del rapporto tra l’emergenza del narcisismo e lo sviluppo di una organizzazione di personalità narcisistica in un determinato leader di una setta.

 

Anche se l’ipotesi di Oates è interessante e attraente, l’autore, a causa di una lunga esperienza di lavoro con le popolazioni criminali, non limita l’indagine della personalità emergente dei leader di un culto ad una ricerca della comparsa del narcisismo e del NPD. Piuttosto, considera la possibilità che alcuni leader di culto  soddisfino anche  i criteri minimi per la diagnosi del DSM-IV-TR di ASPD.

Molti autori che hanno scritto a proposito dei disturbi di personalità, hanno commentato i problemi diagnostici che insorgono con i criteri quando per esempio vi è la sovrapposizione di ASPD e NPD creando aree di intersezione. Nel campo di studio della personalità, tuttavia, se un dato individuo soddisfa i criteri per i due disturbi della personalità, la diagnosi appropriata è quella che li includa entrambi. A parziale sostegno della posizione dell’autore riguardo l’ipotesi che alcuni leader di culto possano soddisfare i criteri per ASPD, Oates riferisce che 3 su 20 dei capi di culto che aveva studiato erano attualmente in carcere, per una serie di reati gravi (Oakes, 1997, p . 8). Come commento cautelativo, tuttavia, vale la pena notare che possono presentarsi difficoltà nell’identificare  antisocialità più sottili, così come ha riferito Millon nel seguente commento:

“Forse gli antisociali ‘puri’ sono rapidamente individuabili, mentre quelli con gli stili  più complessi o  ‘subdoli’ si manifestano solo dopo ampie valutazioni. Sarebbe quest’ultimo gruppo ad aver  evidenziato un mix di  punteggi alti sulle scale 5 (narcisistiche) e 6A (antisociali), (Millon, T., Davis, R., Millon, C., 1997, pp. 81-82).
Nota: Per questo secondo gruppo di persone con diagnosi di ASPD, la scala Narcistica, la scala Antisociale e la scala di aggressività sono tutti elevate oltre BR = 75 (i punteggio pari o superiore a BR = 75 sono considerati clinicamente significativi quando si utilizza il MCMI-III Personality Inventory). (Si noti inoltre che nell’analisi di una grande campione di popolazione maschile adulta (J. Burke, Inedita Pubblicazione, 2 agosto, 2006), le persone con diagnosi di ASPD e una diagnosi NPD concomitante rappresentano circa il 25% di tutte le diagnosi ASPD)”.
Molte delle idee di Millon sono da prendere in considerazione; in primo luogo, quella secondo cui  gli individui con una diagnosi ASPD teoricamente possono essere suddivisi in due gruppi: un gruppo A, che è un gruppo molto puro i cui membri sono relativamente facili da identificare, e un gruppo B, i cui membri possiedono stili di personalità più complessi o subdoli e quindi richiedono una più ampia valutazione prima di essere definitivamente identificati.
È interessante notare che, nello studio di standardizzazione di Millon, il gruppo B, il gruppo complicato e ambiguo, è  in possesso non solo di scale alte clinicamente dell’antisocialità e dell’aggressività, ma anche di una scala elevata del Narcisismo.
La descrizione di Millon di questo secondo gruppo complicato e ambiguo, che non  è di facile valutazione, può forse spiegare alcuni leader di setta che maltrattano membri del culto, ma che non hanno evidenti storie criminali alle spalle e per questo sono difficili da inquadrare. Presumibilmente, diviene difficile per i membri del culto identificare questi leader di setta antisociali presenti nel gruppo di tipo B.
Il disturbo antisociale di personalità (ASPD)
Il Disturbo di personalità antisociale (ASPD) indica un gruppo correlato di tratti di personalità. Tra questi tratti di personalità, due dei più importanti sono il dominio (esercitare influenza o controllo sugli altri) e aggressività (atti aggressivi verbali e fisici verso gli altri).
Blackburn (1998, p. 53) identifica il tratto di aggressività come co-occorrente all’alta impulsività, e spiega che “ un singolo atto di aggressione non è necessariamente indicativo di una disposizione aggressiva . . . Le disposizioni o le caratteristiche sono, allora, le tendenze probabilistiche che descrivono il comportamento medio nel corso del tempo e la sua organizzazione“. Nel modello di Blackburn, un unico atto isolato di aggressione non definisce la disposizione all’aggressività; piuttosto, una sequenza ripetitiva di atti aggressivi definisce la disposizione all’aggressività. Blackburn aggiunge che l’aggressività si esprime attraverso la violenza verbale o fisica e rappresenta un tentativo di usare “potere coercitivo” per controllare le interazioni sociali (1998, p. 53 ter).
Una parziale spiegazione del motivo per cui personalità antisociali esibiscono comportamenti dominanti e aggressivi può essere acquisita dal Modello Dimensionale dei Disturbi di Personalità di Millon.
Questa teoria include un modello tridimensionale per ciascuno dei disturbi della personalità (Millon, T. & Davis, R., 1996, pag. 444). Nel modello dimensionale dei disturbi di personalità, Millon ipotizza che le persone con ASPD possono essere caratterizzati da una dimensione di “‘Modifica’ piuttosto che di ‘Alloggio’ nel mondo“. Secondo Millon e Davis, (1996, p. 429), queste persone sono “attivo-indipendenti che cercano di plasmare il mondo sociale degli altri“. Ognuno può essere un individuo che “si intromette attivamente e viola i diritti degli altri, trasgredendo codici sociali attraverso comportamenti ingannevoli o  illegali” (Millon. T. & Davis, R., 1996, p. 446).
Inoltre, secondo Millon, la personalità ASPD presenta una dimensione “Self-focalizzata“. Invece di essere “altro-focalizzata“, queste persone tendono a consumare le risorse a loro vantaggio personale, invece di soddisfare le esigenze degli altri. Sfruttano e manipolano gli altri nel perseguimento dei loro desideri e bisogni personali.
Infine, Millon afferma che le persone con ASPD hanno una dimensione “edonistica” che cerca di evitare il dolore. Millon dice che “molti antisociali possiedono una ‘voglia di vivere,’ una passione con le quali sono disposti a perseguire emozioni e piaceri edonistici” (Millon, T. & Davis, R., 1996, p. 448). La presenza di una dimensione edonistica in persone con ASPD potrebbe contribuire a spiegare gli eccessi sessuali di alcuni leader di culto‘. Ad esempio, un leader di culto maschile potrebbe rigorosamente vietare ai propri membri di avere rapporti sessuali, perché gli ideali apparenti del culto incorporano un programma di ascetica; ma il leader stesso può avere rapporti sessuali con membri disponibili di sesso femminile del culto, siano esse sposate o single, bambine o adulte. E quando interrogato in merito a tali pratiche sessuali, il leader in questione potrebbe impegnarsi in una logica elaborata e sofistica per giustificare il suo comportamento.
L’Antisociale nella società
Foto Devid Berg, fondatore de i Bambini di Dio. Egli è un esempio di leader che gestiva completamente l’attività sessuale delle sue adepte
Quando il termine “antisociale” viene applicato al comportamento, esso descrive  comportamenti auto-incentrati e manipolativi in contrasto con i comportamenti “prosociali” e costruttivi per la comunità. I comportamenti antisociali trasgrediscono chiaramente gli standard di moralità, equità e giustizia della società.
Il problema non è che la persona con ASPD evita la gente, ma piuttosto che valuta il mondo degli altri, con all’incirca lo stesso punto di vista del piranha che valuta un fiume pieno di turisti che nuotano. Vale a dire, l’individuo con ASPD e il piranha si offrono alla società per  “prendersi cura dei bisogni“. Così, quando l’osservatore esterno osserva gli atti e i comportamenti di qualcuno con ASPD, le prospettive e le azioni dei singoli sembrano basati su una serie di principi che sono diametralmente opposti agli interessi della società.
Secondo Hare (1993, p.2), uno psicologo forense canadese  che ha ampiamente studiato le personalità antisociali,  la popolazione antisociale del Nord America (Stati Uniti e Canada)  contiene un sottogruppo di circa 3 su 10 persone che hanno tali ampi deficit di personalità e comportamenti estremi che sono più accuratamente classificati come personalità psicopatiche. Secondo Hare, gli psicopatici hanno deficit di personalità gravi e pronunciati. La presenza della psicopatia provoca nell’individuo una riduzione o assenza di identificazione empatica con gli altri, e come risultato, lo psicopatico sembra agire senza la limitazione o vincolo di coscienza (Hare, 1993, pag. 173).
Inoltre, Hare afferma che la psicopatia non è limitata solo alla popolazione criminale, ma può colpire qualsiasi ambito della vita, tanto che anche i professionisti come i medici e gli avvocati, così come “colletti blu”, possono essere afflitti in modo simile. Secondo Hare, molti psicopatici non sono mai chiamati in giudizio e condannati per reati, ma rimangono sotto-soglia nella società, anche se commettono frequenti azioni illegali e immorali. Importante per l’attuale discussione è che Hare elenca i culti insieme a molte altri ambiti come possibili ‘paradisi’ per psicopatici. Nel libro di Hare e Babiak, “Snakes in Suits: When Psychopaths Go to Work” (maggio 2006), spiegano in maniera più specifica  come la personalità psicopatica potrebbe operare nel mondo degli affari.
Utilizzando l’ipotesi di Hare, si è in grado di identificare i  leader delle sette che presentano comportamenti psicopatici. Ad esempio, un recente rapporto del San Francisco Chronicle racconta storie dei superstiti delle quasi 1.000 persone nel culto di Jim Jones che nella Guiana furono costretti dallo stesso Jim Jones a suicidarsi bevendo cianuro. Questi sopravvissuti sono stati così colpiti dalla perdita dei loro cari e anche dopo anni continuano ad incontrarsi e a discutere delle loro perdite di familiari e amici. Recentemente, un gruppo di sopravvissuti si è riunito e ha scritto e prodotto un gioco per commemorare la perdita di questi membri della setta Jonestown (Nakoa, San Francisco Chronicle, sezione E, 14 aprile 2005, pp. 1-2).
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Studi su individui che presentavano tratti psicopatici, come il leader del culto Jim Jones, evidenziano le persone che apparentemente non hanno la possibilità di sperimentare la vera empatia per gli altri. Inoltre, questi individui sembrano non essere in grado di utilizzare il feedback emotivo degli altri per modificare il proprio percorso di vita. Tuttavia, ciò che rende questi psicopatici pericolosi per la società è che anche se essi possiedono apparentemente un empatia difettosa, sono in grado di analizzare intellettualmente la composizione emotiva delle altre persone, e poi trasformarla in  un vantaggio criminale.
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Ad esempio, gli psicopatici possono prendere in prestito e utilizzare le finanze di un’altra persona per i propri desideri e bisogni immediati, senza poi restituire il denaro preso in prestito; o, allo stesso modo, essi possono usare sessualmente gli altri, e dopo aver saziato il proprio istinto animale, troncare il rapporto senza alcuna considerazione dell’altra persona. Si è trovato che nel corso della vita la personalità psicopatica cambia molto poco. Tuttavia, a circa 40 anni, lo psicopatico tende a diventare meno attivo in ​​termini di attività criminali violente, ma continua ad agire in una maniera auto-concentrata e distruttiva anche negli ultimi anni della vita (Hare, 1993, pag. 97 ). Purtroppo, gli psicopatici e gli antisociali cercano prede deboli e fragili  e un posto in cui farle entrare che è rappresentato da una setta, che è costituita da persone vulnerabili.
I comportamenti del Leader all’interno del culto
Quando un antisociale o uno psicopatico entra in un culto, può iniziare una lotta di potere con la leadership esistente. Il leader di culto antisociale può coltivare un “contesto” di compagni di viaggio che prontamente sostengono ogni sua azione. Il leader della setta antisociale si attornia di  persone che riflettono le sue convinzioni di base e i desideri. Tale capo potrebbe mostrare un modo superficiale che si scontra con lo stile più aperto e onesto di personalità della maggior parte dei frequentatori “normali” di un culto. (In contrasto con i leader di culto, i “normali”, sono di solito più caratterizzati da autenticità, comunicazione aperta e un desiderio di coltivare relazioni più profonde con gli altri, non  sulla base di secondi fini). I “normali” che entrano in un culto potrebbero sperimentare una costernazione tanto da  lasciare il culto (e si stima che circa il 10% dei membri della setta abbandoni il gruppo subito dopo la propria adesione) o da accettare lo stile di leadership del leader del culto.
Dopo che il leader del culto consolida la sua autorità per mezzo di tattiche manipolative, tutto può succedere. Un ex membro di un culto racconta che la resa al leader del culto e al’ideologia nonchè alle pratiche del culto sono state accompagnata da richieste di ‘affidarsi’ al leader. La sottomissione in un culto può essere accompagnata da perdita di autonomia in vari settori della propria vita in precedenza sotto il controllo personale, come ad esempio la possibilità di visitare la famiglia e gli amici ‘al di fuori’ del culto, la perdita della libertà personale e di movimento e l’obbligo a seguire certe discipline quotidiane, come cantare incessantemente, il digiuno, o fare ‘esercizi’ religiosi noiosi.
Inoltre, sono ben documentati da membri della setta, anche misure più estreme. Esperienze di intimidazione psicologica, così come casi di abusi sessuali e fisici, sono anche riportati dai membri della setta. Come risultato di maltrattamenti inflitti da leader di setta, gli ex membri possono presentare sintomi psicologici come la dissociazione, la derealizzazione, la depersonalizzazione e la depressione. Il meccanismo di difesa psicologica della dissociazione è messo in atto per esistere, in una forma rudimentale, come un meccanismo di sopravvivenza della personalità innata, in uno stato inattivo nell’individuo inalterato e viene attivato solo da condizioni di estremi traumi e stress. Ad esempio, Lewis e Yeager (1996, p. 704) spiegano che “la dissociazione può essere concettualizzata come, protezione primitiva, di difesa automatica, psicologica contro il dolore straordinario“.
Identificazione con l’aggressore
Una parte delle strategie di sopravvivenza personale in un culto prevede che i nuovi membri possano finire con l'”identificarsi con l’aggressore” (una condizione prima evidenziata dalla psicoterapeuta Anna Freud tra i sopravvissuti ai campi di stermino nella II Guerra Mondiale). Questa identificazione con l’aggressore porta l’individuo interessato a “collaborare” con il leader del culto per sopravvivere, e anche ad assumere alcune delle caratteristiche di personalità aggressive del leader del culto.
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Secondo Dutton (1998, p. 140), una grave esperienza traumatica è sufficiente a causare  l’identificazione con l’aggressore. Se un membro del culto inizia ad identificarsi con l’aggressore, egli, in effetti, diventa psicologicamente condizionato a funzionare come una “estensione della personalità” del leader del culto. Storicamente, è noto che gli antisociali, come il leader nazista Goering, durante la seconda guerra mondiale, hanno influenzato i propri subordinati a impegnarsi in comportamenti antisociali verso deboli e vulnerabili prigionieri di guerra. Quando un membro del culto si identifica con l’aggressività del leader del culto e diventa come una rappresentazione personale del leader, l’influenza del leader è notevolmente estesa. I nuovi adepti possono così essere sottoposti ad una influenza sociale maligna concentrata e derivata anche dei seguaci antisociali oltre che dal leader del culto. La conseguente influenza sociale di gruppo aiuta il leader del culto nel controllo e ad indurre rapidamente acquiescenza sociale, abbattendo le difese dei nuovi membri del culto in acquiescenza sociale e creando infine dipendenza  comportamentale.
Perché i leader di culto agiscono in questo modo
Quando si osservava l’ASPD, si è riscontrata un’organizzazione di personalità stabile che è ego-sintonica, cioè non provoca conflitto all’interno dell’Io. Ciò significa che i leader di culto che sono antisociali non si sentono a disagio o non sentono il bisogno di cambiare il loro modo di essere nè di aver necessità di una cura. In realtà, i leader di culto antisociali hanno un’opinione di se stessi del tipo: “Non c’è niente di sbagliato nel mio mondo; Io  ho il controllo del mio ambiente, e mi piace il modo in cui stanno le cose“. Samenow (Seminario pubblico, Colorado Springs, 2002), dopo aver trascorso migliaia di ore ad intervistare personalità antisociali in carcere, ha evidenziato come la personalità antisociale eviti costantemente lo “stato zero”, ovvero quello in cui ci si impotenti e giù di morale. Secondo Samenow, le persone con ASPD tendono ad evitare attivamente questa emozione “stato zero” , manipolando e controllando gli altri al fine di ottenere ciò che vogliono, e quindi mantenendo il proprio stato d’animo in alto, anche se le azioni conseguenti comportano gravi violazioni dei diritti degli altri.
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Visto da questa prospettiva, è ragionevole supporre che i leader di setta siano consapevoli di cosa stanno facendo quando incoraggiano i membri del gruppo ad utilizzare tecniche come il “love bombing”, o gli esercizi di concentrazione, o focalizzazione dell'”attenzione” quando è il momento di reclutare nuovi membri. Appena il nuovo membro entra nel gruppo, altre tattiche emotive e psicologiche possono essere utilizzate per completare l’abbattimento di eventuali residui di resistenza alla volontà del leader. (Nota: Quando questo processo di scomposizione della volontà dei membri nel culto è in corso, può essere spiegato ad essi come esso sia necessario, per eliminare qualsiasi influenza mondana rimanente o compromesso con non il mondo che è ancora rimasto attraverso contatti con esso. Il nuovo membro viene convinto a non avere qualsiasi ulteriore contatto con la famiglia, gli amici, o professionisti della salute mentale o leader religiosi).
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Il potere e il controllo del leader del culto all’interno del gruppo e sulla vita personale del nuovo membro è ulteriormente caratterizzato da “prosciugamento” emozionale di “zone franche” all’interno del culto per il nuovo membro. Tutto ciò può essere ottenuto mediante verifiche di  fedeltà. Il nuovo membro scopre così il tono del gruppo quando milita con forze resistenti alle esigenze del culto, sia ragionevolmente o no. Per far rispettare i desideri del leader di culto, il nuovo membro impara a mantenere un atteggiamento costante di disciplina interna.
Storicamente, racconti di manipolazione emotiva e psicologica da parte di individui di culto, sono stati segnalati già nel primo secolo dC;  ad esempio, l’evangelista Paolo scrive una lettera pubblica alla chiesa di Corinto per metterli in guardia dai cosiddetti leader religiosi che “impressionano”, “opprimono e sfruttano” e che “coinvolgono la gente” (Delling, 1965, p. 5). In contrasto con questo tipo di trattamento, l’apostolo Paolo  dice ai membri della chiesa di Corinto, “Noi non abbiamo usato questo potere” (I Cor. 9: 12b, 1975 The Greek New Testament).
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Il controllo della persona può anche essere acquisito mediante la forzata confessione pubblica di “irregolarità” o riguardo al “pensiero sbagliato”, che rappresenta anche una eclatante violazione della privacy. Affermazioni, inoltre, richieste di lealtà verso il leader del culto e verso la “dottrina” professata dal culto, così come “disciplina” verbale e/o fisica  (che in realtà consiste in abusi verbali e fisici), possono essere praticate. Tuttavia, molti membri lasciano il culto quando si verificano esperienze di abuso fisico o sessuale. Inoltre, Martin et al. (1992) hanno riscontrato la presenza di  ex membri che avevano sviluppato livelli clinici di disturbo post-traumatico da stress (PTSD) sintomi e disturbo di personalità dipendente, depressione, e livelli clinici di ansia,  misurati dal test della personalità MCMI-I.
Ideologie e leader di culto
Le ideologie religiose e filosofiche contemporanee non dovrebbero essere considerate in qualche modo come un  supporto per legittimare comportamenti illegali o antisociali di leader di sette. Piuttosto è la personalità antisociale attiva di questi leader di culto che rappresenta la cultura del culto. Per contro, le tante chiese cristiane indipendenti negli Stati Uniti di solito non portano alla formazione di culti. Piuttosto, i culti più probabilmente traggono il loro particolare carattere individualistico sotto la guida attiva di un religioso antisociale come David “Mosè” Berg dei Bambini di Dio (osservati dall’autore alla fine del 1970 in Huntington Beach, California).
L’autore del seguente articolo ha potuto studiare l’aggressività del leader del culto David Berg  durante le sue riunioni pubbliche e questo serve come un caso di studio osservato personalmente. Questi incontri erano occasioni in cui Berg pubblicamente si lanciava in condanne ingiustificate ed aggressive. Dopo aver sentito la voce forte e stridente di Berg proveniente dall’interno di un negozio di Huntington Beach, i passanti curiosi che vi entravano, percepivano Berg come un Dio irato e terribile nei confronti dell’uomo peccatore, il quale presentava con fervore isterico la disciplina. La natura zelante della presentazione comportava una forte esperienza emotiva per il pubblico.
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Le risposte individuali che hanno reso accondiscendenti questi bambini e adolescenti sulla scia del  messaggio “hanno fatto la loro pace con Dio“, dopo aver ascoltato la rappresentazione del Dio arrabbiato dell’iroso Berg, forse possono essere meglio spiegate come reazioni di coloro  che ricevono la comunione da un sacerdote diabolico ed abusante: il sacramento non è contaminato dalla venalità del sacerdote. Purtroppo, alcuni di quei giovani fiduciosi che in seguito hanno aderito ai Bambini di Dio di Berg per essere salvati dal profeta finirono per essere sessualmente molestati dallo stesso, come si evince dai racconti che sono stati ampiamente pubblicati sui media nazionali.
Così, a differenza dei leader religiosi etici non settari, i leader di setta antisociali si distinguono per il loro maltrattamento e l’abuso ai loro seguaci. Invece di agire con responsabilità verso le persone che realmente cercano di impegnarsi personalmente in una causa, i leader di setta antisociali di adoperano nella manipolazione, dominio e sfruttamento per i propri fini. Questi leader antisociali sembrano avere un flusso apparentemente inesauribile di un impulso al male e al controllo per il proprio uso e consumo, all’abuso, a dominare e sfruttare seguaci membri ignari.
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Analisi dei comportamenti dei Leader di sette comparati con il DSM-IV-TR per i criteri di ASPD
I criteri del Disturbo di personalità antisociale del DSM-IV  sono elencati di seguito in corsivo, con commenti aggiunti a carattere standard (DSM-IV, pp 650-651.):
A: C’è un disprezzo pervasivo e una violazione dei diritti degli altri emersi dopo i 15 anni di età, come indicato da tre (o più) dei seguenti fattori:
Dati relativi a storie d’infanzia dei leader di culto ‘non sono al momento disponibile.
(1) mancata conformità alle norme sociali in relazione a comportamenti leciti come indicato dal ripetersi di condotte, che sono motivi che hanno portato all’arresto.
Fatta eccezione per i leader di culto estremamente violenti come Charles Manson, Jim Jones, o, per esempio, i tre leader di setta incarcerati riportati da Oakes in Prophetic Charisma, la maggior parte dei leader delle sette non vengono segnalati per attività “che sono motivo di arresto”, nè sono  formalmente accusati o condannati per reati gravi. Pertanto, senza prove specifiche del contrario, la maggior parte dei leader di setta non soddisfano questo criterio.
(2) inganno, come indicato da ripetute menzogne, uso di pseudonimi, o truffa per profitto personale o per piacere
Tale criterio è stato segnalato applicabile da ex membri ad alcuni leader di setta. Questo criterio appare quindi una caratteristica di alcuni leader di setta.
(3) impulsività o incapacità di pianificare in anticipo.
Sono disponibili dati insufficienti in questo momento per determinare se questo criterio è soddisfatto.
(4) irritabilità e aggressività, come indicato da scontri o assalti fisici ripetuti.
Come riportato da alcuni ex membri, essi hanno sperimentato aggressioni fisiche da parte dei leader di culto, come l’aggressività o irritabilità o entrambi.
(5) totale indifferenza per la sicurezza propria o altrui.
I dati disponibili sono insufficienti per quanto riguarda questo criterio.
(6) irresponsabilità coerente, come indicato dalla ripetuta incapacità di sostenere comportamenti, lavoro o onorare gli obblighi finanziari.
I Leader di culto presentano mancanza di integrità finanziaria, che viene evidenziata tramite inadempimenti agli obblighi finanziari, tra cui frode e uso improprio di denaro apparentemente raccolti per esigenze di ministero.
(7) la mancanza di rimorso, caratterizzato dall’indifferenza per aver ferito, maltrattato o derubato un altro.
E’ stata segnalata da ex membri di un culto la mancanza di rimorso del leader, caratterizzata dalla sua indifferenza per aver ferito, maltrattato, o derubato un altro.

 

B. L’individuo ha almeno 18 anni di età.

Rispondono a questo criterio i Leader di culto adulti.

 

C. Ci sono prove di Disturbo della Condotta (vedi pag. 90), con esordio prima dei 15 anni.

I dati non sono attualmente disponibile per quanto riguarda la storia dell’infanzia per la maggior parte dei leader di setta.

 

D. L’insorgenza di comportamento antisociale non si verifica esclusivamente durante il decorso della schizofrenia o un episodio maniacale.

La maggior parte dei leader di setta non sono descritti in resoconti retrospettivi come affetti da schizofrenia o da episodi maniacali. (Nota: alcuni studi hanno rilevato che Joseph Smith forse fu affetto da disturbo bipolare negli anni successivi).

Racconti di testimoni oculari di ex membri sembrano suggerire che alcuni leader di culto soddisfano il criteri di ASPD del DSM-IV (2), “inganno …”, il criterio (6), “… il mancato … onorare gli obblighi finanziari. .. “, e il criterio (7),” la mancanza di rimorso … “, che fornisce la prova per una diagnosi di ASPD. Un minimo di tre criteri di ASPD deve essere presente prima di una poter considerare una diagnosi completa di ASPD. L’unico criterio non presente (a causa della mancanza di prove pro o contro) è “… la prova di Disturbo della Condotta con esordio prima dei 15 anni.”

Una ulteriore successiva affermazione tratta dal DSM-IV (1994, pag 649) è: “Gli individui con Disturbo di Personalità Antisociale e (sottolinea l’autore) il Disturbo Narcisistico di Personalità mostrano una tendenza ad essere tenaci, volubili, superficiali, manipolatori e non empatici“. Questo commento molto interessante mette in evidenza la mia precedente dichiarazione che, in alcuni casi, una prima diagnosi di ASPD dovrebbe anche avere una diagnosi di NPD per descrivere appieno la struttura della personalità del leader del culto.
Tuttavia, una nota di cautela deve essere aggiunta: “Solo quando i tratti di personalità antisociali sono inflessibili, disadattivi, e persistenti e causano significativa compromissione funzionale o disagio soggettivo costituiscono il Disturbo Antisociale di Personalità” (DSM-IV, p 649).
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La maggior parte dei leader di setta non sembra essere particolarmente turbata dai risultati dei propri stili di vita e delle azioni riguardanti la vita degli altri. Tuttavia, anche se i leader di culto conferiscono un aspetto di poca o nessuna preoccupazione per i risultati delle loro azioni, alcuni, come Charles Manson, ancora finiscono per essere incarcerati o sono pubblicamente denunciati dalla stampa, come nel caso del signor Berg de I Bambini di Dio.
L’autore ha partecipato alla diagnosi di ASPD in ambienti forensi, dove veniva revisionata la diagnosi su un individuo colpevole di atti criminali e antisociali. L’attività diagnostica dell’autore in un impostazioni forense ha portato alla considerazione di prove che conducono a una diagnosi di ASPD per alcuni leader di culto, soprattutto quando la storia del leader del culto si basa sui fatti verificati di comportamenti antisociali e criminali, segnalati e confermati da ex membri del culto. In sintesi, si sostiene che i comportamenti eclatanti, immorali e talvolta illegali e criminali dei leader di setta sono meglio classificati tra i comportamenti criminali comuni, normalmente osservati nei delinquenti che portano anche una diagnosi DSM-IV di ASPD. E, inoltre, che i privilegi e gli onori normalmente estesi alle persone che ricoprono posizioni di autorità all’interno dei gruppi religiosi non dovrebbe essere estesi a quei leader di setta che sfruttano, dominano, o abusano dei loro seguaci.
Una seconda questione da considerare è l’effetto del leader del culto antisociale sulla fiducia del membro del culto.
L’emergere del disturbo di personalità dipendente (DPD) nel Membro del Culto
I Membri dei Culti
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Come introduzione, l’effetto di esperienze traumatiche all’interno culti sul successivo sviluppo di sintomi del disturbo di personalità dipendente (DPD) tra i membri del culto potrebbero eventualmente essere paragonato ad una simile elevata insorgenza di DPD, osservata tra pazienti psichiatrici (diagnosticati con DPD cinque volte in più della frequenza di pazienti esterni psichiatrici). L’apatia, l’impotenza, il ritiro e il disorientamento che la ricerca ha dimostrato  essere così diffusi tra i residenti [in ospedale] è stato collegato alla natura dei regimi istituzionali … infatti i  residenti vengono portati ad essere più assuefatti alla vita residenziale, in modo che diventino più dipendenti alla routine imposta alla loro vita individuale. (Booth, 1986, pag. 418,  citato da Bornstein, 1993, pag. 129). Allo stesso modo può essere possibile che gli effetti ambientali sociali tendano a contribuire alla nascita di DPD nei soggetti sensibili.
Sono stati osservati ex membri che sono appena usciti da un ambiente cultista ed è stata evidenziata in loro una incidenza superiore al normale di comportamenti dipendenti, di ansia e di depressione.
Diversi sono i possibili fattori che contribuiscono allo sviluppo della dipendenza, dell’ansia, e della depressione nei membri di culto e che possono essere identificati. Ma prima, come premessa, è bene descrivere i vari percorsi possibili per lo sviluppo della dipendenza che riporto di seguito.
La Dipendenza è spiegata dai teorici cognitivisti come stile cognitivo “… in cui un individuo percepisce se stesso come impotente e incapace di influenzare l’esito degli eventi” (Bornstein, 1993, pag. 8). L’inizio di dipendenza secondo Bornstein avviene durante la prima infanzia. Possibili influenze per lo sviluppo di dipendenza sono determinate da (1) genitori eccessivamente autoritari che bloccano lo sviluppo di autonomia fino a togliere il potere decisionale del bambino, e quindi impedendogli di sviluppare comportamenti autonomi indipendenti (Bornstein, 1993, pag. 41) ; o (2) troppo permissivi e gratificanti, che incoraggiano la dipendenza da eccessi di ogni capriccio e desiderio.
Se la dipendenza dell’infanzia continua in adolescenza e nell’età adulta, i “[D] comportamenti dipendenti possono essere diretti verso qualsiasi persona che rappresenti, agli occhi del dipendente, potenziali nutrici, protettori, o custodi” (Bornstein 1993, p.13).
Da adulti, le persone non autosufficienti tendono ad essere più fortemente influenzate da figure autoritarie, rispetto ai loro coetanei (Bornstein, 1993, pag. 59), e tendono anche ad aderire al parere del gruppo più facilmente rispetto ai non dipendenti (Bornstein, 1993, pag. 58).
In un esperimento molto interessante che misura “… se gli individui dipendenti siano o meno più sensibili rispetto agli individui non-dipendenti, dinnanzi ad un trattamento distaccato da parte di un complice” (Masling et al., 1982, citato da Bornstein, 1993, pag. 66 ),  si sono ottenute risposte mediante elettrodi posti sulla loro pelle, che hanno evidenziato che i primi rispondevano più positivamente all’atteggiamento “freddo” rispetto al trattamento “caloroso” del complice. E, per estensione, ci si può aspettare che il trattamento “a freddo” dei membri della setta da parte di un leader di culto venga tollerato con poca resistenza da un membro del culto dipendente.
Simpson e Gangestad (1991, come citato da Bornstein, p. 69) hanno trovato che gli individui dipendenti percepiscono i loro partner relazionali come “. . . fortemente impegnati nella relazione e anche tendono ad avere un bias self-serving (distorsione) . . . che percepisce un maggiore impegno nel partner di quello che esiste realmente“. Estendendo questo risultato ai membri di culto potrebbe significare che i membri del culto dipendenti tendono a percepire il leader del culto come più impegnato nei loro confronti rispetto a quanto questo accada nella realtà. E così forse quando il nuovo membro entra nel culto, egli è circondato da una artificiale  “nuvola rosa” creata dal leader del culto attraverso le tecniche di “love bombing” e di “attenzione focalizzata”.
Inoltre, all’interno delle impostazioni di gruppo, Yalom afferma che i gruppi mostrano un desiderio quasi irrazionale di trovare una figura di autorità, un genitore, un sorta di soccorritore di cui parlava Freud nel 1955 (come citato da Yalom, 1995, p. 296), di cui il gruppo “. ..ha bisogno perchè con la sua forza illimitata egli governi … la sua passione per l’autorità … la sua sete di obbedienza“. Molto probabilmente, dentro il culto, il leader del culto, quando osserva il comportamento dei membri neofiti, intuitivamente comprende che il gruppo ha bisogno di un leader forte, quindi sfrutta questa necessità per i propri scopi illeciti.
Un’altra possibile influenza sulla comparsa di DPD viene da un contributo genetico; questa prova viene da studi di gemelli identici che hanno risposto in modo simile sulle scale di sottomissione e dominio rispetto a gemelli eterozigoti (Gunderson & Philipps, 1995, pag. 1451). Tuttavia, anche se vi è una certa influenza determinata da fonti genetiche, la maggior parte dei ricercatori crede ancora che solitamente, l’influenza più forte per lo sviluppo della dipendenza derivi dall’ambiente familiare, da altri fattori ambientali (come l’influenza sociale del culto stesso), o da entrambi.
A questo punto, una domanda importante sorge spontanea: le persone entrano in un culto con una organizzazione preesistente di personalità dipendente?
In un campione di una comunità di individui (Gunderson & Philipps 1995, p.1450), il 15% erano caratterizzati da una personalità dipendente, con un rapporto stimato di tre femmine ogni maschio. Quindi è statisticamente possibile che alcuni dei nuovi membri che entrano in una  setta potrebbe avere un’organizzazione dipendente di personalità preesistente o una sorta di suscettibilità alla nascita di una personalità dipendente. Tuttavia, questo risultato non spiega pienamente l’esistenza della triade clinica di dipendenza, ansia, e depressione osservata negli ex membri.
Una domanda aggiuntiva è questa: Che effetto potrebbero avere i bisogni di dipendenza esistenti sulla successiva acquisizione di DPD dei membri del culto?
Una possibile risposta richiede una comprensione dei bisogni di dipendenza di membri che entrano nel culto.
Ipoteticamente, le persone che sono psicologicamente vulnerabili e hanno stati d’animo fluttuanti, secondo Dolan-Sewell, Krueger, e Shea (2001, p. 88), [Possono avere] … una sensibilità per eventi ambientali (ad esempio una separazione e una delusione) … Le persone con livelli patologici di ansia/inibizione sono pronti a interpretare gli eventi ambientali, così come i propri comportamenti e pensieri, come potenzialmente dannosi per se stessi o per gli altri.
A quanto pare, alcuni individui potrebbero essere facilmente influenzati dall’esposizione al contesto sociale di manipolazione di un culto, e quindi possono perdere parte della loro capacità di prendere decisioni autonome. Essi possono diventare troppo ansiosi e dipendenti, sotto l’influenza di un gruppo che li porta ad adottare uno stile di personalità basato sulla sopravvivenza e che impedisce loro di uscire dall’ambiente abusante o di resistere agli illeciti mentre sono all’interno del culto.
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In parziale spiegazione del motivo per cui sono stati trovati a sviluppare un cluster di DPD, ansia e depressione alcuni ex membri, si è scoperto che in pazienti con personalità ansiosa e timorosa (pazienti gruppo C), che includono i pazienti DPD, potrebbe anche concorrere depressione e ansia su una base molto più frequenti di quanto accade al gruppo A o gruppo B di pazienti con disordine di personalità (Dolan-Sewell, Krueger, e Shea, p. 97, 2001).
Questi autori sostengono che quando si sviluppa il DPD, l’ansia e la depressione sono spesso associate.
È interessante notare che il già citato studio di Martin et al. ha riportato che “… la maggioranza [di ex membri di sette] sembra essere stato all’interno di un range psicologicamente normale prima di entrare nel gruppo” (1992, p. 3).
Se questo è vero, perché molti ex membri presenterebbero la triade di dipendenza, ansia, e depressione?
Si ipotizza che lo stress traumatico vissuto all’interno di un culto contribuisca direttamente alla nascita di dipendenze, ansia e depressione.
Secondo Dolan-Sewell et al,. (2001, come citato da Millon e Davis, 1996; e Gunderson & Philipps, 1995), l’ansia e la distimia sono spesso in comorbidità con il DPD.
Lo studio di Donald-Sewell et al. spiega che questa comorbidità si presenta perché tutte e tre le condizioni sono legate alla disregolazione affettiva. Tuttavia, se il trattamento psicologico offerto dopo la fuoruscita dall’esperienza del culto può migliorare rapidamente l’ansia e la distimia esibita da questi membri, questo risultato è una prova parziale a favore della posizione che i fattori ambientali sono importanti influenze nello sviluppo di queste condizioni psicologiche. Pertanto, Martin, Langone, Dole e Wiltrout di (1992) evidenziano il declino rapido e simultaneo dei punteggi  MCMI-I di base per la DPD, ansia e distimia in ex membri dopo un relativamente breve trattamento psicoterapeutico, che rappresenta un dato significativo.
Questa scoperta del declino dei punteggi base in MCMI-I di DPD dopo il trattamento breve (di due settimane o meno) fornisce una base per porre una domanda circa la possibilità di un comportamentale condizionato, piuttosto che una caratteristica permanente di DPD, emergente dopo la propria esposizione a eventi traumatici nel culto.
L’induzione di uno “stato” temporaneo di DPD dall’esposizione ad eventi traumatici all’interno dell’ambiente culto è supportata dai risultati riportati da Martin et al. (1992).
Se a) i tratti  non sono stati elevati nella maggior parte dei partecipanti prima della loro entrata nel culto, b) sono apparsi più tardi quando i membri sono testati dopo la fuoruscita dal culto, e quindi se c) i tratti diminuiscono quando si segue anche un relativamente breve percorso psicoterapeutico, questa sequenza di eventi fa propendere per l’ipotesi che l’esistenza di livelli clinici di DPD, ansia e distimia in ex membri rappresenta un stato indotto temporaneo di personalità piuttosto che tratti di personalità duraturi in questi individui.
Alcuni studiosi suggeriscono che gli individui che hanno già uno stile di personalità dipendente sono più vulnerabili alla esperienza di episodi di stress traumatico, che poi portano allo sviluppo di disturbo acuto da stress e, in seguito, PTSD. E’ stato riportato che alcuni membri della setta sperimentano livelli traumatici di stress durante l’appartenenza attiva al culto; tale esposizione allo stress avrebbe provocato la tendenza ad esacerbare eventuali vulnerabilità a stress latenti.
E così si può ipotizzare che l’immersione nella cultura disfunzionale e manipolativa del culto può portare allo sviluppo di tratti di un disturbo di personalità dipendente temporaneo nonché all’insorgenza di disturbo acuto da stress con dissociazione concomitante, depersonalizzazione, derealizzazione e depressione.
Apparentemente, le persone che si uniscono ai culti stanno cercando di trovare nutrimento e cura. Tuttavia, il membro del culto novizio che cerca assistenza e sostegno nel contesto della ricerca della crescita spirituale, non dovrebbero sperimentare manipolazione, condizionamento sociale e comportamentale, e abusi fisici e sessuali da parte di un leader di culto antisociale. Molti leader rafforzano il loro status mediante strutture militari o politiche e si servono di allenatori, insegnanti, o anche personal trainer, per mantenere alti livelli di responsabilità per proteggere, incoraggiare, rafforzare e costruire il gruppo dei propri seguaci. In contrasto con questi comportamenti prosociali e responsabili, i leader di culto centrati su se stessi e con comportamenti altamente antisociali e manipolativi, inducono una varietà di stati psicologici nocivi e disordini nei loro seguaci,  dando credito alle parole pronunciate da Gesù quasi due millenni fa, “Li riconoscerete dai loro frutti“.
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About the Author

John Burke, Ph.D., is a licensed psychologist who completed a post-doctoral residency at the Autism Spectrum Disorders Clinic, Kaiser Permanente, Health Management Organization of San Jose, California. He works as a psychologist at The New Life Treatment Center, a Christian-based licensed treatment facility in San Jose, California. He also serves as the United Presbyterian Pastor of the Bonny Doon Presbyterian Church of Santa Cruz, CA. He recently received his doctorate in clinical psychology with a dissertation entitled “Borderline Personality Disorder in Adult Males in Correctional Settings.” His clinical psychology Internship was in the Colorado Department of Corrections from 2002-2003. Previously, he has worked for the County of Santa Cruz Juvenile Probation Department as a Substance Abuse Counselor; he also served as a Board Member and Board Chair for many years on behalf of the New Life Community Services, Inc., a 33-bed, not-for-profit, social model, inpatient alcohol and chemical dependency treatment facility in Santa Cruz, CA. Dr. Burke previously taught at Bethany University in Scotts Valley, California as an Assistant Professor of Addiction Studies from 1993-2002. He is also the published author of Internet Databases with Cold Fusion 3, a book describing use of personal databases on the Internet published by McGraw-Hill and is a contributing author to Running the Perfect Web Server, 2nd. Ed., (MacMillan Publishing). He presently lives with his wife Barbara, and their three children, Peter, Sean, and Michella in Santa Cruz, California.

Cultic Studies Review, Vol. 5, No. 3, 2006, Pages 390-410

Articolo originario http://www.icsahome.com/articles/antisocial-personality-disorder-in-cult-burke-5-3

 

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

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