I miei veri ricordi dei falsi ricordi incestuosi

Jacques Trouslard

 

 

di Jacques Trouslard*

 

Ufficialmene costituiscono prove presunte per i giudizi contro le sette, io potrei dimostrare  che erano solo falsi ricordi, indotti, mediante manipolazione dal guru“.

 

 

Il culto di S. Erme mi ha fatto scoprire, nel 1982, il fenomeno dei falsi ricordi incestuosi.

 

 

Per studiare questo gruppo ho visitato la Francia e il Belgio e ho incontrato circa 250 famiglie che  hanno fatto parte di quella setta e di cui,  inclusi i loro figli, sono state vittime.

Ho scoperto che questa setta era composta da  380 adulti, tra i 30 e i 40 anni, di cui 72 medici, 20 professori universitari, psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, infermieri,  e non riuscivo a spiegarmi come  persone di  un certo livello culturale e scientifico avessero potuto prestarsi a tali aberrazioni e quindi essere manipolati a loro volta. Tanto più che questo gruppo si è presentato sotto  mentite spoglie di due società scientifiche: la SIRIC (Società Internazionale per la Ricerca Interdisciplinare sulla Comunicazione) e  la SIRIM (Società Internazionale per la Ricerca Interdisciplinare sulla malattia). Inoltre, per soddisfare la campagna di stampa che avevamo lanciato, questa setta ha pubblicato un libro dal titolo “Comunicazione o manipolazione” per dimostrare che “loro erano dalla nostra  parte e mettevano in luce i meccanismi della manipolazione,  e che si esponevano per accusare  coloro che sbagliavano“.

Famiglie, dolorosamente ferite e costernate, mi avevano riferito le prove di una trasformazione radicale dei loro figli, sedotti da un guru carismatico: la distruzione della loro vera personalità e, tra l’altro, la distruzione dei vincoli familiari.

 

Che i genitori si lamentassero, è scritto parola per parola in un libro di S. Erme, nella posta interna riservata della setta, ma anche in lettere abominevoli, di insulti e calunnie, che i seguaci di S. Erme indirizzavano ai loro genitori, durante l’ingresso e nello stesso periodo, con gli stessi temi e negli stessi termini:
– “I miei genitori sono possessivi,” “litigiosi“, “nevrotici di ogni genere“, “pazzi veri“,  “autoritari“, “vili e vergognosi“, “facinorosi e dirompenti“, “proveniamo tutti da famiglie non equilibrate e destabilizzanti“…
– “Padri vili e spregevoli“, “Uomo di poco conto“,  “sacco di nodi “, “sono invalidanti per il lavoro“, “mendicanti di sesso“, “paralizzati nel loro sviluppo dalla madre e poi dalla moglie“,  “poveri schiavi schiacciati al muro dinnanzi ad una donna tirannica
– “Madri. E ‘contro la madre e la moglie che è si è creata la diatriba più violenta: “La causa centrale di tutti i mali è la madre, primo premio, e poi la moglie, premio accessorio“, “La femmina? È stato progettata per distruggere fino in fondo il maschio. Questa non è un’accusa, ma un dato di fatto“, “è naturalmente egocentrica“, “è predestinata alla tirannia“, “matrona potente“, “regina madre“, “mantide religiosa che uccide il maschio dopo aver completato il suo ruolo “…
Per quanto rivoltanti  queste accuse, non è stato ancora raggiunto il culmine dell’orrore.

In effetti alcuni genitori mi hanno raccontato che  i loro figli, che avevano tagliato tutti i legami con loro, hanno chiesto loro di cercare e inviare loro il più presto possibile le foto della loro infanzia. La maggior parte dei genitori ha ottemperato questa richiesta.  Ma in realtà tutto questo non ha portato a  nessuna riconciliazione con la famiglia. Piuttosto, aveva lo scopo di persuadere,  illustrare e dimostrare che alcuni di loro erano stati vittime di incesto nella loro infanzia.

La setta ha denunciato un rapporto malsano e offensivo“, “madri che amano il loro figlio e figlie che amano i loro padri“.  I seguaci, quindi, da 30 a 40 anni, hanno iniziato ad accusare la madre o il padre di un incesto  che i primi non avevano mai commesso.

 

 

Certamente non si può negare che i crimini gravi non possono essersi verificati in certe famiglie. Ma la raccolta di prove per il processo contro la setta, dopo avere indagato seriamente i fratelli e le sorelle, ha evidenziato che si trattava solo di falsi ricordi che il guru aveva indotto con manipolazione.

Le madri hanno accettato di testimoniare e di fornire certificati legali, e una di loro ha depositato una lettera indirizzata a suo figlio:

Ho letto i giornali e  il libro. E tutto mi è stato chiarito. Ho capito come un figlio che ci ha dato piena soddisfazione durante la sua infanzia e la giovinezza sia potuto arrivare a tali gravi accuse contro sua madre. Deve essere  vittima di questa manipolazione così denunciata  in altri. ”

Come è possibile questo?

E’ possibile indurre tali falsi ricordi, e come? La madre ci dà la risposta per iscritto riguardo al figlio considerato anche lui una vittima di questa manipolazione, così come denunciato da altri. In effetti, il guru, che è stato accusato di essere un manipolatore, ha pubblicato la “Comunicazione e Manipolazione”,  un libro per dimostrare che “si possono smontare i meccanismi di manipolazione, che rischiano di essere considerati una accusa da parte di soggetti turbati “.

Col titolo di  direttore della ricerca, l’autore in  350 pagine contesta “la psicologia e la sociologia che non hanno studiato il fenomeno in modo adeguato, mentre  lui ha insegnato  come una persona possa manipolare un’altra …

Se il libro, come eminenti scienziati affermano, non ha alcun valore scientifico, resta vero che l’autore analizza al meglio i meccanismi di manipolazione descrivendo  quello che lui praticava.  Manipolazione? “Una tecnica chirurgica che ha l’effetto di ridurre o sospendere temporaneamente le facoltà cerebrali acute consapevoli del soggetto per influenzare il suo subconscio attraverso un’operazione verbale.” (P.156)

La proposta può essere fatta risalire alle antiche memorie” E’ il metodo intelligente per nascondere la formula che può anche indurre falsi ricordi che risalgono alla prima infanzia. (P.157)

Il manipolatore vincola il suo interlocutore attraverso tre azioni: seduce, distrugge e  induce.

 

 

La seduzione consiste nel “creare un clima di  assoluta fiducia, in cui chi seduce è in posizione di vantaggio rispetto all’altro, e gioca sulle  buone predisposizioni del suo interlocutore.  Lo scopo è quello di apparire sulla sua stessa lunghezza d’onda “(p.161)

La distruzione consiste nel “portare le persone via dal loro ambiente abituale, tagliare ogni sua radice ed anche le sue relazioni” (p.165)

L’induzione consiste nel “rassicurare e creare un clima di  fiducia, in modo che l’interlocutore non pensi più a filtrare criticamente le informazioni  … ma ad assimilare tutto quanto suggerito … senza rendersene conto e senza la guida del suo pensiero, percezione e giudizio “(p.162). Si realizza in questa fase l’induzione di falsi ricordi, preceduta da una fase di destabilizzazione (p.165).

In conclusione: “sono le induzioni che ora prevalgono sulla realtà stessa. Esse  prevalgono sulla realtà … la realtà può urlare, gridare il contrario … non viene vista nè udita. Ci si rifiuta di credervi.  E ‘qui che abbiamo il sospetto del potere dell’indottrinamento“(p.172)

 

Liberarsi di falsi ricordi, è possibile?

Questa conclusione non deve portare i genitori a considerazioni estremamente pessimistiche o disperate  o a scoraggiare i loro figli o le vittime di falsi ricordi. Per dare loro la speranza, ecco il lieto fine di questa povera madre, già citata, e che era stata così odiosamente accusata dal figlio e dalla figlia.
Ritornando dalla sua vacanza, ha trovato due lettere che le sono pervenute per posta:

La lettera di suo figlio:
Io e mia moglie abbiamo lasciato  la società civile ” The High St. Erme” e stiamo iniziando a comprendere come siamo stati manipolati da M. Cornélis. (Il Guru).
Ora vediamo come il nostro atteggiamento verso di te sia stato ingiustificato e scandaloso e ti prego, se non ti dispiace, di accettare il mio perdono. Cercheremo, se tu accetti, una forma di riparazione. La mia richiesta è guidato da un certo rimorso e dal senso umano di X …  che ha  proposto un tentativo di riconciliazione. Ti scriverò più estesamente in seguito. Chiedo perdono ancora e ti bacio con amore“.

 

La lettera di sua figlia

Ti chiedo oggi di accettare le mie più profonde scuse per l’accusa ignobile che ti ho fatto e averi rifiutato la tua umana ospitalità.
Il mio atteggiamento verso di te mi appare ora  odioso e intollerabile. Se io non mi sono scusata precedenza quando tu avevi il diritto di aspettarti, è perchè non riuscivo a vedere molto chiaramente in me.
Dopo molti contrasti con M.Cornélis, fondatore e direttore del “Centro di S. Erme,” siamo partiti e iniziamo a prendere coscienza della manipolazione cui siamo stati sottoposti.
Per me, questa appartenenza non è una scusa. Ho compreso il  dolore che ti  ho causato e ti chiedo umilmente perdono, non sapendo come risolvere questo comportamento antipatico.
Ti chiedo di accettare la mia stima e l’affetto.

Questa testimonianza è in grado di dimostrare che la speranza non è morta!

Soissons, 13 giugno 2005

Jacques Trouslard

 

 

Padre Jacques Trouslard è un sacerdote che ha lavorato  nella diocesi di Soissons. Ha abbandonato la carica di Vicario Generale per dedicarsi alla lotta contro le sette per venti anni. Lui è un Cavaliere della Legione d’Onore e dell’Ordine Nazionale al Merito un riconoscimento per una vita di lotta per i diritti umani.
Nella rubrica “I nostri ospiti” abbiamo letto con interesse l’intervista che Jacques Trouslard ha accordato a Rouquet Guy, presidente della Vigilanza delle Psicoterapie, 18 marzo 2003:
http://www.psyvig.com/default_page.php?menu=16&page=3

Nota aggiuntiva del 11 novembre 2006.
Dal luglio 2005, una associazione francese  è stata costituita per promuovere la sindrome delle false memorie con l’obiettivo di aiutare le famiglie vittime di false accuse da uno dei suoi  membri  o individui manipolati da psicosettari o autoproclamati operatori della psiche . Questa è il AFSI: “Allarme induzione false memorie”, che assicura la presenza della Vigilanza delle Psicoterapie  al seguente URL: http://www.psyvig.com/default_page.php?menu=40&page=76d

 

[*] Jacques Trouslard è morto il 17 luglio 2011 all’età di 87 anni (ndt)

 

Qui l’articolo in lingua originale

 

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Traduzione di Lorita Tinelli

Avvertenza: Questa traduzione non è stata realizzata da traduttori professionisti, pertanto ci scusiamo per eventuali errori.

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Nuova interrogazione parlamentare sulle modalità dei gruppi a deriva settaria e sulle politiche preventive

Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-00374

Atto n. 4-00374

Pubblicato il 19 giugno 2013, nella seduta n. 44

ALBERTI CASELLATI , MUSSOLINI , CALIENDO , GIBIINO , BERNINI , ROMANI Paolo , CARRARO , BONFRISCO , RIZZOTTI , PELINO– Ai Ministri dell’interno, della giustizia, dell’istruzione, dell’università e della ricerca e della salute. –

Premesso che:

alla luce dell’inquietante diffusione del fenomeno delle sette religiose a livello europeo, il Consiglio d’Europa, già con raccomandazione n. 1412 (1999) intese sollecitare gli Stati membri a un’efficace azione di vigilanza e di informazione preventiva sui gruppi a carattere religioso, esoterico o spirituale, invitando a concretizzare i necessari interventi mediante appositi programmi d’educazione in ambito scolastico, attraverso l’istituzione di centri nazionali e regionali d’informazione e di Ong di aiuto per le vittime e per le loro famiglie, nonché attraverso la creazione di un osservatorio europeo finalizzato a facilitare lo scambio tra i centri nazionali;

nella fattispecie, richiese una speciale attenzione nei confronti delle persone più vulnerabili e in particolare dei minori;

osservato che nella raccomandazione “State, religion, secularity and human rights” n. 1804 (2007), è peraltro evidenziato che «La libertà di religione è protetta dall’Articolo 9 della Convenzione Europea sui Diritti Umani e dall’Articolo 18 della Dichiarazione Universale sui Diritti Umani. Tali libertà non sono tuttavia illimitate: una religione la cui dottrina o pratica si scontri con altri diritti fondamentali sarà inaccettabile. Ad ogni modo, le restrizioni che possono essere applicate a tali libertà sono quelle “previste dalla legge e sono necessarie in una società democratica nell’interesse della sicurezza pubblica, per la protezione dell’ordine, della morale, e della salute pubblici, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui” (articolo 9.2 della Convenzione). Gli Stati non possono nemmeno permettere la diffusione di principi religiosi che, se applicati, violerebbero i diritti umani. Se a questo proposito esistessero dubbi, gli Stati devono richiedere ai leader religiosi di prendere una posizione non ambigua relativamente alla priorità dei diritti umani su qualsiasi principio religioso, come statuito dalla Convenzione Europea sui Diritti Umani»;

osservato, inoltre, che:

il 5 ottobre 2012, i rappresentanti della Commissione dei diritti dell’uomo, nell’ambito della Conferenza delle Oing presso il Consiglio d’Europa, hanno espresso viva preoccupazione per il fatto che gli Stati membri del Consiglio d’Europa non abbiano, fino ad ora, assunto misure all’altezza della sfida rappresentata dalle cosiddette derive settarie, che attentano ai diritti dell’uomo e ai principi fondamentali di tutte le società democratiche;

nell’ambito della medesima Conferenza è stato rilevato come il fenomeno settario sia causa di procedimenti di infrazione in particolare nel campo della salute, dell’educazione e della vita privata e familiare degli individui e che contestualmente, organizzazioni abusanti, agendo al riparo del diritto alla libertà religiosa, minino, di fatto, le libertà fondamentali dei cittadini, costituendo pertanto una reale minaccia per la democrazia;

i rappresentanti della Commissione dei diritti dell’uomo hanno opportunamente sottolineato che, approfittando della permeabilità delle frontiere, il fenomeno ha continuato a dilagare pressoché incontrastato nei Paesi dell’Europa centrale e orientale e non è diminuito nei Paesi dell’Europa occidentale e che, a tutt’oggi, solo Francia e Belgio hanno adottato misure legislative a tutela delle fasce più deboli e pochi altri Stati membri hanno assunto misure di osservazione e informazione;

il 28 novembre 2002, in Francia fu istituita la Missione interministeriale di vigilanza e di lotta contro le derive settarie, con lo scopo di osservare e analizzare il fenomeno, coordinare l’azione preventiva e repressiva dei poteri pubblici e informare la popolazione su rischi e pericoli; nella fattispecie, essa oltre a redigere rapporti annuali sul fenomeno, ha realizzato numerose pubblicazioni e guide a tutela della popolazione, pubblicate in internet;

il Ministro dell’educazione francese inoltrava circolare n. 2012-051 del 22 marzo 2012, per rettrici e rettori della pubblica istruzione, sulla prevenzione e la lotta contro il rischio settario (il cui testo può essere consultato anche sul sito del Governo francese);

il Senato francese ha ritenuto inoltre necessario istituire nell’ottobre 2012 un’apposita Commissione d’inchiesta sul fenomeno settario nell’ambito della sanità;

osservato, infine, che:

nel settembre 2012, relatori della Commissione Affari giuridici e dei diritti dell’uomo dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (APCE), riunitasi a Parigi per discutere in merito alla protezione dei minori dalle “sette”, hanno evidenziato che la difficoltà di raggiungere un consenso europeo sul fenomeno non significa certamente abbandonare l’idea di stabilire delle regole e politiche a livello europeo finalizzate alla protezione dei minori contro il pericolo dei culti abusanti e che occorre difendere l’interesse superiore del bambino da ogni forma di brutalità, maltrattamento e negligenza. Considerata pertanto la vulnerabilità dei minori e degli adolescenti, i rappresentanti degli Stati partecipanti all’Assemblea hanno ribadito la necessità di un’indispensabile vigilanza sul fenomeno, anche attraverso la creazione di strutture simili alla citata Missione francese;

in Italia, la sola Regione Friuli-Venezia Giulia ha approvato in data 31 maggio 2012 la legge regionale n. 11, recante “Norme per il sostegno e la piena libertà intellettuale, morale e psicologica dell’individuo”;

di fatto, a tutt’oggi, solo le associazioni di volontariato e alcuni centri di ricerca svolgono, pur nella limitatezza delle risorse, una preziosa e continuativa opera informativa sul fenomeno e di supporto alle vittime e alle famiglie;

in tal senso esse realizzano un’azione di integrazione nonché, spesso, di vera e propria supplenza dell’azione pubblica, in maniera del tutto gratuita e avvalendosi della consulenza e collaborazione di esperti del settore della salute mentale, della criminologia e della giurisprudenza;

l’associazione Familiari delle vittime delle sette (FAVIS) ha realizzato, primo progetto in Italia, l’opuscolo informativo “Le mani sulla mente”, distribuito gratuitamente durante gli incontri con gli studenti degli istituti scolastici superiori della provincia di Rimini;

da quanto risulta agli interroganti, proprio l’impegno profuso in questo complesso e delicato settore anche attraverso la collaborazione fattiva con le forze dell’ordine, e la denuncia alle autorità competenti di tutti quei casi lesivi dei diritti dell’uomo che hanno portato anche a condanne in ambito giudiziario di soggetti a capo di gruppi e movimenti pseudospirituali, così come la recente partecipazione di alcuni esponenti del mondo dell’associazionismo alle diverse audizioni presso la 2ª Commissione permanente (Giustizia) del Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul fenomeno della manipolazione mentale dei soggetti deboli, con particolare riferimento al fenomeno delle cosiddette sette, in relazione al disegno di legge 569 della XVI Legislatura recante disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale, hanno determinato una pesante campagna accusatoria e diffamatoria sulla rete telematica, finalizzata a discreditare le medesime associazioni anche con infondate ed ingiuriose accuse ad personam, nella fattispecie, nei confronti della dottoressa Lorita Tinelli, psicologa e presidente del Centro studi sugli abusi psicologici, della defunta signora Maria Pia Gardini, del signor Maurizio Alessandrini, presidente della FAVIS, di don Aldo Bonaiuto, animatore dell’associazione Servizio antisette della comunità “Giovanni XXIII”, di alcuni rappresentanti delle associazioni Aris Veneto e Aris Toscana, e peraltro della stessa Squadra antisette (SAS) del Ministero dell’interno, nonché di alcuni componenti della 2ª Commissione, con il rischio di gravissime ripercussioni proprio su quei soggetti in stato di bisogno e necessità a cui tali realtà associative si sforzano di offrire aiuto e sostegno;

costoro sono stati definiti, in alcuni contributi pubblicati in rete su diversi blog, quali “setta degli antisette, la vera setta”, cioè movimenti antisette estremisti dai quali gli onesti cittadini dovrebbero prendere le distanze, fanatici oltranzisti, soggetti affetti da disturbo narcisistico di personalità, ignoranti e incompetenti in malafede, serpenti a sonagli, privi di cultura, mancanti di obiettività, empatia e capacità di giudizio razionale, promotori di una sorta di lobby finalizzata a manipolare gli organi mediatici, i politici, la magistratura e l’opinione pubblica diffondendo falsa informazione, veri e propri strateghi e terroristi dediti a seminare intolleranza religiosa e procurare allarme, fomentatori di una campagna d’istigazione all’odio per il diverso, a capo di associazioni che, si cita testualmente, “non solo non si trovano isolate ai margini della società e monitorate attentamente come focolai di odio e razzismo, ma sono le associazioni a cui le Forze dell’ordine si rivolgono per acquisire informazioni su gruppi ritenuti criminali, che informano il grande pubblico e collaborano con la squadra antisette”. Nei citati contributi si legge altresì che tali associazioni, che sono state sentite in audizioni tenute nell’ambito della citata indagine conoscitiva durante la XVI Legislatura sarebbero composte anche da arroganti e presuntuosi con manie di grandezza, ed avrebbero un modus operandi occulto, avvalendosi di agende segrete e canali privilegiati per porre sotto indagine onesti cittadini, inoltrando, a tal fine, documenti supersegretissimi, attentando ai diritti costituzionali, facendo attivismo poliziesco intimidendo e tappando la bocca alle persone, mirando a creare uno stato poliziesco, poiché nostalgici del duce e di leggi liberticide, costituendo dunque una “setta antisetta” molto pericolosa;

per concludere, appare agli interroganti opportuno ricordare le parole del Presidente della Repubblica, in occasione della celebrazione della giornata del volontariato del 2009: “Non si possono solo o principalmente delegare al privato sociale compiti di soddisfacimento dei bisogni o dei diritti che la Repubblica nel suo insieme è chiamata a garantire”;

anche nel corso della XVI Legislatura, in data 6 dicembre 2012, la prima firmataria del presente atto di sindacato ispettivo ha presentato l’interrogazione 4-08835 inerente al fenomeno delle sette,

si chiede di sapere:

se e quali misure di competenza i Ministri in indirizzo intendano adottare in relazione alle direttive espresse nella raccomandazione del Consiglio d’Europa del 1999 e alla luce delle più recenti valutazioni e considerazioni espresse in ambito europeo;

se siano stati o meno realizzati progetti educativi in ambito scolastico volti all’auspicata educazione in materia, nonché a tutela dei soggetti più vulnerabili come adolescenti e minori;

se siano o meno state realizzate campagne informative preventive nell’ambito della sanità, in particolare a tutela dei soggetti maggiormente vulnerabili;

se nell’ambito della sanità sia o meno stata realizzata attività di monitoraggio e vigilanza al fine di valutare gli effettivi rischi per la salute e la stessa incolumità dei cittadini che si affidano a persone che, a giudizio degli interroganti, si avvalgono sovente di inesistenti titoli e operano anche all’interno di gruppi pseudoreligiosi e/o pseudo-terapici;

se non ritengano opportuno, ai fini della concreta ed immediata assunzione delle direttive indicate nella raccomandazione europea del 1999, anche alla luce della profonda crisi che l’Europa sta attraversando e che rappresenta indubitabilmente un’occasione per un’ulteriore espansione delle derive settarie, valutare anche la realizzazione nel nostro Paese di un’apposita struttura similare alla Missione interministeriale di vigilanza e di lotta contro le derive settarie istituita in Francia;

se siano o meno a conoscenza della campagna di discredito nei confronti delle menzionate associazioni di volontariato e dei rispettivi rappresentanti, e come, eventualmente, intendano procedere anche e soprattutto nell’interesse delle stesse ex vittime di culti abusanti e delle loro famiglie, che si rivolgono fiduciose alle associazioni di aiuto.

 

Fonte: Senato.it

Le prepotenze on line: il cyberbullismo

Dall’OSSERVATORIO PSICOLOGIA NEI MEDIA

 

 

SEGNALAZIONE

Qualche mese fa tutti i giornali ci hanno riportato la vicenda di un ragazzo suicidatosi a seguito di probabili azioni di molestie da parte dei suoi coetanei. Si parlava di una pagina aperta su facebook in cui i compagni di classe, usando nick anonimi, prendevano in giro il ragazzo. Successivamente un articolo del Corriere spiegava la pericolosità di questa nuova forma di bullismo. L’uso di internet rende ancora più pericolosa questa azione molesta? E perchè?

ARTICOLI ORIGINALI

http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2012/11/22/APSzHs0D-deriso_suicida_facebook.shtml

http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2012/11/23/APcrIL1D-ragazzo_suicida_giustizia.shtml

http://27esimaora.corriere.it/articolo/cyberworld-e-il-cyberbullismo2dove-si nascondono-le-insidie-e-i-rischi/

 

 

 

COMMENTO REDAZIONALE A CURA DELLA DR.SSA LORITA TINELLI

Un guru, una volta, stava tentando di spiegare a un gran numero di persone il modo in cui gli esseri umani reagiscono alle parole, si nutrono di parole piuttosto che di realtà.
Uno degli uomini si alzò e protestò, dicendo: “Non sono d’accordo sul fatto che le parole abbiano un effetto di questa portata su di noi”.
Il guru rispose: “Siediti, figlio di puttana”.
 L’uomo divenne livido di rabbia e disse: Tu ti definisci una persona illuminata, un guru, un maestro, ma dovresti vergognarti di te stesso.
 Il guru allora riprese: “Perdonami, mi sono lasciato trasportare. Non volevo. Chiedo scusa”.
 L’uomo si calmò.
Allora il guru disse all’uomo: “Sono bastate poche parole per scatenare una tempesta dentro di te; e ne sono bastate poche altre per farti calmare nuovamente, non è vero?”
Antony deMello, Dove non osano i Polli

La più grande debolezza della violenza è l’essere una spirale discendente che dà vita proprio alle cose che cerca di distruggere. Invece di diminuire il male, lo moltiplica.
Martin Luther King

 

 

Nel mese di novembre 2012 la notizia del suicidio di un quindicenne romano ha sconvolto l’opinione pubblica, portando tutti a riflettere sugli effetti di certe azioni persistenti e aggressive consumate in un nuovo spazio pubblico: il web.

Uno degli articoli del Secolo XIX intitolava così il resoconto della triste vicenda: “Deriso su Facebook, suicida a 15 anni”. Il quindicenne suicida pare fosse divenuto bersaglio di  un gruppo di compagni che, attraverso l’apertura di una pagina su Facebook, avevano creato un falso profilo con il nome volutamente storpiato del ragazzo, con l’uso di foto ritoccate e con continui messaggi di presa in giro. L’azione vessatoria sarebbe continuata a scuola con scritte sui muri alludenti ad una presunta omosessualità dello stesso ragazzo. Una tipica azione di stalking o cyberbullismo, che può aver avuto un pesante ruolo nella decisione finale.

Negli ultimi anni i social network e la stessa rete internet più allargata sono stati sempre più spesso oggetto di contrapposte tesi sull’utilizzo: da una parte i fautori della piena libertà di espressione, come di fatto ricordato nell’accezione più generale dall’articolo 21 della nostra Costituzione (1), dall’altra coloro che pongono l’attenzione alla tutela delle vittime di un uso improprio e illecito della libertà di espressione, da parte di qualche sconsiderato che adopera malamente questi spazi.

Non si vuole entrare nel merito della polemica, ma, come ci ricorda lo psicoterapeuta e giornalista Roberto Cafiso nel suo ultimo libro, le “parole hanno un peso” (2), e per questo gli effetti degli eventi dipendono da ciascuno di noi e dal nostro comunicare. Le parole possono cambiare i destini, scrive Cafiso, perché sollecitano la neuroplasticità del cervello e inducono comportamenti di problem solving, indispensabili ad affrontare eventi avversi quando usate in senso costruttivo. In tal caso esse danno un senso ed un esempio significativo anche al nostro prossimo. Le parole infatti generano emozioni a prescindere da come vengono pronunciate, in quanto generano sempre immagini ed emozioni nella mente di chi ascolta o legge. Esistono pertanto anche contesti in cui le parole e la comunicazione producono effetti che assumono un valore fortemente negativo.

Ed è sugli effetti negativi delle parole e sull’uso improprio di alcuni strumenti di comunicazione che si basa la nostra osservazione.

Difatti, quando il piano della comunicazione si trasferisce in una piazza virtuale le cose spesso si complicano e diventano molto più pericolose. Non si deve infatti dimenticare che il messaggio scritto in una qualsiasi piattaforma o spazio internet può essere condiviso e pubblicizzato da chiunque acceda a quella conversazione. In questo modo si diffonde ad una velocità maggiore di un semplice pettegolezzo di piazze e rimane permanentemente nella memoria della rete, che rappresenta un potente specchio, capace di riflettere e di ricostruire le identità digitali di chiunque. L’anonimato della rete, poi, rende ancora più difficile la gestione della comunicazione, in quanto chi opera dietro uno schermo si sente più protetto e può, più liberamente, dar sfogo all’espressione delle parti più negative di se’, senza doversi necessariamente confrontare vis a vis con il suo interlocutore … e quindi senza assumersi alcuna responsabilità dei suoi messaggi.

Internet resta ancora oggi in larga parte terra di nessuno. Esso è una sorta di spazio di comunicazione dove sembra vigere la completa anarchia. Recenti sentenze, interpretative della legge sullo stalking, iniziano a porre attenzione all’utilizzo degli strumenti informatici per il conseguimento di un’azione molesta, persistente e ossessiva, nei confronti della propria vittima da parte di uno stalker (il persecutore appunto). Quindi l’uso improprio delle parole, assieme ad un pedinamento furtivo, deliberato e compulsivo nei confronti di una persona, da parte di un singolo o di un gruppo, vengono interpretate, nei Palazzi di Giustizia, come un reato (3) che in quanto tale dev’essere perseguito.

Alla luce di quanto è accaduto e continua ad accadere ci si chiede se ci sia un modo per contrastare tali derive culturali e sociali, tanto illogiche quanto negative.

Probabilmente servono ancora delle disposizioni normative che possano fornire ‘armi’ adeguate alla Giustizia, ma è ancora più necessaria tanta informazione e sensibilizzazione sull’argomento. Non solo, ma in una società complessa e in continua evoluzione, come quella occidentale, è sempre più impellente che i vari tecnici, professionisti ed esperti trovino le modalità per l’elaborazione di  percorsi educativi che aiutino a migliorare la comunicazione verso un suo uso più costruttivo, ad usare in modo più appropriato gli strumenti di comunicazione e soprattutto a far riflettere sulle responsabilità delle proprie azioni.

(1)   « Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.  La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni. » (Costituzione della Repubblica Italiana, Articolo 21)

(2)    Il peso delle parole, di  Roberto Cafiso, edito da Sampognaro e Lupi edizioni, 2012

(3)   Il reato è un atto umano, commissivo o omissivo, al quale l’ ordinamento giuridico  ricollega una sanzione  penale in ragione del fatto che tale comportamento sia stato definito come antigiuridico in quanto costituisce un’offesa a un bene giuridico o un insieme di beni giuridici (che possono essere beni di natura patrimoniale  o anche non patrimoniali) tutelati dall’ordinamento da un’apposita norma incriminatrice. Rientra, quindi, nella più ampia categoria dell’illecito Da http://it.wikipedia.org/wiki/Reato

PARERE DEL DOTT. LUCA PISANO

Per denominare le azioni aggressive e intenzionali, eseguite persistentemente attraverso strumenti elettronici (sms, mms, foto, video clip, e-mail, chat rooms, istant messaging, siti web, chiamate telefoniche), da una persona singola o da un gruppo, con il deliberato obiettivo di far male o danneggiare un coetaneo che non può facilmente difendersi, è stato, recentemente, proposto il termine “cyberbullismo” (Patchin, Hinduja, 2006, Smith, 2007, Willard, 2007).

A differenza di quanto accadeva nel tradizionale bullismo in cui le vittime, rientrate a casa, trovavano, quasi sempre, un rifugio sicuro, un luogo che le proteggeva dall’ostilità e dalle angherie dei compagni di scuola, nel cyberbullismo le persecuzioni possono non terminare mai.

I cyberbulli, sfruttando la tecnologia e non essendo più vincolati da limiti temporali (la durata della giornata scolastica) e geografici (la presenza fisica degli studenti in un determinato luogo), possono infatti “infiltrarsi” nelle case delle vittime perseguitandole 24 ore su 24, con messaggi, immagini e video offensivi.

Va aggiunto che se nel bullismo off line i bulli sono studenti, compagni di classe o di istituto con i quali la vittima ha costruito una relazione, i cyberbulli possono essere degli sconosciuti oppure persone note che on line si fingono anonime o che, sollecitando l’inclusione di altri “amici” anonimi, rendono impossibile per la vittima risalire all’identità di coloro con i quali sta interagendo.

La percezione di invisibilità ed anonimato, presunta, perché ricordiamo che ogni computer o telefonino lascia una traccia durante il funzionamento, attiva nei cyberbulli un’alta disinibizione al punto da farli credere di potere compiere on line tutto ciò che desiderano. Mentre nel tradizionale bullismo è più facile riscontrare una media disinibizione, sollecitata dalle dinamiche del gruppo classe e dai meccanismi di disimpegno morale (Sutton e Smith, 1999; Bandura, 1986, 1990, Bacchini, 1998).

Ma può anche accadere, rispondendo appieno a quella moderna logica narcisistica che detta l’importanza del mostrarsi e del far parlare di sé ad ogni costo, che i cyberbulli decidano di rendersi visibili (pensiamo a quanti pubblicano su un proprio blog, video, immagini, scritte offensive nei confronti di compagni di classe o docenti, magari chiedendo ai navigatori di commentarli e votarli).

In entrambi i casi, comunque, di visibilità o invisibilità, l’assenza di feedback tangibili da parte della vittima – “Io non posso vedere te”! (Willard, 2007) – ostacola la comprensione empatica della sofferenza, molto di più di quanto avviene nel tradizionale bullismo, dove il prepotente, per un freddo tornaconto personale (Mealey, 1995; Fonzi, 1999), il bisogno di dominare nella relazione, non presta attenzione ai vissuti dello studente vessato, ma ha chiara consapevolezza degli effetti delle proprie azioni.

Chiarito il rapporto tra cyberbullo e cybervittima, approfondiamo, ora, il ruolo degli spettatori (Salmivalli, 1996), gli studenti che assistono alle vessazioni on line e che – a differenza di quanto accade nel tradizionale bullismo nel quale sono quasi sempre presenti, incoraggiando e fomentando i comportamenti prevaricatori dei più forti – nel cyber bullismo possono essere assenti, presenti, conoscere la vittima o ignorare la sua identità. Se presenti, possono assumere una funzione passiva (se si limitano a rilevare, nelle proprie E-mail, SMS, Chat, atti di cyberbullismo diretti ad altri) o attiva (se scaricano – download – il materiale, lo segnalano ad amici, lo commentano e lo votano), diventando, di fatto, dei gregari del cyberbullo o cyberbulli essi stessi. Il contributo attivo può essere fornito su sollecitazione del cyberbullo stesso – reclutamento volontario – oppure, su spinta autonoma, senza, cioè, aver ricevuto specifiche ed espresse richieste – reclutamento involontario – (Pisano, Saturno, 2008).

Per quanto riguarda la stabilizzazione del ruolo sociale ricoperto dallo studente, alcune ricerche (Ybarra and Mitchell, 2004) hanno evidenziato che, mentre nel bullismo, solo il bullo, il gregario e il bullo-vittima (vittima provocatrice) agiscono prepotenze, nel cyberbullismo, chiunque, anche chi è vittima nella vita reale o ha un basso potere sociale, può diventare un cyberbullo. E’ bene però precisare che Raskauskas e Stoltz, in una ricerca del 2007, hanno verificato che molte cybervittime sono anche vittime di bullismo tradizionale e molti cyberbulli sono anche bulli nella vita reale, mettendo, dunque, in discussione l’iniziale tesi di Ybarra e Mitchell.

Infine, importanti differenze tra bullismo e cyberbullismo, sussistono nella possibilità di “reclamizzare” i comportamenti vessatori: mentre le azioni bullistiche possono essere raccontate ad altri studenti della scuola in cui sono avvenuti i fatti o ad amici frequentanti scuole limitrofe, restando, di fatto, abbastanza circoscritte nello spazio, il materiale cyberbullistico può essere diffuso in tutto il mondo e soprattutto è indelebile: ciò che viene pubblicato su internet non è infatti facilmente cancellabile.

Aggiungiamo, poi, che anche quando il materiale offensivo non viene caricato in rete (update), comunque i cyberbulli possono, attraverso i programmi gratuiti “peer to peer”, trasferirlo on line, autorizzando, persone conosciute o sconosciute, ad operare il download dal proprio computer. Possibilità che contribuisce a rendere sempre più difficile, attualmente diremo impossibile, arginare il fenomeno.

Tra le molteplici forme del cyberbullismo (Willard, 2007a, 2007b, Pisano, Saturno, 2008) prendiamo in esame, per la rilevanza che ha avuto nel caso dello studente di Roma che si suicidato anche a causa delle molestie che subiva on line, l’harassment e la denigration.

Harassment

“Mi sono state fatte delle telefonate anonime e dopo aver risposto non parlava nessuno. E’capitato numerose volte e poi ho scoperto che erano dei miei compagni” (Federica, 16 anni)

“Su di me niente, ma su molte mie amiche sì, come ho detto prima arrivavano e-mail con le descrizioni e immagini volgari. Ho denunciato questa cosa, ma continuano a farlo e molte volte capita anche nel computer di mio fratello (maggiore) e ancora oggi io ho il computer sotto sequestro” (Valentina, 14 anni)

Dall’inglese “molestia”, l’harassment consiste in messaggi insultanti e volgari che vengono inviati ripetutamente nel tempo, attraverso l’uso del computer e/o del videotelefonino. Accanto ad e-mail, sms, mms offensivi, pubblicazioni moleste su Blog e Forum e spyware per controllare i movimenti on line della vittima, le telefonate mute rappresentano sicuramente la forma di molestia più utilizzata dai cyberbulli soprattutto nei confronti del sesso femminile.

“A differenza di quanto accade nel flaming e nel flame war, riscontriamo la persistenza dei comportamenti vessatori (che non sono dunque circoscritti ad una specifica attività on line) ed una relazione sbilanciata nella quale, come nel bullismo off line, la vittima è sempre in posizione down (Watzlawick, Beavin, Jackson, 1971), subisce, cioè, passivamente le molestie o, al massimo, tenta, generalmente senza successo, di convincere il persecutore a porre fine alle aggressioni. In alcuni casi, il cyberbullo, per rafforzare la propria attività offensiva, può anche coinvolgere i propri contatti on line (mailing list), che, magari pur non conoscendo direttamente lo studente target, si prestano a partecipare alle aggressioni on line” (Pisano, Saturno 2008, pp. 42).

Proprietà: intenzionalità, relazione complementare rigida (persecutore in posizione one up, vittima in posizione one down), persistenza, talvolta stabilizzata dal contributo attivo e richiesto di altri utenti della rete (reclutamento volontario).
Aspetti giuridici: comportamento criminale (soggetto che viola una norma contenuta nel codice penale). Nello specifico: art. 594 c.p, ingiuria; art. 595 c.p, diffamazione.

DENIGRATION

“Mi hanno chiamato sul telefono per insultarmi e dirmi che avrebbero messo su internet qualcosa su di me”. (Roberto, 14 anni)

“Mi hanno scritto via e-mail che avevo la testa troppo grande e che puzzavo di pesce. Poi hanno organizzato una votazione e tutti dovevano esprimere il loro parere su un blog”. (Antonio, 15 anni)

“Io sono stato vittima del saiber bullismo dai miei amici perché io vengo dal sud e hanno messo delle mie fotografie su internet per insultarmi”. (Concetta, 14 anni)

“Nicola, che si fa chiamare il Vice-comandante, ha organizzato su un blog una votazione su di me: Arianna è una piagnona? Nel blog erano riportate le risposte dei miei compagni di classe, i voti e le statistiche”. (Arianna, 17 anni)

In questo caso l’attività offensiva ed intenzionale del cyberbullo, che mira a danneggiare la reputazione e la rete amicale di un coetaneo, può concretizzarsi anche in una sola azione (esempio: pubblicare su un sito una foto ritoccata del compagno di classe al fine di ridicolizzarlo, indire una votazione on line per screditare una studentessa, diffondere sul web materiale pedopornografico per vendicarsi dell’ex fidanzata, etc.), capace di generare, con il contributo attivo, ma non necessariamente richiesto, degli altri utenti di internet (“reclutamento involontario”), effetti a cascata non prevedibili.

In questi casi, i coetanei che ricevono i messaggi o visualizzano su internet le fotografie, i videoclip o il link ad un blog non sono, necessariamente, le vittime (come, invece, prevalentemente avviene nell’harassment) ma gli spettatori, talvolta passivi del cyberbullismo, quando si limitano a guardare, più facilmente attivi, se scaricano – download – il materiale, lo segnalano ad altri amici, lo commentano e lo votano.

La denigration è, infine, la forma di cyberbullismo più comunemente utilizzata dagli studenti contro i loro docenti: numerosi sono, infatti, i videoclip, gravemente offensivi, presenti su internet riportanti episodi della vita in classe. In alcuni casi le scene rappresentate sono evidentemente false e, dunque, recitate, in altri sono, purtroppo, vere.

Proprietà: intenzionalità, relazione complementare rigida, talvolta persistenza, contributo attivo ma non necessariamente richiesto degli spettatori (reclutamento involontario).
Aspetti giuridici: comportamento deviante che, nei casi più gravi, diviene criminale. Nello specifico: art. 594 c.p., ingiuria; art. 595 c.p., diffamazione; art. 615 bis c.p., interferenze illecite nella vita privata, art. 528 c.p., pubblicazioni oscene, art. 600 ter c.p., comma 3, divulgazione materiale pedopornografico. Inoltre, sotto il profilo civile, art. 10 codice civile, abuso dell’immagine altrui ed artt. 96 e 97, legge 22 aprile 1941, n. 633, l’esposizione, la riproduzione e la messa in commercio non consensuali del ritratto di una persona. Infine, ricorre la violazione degli articoli 161 e 167 del D.L. 196 del 2003, in tema di privacy.

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Fonte: Osservatorio Psicologia nei Media

 

 

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