Genitori ad ogni costo?

SEGNALAZIONE
Gentili colleghi, ho letto l’articolo di qualche mese fa dal titolo ‘Genitori troppo anziani’: tolta la figlia di sedici mesi a una coppia di Mirabello.
Nell’articolo si faceva riferimento ad una sentenza che toglieva una bambina ai suoi genitori in quanto troppo in là con gli anni e quindi, potenzialmente non in grado di sostenerla nella crescita. La sentenza puntava il dito anche contro l’abuso del progresso in materia generica, in quanto possibilità che “se spinta oltre certi limiti si fonda sulla volontà di onnipotenza, sul desiderio di soddisfare a tutti i costi i propri bisogni che necessariamente implicano l´accantonamento delle leggi di natura e una certa indifferenza rispetto alla prospettiva del bambino”.
Lettera firmata

 

ARTICOLO ORIGINALE
http://www.casalenews.it/notizia/cronaca/2011/09/16/genitori-troppo-anziani-tolta-la-figlia-di-sedici-mesi-a-una-coppia-di-mirabello/adozione-tribunale%20minori-mirabello%20monferrato-fecondazione/c52d4e0bff5e201c7f0713822e423b6b

COMMENTO REDAZIONALE A CURA DELLA DR.SSA LORITA TINELLI

I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di sé.
Essi non provengono da voi, ma per tramite vostro,
E benché stiano con voi non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
Perché essi hanno i propri pensieri.
Potete alloggiare i loro corpi ma non le loro anime,
Perché le loro anime abitano nella casa del domani, che voi non potete visitare, neppure in sogno.
Potete sforzarvi d’essere simili a loro, ma non cercate di renderli simili a voi.
Perché la vita non procede a ritroso e non perde tempo con ieri.
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito,
e con la Sua forza vi tende affinché le Sue frecce vadano rapide e lontane.
Fatevi tendere con gioia dalla mano dell’Arciere;
Perché se Egli ama la freccia che vola, ama ugualmente l’arco che sta saldo.
Kahlil Gibran – Il profeta

La storia pubblicata dai media ha sollecitato tante riflessioni.
La gente comune si è chiesta se il Tribunale dei minori non sia intervenuto in maniera troppo rigida, seppur motivato dall’urgenza del dover tutelare la minore, e forse trascurando tutte le dinamiche di una vicenda così complessa. Ma si è anche discusso molto del bisogno della genitorialità “ad ogni costo”.  Quello che, negli ultimi tempi, fa tanto parlare anche il mondo del gossip, per via delle tante star divenute mamme oltre i 50.
I media hanno fatto risaltare l’enorme differenza di età esistente sia tra i partner della nostra storia sia tra loro e la bambina come il problema più difficile da accettare da parte della comunità. Lo stesso tribunale difatti ha parlato di ‘volontà di onnipotenza, sul desiderio di soddisfare a tutti i costi i propri bisogni che necessariamente implicano l´accantonamento delle leggi di natura e una certa indifferenza rispetto alla prospettiva del bambino, in riferimento alla scelta di procreazione artificiale dei due coniugi.
Lungi da voler entrare nel merito di una storia che personalmente non conosco, le mie riflessioni partono da un assunto più generale.  Si è certi che ad un minore sarà assicurato sempre un futuro migliore, estrapolandolo da quelle che sono le sue origini e inserendolo in un altro contesto familiare? Si è certi che in un caso del genere il pregiudizio ‘della genitorialità ad ogni costo non abbia avuto influenza su quella che poi è stata la presa di posizione del Tribunale dei minori?
In un libro pubblicato lo scorso anno dalla collega Vania Valoriano  (2011), da cui ho ripreso il titolo per il mio commento, sono state evidenziate le risultanze psicologiche, mediche e sociali dei mancati passaggi generazionali, per esempio  quelli da figlia a madre, da figlio a padre e da coppia a genitori. Quanto più questi mancati passaggi sono dovuti a limiti dei tempi biologi propri della donna,  tanto da impedirle di vivere a lungo l’idea e la speranza di un concepimento, tanto più diventano dolorosi e difficili da elaborare.
L’assenza di concepimento è il più delle volte un problema di sofferenza o meglio, come sottolinea Carlo Flamigni (1994), comporta diversi tipi di sofferenza riscontrabili in tutte le coppie sterili, ma ciascuno di essi è unico e non confrontabile. Menning (1975) parla addirittura di una sorta di “crisi di vita” che coinvolge l’individuo e la coppia su diversi piani, dando luogo a vissuti di frustrazione, stress, inadeguatezze e perdite.
Diverse ricerche realizzate su campioni di coppie in trattamento di fecondazione assistita hanno evidenziato nelle stesse coppie la presenza di una carica emotiva troppo elevata, durante il trattamento. Tale carica emotiva rendeva ancora più difficile l’accettazione del fallimento e quindi la rinnovata sperimentazione di un mancato passaggio generazionale, col rischio di esserne sopraffatti. Tali risultati inducono a riflettere sull’importanza di intensificare gli sforzi di accoglienza e di informazione da parte dei tecnici sin dalle prime fasi preparatorie del programma di procreazione assistita, ma soprattutto evidenziano l’importante di un sostegno psicologico costante, utile all’elaborazione delle ansie e delle paure sottostanti (Dennerstein e Morse, 1988; Callan e Hennessey, 1989). Non solo, ma in tale contesto il supporto psicologico può essere letto anche come uno strumento di diagnosi e di prevenzione delle sequele psicologiche e psicosessuali (Link e Darling, 1986). Altro obiettivo della consulenza psicologica è quello di identificare le situazioni a rischio, selezionando per ogni singola coppia l’intervento più appropriato, proprio come avviene in maniera obbligata in altri Paesi.
Rispettando  il servizio di tutela dei minori che viene esercitato dai Tribunali, ritengo importante, data la premessa, la garanzia, mediante un’azione preventiva, di sensibilizzazione e di informazione costante, anche del diritto delle coppie sterili, affinché, nel momento in cui possono sperimentare la loro genitorialità lo sappiano fare in maniera ‘sufficientemente buona’, per realizzare quell’importante passaggio generazionale  e non solo per il bisogno di un figlio ad ogni costo.

 

BIBLIOGRAFIA
Cagnazzo G., Fecondazione artificiale: aspetti clinici e di tecnica, in Atti del III Congresso Nazionale e Workshops di Formazione della Società Italiana per la Ricerca e la Formazione in Sessuologia, Bari, 1988, Ies Mercury Editoria, Roma.
Capitanio G.L., Curotto R., Diagnosi di sterilità e l’impatto sulla sessualità della coppia, in Atti del XIII Congresso della Società Italiana di Sessuologia Clinica, Modena, 1993, CIC Edizioni Internazionali, Roma.
D’Ambrogio G., Nappi R.E., Tarabusi M., Fioroni L., Genazzani A.R., La riuscita o il fallimento della fecondazione e le sue ripercussioni sulla vita della coppia, in Atti del XIII Congresso della Società Italiana di Sessuologia Clinica, Modena, 1993, CIC Edizioni Internazionali, Roma.
Di Francesco G., Sessualità nella coppia sterile, Rivista Sessuologia, 14, 1990, 266-269.
Di Francesco G., Fecondazione assistita, Rivista Sessuologia, 14, 1990, 270-273.
Gentili P., Franzese A., Valutazione dei meccanismi di difesa in un campione di coppie infertili, Rivista Sessuologia, 1991, 15 (1), 1991, 31-36.
Flamigni Carlo, I laboratori della felicità. La cura della sterilità tra successi e delusioni. Bompiani, 1994
Manara F., Boscia F.M., Figli desiderati?, in Atti del III Congresso Nazionale e Workshops di Formazione della Società Italiana per la Ricerca e la Formazione in Sessuologia, Bari, 1988, Ies Mercury Editoria, Roma.
Menning B.E., The infertile couple: a plan for advocacy, Child Welfare, 54, 1975, 454-460.
Simonelli C., Concepimento senza sessualità, Il Diritto della Famiglia e delle Persone, luglio-dic. 1987, 1449-1465.
Valoriano Vania, Genitori ad ogni costo. Carocci, 2011
Venturini R., Simonelli C., Acocella A.M., Le nuove tecniche di fecondazione: paternità e maternità in un mondo che cambia, Lo Psicologo, 3, 1986, 50-54.

 

PARERE DEL DR. MARIO RUSSO
Di fronte alla vicenda, riportata nell’articolo segnalato, dei due coniugi di Mirabello la cui figlia è stata dichiarata adottabile dal Tribunale per i minorenni di Torino è immediata la tentazione a schierarsi pro o contro qualcuno dei protagonisti, criticando o approvando la sentenza del tribunale, talvolta sulla base di conoscenze necessariamente incomplete e di parte.
Proveremo, al contrario, a proporre alcune considerazioni che possano essere utili anche in occasioni analoghe,  andando al di là del caso specifico rispetto al quale le valutazioni conclusive vanno fatte nelle sedi proprie e sulla base degli atti raccolti.
1. Il caso dei coniugi di Mirabello negli ultimi anni si è presentato all’attenzione dei mass media in più occasioni e sotto diverse configurazioni, provocando ogni volta appassionati e aspri dibattiti. Per esempio:
in occasione della nascita della figlia (maggio 2010), attraverso il ricorso all’estero alla procreazione assistita eterologa, in considerazione dell’età avanzata dei due genitori;
a seguito della sentenza di adottabilità da parte del TM di Torino (settembre 2011), anche in questo caso posta in relazione da parte dei media con l’età dei protagonisti;
in prossimità dell’udienza preliminare (prevista per febbraio 2012) nel processo penale istruito contro i due coniugi per l’ipotesi di reato di abbandono di minore: probabilmente a questa imminente evenienza è legata la ricomparsa di vecchi articoli sul caso.
L’interesse costantemente rinnovato da parte dei mezzi di comunicazione di massa è certamente segno che questa storia contiene motivi e tematiche che toccano la nostra sensibilità e le nostre convinzioni più profonde sulla genitorialità e sulla cura verso l’infanzia.
2. E’ necessario ad ogni modo ampliare e arricchire gli elementi di conoscenza, integrando i contenuti dell’articolo segnalato con ulteriori informazioni tratte dalla rassegna stampa che si può raccogliere sul caso:
dopo il matrimonio nel 1990, quando la donna aveva 36 anni, la coppia si è sottoposta, in Italia, a dieci tentativi di fecondazione assistita, tutti senza successo;
in seguito, sono state presentate due richieste di adozione nazionale e internazionale (nel 1999 e nel 2003), entrambe respinte; in tali occasioni, secondo alcuni media, la coppia non avrebbe raccolto l’invito a sottoporsi ad una psicoterapia;
pochi giorni dopo la nascita della piccola e su segnalazione del servizio sociale dell’ospedale dove è avvenuto il parto, la Procura minorile di Torino ha aperto un fascicolo e disposto accertamenti. Poco meno di un mese dopo (giugno 2010), anche a seguito della del presunto abbandono in auto della neonata, il TM dispone il suo allontanamento dalla famiglia di origine e l’affidamento ad altra famiglia in attesa di completare le indagini e gli approfondimenti per la decisione sull’eventuale adottabilità;
dopo la diffusione della notizia in merito alla sentenza di adottabilità, il Tm di Torino ha precisato che la decisione non è stata causata dall’età dei genitori, ma piuttosto da episodi di abbandono e dalla mancanza di presupposti per il recupero della funzione di genitori.
Questa precisazione, tuttavia, è contestata dai legali  della coppia, secondo i quali il richiamo alla condizione anagrafica invece è costantemente presente nella sentenza.
3. Esistono alcuni principi di riferimento e alcune precise norme di legge che orientano le decisioni che i Tribunali per i minori assumono in materia di potestà genitoriale.
In primo luogo, è la stessa Costituzione (art. 30) a prevedere l’ipotesi di una eventuale “incapacità” dei genitori nell’espletare il diritto/dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, prevedendo che in questi casi lo stato e i suoi organi intervengano per garantire al minore il pieno sviluppo della sua personalità.
Conseguentemente, il codice civile, nell’ambito delle disposizioni sulle potestà genitoriali, prevede sia che il giudice decida la decadenza della potestà sui figli e il conseguente allontanamento nel caso che il genitore trascuri i propri doveri o abusi dei relativi poteri provocando grave pregiudizio ai figli (art. 330); sia che adotti provvedimenti (revocabili in qualsiasi momento) di limitazione della potestà e di allontanamento, quando la condotta non sia così grave come nell’ipotesi precedente ma tale da apparire comunque pregiudizievole al figlio (art. 333).
Si tratta, peraltro, di principi e disposizioni coerenti con i valori alla base della Convenzione sui diritti del fanciullo, adottata dall’Onu nel 1989, laddove si afferma tra l’altro che nelle decisioni relative ai minori di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del minore deve costituire una considerazione preminente.
Si tratta, come è ovvio, di principi e disposizioni generali che, per trovare applicazione adeguata nei singoli giudizi specifici dei tribunali, debbono correlarsi al concreto contesto di riferimento in termini di accertamento di fatti precisi e di solide valutazioni metodologicamente fondate.
Nella sentenza del Tm è possibile riconoscere tre diversi ordini di motivazioni:
accertamento di “fatti oggettivi”, rilevanti penalmente e/o in sede di giudizio minorile: per esempio, l’episodio del presunto abbandono della neonata in auto, segnalato da alcuni vicini;
valutazioni di personalità, necessarie a formulare ipotesi sulla potenziale adeguatezza genitoriale dei due coniugi: a questo proposito, alcuni media riportano che la perizia psichiatrica avrebbe evidenziato che il padre presenta “scompensi in senso dissociativo e psicotico” e che la madre “non stabilisce con la figlia contatto emotivo  … mostrando una ferita narcisistica intollerabile”;
valutazioni specifiche sul ricorso alla procreazione assistita; in altri termini, la scelta di ricorrere ad età avanzata a tale trattamento viene assunta come indicativa di un atteggiamento non adeguato verso la genitorialità: infatti, nella sentenza si rileva “ … come il dato della differenza di età per i genitori non assume alcuna rilevanza, essendo secondario rispetto all’appagamento del bisogno narcisistico di avere un bambino”.
Il complesso di tali considerazioni conduce, pertanto, alla decisione sulla sussistenza di una condizione di abbandono  “nell’accezione che configura non già carenze di tipo materiale, bensì mancanza delle caratteristiche minime indispensabili per assicurare alla bambina una crescita psicofisica adeguata, giudizio peraltro ancorato a dati incontrovertibili e tendenzialmente immodificabili, attesa la già evidenziata carente consapevolezza dei propri limiti”.
Si tratta di ordini di motivazioni che vanno tenuti distinti, per evitare il rischio di ridurre la complessità delle questioni in gioco, ma che al tempo stesso nel percorso argomentativo si presentano fortemente intrecciate e tali da richiamarsi e rafforzarsi reciprocamente.
4. A questo proposito, è importante evidenziare una questione che riguarda il ruolo svolto dei mass media rispetto a questo tipo di vicende.
In altri termini,  quando si trasferiscono situazioni e argomentazioni di tale complessità nel discorso comunicativo dei media, necessariamente semplificato, si verifica spesso una sorta di fenomeno di “lost in traslation”, nel senso che, come per l’azione di un setaccio, vengono lasciati passare e posti in rilievo solo alcuni degli elementi in gioco, che finiscono per risultare scollegati dalla rappresentazione complessiva dei fatti.
Nel caso che stiamo considerando, nel racconto dei mezzi di informazione l’enfasi maggiore è stata certamente attribuita alla condizione anagrafica dei neo-genitori.
Tutto questo, tuttavia, finisce per attivare un dibattito fuorviato (privato di una conoscenza complessiva del problema) e purtroppo anche fuorviante (poiché mette in rilievo aspetti che non sono centrali o decisivi. Non a caso, infatti, il dibattito finisce per ruotare attorno a due tipi di domande: “E’ giusto togliere la figlia a due genitori solo perché sono troppo anziani?”, oppure “E’ accettabile il ricorso alla procreazione assistita anche in età avanzata?”.
5. E’ opportuno, invece, di accennare ad alcune questioni che meritano un’attenzione maggiore di quella che possiamo riservare in questa occasione.
Un primo ambito di considerazioni riguarda più direttamente la professione dello psicologo, coinvolto nei procedimenti di giustizia minorile come perito o come giudice esperto, in considerazione soprattutto di tutta una serie di critiche che tendono a contrapporre la solida concretezza dei fatti da accertare alla presunta vaghezza delle valutazione etiche o psicologiche.
In realtà, come ho cercato di evidenziare su questo sito in una precedente occasione, questa distinzione tra motivi “oggettivi” e “soggettivi” si basa su una consapevolezza imprecisa della natura dell’atto valutativo, quasi che nella valutazione psicologica di situazioni di incapacità genitoriale ci trovassimo di fronte soltanto a opinioni di operatori psico-sociali più o meno fondate, mentre in altri casi (per esempio, laddove si riscontrano maltrattamenti o abusi sessuali) la registrazione di un “fatto” oggettivamente avvenuto giustifica l’assunzione di decisioni che intervengono sulla potestà genitoriale. In realtà, la valutazione non coincide mai con la semplice registrazione o misurazione dei fatti, poiché a questa registrazione o misurazione si aggiunge un’attribuzione di “valore”, nel senso di riferire tali risultanze ad un sistema di parametri tecnico-professionali, storici, giuridici e persino etici che danno senso al fenomeno indagato e aiutano a prendere le decisioni adeguate. D’altra parte, è altrettanto necessario che ogni formulazione diagnostica sia correlata ad una equilibrata e precisa individuazione dei “fatti” rilevanti nel contesto, per evitare il rischio di risultare un’applicazione astratta  -e, in ultima istanza, moralistica – di categorie generali.
Un secondo ambito di considerazioni riguardano le questioni della procreazione assistita.
Innanzitutto, il ricorso a strutture estere per realizzare un progetto di maternità assistita eterologa, anche per le complicazioni sopravvenute nel caso in questione, evidenzia la presenza di forti disarmonie tra le normative europee in materia e richiama l’esigenza di giungere ad una maggiore armonizzazione.
Inoltre, è sempre più opportuno arricchire la nostra comprensione dei processi psicologici, culturali ed etici coinvolti nel ricorso alle diverse forme di procreazione assistita, anche per i riflessi che tali esperienze in ambiti collaterali, come ad esempio nella valutazione di coppie che si propongono per l’adozione dopo tentativi di procreazione assistita.
Infine, la vicenda dei coniugi di Montebello e il dibattito che si è sviluppato a seguito della sentenza di adottabilità della loro neonata chiama in causa considerazioni più generali sui fondamenti etici della paternità e della maternità e quindi sulla fonte degli speciali diritti/doveri attribuiti ai genitori.
Le risposte diversificate che diamo a domande di questo genere mettono in luce l’esistenza di concezioni diverse e non sempre tra loro conciliabili della paternità e della maternità (1). In estrema sintesi e a rischio di risultare riduttivo, sempre meno ovvia risulta la tesi secondo cui il fondamento etico della genitorialità risiede nel legame biologico con i figli e nel fatto che questi rappresentano per il genitore un’estensione di sé; al contrario maggiore attenzione riserviamo all’idea che gli speciali doveri genitoriali derivino dal fatto che i genitori (attraverso la procreazione naturale o tecnologicamente assistita, ovvero mediante l’adozione) si trovano nella posizione migliore rispetto ad altri per evitare al figlio eccessivi dolori o per promuovere le più adeguate condizioni di vita.  Su questi ultimi speciali doveri verrebbero dunque a trovare fondamento gli speciali diritti e poteri dei genitori.
D’altra parte, la legislazione vigente nel nostro Paese, in linea con le Dichiarazioni internazionali sui diritti dell’infanzia, sembra propendere verso una concezione del potere genitoriale come strumento per assicurare la realizzazione dei diritti dei minori e su tale fondamento trovano giustificazione anche quelle misure giudiziarie e prassi operative che, in casi particolarissimi e con tutto il necessario equilibrio, tale potere limitano o fanno decadere.

Nota:
a questo proposito, si può confrontare il saggio di M. Mori “Un nuovo problema per la famiglia: la fecondazione artificiale eterologa è una forma di adozione o un’estensione delle capacità riproduttive dell’uomo”  nel volume Il bambino bionico di O. Polleggioni – M. Russo, 1989, La Nuova Italia Editrice.

 

Fonte: Osservatorio di Psicologia nei Media