Convegno Mestre

 

 

 

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Il sostegno alle famiglie delle vittime di culti distruttivi

Originariamente pubblicato in Carer & Counsellor, Sping Edition 1998.

 

Ogni vittima di una setta, di solito presuppone la presenza altre due vittime. Si tratta della famiglia angosciata e degli amici dell’adepto della setta, che sono rimasti in uno stato di shock e confusione a guardare impotenti e al di fuori quanto stava accadendo al proprio caro.

Questi ultimi sanno meglio di tanti altri che qualcosa  seriamente non va.

 

Jane non è più la stessa. E’ cambiata, ed è cambiata in peggio. Invece di essere calorosa, amichevole, affettuosa e di buon umore è diventata fredda, alienata, distante e in difesa. Sono finiti i tempi delle battute casuali, del vedere ed esprimere simpatia. Jane è ora arrabbiata, taciturna e paranoica. E ‘convinta che suo fratello Tim sia un agente del diavolo, semplicemente perché ha espresso preoccupazione per la sua nuova associazione con un gruppo.

I membri di una famiglia spesso restano inermi per la disperazione di fronte a questo incubo, pensando che probabilmente non c’è nulla che possano fare. Ma, qualcosa da fare c’è!

In primo luogo la famiglia ha bisogno di essere messa a conoscenza di quello che è successo a Jane da un punto di vista psicologico. Ha bisogno di familiarizzare con le tecniche di controllo mentale usate da culti in generale (vedi tabella 1, p. 28, Counselor e accompagnatori, vol. 7, n. 3). E’ quindi importante che capisca le specifiche tecniche utilizzate dal gruppo che nella cui morsa è finita Jane.

Quanto più la famiglia riconosce i metodi psicologici usati dal gruppo, quelli per reclutare e indottrinare i membri, più sarà in grado di annullare alcuni dei danni provocati dal culto, nelle settimane, nei mesi o anni a venire.

Allo stesso modo è vitale che venga conosciuta in breve tempo la filosofia del nuovo culto cui ha aderito Jane. Non è solo fondamentale per capire su che basi il  gruppo fonda la sua visione del mondo, ma anche per conoscere la sua storia e il significato del suo gergo.

Definizioni proprie del culto per i  termini come Dio, la salvezza, la realtà ultima, una maggiore consapevolezza, la pace, l’illuminazione, il  bene e il  male, l’amore e la verità devono essere messi a disposizione e comprese dalla famiglia. Attraverso la comprensione del linguaggio del culto la famiglia e gli amici saranno in grado di avere conversazioni più significative con Jane.

Naturalmente, prima di interagire con Jane, la famiglia ha bisogno di imparare ciò che può e ciò che non può fare per mantenere le linee di comunicazione aperte, per spianare la strada per un dialogo più produttivo. Questo è riportato nella tabella 1.

Le varie sollecitazioni che la famiglia che cerca di far fronte alla situazione di Jane deve affrontare sono varie, e il counselor deve essere consapevole che ci saranno solitamente sensi di colpa condivisi dai diversi membri della famiglia e degli amici da gestire. … “Se solo avessi controllato questo gruppo prima, quando Jane mi ha raccontato che sarebbe andata a quella riunione introduttiva” …” Se solo avessi fatto shopping con Jane, la giornata in cui è stata reclutata nel centro commerciale” … “Se solo l’avessi messa in guardia più spesso sui culti distruttivi” …

La vita è, naturalmente, piena di ‘se solo …’. Tuttavia, è colpa del culto se  Jane è stata reclutata. La sua affiliazione non è stata progettata o provocata da chiunque altro.

Alcuni genitori dei membri del culto potrebbero chiedersi: “Dove abbiamo sbagliato tanto da indurre Jane  a voler entrare in una setta?” Jane non ha aderito. E’ stata attivamente reclutata. Jane non aveva alcuna idea circa la vera natura del gruppo o dei suoi metodi prima di andare a quel primo incontro. Alcuni fratelli possono anche provare a incolpare se stessi. Il fratello di Jane, Tim potrebbe chiedersi se fosse  stato reclutato lui stesso o se lui e Jane non avessero discusso il Martedì prima di incontrare il culto, forse l’adesione non sarebbe avvenuta.

Tabella 1: Consigli su cosa fare e cosa non fare per famiglie e amici dei membri di un  Culto

Cosa fare

1) Cercate di avere un contatto regolare via mail o telefono, anche se c’è scarsa risposta.
2) Esprimete l’amore sincero per il membro del culto in ogni occasione che vi sarà data

3) Tenete un diario di commenti, degli atteggiamenti e degli eventi associati con la sua vita nel culto.
4) Accettate benvolentieri i membri della setta al loro ritorno in casa, non importa ciò che viene detto.
5) Conservate una copia di tutta la corrispondenza scritta col parente nella setta.
6) Registrate tutti i nomi, indirizzi e numeri di telefono di persone legate al culto.

7) Cercate di non reagire se il membro della setta fa commenti poco gentili

8 ) Leggete tutti i libri consigliati relativi alle sette e al controllo mentale, così come interessatevi di      altre informazioni sul culto in questione.
9) Cercate aiuto e informazioni provenienti da organizzazioni specializzate che lavorano in questo ambito. Essi di prenderanno cura di voi e della vostra situazione individuale.

Le cose da non fare

1) Non abbiate fretta di adottare una probabile soluzione prima di aver ricercato con attenzione informazioni sul culto.
2) Non pronunciare mai questa frase: “Sei in una setta, ti hanno fatto il lavaggio del cervello“.
3) Non dare soldi al membro della setta.
4) Non sentirti in colpa. Questo non è un problema causato dalle famiglie.
6) Non agire in modo arrabbiato o ostile verso il membro della setta.
7) Non sentirti solo. Succede a migliaia di famiglie ogni anno.
8 ) Non sottovalutare il controllo che la setta ha su più di un membro.
9) Non  metterti in contrapposizione con il membro della setta, ridicolizzando le sue convinzioni.
10) Non giudicate né entrate in conflitto col membro della setta

11) Non inimicarsi nessuno dei leader della setta o altri membri.
12) Non essere persuasi da ‘specialisti’ di un culto a pagare grosse somme di denaro senza verificare la sua / sue qualifiche.
13) Non rinunciate alla speranza di successo nell’aiutare il tuo familiare a lasciare il gruppo, non importa quanto tempo si è già impegnato per questo.
14)  Non trascurare voi  stessi o altri membri della famiglia.

E forse importante notare che molti padri di membri di una setta sembrano avere grandi difficoltà a comprendere ed accettare il concetto di coercizione psicologica. Spesso avrebbero preferito vedere il coinvolgimento al culto semplicemente come una moda o una fase dello sviluppo evolutivo del proprio figlio. Se e quando comprendono finalmente l’enormità del problema, hanno comunque maggiori difficoltà ad affrontarlo rispetto alle madri. Alcuni padri esplodono per la frustrazione contravvenendo alle regole della tabella 1. Altri padri cercano di apparire disponibili,  ma interiorizzano i loro problemi e ‘implodono’ attraverso attacchi di cuore e malattie.

Un padre una volta disse: “E’ stato come essere su un aereo senza pilota“. Per lui, per una volta, tutto sembrava essere totalmente fuori dal suo controllo.
Molte famiglie che vivono con una persona amata in una setta, equiparano questa esperienza a quella del lutto. Una famiglia una volta disse: “E’ stato come vivere con un morto vivente. Per certi versi era più difficile da affrontare rispetto alla morte. Noi lo sappiamo. Abbiamo avuto una figlia che è morta e un figlio che era in una setta. Il dolore che ce la trascinò via sino al momento in cui riuscì a fuggire fortunatamente dal gruppo era enorme.” Di conseguenza, i consulenti possono trovare utile la loro abilità di counselling per le problematiche del  lutto come aiuto ad una tipica famiglia nella situazione della famiglia di Jane.
Molti genitori nell’affrontare il dolore e lo stress inevitabili in questo percorso, scoprono che i loro matrimoni vengono presto messi a rischio. La consulenza ai partner può aiutare a evitare che questa difficoltà aumenti sino alla perdita di controllo.

Anche l’aspetto economico diventa un problema. Jane può contattare la famiglia e gli amici per telefono e offrire informazioni. Se lei è in una sede estera del gruppo,  le telefonate presto diventeranno un peso economico. Da aggiungere alla spesa ci possono essere le visite a Jane in quel paese straniero. Quindi questo è un altro fattore che il consulente deve prendere in considerazione.

Poi ci sono i figli di Jane e il marito da prendere in considerazione. Si potrebbe chiedere se li ama ancora. Sembra così coinvolta dalle riunioni della setta ora tanto che la sua vita sembra ruotare intorno a quelle riunioni e non più al coniuge ed ai figli. Anche loro potrebbero chiedersi se siano da biasimare e soffrono di simili sentimenti di colpa e di confusione vissuta dai genitori di Jane. Inoltre, suo marito è stato messo probabilmente sotto pressione da Jane per poter andare alle riunioni del culto. E’ probabile che sentano  che il loro matrimonio si stia disintegrando sotto i loro occhi.

I sentimenti e le domande sopra tendono a creare ulteriori tensioni e  un malsano bisogno di essere aiutati dal counselor attraverso la discussione. Ci sono molte risorse disponibili per assistere il counselor e la famiglia di fronte ad un problema di setta. Ci sono molte organizzazioni tutto il mondo che praticano una sorta di monitoraggio delle sette, che possono mettere in contatto la famiglia e gli ex membri con gruppi di sostegno, possono offrire pubblicazioni sul tema e altre informazioni pertinenti.

Le tensioni familiari spesso aumentano a causa di una mancanza comprensione da parte della polizia, educatori, politici, medici di medicina generale,  professionisti della salute mentale e del clero. Questo a volte può essere ulteriormente aggravato da false ipotesi fatte dalla famiglia, o dalla disinformazione sulla setta in questione o dagli apologeti dei culti. La disinformazione può portare la famiglia a prendere una strada sbagliata per agire. Può accadere che la famiglia decida di non intraprendere alcuna azione. Decide invece, di attendere che sia Jane a lasciare il gruppo. Quando ciò non accade, si sente ancora più colpevole e frustrata per aver sprecato così tanto tempo.

Oltre ad aiutare una famiglia a far fronte alle diverse sollecitazioni che ora deve affrontare, è importante incoraggiarli a essere propositivi, ove possibile. Con questo in mente, è fondamentale che la maggior parte dell’energia della famiglia debba essere rivolta verso i  passi positivi possibili che possano aiutare Jane a lasciare il gruppo. E’ vitale per la famiglia di Jane e per i suoi amici lavorare insieme, come una squadra per compensare l’impatto del culto di Jane. Hanno tutti bisogno di lavorare per lo stesso obiettivo, altrimenti la strategia diventerà frammentaria  e un buon lavoro di una persona potrebbe essere accidentalmente annullato dall’azione, seppur con buone intenzioni, di un altro.

Mentre non c’è mai alcuna garanzia che la famiglia possa avere successo nell’aiutare Jane a lasciare il gruppo, le probabilità che questo accada sono a loro favore. Tuttavia i problemi non finiscono qui. E’ probabile che si verifichino almeno per un anno, in media, dei sintomi di astinenza per Jane. E’ importante che il  counselor aiuti la famiglia ad avere familiarità con questi sintomi di astinenza (vedi p.29, Counselor e accompagnatori, vol. 7, n. 3), in modo da non risultare ulteriormente confusa e in modo da aiutare Jane nel suo percorso di guarigione.

La riabilitazione di Jane potrebbe essere accelerata da un soggiorno in un centro di riabilitazione specializzato. Diversi centri sono sorti negli ultimi 15 anni per soddisfare la sempre più crescente domanda di tali servizi. Uno dei più antichi e probabilmente di maggior successo è ‘Sorgente’ negli Stati Uniti. C’è un bisogno vitale di un tale centro nel Regno Unito. In tale istituto Jane avrebbe potuto ricevere aiuto, per una settimana o due, da operatori esperti. L’avrebbero aiutata non solo a rivalutare la sua esperienza nel culto, ma anche a recuperare  completamente le sue risorse per tornare ad essere un membro attivo della società.

Così come ci sono ‘Cose da fare e cose da non fare’ per le famiglie con una persona amata in una setta,  ci sono più in generale suggerimento su ‘Cosa fare e cosa non fare’ per le famiglie con una persona cara che ha appena lasciato un culto distruttivo, come riportato nella tabella 2.

Tabella 2: Cosa fare e cosa non fare per le famiglie di ex membri che stanno recuperando
Le Cose da fare

  • Esprimete l’amore in modo chiaro
  • Fare le cose insieme come una famiglia.
  • Dimostrate che nessuna colpa è collegata all’ex-membro.
  • Incoraggiare una semplice decisione, per esempio chiedendo all’ex-membro di scegliere un pasto, un video, ecc.
  • Accettare che la guarigione completa richiede di solito un sacco di tempo, amore e comprensione.
  • Parlare del culto solo quando l’ex-membro vuole farlo
  • Filtrate le telefonate e la posta da parte della setta solo con l’approvazione dell’ex membro.
  • Accompagnate l’ex-membro della setta inizialmente, quando esce.

Le Cose da non fare

1) Non fate pressione sull’ex-membro affinché ricominci a lavorare o studiare immediatamente.
2) Non abbiate paura di discutere i propri sentimenti.

3) Non siate soffocanti e protettivi

4) Non incolpare l’ex-membro per essere stato coinvolto nel culto.
5) Non dare per scontato  che  la setta non possa riprendere indietro l’ex membro.

La famiglia di Jane ha bisogno di sapere che va bene per Jane parlare con loro delle sue esperienze e delle sensazioni che aveva quando era nel gruppo.

Lei potrebbe anche voler parlare della gente per bene che ha incontrato, pur essendo stati anche loro membri della setta. Dopo tutto sono state vittime allo stesso modo. I familiari sono spesso timorosi di parlare con affetto con affetto di alcune delle persone rimaste all’interno della setta, perché erroneamente ritengono che l’amore di Jane per i membri della setta possa significare che lei stia pensando di ritornare nel gruppo.

A volte le famiglie sono terrorizzate per qualsiasi discussione sulla setta, perché temono di dire la cosa sbagliata, o perché pensano che sarebbe negativo per Jane se lo facessero. E’ più vero, di solito, il contrario.

Un problema comune, di cui dev’essere a conoscenza un counselor, è che alcuni membri della famiglia possono fare eccessive pressioni su Jane nel tentativo di incoraggiarla a ‘andare avanti con la sua vita‘. Possono cercare di costringerla a pensare e a prendere decisioni troppo in fretta, prima che lei sia pronta a farlo. Il marito di Jane o altri membri del contesto sociale di Jane potrebbero iniziare a prendere decisioni al suo posto, e questo non aiuta. Jane ha bisogno di incoraggiamento e di trovare il suo ritmo regolare oltre che di tornare alla normalità. Il tasso di recupero varia da un ex-membro ad un altro.

Alcune famiglie che condividono una fede molto forte possono tentare di forzare l’adesione dell’ex membro verso quello che credono, inondandolo di informazioni dottrinali in merito. Il materiale può andare bene da un punto di vista dottrinale, ma fare questo può essere molto dannosa dal punto di vista psicologico. Anche in questo caso è meglio rispondere alle domande dell’ex membro, piuttosto che cercare di spingerlo in una direzione o nell’altra.

Durante il periodo di riabilitazione di Jane la sua famiglia ha bisogno di essere consapevole delle esigenze tipiche di un ex-membro di una setta (vedi tabella 4, p. 32, accompagnatori e Counselor, vol. 7, n. 3), in modo che possa lavorare con il counselor per migliorare il progresso di Jane affinchè lei possa star meglio.

Con il giusto tipo di cura e attenzione, ci sono tutte le ragioni per aspettarsi che Jane e la sua famiglia possano recuperare. Nel corso dei miei 18 anni di lavoro a tempo pieno come specialista nel settarismo su entrambe le sponde dell’Atlantico, ho avuto il piacere di vedere centinaia di famiglie riunite. Alcune delle famiglie che hanno avuto successo spesso finiscono ancora per riavvicinarsi più di quanto lo fossero prima. Inoltre, molti come Jane non solo hanno recuperato, ma hanno iniziato una nuova vita, piena di tante gratificazioni. Tuttavia, sarà un’esperienza che nessuno di loro potrà mai dimenticare.
Ian Haworth
Segretario Generale del Centro di Informazione Culti
Articolo in lingua originale: http://www.cultinformation.org.uk/article_caring-for-the-family.html

Traduzione della Dr.ssa Lorita Tinelli

 

La storia degli attacchi alla credibilità degli ex membri

Il seguente documento è stato presentato al convegno della FECRIS a maggio del 2011, dal titolo “L’abuso sistematico nei culti: testimonianze e prove’. Maggiori informazioni sulla conferenza, così come su altri documenti lì presentati , si possono trovare sul sito della FECRIS.

 

LA STORIA DEGLI ATTACCHI ALLA CREDIBILITA DEGLI EX MEMBRI
DI Stephen A. Kent

 

Abstract

L’elevata presenza di ex membri di gruppi ad alto controllo ideologico si è dimostrata estremamente utile ai ricercatori nel campo delle informazioni sui culti. Fornendo informazioni documentate di prima mano e difficili da ottenere, gli ex membri si sono resi indispensabili in molti progetti di ricerca e di  formazione di  diverse organizzazioni antisettarie. Occasionalmente, tuttavia, notevoli problemi sono sorti circa l’affidabilità di alcuni di loro. Attingendo ai 35 anni della storia degli antisette in Nord America, vorrei  identificare e discutere brevemente di sette tipi di ex membri e dei presunti ex membri che hanno causato difficoltà a varie organizzazioni. Questi tipi sono: 1) i de-convertiti in maniera  forzata; 2) i rimpatriati; 3) i presunti ex membri deliranti, 4) gli artisti della truffa; 5) le  spie; 6) gli  ex membri con ‘storie;’ 7) il professionista  ex membro di antisette; 8 ) e gli  ex membri che diventano professionisti.

Concludo elogiando i contributi che gli ex membri apportano al movimento anti-sette, ma attenzione che per alcuni di loro, le cose differiscono dalle apparenze.

 

 

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Alcuni scrittori accademici che criticano gli abusi delle sette oggi hanno beneficiato più  di me degli  ex membri di sette.

Io ho intervistato un numero incalcolabile di persone che sono fuoruscite da gruppi ad alto controllo; essi hanno controllato vari pezzi dattiloscritti della loro storia prima che fosse pubblicata e mi hanno fornito milioni di pagine di documenti. La mia carriera e la mia borsa di studio, sarebbero  stati notevolmente limitati senza di loro.

Per trent’anni ho utilizzato le intuizioni e materiali che mi sono stati forniti da ex membri, e ho guardato con un certo stupore chi si rifiutava di farlo. Alcuni problemi, invece, sono sorti con i critici dei culti durante il loro lavoro con alcuni degli ex membri, o almeno persone che sostenevano di aver lasciato i vari gruppi. Una breve storia di questi problemi, quindi, fornisce un insegnamento  che vale la pena raccontare in incontri di anticult e di critici. Questi problemi probabilmente si ripeteranno in Europa, se non sono apparsi già. In Nord America, questi problemi sono iniziati nei primi anni ‘70.

 

 

1) I de-convertiti in maniera forzata:

Nel Nord America  l’attenzione pubblica sui culti avvenne nei primi anni 70, con gruppi come gli Hare Krishna, la Christian Foundation di Tony e Susan Alamo, i Bambini di Dio e la Chiesa dell’Unificazione. Certamente gruppi controversi come Scientology esistevano prima di questo periodo, ma i primi anni ‘70 hanno visto numerosi pretendenti spirituali attrarre giovani che erano cresciuti in un periodo storico privo di valori sociali (si veda Kent, 2001).

I  giovani, aggregati in uno dei numerosi gruppi durante questo periodo, spesso tagliavano i legami con le loro famiglie e nei confronti delle proprie storie personali pregresse. I genitori temevano, spesso legittimamente (vedi Patrick con Dulack, 1976: 260-264), per la sicurezza dei loro cari.

Nel 1971 alcuni genitori nel Nord America si rivolsero ad un uomo, Ted Patrick, che sosteneva di poter deprogrammare (vedi Patrick con Dulack, 1976: 61) questi giovani e farli ritornare ad uno stato mentale sano. Non esistono dati su quante deprogrammazioni Patrick abbia effettuato nel corso degli anni, ma il loro numero, almeno nel settore si presume  superiore alle centinaia. Diversi di loro divennero deprogrammatori sia a tempo pieno sia  part-time (si veda Kent e Szimhart, 2002).

Il lavoro di Patrick su questi giovani provenienti da questi gruppi prese molte forme, dalla violenza (vedi Patrick con Dulack, 1976: 67, 100, 207-208) ad attività relativamente non coercitive. Egli  dopo aver ‘convinto’ il giovane a fuoruscire da un gruppo, utilizzava una sua strategia per cementare ulteriormente la rinuncia della persona ad appartenere a quel gruppo, ottenendo una dichiarazione scritta e firmata in cui lo stesso denunciava il gruppo (vedi Patrick e Dulack, 1976: 176; 230-230-236), e (se possibile) Patrick organizzava una conferenza stampa in cui il nuovo ‘de-programmato’ denunciava pubblicamente la sua esperienza settaria. Patrick era convinto che i giovani erano stati ingannati o manipolati per far parte del gruppo  e che avevano ricevuto notevoli  pressioni per rimanervi, e che nella storia recente del deprogrammato spesso si riproducevano tali dinamiche.

I sociologi hanno reagito ai racconti di esperienze negative e di manipolazione dei de-programmati in due modi.  Un modo ha avuto un impatto positivo sullo studio delle nuove religioni. I sociologi hanno sviluppato una serie di modelli di conversione, di cui solo uno prevede la coercizione e l’inganno. Tra i più popolari vi è stato un modello di sei punti di John Lofland e L. Norman Skonovd  in cui la conversione “coercitiva”  era solo uno delle loro previste tipologie (1981). Tutti gli altri cinque punti prevedevano una percorso di conversione con   vari gradi di coinvolgimento attivo. Questi nuovi modelli, quindi, rappresentavano  alcune delle complessità di tutto il processo di conversione, che non erano state evidenziate nella maggior parte delle storie dei de-programmati, mentre erano stati evidenziati da recenti deprogrammatori.

L’altra reazione di altri studiosi fu quella di soffermarsi nell’evidenziare il trauma del percorso di Patrick. Nel modello di Patrick, il proprio coinvolgimento in un gruppo ad alto controllo  era estremamente stressante e la deprogrammazione liberava la persona da questo ambiente stressante. Un paio di accademici, tuttavia, hanno sostenuto che è la stessa deprogrammazione una fonte di stress  nei confronti degli ex membri e non il coinvolgimento nei  gruppi stessi.  La deprogrammazione, dunque, e non i gruppi era  il problema. Le storie che si concentravano esclusivamente sugli aspetti negativi del loro gruppo precedente, di conseguenza, erano “storie di atrocità” che trascuravano completamente di discutere anche degli aspetti positivi dell’esperienza nel gruppo. Come le storie di parte, quindi, questi cosiddetti racconti di atrocità non erano accettabili come precisa rendicontazione dei fatti.

 

2) I rimpatriati:

La questione circa l’accuratezza di queste denunce pubbliche obbligatorie dopo la deprogrammazione divenne ancora più problematica.  Dopo che un paio di de-convertiti, che avevano criticato i loro gruppi di appartenenza e avevano ringraziato i deprogrammatori, si riunirono ai gruppi che avevano criticato (vedi Patrick con Dulack, 1976: 176 – 178). I difensori dei culti e altri osservatori hanno dovuto chiedersi: “Se le cose fossero state così negative all’interno dei gruppi come avevano riferito, allora perché sono tornati dentro?” L’ipotesi, dunque, era che i deprogrammati avevano fatto la loro denuncia iniziale sotto costrizione, e che il loro coinvolgimento ai gruppi di appartenenza aveva effettivamente avuto aspetti positivi.

Un primo drammatico esempio di una persona deprogrammata, ricongiunta successivamente al gruppo precedentemente denunciato, avvenne  a Toronto, in Canada, nel 1975 e 1976.  Nel marzo del 1975 i giornali canadesi pubblicarono storie su come Ted Patrick aveva lavorato con i genitori di una diciannovenne.
Linda Epstein fu fatta entrare in una stanza d’albergo con l’inganno, in modo che Patrick e i suoi collaboratori potessero deprogrammarla dall’influenza degli Hare Krishna.
Linda raccontò più tardi che suo padre non usò la forza per attirarla nella stanza: “‘Mio padre non mi spinse, lui mi prese per le spalle e mi portò nella stanza. Non c’era niente, solo due letti‘” (Epstein, citato in Blatchford, 1975: 1). Subito dopo, vide i deprogrammatori che ben presto cominciarono a lavorare con lei.

Dopo tre notti, firmò una dichiarazione preparata, che diceva (in parte):

 

Mi è stato insegnato ad odiare la mia chiesa e che l’educazione era il Diavolo e doveva essere disprezzata. Infatti, la mia mente era così controllata dal leader del movimento Hare Krishna che se mi avesse ordinato di uccidere i miei genitori, io l’avrei fatto. Sotto la loro pressione sono diventata totalmente incapace di razionalizzare‘ (citato in Schachter, 1975 [capitalo in originale]).

 

La dichiarazione preparata continuava:

Ora mi sento come un membro utile della società. Se, in ogni caso, il movimento Hare Krishna o qualsiasi altra setta o culto psicologicamente o fisicamente mi rapisce di nuovo, con la presente chiedo un intervento immediato da parte delle autorità, affinchè vengano a salvarmi, perché, in tal caso, indipendentemente da ciò che mi può dire o fare, al momento, non agirò sotto il mio libero arbitrio ‘(citato in Blatchford, 1975: 2).

Copie di questa dichiarazione furono inviate al Federal Bureau of Investigation americano e al Procuratore Generale del Dipartimento a Ottawa (Blatchford, 1975:1). Alla conferenza stampa successiva, il padre di Epstein e due dei soci di Patrick “si scagliarono contro il movimento” (Schachter, 1975).

 

Alla fine di dicembre 1975, tuttavia, Linda Epstein rientrava tra i  Krishna, dopo aver giurato  un affidavit che riportava la frase “‘attraverso la mia volontà’” (citato in Harpur, 1976). In una conferenza stampa all’inizio del 1976, raccontò che “non era mai stata felice a casa e che aveva voluto più di ogni altra cosa dedicare la sua vita alla ricerca di Dio” (Epstein, citato in Harpur, 1976). Riflettendo sulla denuncia del gruppo che aveva firmato, ora lei affermava di averla fatta  “‘sotto costrizione,'” e che “‘in nessun modo riflette i miei sentimenti veri’” (citato in Harpur Epstein, 1976).

In nessun modo il caso Epstein avrebbe dovuto essere preso come indicativo del fatto che tutte le dichiarazioni fatte dopo la deprogrammazione sono inaffidabili, ma certamente può dimostrare  come Epstein avrebbe potuto dire di aver dato la sua dichiarazione iniziale sotto coercizione. In ogni caso, intorno a quel periodo alcuni docenti universitari hanno iniziato a trattare tutte le dichiarazioni di ex membri come inaffidabili. E’ possibile notare questa posizione del mondo accademico di rifiuto a priori dei racconti di ex membri esaminando un articolo di James Lewis, seguito dal suo travisamento di esso.

L’articolo di James R. Lewis del 1989 su “Gli apostati e la legittimazione della repressione” è una rappresentazione di questo approccio. In uno studio su 154 ex membri di un certo numero di gruppi, ha testato i loro atteggiamenti verso i gruppi a cui era appartenuti. Lewis ha concluso:

Gli ex-membri che hanno sperimentato la deprogrammazione coercitiva tendevano ad esprimere atteggiamenti negativi stereotipati; i fuorusciti per loro stessa volontà, che non avevano legami con antisette, tendevano a sentirsi ambivalenti o positivi circa la loro esperienza di appartenenza e gli atteggiamenti degli intervistati che non erano stati rapiti, ma che avevano sperimentato una qualche forma di consulenza volontaria da parte del  movimento anti-sette,  tendevano a mentire e a mantenere una via di mezzo” (Lewis 1989: 390).

Lo studio non distingue le diverse esperienze tra i diversi gruppi, né evidenzia alcuni fattori  dei partecipanti quali  i livelli di coinvolgimento all’interno dei gruppi e le rispettive cariche gerarchie. Inoltre, non ha valutato i vari livelli di stress sperimentati nei diversi modi di allontanamento dai gruppi, né ha valutato le informazioni specifiche che le persone hanno ricevuto  durante la loro riconversione, indipendentemente da come l’hanno ottenuta. Tuttavia, Lewis è rimasto abbastanza convinto del carattere definitivo del suo studio che ha utilizzato per giustificare il supporto per bloccare la pubblicazione di un mio studio su I Bambini di Dio nel 1993.

Senza aver letto il mio articolo, aveva erroneamente assunto che avevo costruito il mio caso principalmente sui racconti degli  ex-membri (Lewis, 1993). Lewis ha scritto ad uno dei redattori della rivista che l’avrebbe pubblicato: “La ricerca sugli ex membri dei controversi gruppi religiosi (come evidenzia il mio ‘Apostati e la legittimazione della repressione,’ – analisi sociologica, inverno 1989), tuttavia ha dimostrato che questi sottocampioni sono limitati e non rappresentativi, e mettono in discussione l’oggettività dello studio intero dei gruppi“(Lewis, 1993).

Sorprendentemente, la sua propria sintesi dei risultati della ricerca aveva travisato il suo studio, dal momento che lo studio aveva concluso che solo la deprogrammazione e (in misura minore, una uscita con la consulenza) aveva influenzato il grado di negatività con cui la gente guardava indietro alla propria esperienza di appartenenza ai gruppi. Questo  intervento contro la pubblicazione del mio articolo suggerisce che nei primi anni 90 molti studiosi avevano concluso che le informazioni  riportate dagli ex membri, a prescindere da come queste persone avevano abbandonato il gruppo, erano da mettere in discussione. La fonte stessa delle informazioni, gli ex-membri, contaminava il contenuto.

Non sapremo mai se lo stimato sociologo della religione, Bryan Wilson (1926-2004) conosceva il caso Epstein o aveva letto l’articolo di Lewis quando scrisse il suo totale rifiuto nei confronti dell’uso dei racconti degli ex membri:

 

“Né il ricercatore sociologico obiettivo né il tribunale può facilmente considerare l’apostata come una fonte credibile o affidabile come prova. Egli deve sempre essere visto come uno la cui storia personale lo predispone a pregiudizi per quanto riguarda sia il suo impegno precedente e affiliazioni religiose, e deve far sorgere il sospetto che il suo comportamento dipenda da una motivazione personale di rivendicazione di se stesso o  per ritrovare la propria  autostima, mostrando se stesso prima come una vittima, e in seguito un crociato redento. Come vari casi hanno indicato, è probabile che sia suggestionabile e pronto per ingrandire o abbellire le sue lamentele, per soddisfare quella specie di giornalisti il cui interesse è più sensazionalistico che di  un racconto oggettivo della verità” (Wilson, 1994: 4 ).

Non sorprende che Scientology abbia pubblicato le dichiarazioni di Wilson e che le renda disponibili su Internet. Inoltre, Scientology continua ad utilizzarle per rispondere ad ogni critica degli ex membri.

Altri accademici oltre a Wilson hanno adottato una posizione simile, che conosco fin troppo bene. In un articolo pubblicato su una rivista dedicata allo studio delle nuove religioni chiamato Nova Religio e successivamente ristampato in un libro, il professore di studi religiosi canadese Irving Hexham e l’antropologa Karla Poewe mi ha etichettato tra gli accademici canadesi per la mia posizione presumibilmente critica verso “i culti”:

L’unica eccezione al tono generalmente neutro della maggior parte dei docenti universitari canadesi e al loro rifiuto della retorica anti-sette è Stephen Kent. Kent è stato schietto nella critica di molte nuove religioni, in particolare di Scientology, e lavora a stretto contatto con diversi gruppi anti-sette. Anche se le opinioni di Kent sono ampiamente conosciute, solo alcuni studiosi canadesi sono  d’accordo con le sue scoperte,  mentre la  maggior parte non lo sono in maniera forte a causa della sua tendenza ad usare la testimonianza di ex-membri” (Hexham e Poewe, 2004: 247).

Indubbiamente, gli altri all’interno della comunità accademica hanno condiviso questa critica, ma tale posizione non è universale. (vedi Ayella, 1993: 114).

 

3) Presunti ex membri deliranti:

L’analisi critica dei racconti degli ex membri, al contrario, non solo può aiutare la verifica dei documenti, ma può anche far scoprire ed evidenziare ricerche povere o fraudolente. Inoltre il problema della gente delirante che crede di aver fatto parte di un culto non si è verificato (per quanto possa ricordare) tra i movimenti antisette dell’America del Nord, ma in un sottogruppo controverso di tali movimenti, quelli anti-satanici.

Esistono alcuni casi documentati di persone che credono di essere stati abusati, di solito da bambini, in  gruppi satanici, quando in realtà sono da malattie mentali. Per esempio, ricordo vividamente due interviste relative ad abusi satanici che ho condotto con la polizia nei primi anni 90, i cui intervistati quasi certamente erano schizofrenici e  paranoici. Pochi anni prima di quelle interviste, i due autori avevano scritto libri sulle loro presunte esperienze, solo per rilevare in seguito di soffrire di problemi psicologici e / o psichiatrici.

Un libro fraudolento sul satanismo era il volume di Rebecca Brown (MD) del  1986, “He Came to Set the Captives Free”.  Esso racconta il referto di  una donna di una gerarchia satanica, come riportato da un medico (per esempio, Brown, nasce nel 1948 come Ruth Irene Bailey e ha cambiato nel 1986 il nome in Rebecca Brown) che presumibilmente la trattava. La donna, Elaine, era una paziente, Edna Elaine Mosè (nata Edna Elaine Knost), che Brown effettivamente trattatava. Il trattamento di Elaine, però, era talmente irresponsabile tanto che ha la Brown perse la sua licenza all’esercizio della professione, in quanto somministrava alte dosi di Demerol (di cui faceva ella stessa uso). Gli effetti collaterali di tale farmaco includono allucinazioni e comportamenti di tipo psicotico, e Brown si era convinta che i demoni satanici erano ovunque, e che era sua responsabilità combatterli. Il libro fantastico della Brown, dunque, è probabile che sia il risultato di usi di droghe, e allucinazioni paranoiche (Fisher, Blizard, e Goedelman, 1989).

Una seconda autrice fraudolenta è stata Lauren Stratford (nata nel 1941 come Laurel Wilson). Il suo libro del 1988, “Satana Metropolitana: la straordinaria storia di fuga di una donna”, era un racconto raccapricciante di abuso sessuale infantile, di pornografia adulta, sadomasochismo, il sacrificio di bambini, e il satanismo,  successivamente dimostrato essere stata la creazione di una mente molto travagliata (Passantino , Passantino, e Trott, 1999). Dopo che alcuni ricercatori scoprirono la frode, l’editore ha cessato la pubblicazione del libro, ma già 130.000 copie erano state vendute (Sidey, 1990: 34).

 

E’ istruttivo vedere come l’editore Harvest House abbia tratto in inganno, specie perché chi controlla le storie dei fuorusciti può fare degli errori.

Harvest House ha spiegato come aveva ritenuto affidabile la storia di Lauren. Aveva raccolto dati in tre momenti: (1) diversi membri dello staff avevano parlato con Laurel in tempi diversi e lei aveva raccontato sempre le stesse storie, tanto che tutti i membri dello staff erano stati colpiti dalla sua sincerità, (2) lo staff ha parlato con ‘esperti’ che hanno confermato che le cose raccontate da Lauren erano successe ad altri, e (3) infine lo staff aveva valutato referenze positive su Laurel da parte dei  suoi sostenitori (Passantino, Passantino, e Trott: 1990: 28).

 

I critici di questo lavoro hanno spiegato che è in grado di stabilire coerenza e plausibilità, ma non costituisce prova per accertare l’effettiva validità di eventi storici. (Passantino, Passantino, e Trott, 1990: 28). In breve, la coerenza per quanto riguarda la storia di un  coinvolgimento ad un culto e una personalità convincente non sono motivi sufficienti per giudicare se i racconti di ex membri sono veri e accurate.

 

Un insieme più complicato di esempi provengono da persone, soprattutto donne, che avevano recuperato i ricordi di coinvolgimento ad un culto satanico dopo aver subito la terapia. Un’ondata di opposizione è cresciuta tra la gente che ha sostenuto che i ricordi erano quelli cosiddetti “falsi”, impiantati da terapisti zelanti, ma scarsamente addestrati e che in realtà un tale coinvolgimento satanico non era avvenuto (ad esempio, Brainerd e Reyna, 2005). Nel 1990 furono iniziate una serie di azioni legali di ex clienti contro i terapisti, provocando il caos all’interno della comunità terapeutica (e causando grande preoccupazione tra coloro che hanno continuato a credere che i loro ricordi erano reali [vedi Pendergrast, 1995]). I dibattiti sui falsi ricordi suscitarono l’interesse di tutto il movimento anti-sette in Nord America, ma non divennero mai parte del suo lavoro principale. Le implicazioni di questo problema, tuttavia, sono state chiare: se i  terapeuti involontariamente potrebbero creare falsi ricordi di abusi rituali satanici, potrebbero farlo anche i deprogrammatori e gli exit-counselor, con l’impianto di ricordi negativi (o almeno interpretazioni) del proprio coinvolgimento nel culto precedente.

 

4) Gli artisti della truffa:

Le persone coinvolte nel dibattito dei falsi ricordi erano sinceri nelle loro accuse, anche se i ricordi non erano accurati. I truffatori, al contrario, affermano false storie in modo da accreditarsi denaro tra il loro pubblico. Questi ultimi condividono una caratteristica con gli ex membri deliranti: entrambi i gruppi menzionati sono costituiti da  “apostati che non sono mai stati tali”, quelli che dicono di esserlo (vedi Johnson, 1998). L’esempio molto ben documentato di un artista della truffa seguendo questo schema è stato quello di Michael Warnke, autore di “Il Venditore Satana” (Warnke con Balsiger e Jones, 1972), che era un libro best seller cristiano. Raccontava di sesso-spinto su un membro di un gruppo satanico, lo stesso Warnke, dedito alla droga durante la fine del 1960, prima della sua conversione al cristianesimo. Egli fondò un capitale sul suo passato, attraverso il suo ministero cristiano e (tra le altre attività) attraverso consulenze occasionali per la polizia (anche in Australia) sulle attività sataniche. Nel 1992, però, una lunga inchiesta, pubblicata in una rivista cristiana, Cornerstone, furono evidenziate diverse frodi nel suo ministero, tra cui la menzogna del suo ex passato satanico come sacerdote (Trott e Hertenstein, 1992; vedere Maxwell 1992). In termini semplici, Warnke era un artista della truffa.

Si noti che questi artisti della truffa mirano alle comunità cristiane, forse perché sapevano che i cristiani avrebbe donato soldi per combattere ciò che credevano di essere Satana.

In un altro caso, una ragazza aveva dichiarato di avere sedici anni e di essere fuggita dalla Chiesa dell’Unificazione e aveva vissuto con i cristiani per un mese, fino a quando questi hanno scoperto che lei aveva trent’anni e non era mai stata una seguace del reverendo Moon. Successivamente, è comparso su The Oprah Winfrey Show come una persona che soffriva del disturbo di personalità multipla e che tentava di convincere i cristiani che era un sopravvissuto di un abuso satanico (Passantino, Passantino, e Trott, 1999: 90 n. 68).

Il punto nevralgico di queste storie di artisti della truffa potrebbe essere che le persone di fede e buona volontà sono particolarmente sensibili ai truffatori, che affermano di aver fatto parte di gruppi sinistri cui molte persone si oppongono (per esempio, satanismo,
la chiesa Moonies / Unificazione, ecc.).

 

5) Le spie:

Di gran lunga il problema più grave che coinvolge i presunti ex membri è quello delle spie, che hanno molto in comune con gli artisti della truffa. I truffatori ingannano a proprio vantaggio, mentre le spie  ingannano per  agevolare un’organizzazione avversaria. Le spie sono ancora membri di un gruppo controverso, il cui gruppo li dirige a infiltrarsi in una organizzazione anti-cult o tra i critici dei culti (spesso essi stessi ex membri). Moltissimi critici di culti del Nord America come Kurt e Henrietta Crampton, Nan Mclean, Priscilla Coates, ecc hanno avuto a che fare con  spie che li hanno visitati raccontando loro storie false sulle loro defezioni e per chiedere il recupero dall’esperienza cultuale.

Naturalmente lo scopo evidente era quello di ottenere informazioni sugli avversari, cosa stessero  progettando, chi facesse parte delle loro reti, ecc Altri motivi sono stati più sinistri -per esempio hanno rubato documenti o ottenuto che il critico si impegnasse in qualche modo in attività illegali (ad esempio, l’intrappolamento). Due associazioni californiante anticult ormai chiuse, the Freedom counseling Center e il Spiritual Counterfeits Project ebbero a che fare con un marito e moglie di Scientology (Andrea e Ford Scwartz) che vi si erano infiltrati. Dopo che questa coppia ebbe disertato Scientology ha raccontato dei preparativi cui erano stati sottoposti prima della loro assegnazione al compito di infiltrati.

“Per prepararsi come un agente di controspionaggio per Scientology, Ford aveva ricevuto 400 ore di auditing e il compito di leggere informazioni su altre agenzie di spionaggio, come la CIA e il KGB. Aveva collaborato con enti nazionali e internazionali, ma aveva preso la maggior parte dei suoi ordini presso il Guardians Office a San Francisco. Ha incontrato il suo ‘operative’ almeno una volta alla settimana, nei bar,  nei ristoranti o in parcheggi per auto. Tutte le chiamate ai suoi ‘operativi’ sono state effettuate da telefoni pubblici.

Andrea è diventata anche un agente infiltrato in un culto di consapevolezza di Berkeley, gruppo chiamato Progetto Spirituale. ‘I nostri amici e parenti tutti credevano fossimo fuori di Scientology,’ dice. ‘Abbiamo cominciato a vivere la nostra copertura reale come abbiamo potuto, abbiamo dovuto ricordare che qualsiasi contatto con noi avrebbe potuto essere la copertura del nostro controllo’ (Wheeler, 1982).

Hanno mantenuto la loro identità da infiltrati nelle due organizzazioni per oltre un anno e sono riusciti a fornire utili informazioni a Scientology.

Il gruppo antisette più grande d’America, il Cult Awareness Network (CAN), ha avuto grossi problemi. Qualcuno ha lavorato al suo interno durante il periodo immediatamente precedente l’acquisizione da parte di Scientology del suo materiale, quando i funzionari del gruppo stavano elaborando delle strategie su come mantenere lontana Scientology dai propri file (senza successo) Presumibilmente l’impianto informativo è stato tenuto in piedi dai rappresentanti di Scientology, tanto che alla fine Scientology è riuscita ad ottenerlo attraverso il fallimento della CAN. Prima  del progetto di  Scientology, Garry Scharff si era infiltrato nel Cult Awareness Network per nove anni in un modo intelligente, affermando di essere stato un membro del Tempio del Popolo di Jim Jones  in modo che nessuno avrebbe potuto smentirlo, visto il suicidio di massa in Guyana (Scarff, 1992, p. 1). A quanto pare, egli ha lavorato a stretto contatto con uno studio legale di Scientology che stava già trovando il modo per distruggere il Cult Awareness Network (vedi Scarff, 1991: 3, 6), ma alla fine ha disertato da Scientology stessa e ha cominciato ad offrire informazioni per la Cult Awareness Network. Le informazioni che Scarff offriva alla Cult Awareness incluso accuse inquietanti riguardavano quella che gli avvocati di Scientology stessero tramando l’assassinio del direttore del Cult Awareness Network, Cynthia Kisser (vedi Scarff, [sd]). Soprattutto a causa di anni di inganno di Scarff la sua credibilità era ormai minata tanto che nessuno poteva o ha reagito alle accuse che aveva fatto.

Le spie  hanno  lavorato in modo efficace contro alcuni gruppi anti-sette in Nord America, e immagino che alcuni gruppi hanno tentato di usufruirne anche in Europa. Il controllo dei nuovi, anche se entusiasti, volontari nella fase iniziale è molto saggio, in quanto la scoperta di essere stati ingannati lascia tutti in un’organizzazione con un senso di violazione e di vulnerabilità. Se un gruppo scopre di avere in seno una spia, però,  sarebbe utile che gli togliesse i privilegi e la possibilità di accesso. Questo è utile  perché a volte le spie si rivoltano contro i loro gestori, e vedendo i loro precedenti obiettivi reagire con decenza dopo aver scoperto di loro potrebbe avere un certo impatto positivo.

 

6) Ex-Utenti con ‘Storie:’

I truffatori diventano portavoci di storie costruite su dichiarazioni fraudolente, ma non sono pochi gli ex membri che diventano portavoce contro i loro ex-gruppi in base alle rivendicazioni del tutto legittime. A volte questi erano gli ex membri di alto profilo, che compaiono sui media per dissipare informazioni negative sul gruppo e difendere la sua immagine. In altri casi, i membri disertori erano stati attivi nei loro rispettivi gruppi per un certo numero di anni. Queste persone sanno molto, ma come membri del gruppo avranno fatto cose che il gruppo può lanciare verso di loro come accuse. Le dichiarazioni pubbliche, ad esempio, possono ritorcersi contro questi fuorusciti. Essi possono essere coinvolti in testimonianze presso i tribunali che potrebbero coinvolgere le loro famiglie e le loro relazioni con altri membri del gruppo, facendo venir fuori di tutto, come strategia di difesa degli stessi gruppi di appartenenza.

I gruppi Antisette hanno l’obbligo di aiutare un membro fuoruscito o in crisi col gruppo a pesare tutti i pro e i contro associati al suo raccontare la sua storia pubblicamente. Un ruolo importante per le organizzazioni anti-sette  è l’assistenza agli ex-membri per aiutarli ad  integrarsi nella società tradizionale, e talvolta questa integrazione si realizza meglio con calma e fuori dai pubblici riflettori. Inoltre, in pochi anni queste persone possono essere in diverse condizioni sociali, legali e / o emozionali che consentono una presa di posizione più pubblica. A nessuno piace essere usato, è questo un pericolo che esiste tra i  gruppi anti-sette che,  possono utilizzare alcuni ex membri per aumentare le critiche di vari gruppi, ma a fare le spese sono gli ex membri.

 

7) Il Professionista Ex membro anti-sette:

Ciò che io chiamo professionista ex membro antisette è la persona che uscendo da un gruppo tenta di guadagnarsi da vivere combattendo altri gruppi simili. In passato queste persone sono diventate testimoni esperti, autori, deprogrammatori, consiglieri d’uscita, funzionari di organizzazioni anti-setta, ecc.  Questa strada, tuttavia, è dura. Molto poco denaro circola tra i  movimenti anticult e, infine, le poche informazioni (basata sulla propria esperienza in un gruppo) diventano datate per nuovi casi giudiziari. Di conseguenza, solo pochissime persone che siano uscite da culti sono state in grado di guadagnarsi da vivere e di combatterli. Uno dei pochi esempi di chi ha saputo fare è Michael Kropveld di Montreal in Canada con  Info-Setta / InfoCulte, e Ian Haworth del Centro di Culto del Regno Unito informazione. Altri hanno fallito. Per un certo numero di
anni, ad esempio, il giovane Stacey Brooks ha lavorato come consulente e poi come membro dello staff organizzativo in un gruppo anti-Scientology della Florida. A quanto pare, le pressioni per mantenere la vitalità della organizzazione per la quale ha lavorato l’ha portato a commettere uno spergiuro, distruggendo in tal modo la sua credibilità (vedi Brooks, 2002).

 

8) gli ex membri che diventano professionisti:

Gli ex membri più efficaci sono quelle persone che acquisiscono lauree specialistiche in molti campi (salute mentale, scienze sociali, diritto, medicina, ecc) e che poi parlano delle loro esperienze precedenti nei culti  e / o aiutano altre persone che hanno difficoltà con questi gruppi. Dopo aver seguito una formazione professionale tali persone non possono essere così facilmente liquidati come di parte o ex membri non-credibili. Essi scrivono e parlano con un’autorità che viene anche da un’esperienza in prima persona. Oggi esiste un crescente numero di persone con dottorato di ricerca e di formazione professionale in sociologia, psicologia, salute mentale, diritto, ecc.  Alcuni dei lavori che essi producono sulle sette è eccezionalmente buono, perché possono vedere facilmente le lacune o gli errori che esistono nella letteratura corrente . Hanno esperienze di culto e conoscono il linguaggio accademico e professionale e il  decoro da utilizzare quando si esprimono su quelle esperienze. Ahimè, l’istruzione superiore non è una necessaria garanzia che il titolare di una laurea scriverà in modo critico ed anche oggettivo (James R. Lewis, per esempio, era un membro del 3HO, ma ha una reputazione di minimizzare gli abusi in vari gruppi [Lewis 2010]). Comunque il numero di ex-membri diventati professionisti sta crescendo rapidamente.

 

 

Conclusione:

Il rifiuto totale delle  ‘testimonianze’ di ex membri non appartiene alla  scienza sociale, e le future generazioni di studiosi  guarderanno indietro a questo rifiuto con incredulità. La cosa che dovrebbe importare nelle scienze sociali è che i ricercatori ottengano informazioni accurate in modo  deontologicamente corretto.  Indipendentemente da chi le fornisce, gli scienziati sociali semplicemente devono  tentare di verificare il contenuto e confrontarlo con le informazioni che gli altri forniscono o che i ricercatori hanno ottenuto in altri modi, un processo chiamato triangolazione. Quanto più fonti indipendenti indicano gli stessi fatti, maggiore è la probabilità che i  fatti siano precisi. Rifiutando i racconti degli ex membri, quindi, senza verificarli è più di una semplice cattiva ricerca sociale, in realtà è l’ideologia. Si tratta di un rifiuto a mettere in discussione i propri assunti di base che privilegiano i gruppi, il controverso culto-sé. In questo modo si privilegiano questi gruppi escludendo categoricamente dalla ricerca la ricchezza di informazioni che le persone hanno che hanno visto dall’interno.

Scientology, quindi, ha pubblicato le  dichiarazione di Bryan Wilson, nel tentativo di screditare i racconti di ex membri  a proposito della vita all’interno di quel gruppo. E ‘sorprendente che vi siano così tanti  scienziati sociali che procedono acriticamente con tale  processo di esclusione.

Il mio obiettivo principale nella seguente relazione è stato quello di ricordare agli europei di vigilare in materia di acquisizione di informazioni  importanti. Indubbiamente gli ex membri di gruppi controversi vorranno aiutarvi in vari modi, e portano con sé una ricchezza di informazioni e materiale che è difficile da ottenere altrove. A causa delle  loro possibilità, tuttavia, i gruppi stessi possono sfruttare il  ruolo importante della creazione di anelli di spionaggio o di spie che sfruttano l’apostata. Inoltre, alcune persone possono lasciare i gruppi controversi solo per tornare indietro qualche tempo dopo, ed è almeno possibile che alcune persone potrebbero inventare storie di ex appartenenza al culto per ricevere materiale e attenzione emotiva. Per il loro bene a volte  gli ex membri dovrebbero concentrarsi sulla costruzione o ricostruzione della loro vita e non sottoporsi a contrattacchi da parte di persone (tra cui la famiglia), una volta riconsiderati amici.

Detto questo, gli ex membri continuano ad arricchire la nostra comprensione di molti gruppi controversi, e noi siamo saggi ad accoglierli in mezzo a noi e crescere in base alle informazioni che essi conferiscono.

 

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Traduzione di Lorita Tinelli

Nota: non essendo una traduttrice professionista, mi scuso per eventuali errori commessi nel portare questa relazione dall’inglese all’italiano.

 

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Su Stephen A. Kent da http://en.wikipedia.org/wiki/Stephen_A._Kent

Stephen A. Kent

Kent in 2000
Residence Canada
Fields Sociology of religion, New religious movements
Institutions Professor of Sociology, University of Alberta
Alma mater University of Maryland, College Park, B.A. (1973)
American University, M.A. (1978)
McMaster University, Ph.D. (1984)
Known for From Slogans to Mantras
Notable awards Graduate Student Supervisor Award (2009)
Bill Meloff Memorial Teaching Award (2010)